martedì 1 settembre 2020

Veneto, simboli e curiosità sulla scheda (di Antonio Folchetti)

Scaduti abbondantemente i termini di presentazione delle liste, è iniziata ufficialmente la campagna elettorale per le elezioni del 20 e 21 settembre. Dopo Valle d’Aosta e Puglia, si fa tappa in Veneto, dove l’esito del voto - che appare scontato a favore del centrodestra, peraltro con un notevole distacco - non ha scoraggiato la creatività dei soggetti coinvolti, con 17 liste e 9 candidati presidente (oltre a due liste escluse, a meno di novità legate ai ricorsi).
La legge elettorale prevede un premio di maggioranza per la coalizione vincente in base al quale, se quest’ultima ottiene almeno il 40% dei voti di lista, ottiene il 60% dei seggi (50 in tutto) che compongono il consiglio regionale. I restanti seggi, spettanti alle minoranze, vengono redistribuiti con metodo d’Hondt alle liste singole che superano il 3% e alle coalizioni che superano il 5% (senza sbarramenti per le liste coalizzate). Se però con i suoi voti la coalizione vincitrice supera già il 60% dei seggi, questa li può ottenere senza problemi: non è previsto un "tetto" alla quota di seggi che si può conquistare e non c'è dunque il rischio che la coalizione vincente esca penalizzata se "vince troppo" (come i sondaggi dicono per Luca Zaia e le sue liste, attestate addirittura al 70%). C’è comunque da scommettere che, nelle due principali coalizioni, la competizione tra candidati dello stesso partito (si segnala, a questo proposito, la doppia preferenza di genere) assumerà una certa intensità. 
Vediamo nel dettaglio le liste in campo, seguendo l’ordine in cui sono state estratte nella circoscrizione di Rovigo, cioè il primo sorteggio di cui si è avuta conoscenza.

Antonio Guadagnini

1) PARTITO DEI VENETI 

Il simbolo che gli elettori rodigini e della provincia troveranno in alto a sinistra (e che, salvo errore, coincide anche con il contrassegno della candidatura a presidente) è quello del Partito dei Veneti, che ha potuto sottrarsi all’incombenza della raccolta firme grazie al fatto che il candidato presidente, Antonio Guadagnini, è attualmente consigliere regionale. Eletto nel 2015 con la lista Indipendenza Noi Veneto alleata di Zaia, Guadagnini si è poi dedicato a creare un progetto politico nuovo, ma sempre di ispirazione indipendentista: dopo il passaggio di Siamo Veneto, lo scorso anno è nato il Partito dei Veneti che, appunto, beneficia dell''esenzione dalla raccolta firme, beneficio di cui invece non può godere la formazione che ha fatto eleggere Guadagnini e si situa nella stessa area politica (la citata Indipendenza Noi Veneto). Il logo si caratterizza per i colori piuttosto accesi e mostra una riproduzione del Leone di San Marco nella parte superiore, in giallo su sfondo rosso, come nella bandiera ufficiale 

Arturo Lorenzoni

Il secondo candidato estratto è Arturo Lorenzoni, vicesindaco di Padova, professore universitario e figura distante dalla militanza partitica. La sua è una coalizione non trascurabile, visto che la compongono cinque liste. Per l'occasione è stato concepito anche un simbolo per la candidatura regionale: in questo domina il bianco, anche della regione, individuata solo con un tratto scuro che a un certo punto diventa una linea orizzontale, che sottolinea il nome della regione e lo avvicina a quello del candidato presidente (che peraltro di solito non viene messo sui contrassegni dei candidati alla presidenza liste per non distrarre voti dalle liste), tinto di un colore verde acqua che ritornerà. Chiude la rappresentazione l'indicazione dell'anno 2020.
 

2) +VENETO IN EUROPA 

Lorenzoni ha incassato anche il sostegno di +Europa, che si presenta in una versione inedita. Il logo è chiaramente riconoscibile, ma i suoi tratti distintivi vengono riadattati per andare incontro all'esigenza di "territorializzare" il brand. Ed ecco che questo diventa +Veneto in Europa, con la bandiera europea che viene spostata in alto per far spazio, in basso, al riferimento “Lorenzoni presidente”, leggermente inclinato, in bianco su sfondo blu. Ciò che attira l’osservatore è anche l’alleanza con il movimento di giovani europeisti Volt: dopo aver debuttato alle scorse regionali in Emilia-Romagna (sempre nella coalizione di centrosinistra, ma senza ottenere seggi), in questa occasione ha siglato un accordo con la formazione guidata da Benedetto Della Vedova. Uniti, nel nome dell’ideale europeo: che sia il preludio ad alleanze future? 

3) EUROPA VERDE 

A sostegno di Lorenzoni troviamo anche Europa Verde, che ha scelto di correre in autonomia con il proprio simbolo, anche in questo caso sottoposto a una leggera modifica per poter inserire il riferimento al candidato presidente. Pur non avendo eletto consiglieri nel 2015 (quando, però, il progetto aveva preso il nome di Verdi Europei ed era parte della lista Veneto nuovo, con Sel e Sinistra veneta), Europa Verde può contare al momento su una rappresentante in consiglio: si tratta di Cristina Guarda, eletta con la civica di Alessandra Moretti cinque anni fa e che ora guida la componente di Europa Verde nel gruppo misto. L’intento è quello di ottenere uno scranno direttamente alle urne, grazie al quale si ha diritto ad un gruppo consiliare autonomo, con tutti i benefici che ne derivano. 

4) IL VENETO CHE VOGLIAMO 

Nata con un processo partecipativo dal basso, in cui anche il simbolo è stato scelto sul web dai partecipanti alla piattaforma, la lista civica di Arturo Lorenzoni, Il Veneto che vogliamo - che nel logo opta per colori tenui, in particolare l'arancione, ormai molto in voga tra le sigle civiche di area progressista, ma c'è anche il verde acqua che si diceva prima - mira a raccogliere voti tra gli indecisi e i non schierati (sebbene ospiti anche candidati di Sinistra Italiana e Articolo Uno), in una terra notoriamente ostica per il centrosinistra. Sarà interessante il risultato che la lista civica otterrà nella città di cui Lorenzoni è vicesindaco, risultato che sarà inevitabilmente letto e interpretato anche come un giudizio sull'amministrazione in carica e su Lorenzoni stesso, il quale si era candidato a primo cittadino con una coalizione civica, riscuotendo un grande successo che poi ha "capitalizzato" alleandosi con il centrosinistra per il ballottaggio, rivelandosi determinante. 

5) PARTITO DEMOCRATICO 

Il Partito democratico si presenta con il simbolo classico, in una versione riadattata come solitamente avviene per le elezioni regionali e amministrative: in basso, la scritta "Lorenzoni presidente" in bianco su segmento blu. Oltre a confermarsi come primo partito della coalizione (primato che non dovrebbe essere in discussione), è ragionevole supporre che il Pd ambisca - a prescindere dalle percentuali - a rafforzare la pattuglia in consiglio regionale, attualmente composta da sette membri. Nel 2015, infatti, la coalizione di Flavio Tosi (arrivato quarto) raccolse ben 5 seggi, sottraendoli di fatto al centrosinistra; questa volta, il risultato complessivo delle liste al di fuori delle due principali coalizioni dovrebbe attestarsi ben sotto il 25% raggiunto cinque anni fa. E se è vero che il metodo d'Hondt premia i partiti più grandi, aumentare la propria rappresentanza potrebbe almeno ammorbidire un risultato di coalizione che - sondaggi alla mano - non si annuncia esaltante. 

6) SANCA - AUTONOMIA 

Dove sta scritto che l’autonomia deve essere per forza "di destra"? La lista Sanca - Autonomia, ultima estratta della coalizione, intende proprio sfatare questo mito. Già dal nome ("Sanca", in veneto, significa "sinistra") viene rivendicata una precisa appartenenza politica, che tuttavia sembrerebbe del tutto conciliabile con le istanze autonomiste. Il manifesto programmatico, infatti, parla chiaramente di diritti, ambiente, Europa, ma anche di identità veneta; lo stesso concetto di Democrazia è declinato secondo principi di autogoverno e sussidiarietà. Quella di Sanca è una vicenda politico-culturale che ormai va avanti da qualche anno: la prima importante occasione di visibilità fu rappresentata proprio dal referendum sull'autonomia del 2017, in cui il gruppo si schierò per il Sì proprio per dimostrare che l’autonomia travalica il continuum destra/sinistra. Il simbolo, su sfondo rosso (facile presumere il motivo), vede campeggiare in alto l’immancabile leone di San Marco, mentre in basso troviamo - nei colori arcobaleno (altro indizio di vocazione progressista) - una serie di strisce che riproducono i motivi ornamentali della bandiera originale di San Marco, gli stessi motivi che coprono la seconda metà della parola "Sanca" generando un effetto piuttosto distorcente. Gli elementi arcobaleno sono coperti dalla banda inclinata "Lorenzoni presidente", con scritta rossa su sfondo bianco. Una nuova casella, dunque, si aggiunge al complicato puzzle dell’autonomismo veneto. 

Paolo Benvegnù

7) SOLIDARIETà AMBIENTE LAVORO 

Dopo il break di cinque anni fa, tornano sulle schede delle regionali venete anche la falce e il martello, con la lista Solidarietà ambiente lavoro” a sostegno del candidato presidente Paolo Benvegnù. La lista è frutto dell'accordo siglato tra Rifondazione comunista e il Partito comunista italiano di Mauro Alboresi (di fatto gli ex Pdci): il contrassegno elaborato per l’occasione - che, salvo errore, è anche il simbolo del candidato presidente - richiama tratti caratteristici dei loghi dei due partiti. Gli appassionati noteranno che la disposizione dei vari elementi richiama i simboli che il Prc utilizzò fino alla metà degli anni Duemila, prima di aggiungere la "lunetta" della Sinistra europea. Unire le forze, dunque, è l’unico modo per sperare di raggiungere il 3%, in una delle regioni storicamente più ostili alla sinistra radicale. Non pervenuto, almeno qui, il Partito comunista di Rizzo. 

Paolo Girotto

8) MOVIMENTO 3V - Libertà di Scelta 

All'ottava posizione sulle schede troviamo una delle formazioni single-issue (difficile parlare di "partito") che, nell'ultimo periodo, ha fatto maggiormente discutere: parliamo del Movimento 3V - Libertà di scelta, che incentra la sua azione politica sul perseguimento della libertà di cura, con contestuale abolizione di ogni forma di obbligo vaccinale. Il simbolo, pur nei suoi tratti di essenzialità, è leggermente differente da quello presentato in Emilia-Romagna lo scorso gennaio, in occasione del debutto elettorale: "Libertà di scelta", infatti, si sostituisce alla sigla originaria "Vaccini vogliamo verità" (che poi sono le tre V). Il candidato presidente - distinto, salvo errore, dallo stesso simbolo, il che varrà anche in seguito, a meno che sia diversamente specificato - è Paolo Girotto, un medico veterinario, dissidente rispetto alle pratiche di medicina convenzionale e orientato ai principi di medicina naturale e omeopatica; tra i candidati al Consiglio regionale, invece, troviamo anche Luca Teodori, segretario nazionale del movimento. 

Patrizia Bartelle

9) VENETO ECOLOGIA SOLIDARIETà 

Altra novità che gli elettori troveranno sulla scheda è la lista Veneto ecologia solidarietà, di cui il blog si era già occupato al momento della presentazione. Come fa intuire il colore dominante, la lista - che candida a presidente l'attuale consigliera regionale Patrizia Bartelle, eletta nel MoVimento 5 Stelle ma uscitane due anni fa - è nata in seguito a una serie di assemblee popolari e intende promuovere una politica improntata ai temi ambientali, con posizioni fermamente contrarie alle grandi opere (tema molto discusso in Veneto, a partire dall'annosa questione del Mose). Nel 2015 a Bartelle bastarono poco più di 500 preferenze, ottenute nella circoscrizione di Rovigo, per entrare in consiglio; ora la sfida è decisamente più impegnativa.

Simonetta Rubinato

Dopo essere rimasto appeso a un filo per diversi giorni, anche il progetto politico di Simonetta Rubinato potrà misurarsi con il giudizio dell’elettorato. Al termine di una controversia incentrata proprio sul simbolo legato alla candidatura a presidente (ritenuto nella sua prima versione confondibile con il contrassegno omologo di Luca Zaia), la candidata di area autonomista-federalista ed ex parlamentare Pd (per ben tre legislature, dal 2006 al 2018) ha ottenuto il lasciapassare dall'Ufficio elettorale regionale sull'emblema modificato e può quindi proporsi ad elettrici ed elettori.

10) Veneto per le Autonomie 

A differenza del simbolo della candidata presidente Rubinato, non è mai stata in discussione l'ammissibilità dell'emblema della sua lista, Veneto per le Autonomie: riammessa l'aspirante guida della regione, può tornare in campo anche l'emblema con l'ondina giallorossa e il Leone di San Marco, che arricchisce ancor di più l'offerta autonomista veneta. Viste le premesse, è facile immaginare che l’eventuale mancato raggiungimento del 3% per accedere alla massima assise regionale non ostacolerà i progetti della candidata a presidente (la quale peraltro potrebbe beneficiare anche della notorietà acquisita in questi giorni di contenzioso sul simbolo).

Daniela Sbrollini

11) Daniela Sbrollini presidente - ITALIA VIVA 

A differenza di quanto deciso in altre regioni, in Veneto il partito di Renzi ha scelto di non entrare nella coalizione di centrosinistra, giudicando l’attuale opposizione a Zaia "sorniona e sempre uguale". Si è così optato per una corsa in solitaria, proponendo - per la carica di presidente - la senatrice vicentina Daniela Sbrollini. Come si è già visto, però, la lista comprende non soltanto Italia viva, ma anche altri soggetti del centrosinistra moderato, come il Partito repubblicano italiano (non sempre schierato nel centrosinistra) e il Partito socialista italiano, oltre che la Civica per il Veneto, nata per iniziativa di un consigliere regionale uscente. Ad ogni modo, l'egemonia renziana è piuttosto evidente anche nelle scelte cromatiche, con i "colori Instagram" ben in vista anche come sfondo del nome della candidata. 

Luca Zaia

Ha lo stesso numero di liste di Arturo Lorenzoni, ma i sondaggi e il sentire lasciano decisamente tranquillo Luca Zaia, presidente uscente alla terza corsa come guida della regione, forte di un'ampia e trasversale approvazione da parte dei cittadini veneti, incrementata ulteriormente negli ultimi mesi grazie alla gestione dell’emergenza-Covid vista con favore quasi dall’unanimità dell’elettorato (e dai sondaggi appare impietoso il confronto con alcuni suoi colleghi presidenti, nonché colleghi di partito). Il simbolo collegato alla candidatura presidenziale è identico a quello impiegato cinque anni fa, al di là del riferimento all'anno elettorale, chiaramente aggiornato al 2020. Un logo anonimo quanto basta, richiesto dalla legge ma pensato per evitare di sottrarre voti alle liste, che ne hanno bisogno per trasformarli in seggi a loro vantaggio. 

12) FRATELLI D'ITALIA 

La prima lista della coalizione estratta è quella di Fratelli d'Italia, che si presenta nella sua veste tradizionale, con il nome della leader Giorgia Meloni in alto e ben in vista, e la doppia matrioska con il simbolo del partito che a sua volta contiene la fiamma tricolore. Nel 2015 Fdi ottenne il 2,6% ed elesse un consigliere, ma i dati delle elezioni europee 2019 hanno già mostrato un'ascesa rilevante (6,8%). Questa volta, al netto delle differenti dinamiche che stanno alla base dei due tipi di elezione, il partito di Meloni punta a migliorare ulteriormente il risultato e a rafforzare la pattuglia in consiglio in modo da poter rivendicare un assessorato, che al momento non ricopre. 

13) FORZA ITALIA 

Già cinque anni fa Forza Italia non era riuscita a raggiungere neppure il 6%, fermandosi a tre consiglieri regionali, e confermando le stesse percentuali in occasione delle europee dello scorso anno. Come si è già visto su questo sito, per fermare l’emorragia di consensi in una regione-chiave per il centrodestra, il partito di Berlusconi ha inserito nel simbolo l’inedita formula "Autonomia per il Veneto", grazie alla quale spera di intercettare qualche voto in più, puntando su un tema molto sentito da queste parti. Si tratta senz'altro di un tentativo strategico di mimetizzazione, che potrebbe garantire una sopravvivenza politica, in una regione in cui Forza Italia fino al 2010 (quindi un'era geologica fa, per la politica italiana attuale) esprimeva addirittura il presidente della giunta. Pare ora che un risultato in linea con le percentuali delle scorse regionali si possa considerare soddisfacente. 

14) LEGA 

Non intende certo restare ai margini la Lega ufficiale, per la quale il Veneto è l’indiscussa regione-roccaforte, rappresentando l'emblema di quella transizione da "zona bianca" a "zona verde" ben narrata dal sociologo Ilvo Diamanti. Certo, il passaggio da Lega Nord a quella che lo stesso Diamanti ha definito la "LdS" (Lega di Salvini) - e cioè un partito tendente a perdere progressivamente il carattere identitario a favore di una vocazione nazionale - non ha mancato di provocare malumori tra i leghisti duri e puri in varie aree del Nord (come si è visto nelle scorse settimane) Ed è qui che il simbolo acquisisce fondamentale importanza: per evitare fraintendimenti e lacerazioni, si è adottata una formula di compromesso in cui alla (per molti dolorosa) mancanza della parola “Nord” si sopperisce mantenendo - rispetto al contrassegno del 2015 - a sinistra la denominazione storica "Liga Veneta" e a destra il leone marciano, ribattuto anche (nella versione da guèra) sullo scudo di Alberto da Giussano (simbolo rimasto intatto), mentre in basso – riprendendo il classico abbinamento cromatico del nuovo corso salviniano – si nota chiaramente il cognome dell’ex ministro dell'interno, molto più evidente rispetto a cinque anni fa e senza l'appellativo "premier". Perché le radici contano, ma la linea di partito anche di più. 

15) LISTA VENETA – AUTONOMIA 

Altro simbolo ad evidente connotazione territoriale della coalizione di Zaia è la Lista Veneta - Autonomia, che - come gli attenti lettori del blog hanno avuto modo di vedere qualche giorno fa - è diretta emanazione della Liga Veneta Repubblica, che dal 1998 appare frequentemente sulle schede degli elettori veneti, seppur in differenti versioni. Vista l’ampia concorrenza sul terreno dell’autonomia, l’obiettivo sembra essere quello di entrare in consiglio regionale, evitando così di essere fagocitata dal prevedibile incremento dei voti di lista della coalizione di centrodestra e sperando al tempo stesso di imporsi rispetto alle altre realtà che si fanno portavoce delle istanze autonomiste. 


16) ZAIA PRESIDENTE 

Pur essendo un leghista della prima ora, Luca Zaia negli anni si è ritagliato un proprio spazio di autonomia che non è certo sfuggito agli osservatori: in questi mesi si è parlato spesso di Zaia come "anti-Salvini", il possibile candidato alla leadership del centrodestra o addirittura come il fautore di un'improbabile scissione dal Carroccio. Ad ogni modo, la civica Zaia presidente è la concreta rappresentazione del doppio binario seguito dal presidente uscente: dopo essere stata la lista più votata nel 2015 (con il 23%, oltre cinque punti sopra la Lega), punta a riconfermare il successo, con percentuali anche più significative. Poco da dire sul simbolo, lo stesso di cinque anni fa: su sfondo bianco emerge "Zaia" in blu scuro e a caratteri cubitali, mentre "presidente" in basso allineato a destra, quasi indecifrabile se ridotto in scala come avverrà sulla scheda elettorale. Gli unici elementi di corredo sono le due linee, sempre di colore blu, che in alto e in basso chiudono la dicitura . Uno stile minimalista, ma con l’intento ben chiaro di confermare un predominio che molti, nel Carroccio, non vedono affatto di buon occhio.

Enrico Cappelletti

17) MOVIMENTO 5 STELLE 

Nessuna variazione nel logo - come di consueto - per il MoVimento 5 Stelle, che candida a presidente Enrico Cappelletti. Imprenditore e senatore nella legislatura precedente, Cappelletti sta conducendo una campagna elettorale di critica frontale verso Zaia, evidenziandone incongruenze e sprechi e provando a smontare la narrazione del modello-Veneto. A lui, dunque, spetta l’arduo compito di smentire le previsioni degli ultimi mesi, che vedrebbero un M5S in caduta libera in Veneto. Già tra le politiche 2018 e le europee 2019, l’attuale partito di maggioranza relativa in Parlamento ha visto calare di due terzi le sue percentuali nel territorio regionale. Qualcuno confida nell'aiuto che potrebbe arrivare dal concomitante voto referendario, e in particolare dai delusi del MoVimento poi rifugiatisi nell'astensionismo: richiamati al voto per sostenere il Sì al taglio dei parlamentari, potrebbero approfittare dell’occasione per rinnovare il consenso al partito (altrove, invece, potrebbe accadere l'inverso). 

Nessun commento:

Posta un commento