lunedì 4 dicembre 2017

L'Italia in Comune, sindaci in rete per una nuova classe dirigente

In principio, tra il 1998 e il 1999, fu il "partito dei sindaci" dal nome Centocittà: fu forse il primo tentativo - dopo l'avvento dell'elezione diretta dei vertici dei comuni - di tenere insieme le esperienze di vari amministratori (primi cittadini e assessori) sparsi nel Paese per creare un movimento con un piano d'azione comune di respiro nazionale. L'esperienza - guidata da Francesco Rutelli, Enzo Bianco e Massimo Cacciari - confluì poi nei Democratici "prodiani", ma l'idea di fare rete tra i sindaci per contare di più sul piano politico non si è esaurita e periodicamente si è riaffacciata. Hanno lavorato per questo negli ultimi anni e ieri hanno compiuto un passo importante oltre 400 amministratori locali, eletti in tutta l'Italia in liste civiche: il nome scelto per il loro progetto è L'Italia in Comune, con le maiuscole al posto giusto. Perché il Paese è rappresentato dai suoi comuni e i sindaci, per questo, vogliono mettere in comune le loro personali, peculiari esperienze. 
Se nel 2014 si era dato avvio a una rete di scambio di buone pratiche tra amministratori, con il tempo si è acquisita la consapevolezza della necessità di superare un sostanziale isolamento dei sindaci, che i problemi devono continuare a risolverli ma con una collaborazione sempre più difficoltosa da parte dei livelli sovracomunali. Il primo strumento individuato, appunto, fu la condivisione di buone pratiche, per poi rendersi conto che da quello scambio di conoscenze poteva formarsi concretamente una nuova, valida classe dirigente per il paese. 
A spiegare il progetto - lanciato ieri a Roma, presso la sede dell’Opificio Romaeuropa - è Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri: la soluzione per governare non può essere l'autoconservazione delle dinamiche presenti nelle Camere, né la scelta di "mandare in Parlamento le persone di strada. Chi governa il Paese dovrebbe per prima cosa imparare come si amministra, perché la politica per noi deve essere una professione da imparare''. Nessuna paura, dunque, a vestire i panni - odiatissimi negli ultimi anni - dei "professionisti della politica", se questo significa lavorare bene, con cognizione di causa dei problemi e delle ricadute quotidiane sui cittadini delle questioni da affrontare. Solo questa sembra essere la via d'uscita al "senso di abbandono e frustrazione che tanti sindaci condividono", di fronte ai cittadini che chiederebbero soltanto "il rispetto di alcuni diritti fondamentali: dall'assistenza ai disabili alle persone che hanno perso lavoro", anche quando non è nel potere dei sindaci agire su quei piani.
Tra gli oltre 400 aderenti al progetto politico, spicca il nome di Federico Pizzarotti, sindaco di Parma che nel suo secondo mandato amministrativo ha vestito i panni del candidato civico (e come tale è stato scelto dai cittadini). Proprio lui ha sgombrato il campo da eventuali sospetti che L'Italia in Comune possa ambire a presentarsi come lista alle prossime elezioni politiche: "L'idea di unire dei sindaci per lavorare insieme partendo dall'esperienza amministrativa e andando verso un’esperienza nazionale penso sia necessaria, ma credo anche che le cose vadano costruite con serietà e con una comunione di intenti che non si può trovare in pochi mesi". Un obiettivo più realistico è rappresentato dal turno di elezioni regionali previsto per il 2019, a patto di riuscire a lavorare in una sinergia soddisfacente con altre realtà civiche, allargando la platea delle persone coinvolte fin qui.
Niente lista per ora, dunque, ma un manifesto programmatico - dal titolo La Costituzione sana - Perché crediamo nel futuro - c'è già e un simbolo pure: il nome in carattere bastone, che evidenzia le parole "Italia" (anche grazie a una stellina verde usata come pallino della "i") e "Comune", è sovrapposto a una ruota dentata, segno del lavoro e dell'idea che ciascun comune, ciascun amministratore è un ingranaggio di un meccanismo più ampio che richiede l'impegno di tutti per il funzionamento; delimitano una struttura circolare, che si adatta a essere inscritta in un cerchio, due quarti di circonferenza opposti, uno verde e uno rosso, così da creare la sensazione del tricolore. E se le tinte della bandiera nazionale caratterizzano ormai gran parte dei simboli partitici ed elettorali, a buon diritto queste si trovano anche nell'emblema dell'Italia in Comune: il Paese, in fondo, è rappresentato innanzitutto da chi guida gli 8mila comuni italiani.

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