Quante storie ha un simbolo? Più di quante se ne possano immaginare, perché sono legate alle singole persone che quell'emblema l'hanno visto nascere e crescere (a volte morire), l'hanno diffuso, difeso, supportato (e a volte sopportato), fino a sentirne terribilmente la mancanza quando il fregio, per un motivo o per l'altro, è sparito dalle schede. Molte di queste storie spesso non vengono raccontate da chi le ha vissute: magari le ritengono poco interessanti o non hanno la possibilità di farle conoscere.
Oggi l'amico Alfio Di Marco mi ha proposto in lettura un post di Luca Romagnoli, segretario del Movimento sociale Fiamma tricolore dopo Pino Rauti (dal 2002), ultimo a rappresentare nelle istituzioni (al Parlamento europeo dal 2004 al 2009) la Fiamma. Dal 2014 ha dato vita a un nuovo soggetto politico, Destra sociale, ma la storia politica - specie quando non è stata facile da vivere - non si dimentica.
Così, nel vedere il nuovo simbolo di Fratelli d'Italia, che dopo l'epoca della "pulce" di Alleanza nazionale ha scelto di ridare molto rilievo alla vecchia fiamma - quella del Msi, non una delle tante reinterpretazioni tentate dalle formazioni che si rifacevano a quella storia, Fiamma tricolore compresa - Romagnoli ha sentito il bisogno di scrivere le sue impressioni e condividere i suoi ricordi. Li ho letti e mi hanno colpito, così li condivido con i lettori di questo sito: che siate o meno d'accordo, che abbiate idee politiche simili alle sue o diametralmente opposte, credo che questa testimonianza rientri a pieno titolo tra le "storie di simboli", raccontate dalle persone che le hanno vissute come se a narrare fossero gli emblemi stessi.
Così, nel vedere il nuovo simbolo di Fratelli d'Italia, che dopo l'epoca della "pulce" di Alleanza nazionale ha scelto di ridare molto rilievo alla vecchia fiamma - quella del Msi, non una delle tante reinterpretazioni tentate dalle formazioni che si rifacevano a quella storia, Fiamma tricolore compresa - Romagnoli ha sentito il bisogno di scrivere le sue impressioni e condividere i suoi ricordi. Li ho letti e mi hanno colpito, così li condivido con i lettori di questo sito: che siate o meno d'accordo, che abbiate idee politiche simili alle sue o diametralmente opposte, credo che questa testimonianza rientri a pieno titolo tra le "storie di simboli", raccontate dalle persone che le hanno vissute come se a narrare fossero gli emblemi stessi.
Gran fiamma seconda. Contesa, deformata, metamorfizzata, stilizzata, amputata, diafanizzata, sottesa; quante ne ha subite e quanto è stata agognata dal 1995 in poi la Fiamma degli italiani? La Fiamma tricolore rosso, bianco e verde, posta su base trapezoidale con inscritta la sigla Msi, intendo.Quanto ne potremmo dire e raccontare; Rauti, dalla metà degli anni Novanta fino al volgere del secolo, io stesso e chi con me, con Noi, nel Ms Fiamma tricolore ha cercato di fregiarsene caparbiamente fino al 2013. Per alcuni è stata un’epopea, di tentativi e resistenze legali e politiche. Interminabili mediazioni con il Ministero dell’interno, quando vi era da depositare il simbolo per le elezioni; estenuanti e spesso inconcludenti trattative con alleati del momento, quando si passavano ore per trovare un accordo su come comporre i simboli delle alleanze; interminabili discussioni con i militanti per spiegare che un atto giudiziario in nome di Fini e per conto di Alleanza Nazionale, inibiva l’uso del simbolo originale. Soprattutto con i diversi, simpatizzanti ed elettori, che per anni ripetevano ostinatamente la stessa domanda: perché non possiamo votare la Fiamma del Msi al posto “dell’Uovo tricolore”, della “goccia cuspidata”, e così via. E quanto tempo, notti perse, chi con la matita, chi con la grafica al computer. Per non dire di quante fotocopie fatte e rifatte sulla modulistica per la raccolta delle firme ogni volta che cambiava qualcosa.
Ricordo in particolare la notte prima del deposito dei simboli per le elezioni politiche 2006. C’era l’accordo di coalizione; partecipavamo per la prima e unica volta alle politiche in coalizione con la “Casa delle libertà”. Era il momento giusto per osare qualcosa in più: stringere un po’ la goccia e aumentare le cuspidi, per cercare la maggior somiglianza possibile all’originale agognato. Febbrili tentativi per ottenere da Alfio Di Marco e Lamberto Iacobelli (la meritano tutta la citazione), il logo da stampare su carta lucida per il deposito al Viminale. E poi via, di corsa al Ministero, con tutte le apprensioni di sempre. Deposito io senza delega notarile? Abbiamo tutto in ordine? Le dimensioni dei simboli sulla strisciata? Consegno (insisto per consegnare) anche il CD con il file? Faranno opposizione? Magari gli avvocati di An, con in testa proprio Ignazio La Russa? Notti passate di militanza. E di speranza. Ma era indispensabile?Ora, a 23 anni di distanza dal 1995 (quando la maggioranza della dirigenza decise di liquidare il Msi o, come qualcuno ritenne, di ampliarne gli orizzonti nell’accogliente e meno “discriminante Alleanza”), la Fiamma ritorna. Ora, passata da lunga pezza l’epoca ignota a chi è nato alla fine degli anni Settanta, che poco sapeva di storie e di vissuto nelle “fogne” (“la voce” da cui usciva a malapena), e poco, e giustamente, poteva soffrire l’oblio per un simbolo gravato dagli anni, ora, dicevo, risorge.Risorge, proprio come la Fenice e a maggior ragione (scientifica), si può dire dalle sue ceneri. Ora non c’è qui tempo per argomentare. Non ora discettare. Non ora spiegare agli altri quello che ho impiegato anni a spiegare a me stesso, cioè che un simbolo è meno importante dell’attuazione di un progetto politico che da esso non promana ma da esso è sintetizzato. Ora non “il perché e il per come”, e se è opportuno o non lo è. Ora non è qui il luogo per discettare della logica della politica, ma per dare spazio ai sentimenti. Scrivo sentimenti e non nostalgia. Scrivo infine grazie, perché qualcuno ha avuto coraggio - ripeto, a prescindere da calcoli e contingenze -, di lanciare ancora la sfida e di fare appello simbolico a un mondo di patrioti. Scrivo e scusate se sono stato prolisso, semplicemente grazie. Non tanto per un simbolo risorto, ma per averne con le tesi e le linee di vetta riaffermato i principi ispiratori. Con lungimiranza aggiornandone il progetto e rilanciando la sfida.
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