venerdì 29 giugno 2018

Sotto i mille (2018): Molise e dintorni, terra di meraviglie (di Massimo Bosso e Gabriele Maestri)

Il manifesto di Salcito, comune top scorer: 650 elettori, 442 votanti, 11 liste
Il viaggio tra i comuni "sotto i mille" finora ha già portato alla luce un discreto numero di casi notevoli, tra orrori grafici, liste più o meno nazionali che tentano di acchiappare consiglieri sul territorio, formazioni nate giusto per evitare il commissariamento per mancato raggiungimento del quorum e simboli fotocopia presentati in più luoghi con una resa vicina allo zero. 
Eppure, anche questo mondo di piccole località in cui per presentare le liste non servono firme, un mondo sparso per tutta l'Italia e concentrato in certe zone, ha la sua wonderland: una vera "terra di meraviglie" in cui questo fenomeno sembra concentrato all'ennesima potenza, un paradiso per i drogati di politica a caccia di casi strani e particolari (un po' meno per i cultori della grafica politica, come si vedrà). Il centro di questa terra è rappresentato dal Molise e (in misura minore) dall'Abruzzo, ma i suoi confini si estendono anche in Lazio, Campania e Puglia, con qualche enclave persino in Calabria, a volerla cercare bene. 
In quei comuni, infatti, spesso si presentano molte liste formalmente civiche, in quantità ben superiore a quello che il numero di abitanti farebbe immaginare; i dati dello scrutinio che attribuiscono a quelle formazioni zero voti (o, quando va bene, giusto una manciatina, di solito meno consistente della lunghezza della lista) fa capire con una certa chiarezza che a presentarle sono stati candidati in gran parte estranei al paese al voto. L'impegno messo per partecipare alle elezioni sembra compensato da uno sforzo men che minimo sul piano grafico: i simboli più gettonati sono quelli con una generica e anonima scritta nera su fondo bianco (o, con un sommo sforzo creativo, giallo, azzurro o verde), ma per fortuna qua e là spuntano gradevoli eccezioni.

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Senza andare subito al cuore del fenomeno, partiamo con calma e andiamo per gradi. La prima tappa è in Lazio, precisamente a Campodimele in provincia di Latina: nella puntata precedente si è già detto che tra le cinque liste presentate due erano certamente legate a candidati locali, mentre erano simboli fotocopia quelli di Progetto popolare e L'Altra italia. A completare il quadro della scheda elettorale c'era anche un'alta lista civica, Federazione per le politiche del territorio: il nome fa almeno riflettere e il simbolo presenta qualche spunto visivamente interessante (a dispetto della grafica 0.0, con l'uso di una font che sembrava riservata ai progetti di architetti e ingegneri), con l'accostamento delle bandiere italiana ed europea; non deve avere convinto affatto gli elettori, in compenso, visto che nell'urna non ha raccolto nemmeno un voto.
Va leggermente meglio, ma proprio leggermente, alla terza e ultima lista presentata a Barete, in provincia dell'Aquila - e così siamo già in Abruzzo - che di voti ne ha ricevuti due. Qui, naturalmente, l'anomalia non è rappresentata dal numero delle liste (tre su 598 elettori non sono poche, in realtà, ma volendo ci possono stare), ma dal fatto che sia stata presentata una formazione quasi certamente sradicata dal territorio: difficile, obiettivamente, essere del posto e non andare oltre i due consensi. Già qui sono visibili gli effetti della politica di minimo sforzo grafico: il colore giallo dello sfondo è l'unico guizzo di creatività per un emblema il cui nome non è nemmeno centrato nel cerchio. 
Le liste ai nastri di partenza erano tre anche a Fallo, in provincia di Chieti. Anche qui la lista terza classificata, Siamo Fallo, è arrivata a una certa distanza dalle altre due, ma qui minimo di grafica c'era (il nome del gruppo sopra a una veduta del paese) e forse questo ha aiutato a conquistare se non altro 6 voti, pari al 6,38%. Posto che il quorum del 50% degli elettori non è stato superato (ci si è fermati a un'affluenza del 41,35%) questa terza lista non sarebbe comunque servita a evitare il commissariamento, visto che c'erano già altri due aspiranti sindaci a sfidarsi. Un briciolo di attenzione la merita anche la formazione vincente, quella del sindaco uscente (e riconfermato) Alfredo Pierpaolo Salerno: ha chiamato la sua lista Fallo in movimento e si sarebbe tentati di aggiungere "per lo meno da cartellino giallo", proprio come il fondo del suo cerchio (e la scritta è in rosso, si sa mai che fosse anche da ultimo uomo).
Spostandoci a Pietranico, nel pescarese, qui le liste erano quattro, ma evidentemente una sola era costituita da residenti o comunque da persone note in paese, per cui ha ottenuto il 91,03% (284 voti su 312 validi). Le altre tre liste hanno proposto simboli che definire minimal è fare un complimento: una delle formazioni, La nuova svolta, è comunque riuscita ad accaparrarsi i 28 voti restanti (l'8,97%) e si è aggiudicata i tre consiglieri di minoranza, mentre le altre due - Pietranico futuro e Voliamo tutti insieme, quest'ultima a fondo color carta da zucchero - sono rimaste inchiodate allo zero (come a dire che di futuro ce n'è poco e, per dirla con Gaber, "anche per oggi non si vola", né insieme né da soli).
Sembra fatto dallo stesso "grafico" che ha elaborato La nuova svolta il simbolo usato da La nuova realtà a Roccamorice, sempre in provincia di Pescara. Stessa scritta nera in Arial Bold sullo stesso fondo bianco: poca fantasia e ancor meno voti (5, lo 0,9%): è vero che non si è superato il quorum (ha votato solo il 29,08% degli aventi diritto), ma c'era un'altra lista oltre alla vincitrice, quindi la corsa verso la nuova realtà non aveva nemmeno quello scopo. Era sicuramente più elaborato e più gradevole di tutti quelli visti finora il simbolo della lista Sviluppo ambiente lavoro presentata a Turrivalignani, ancora nel pescarese: il sole che sorge (nessuna connotazione socialista o socialdemocratica qui) si fa guardare, ma non ha trovato molta fortuna nelle urne, avendo raccolto solo 4 voti (lo 0,69%) ed essendosi classificato terzo, a una distanza tale dalla lista seconda classificata da non riuscire a strappare nemmeno un seggio.

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Dopo l'antipasto di Lazio e Abruzzo, siamo finalmente pronti per la parte più ricca del viaggio, quello in Molisela regione meno popolosa d'Italia dopo la Valle d'Aosta, infatti, vede storicamente la presenza di moltissime liste esterne. E oltre a quelle in qualche modo riconducibili ad una regia comune, viste nell'articolo precedente, ci sono liste civiche davvero per tutti i gusti: facile ipotizzare che siano state presentate con fini diversi dalla ricerca di visibilità politica o dal desiderio di amministrare (e anche dall'evitare il commissariamento dei rispettivi comuni, visto che raramente i simboli sulla scheda sono solo due).
Dunque - in perfetto stile revival di Giochi senza frontiereAttention, prêts? Si parte da Campochiaro, in provincia di Campobasso: 666 elettori potevano scegliere tra otto liste (nel 2016, al precedente appuntamento elettorale, erano "solo" 5). Se tre formazioni erano riconducibili a candidati residenti e si sono effettivamente divise i dieci seggi in palio, sulla scheda gli abitanti hanno trovato anche Orgoglio Tricolore (un voto), Stella Popolare (neanche quello) ed altre tre civiche, tutte rimaste a zero: Voliamo insieme e Vivere insieme (con un minimo di impegno grafico per entrambe, ma almeno la prima si era già vista), nonché Voto libero (sforzo ridotto davvero a zero, con il nome in Times New Roman Bold Italic su fondo bianco).
Si è già detto qualcosa nel capitolo precedente di Macchia Valfortore, uno dei comuni in cui si sono presentati in combinata Orgoglio tricolore e Stella popolare, che qui peraltro non hanno raccattato nemmeno un voto. A Macchia ha votato solo il 43,57% degli aventi diritto e la presenza di quattro liste esterne, oltre a quella vincitrice (che ha raccolto il 95,53% dei voti), ha certo evitato il commissariamento, ma ne sarebbe bastata una: se, come detto, Stella popolare e Orgoglio tricolore sono rimaste a bocca asciutta, i voti restanti e i seggi di minoranza se li sono divisi le altre due liste "non autoctone", Insieme per il paese (grafica gemella di Voto libero a Campochiaro, 11 voti e 2 seggi) e Vivere insieme (stesso simbolo utilizzato a Campochiaro,  4 voti e 1 seggio).
Il quorum non è stato raggiunto nemmeno a Montorio nei Frentani, dove ha votato solo un elettore su tre, ma anche qui le liste sulla scheda erano cinque, quindi non si è posto alcun problema. Anche qui la "strana coppia" Orgoglio tricolore e Stella popolare ha fatto il vuoto, senza raccogliere il favore di un solo elettore, ma è andata male anche alla lista Ancora insieme (caratterizzata dal più tradizionale dei simboli locali, la stretta di mano, sia pure "nobilitata" dal polsino coi gemelli), che invece cinque anni fa a suo modo era stata determinante: nel 2013, infatti, se aveva vinto per la prima volta Pellegrino Nino Ponte (allora con Paese nuovo, ora confermato sindaco con Paese nostro), il candidato di Ancora Insieme Enzo Cirella con 19 voti (6,40%) aveva conquistato un posto in consiglio, mentre stavolta ne ha presi solo 2 (lo 0,65%) ed è rimasto fuori.
La scheda era un po' più piena a Ripabottoni, 863 elettori, 361 votanti e sei liste, che spazzano via ogni preoccupazione sul quorum (puntualmente non raggiunto). Tanto per cambiare, anche qui gli elettori si sono trovati tra le scelte possibili Orgoglio tricolore e Stella popolare, ma non le hanno degnate della minima attenzione, lasciandole a zero voti. Lo stesso destino è toccato a Insieme per... il futuro (stesso, identico simbolo già visto a Cesara, in provincia di Vebano-Cusio-Ossola), mentre è andata appena appena meglio a Verso un mondo migliore, che almeno un voto è riuscito ad acchiapparlo; se non altro, però, questi ultimi due emblemi dimostrano un minimo di cura grafica o di impegno nella realizzazione.
Tutti questi comuni, in ogni caso, non sono nulla rispetto alla località dei record, Salcito: i suoi 650 elettori si sono trovati sulla scheda 11-diconsi-undici simboli con relative liste ed erano relativamente allenati, visto che cinque anni prima i candidati alla poltrona di sindaco erano comunque stati sei. Orgoglio Tricolore e Stella popolare sono tornati per l'ennesima volta (ma solo l'Orgoglio prende un voto), c'erano come detto i Forconi, ma si sono riviste anche le Lista Alfa e Lista Beta, "sperimentate" per la prima volta a Roccavivara nel 2015 e che però stavolta non sembrano nemmeno parenti graficamente. 
A completare il quadro, accanto alle due formazioni realmente autoctone, hanno provveduto altre quattro liste: L'Alternativa, Crescere insieme, Nuova era, Finalmente Noi: volendo, solo L'Alternativa si è sforzata di produrre un simbolo con qualche elemento grafico, le altre liste si sono accontentate di posare una scritta nera - al massimo con una certa varietà di font - su sfondo bianco, a parte Beta che adotta (com'era già accaduto nel 2016) uno sfondo verde. A conti fatti, alle nove liste esterne - compresi i Forconi - sono andati tre voti in tutto: uno a testa a Orgoglio tricolore, ai Forconi e a L'Alternativa; le restanti sei, loro malgrado, come se gli elettori non le avessero nemmeno viste (e così, in effetti, è successo).
Il numero di concorrenti cala un po' a Castelpizzuto (questa volta in provincia di Isernia), dove peraltro si era votato l'anno scorso ma l'amministrazione è stata scioglia a fine 2017 per le dimissioni di 6 consiglieri di maggioranza: non è scemata tuttavia la voglia di elezioni, visto che le liste in corsa erano 6, proprio come l'anno scorso. Sono rimaste a bocca asciutta, come quasi sempre, Orgoglio tricolore e Stella popolare, ma anche Progetto popolare; prende solo due voti la lista Alternativa, che non riesce a confermare il seggio ottenuto nel 2017 (in compenso la grafica è stata sostanzialmente clonata da un'altra lista, Rinascita, che aveva però il nome più in evidenza e ha ottenuto 21 voti, pari al 19,09%).
Il viaggio in regione si conclude a Sessano del Molise, che di liste ne ha schierate ben 8 (nel 2013 erano state "solo" 5): ha votato circa il 41% degli aventi diritto, ma per evitare il commissariamento non c'era forse bisogno addirittura di 6 liste esterne: oltre alle arcinote Orgoglio tricolore (zero voti), Stella Popolare e Progetto popolare (un voto a testa), sulla scheda erano arrivate Sessano (con cinque stelle disposte "a sorriso" nel simbolo), la Lista Gamma (poteva mancare dopo Alfa e Beta e dopo essere stata sperimentata sempre nel 2015 a Roccavivara?) e Alternativa (con un simbolo rispetto a quello usato a Castelpizzuto). Di questi tre emblemi dalla grafica decisamente minimal,  solo la lista Sessano ha ottenuto tre voti, le altre sono rimaste a secco.

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Dopo la scorpacciata molisana, conviene tenere l'ultima parte del viaggio più leggera, con una breve escursione in Campania, pur senza allontanarsi troppo dal Molise. San Lupo, in effetti, essendo parte della provincia di Benevento, politicamente appartiene alla Campania, ma è senza dubbio più affine al Sannio: forse per questo troviamo in questo comune di 820 abitanti (ma con 1029 elettori) ben 5 liste. Accanto alle due di residenti e a quelle già viste nell'articolo precedente (Partito delle Buone Maniere e L'Altra Italia) sbuca Stanchi dei soliti, che propone un simbolo con un minimo di ricerca grafica, riciclando peraltro quello già visto lo scorso anno a Gallo Matese (e anche allora c'era scritto Continua...). Alla fine però, proprio come a Gallo, alla lista arriva un solo voto: evidentemente i soliti non hanno stancato più di tanto.
Nella stessa provincia merita un piccolo sguardo anche il voto ad Arpaise: lì, alle due liste che si sono realmente contese il comune, se n'è affiancata una terza, Progetto futuro, con un emblema decisamente minimal (solita scritta nera, stavolta su fondo giallo, ma se non altro piuttosto centrata nel cerchio). Al di là del giudizio estetico-cromatico, alla portata di tutti prima ancora che si aprissero le urne, i risultati delle elezioni si sono incaricati di certificare la totale estraneità della lista al paese: a conti fatti, dei 568 voti espressi, solo uno è stato destinato a Progetto futuro, segno evidente che il futuro i cittadini di Arpaise l'hanno cercato e visto altrove...
Spostandoci in provincia di Caserta, si sono trovate ben otto liste a contendersi il comune di Letino, paese con 921 elettori e che ha visto presentarsi ai seggi 515 votanti (quindi il quorum era stato comunque superato). Solo Stella popolare si è aggiudicata un voto (comunque insufficiente per ottenere seggi, anche se le è valso il terzo posto), mentre sono rimasti a secco i simboli fotocopia di Orgoglio tricolore e Progetto popolare (nel 2013 c'era il Movimento sociale italico), come pure il Partito delle Buone Maniere e anche due civiche viste solo qui, Uniti per Letino (grafica semplice semplice, simil Fratelli d'Italia, con tanto di bilancia da giustizia) e L'Alternativa (nome molto gettonato, ma con un simbolo ancora diverso da quelli visti fin qui).
La Wonderland delle liste "straniere in patria" sarebbe finita, ma qualche sua enclave si può trovare anche altrove. A Faeto, piccolo comune pugliese della provincia di Foggia (632 abitanti, ma gli elettori sono 1082), ha votato il 40,38%, ma non ci sarebbero stati problemi di quorum vista la presenza di due liste di residenti; per qualcuno però non dev'essere stato sufficiente, visto che in tutto se ne sono presentate 8. Al di là dell'inguardabile simbolo del Movimento giovani alleati (già visto e di cui la matrice è ben riconoscibile), le altre cinque formazioni propongono grafiche con un minimo di creatività (non senza riciclo: Il bene in comune si è già visto altrove), ma in tutto raccolgono 10 voti: Amore per Faeto fa parte del leone con 5, Movimento italiano popolare e Mga 2 voti, la mongolfiera di Liberi di volare si stacca pochissimo da terra con un voto, ma è sempre meglio dello zero tondo totalizzato da Uniti per Faeto e Il bene in comune.
Due enclave sui generis, per concludere, si trovano un po' più in là, addirittura in Calabria. La prima può essere identificata in Malito, piccolo centro della provincia di Cosenza: lì ha votato poco più del 44% degli aventi diritto. Non è dato sapere se sia stato in previsione del mancato raggiungimento del quorum che qualcuno ha scelto di presentare (anche) la lista La Torre: tutti i voti e tutti i consiglieri, però, se li sono divisi le altre due liste, mentre per La Torre (che, per giunta, nella versione presente sul simbolo non sembra molto somigliante a nessun monumento presente a Malito) non era rimasto disponibile nemmeno un voto.
L'altro caso che merita un minimo di attenzione è quello di Candidoni, comune della provincia di Reggio Calabria in cui si conclude il nostro viaggio. Lì le liste presentate erano solo due, ma per una volta la mossa si spiega facilmente: la quota di elettori votanti raggiunta, infatti, è stata del 22,98%, ben lontana dal quorum previsto dalla legge nel caso in cui concorra una sola lista. Qualcuno doveva averlo previsto, per questo dev'essere sorta l'idea di far correre anche la Lista Civica per Candidoni, con il testo tricolore sovrapposto alle palme marittime. Alla fine, il suo presunto dovere la lista lo ha fatto: il commissariamento è stato evitato e con soli 6 voti (pari al 4,54%) le palme hanno fatto eleggere tre consiglieri comunali.

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Sulla via del ritorno, dopo una carrellata di simboli nuovi e già visti (e che magari l'occhio non vorrebbe rivedere), specialità territoriali ed emblemi presentati in serie, si è seriamente tentati di dividere in tre gruppi le liste incontrate fin qui, tutte o quasi presentate da soggetti estranei al singolo comune sotto i mille andato al voto.
La prima categoria è rappresentata dalle liste espressione di partiti o movimenti politici più o meno organizzati, che sfruttano - più al Nord che al Centro-Sud - la possibilità di presentare liste senza firme per ottenere un minimo di visibilità e cercare di entrare in qualche amministrazione locale e, magari, radicare la propria presenza in un territorio.
La seconda classe di liste, relative a casi numericamente limitati ma diffusi su tutto il territorio nazionale (e, a volte, anche nei comuni sopra i mille abitanti qui non analizzati), raccoglie le formazioni presentate, probabilmente in accordo più o meno tacito con il candidato sindaco della lista "principale", per evitare che alle elezioni corra una sola lista e scatti l'obbligo per i votanti di superare la metà degli elettori (pena il commissariamento).
Se la prima categoria ha alla base ragioni politiche e la seconda questioni soprattutto tecniche, si presenta più misterioso - e, volendo, di innegabile fascino per i veri drogati di politica - il terzo raggruppamento di liste, quello che spopola in Molise e dintorni (ma nessuno è ancora riuscito a spiegare perché proprio lì e non altrove...): pare proprio che dietro la scelta di presentare tante liste non autoctone ci sia la ricerca di qualche beneficio collaterale da parte dei candidati. Magari legato a quanto prevede l'art. 81, comma 3 della legge n. 121/1981 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza), per il quale "Gli appartenenti alle forze di polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento della accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale e possono svolgere attività politica e di propaganda, al di fuori dell'ambito dei rispettivi uffici e in abito civile".
Se gli appassionati compulsivi di elezioni inevitabilmente gradiscono il fenomeno nella sua interezza per poterlo studiare, gran parte della gente comune potrebbe esserne infastidita, specie quando raggiunge dimensioni notevoli (come le 11 liste presentate a Salcito o le 6 liste che nel 2016 corsero a Carapelle Calvisio a fronte di 67 elettori). Alla luce di tutto questo, potrebbe avere un senso richiedere una quota di sottoscrizioni anche per i comuni sotto i mille abitanti, sia pure in forma minima: fino al 1993 - anno in cui si è introdotta l'esenzione - ne servivano 10 sotto i 2mila abitanti, ora se ne potrebbero chiedere di nuovo 10 per una popolazione tra 500 e 1000 abitanti e scendere a 5 sotto i 500. Si tratterebbe, com'è facile capire, di una mera formalità non solo per gli aspiranti amministratori effettivamente del luogo, ma anche per chi con il comune avesse qualche tipo di rapporto (chi lavora lì, chi vi è nato o magari ne frequenta anche solo il bar e sappia chi è residente o no, giusto per evitare di farsi dare la firma da chi non ha titolo di sostenere la lista).
Un ulteriore correttivo, poi, potrebbe riguardare l'assegnazione dei seggi, magari prevedendo una soglia di sbarramento o comunque un meccanismo di assegnazione più rispettoso della percentuale effettiva riportata dalla lista: l'idea che 3 seggi su 10 possano essere assegnati a chi ha ottenuto solo il 5%, magari quando le liste in campo sono soltanto due, per qualcuno è difficile da accettare. Eppure pare già di sentirli, i lamenti dei drogati di politica: la vita è già dura, non toglieteci anche questo divertimento, sennò dove diavolo ci portate, nei prossimi viaggi "sotto i mille"?

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