lunedì 27 agosto 2018

Otto mesi dopo, che fine ha fatto Area progressista?

A intervalli regolari e con una certa frequenza, per chi si occupa di politica italiana, una domanda ben precisa fa capolino, tentatrice come non mai: "ma che fine ha fatto...?". L'interrogativo è buono per tutto o quasi: per un progetto accantonato e mai più ripreso, per un politico scomparso da pastoni televisivi e retroscena stampati, per un partito lanciato con dovizia di pubblicità e che poi, dopo aver dato tante (troppe?) notizie di sé, ha smesso proprio di darne. Inevitabile concentrare l'attenzione sul partito, perché se sparisce un partito non è improbabile che sparisca anche il suo simbolo, anche se poi può ricomparire altrove, in forme e dimensioni diverse, se solo si ha l'accortezza di guardare bene.
Così, dopo aver riflettuto un po', alla bocca arriva la domanda: "beh, che fine ha fatto Area progressista?", col rischio che quelli che non seguono la politica guardino l'interrogatore in modo perplesso, o magari lo investano con un sonoro "Eh?". E dicendo "ma sì, quelli che erano partiti con Pisapia e all'inizio volevano aderire alla lista Insieme" si rischia di fare ancora più confusione: non perché questo sia sbagliato, ma perché qualcuno probabilmente confonderebbe Area progressista con Area civica di Massimo Zedda, visto che oltre ad avere nomi e origini simili hanno in comune anche il colore arancione. Già, perché entrambi i progetti politici volevano raccogliere almeno in parte l'eredità del Campo progressista di Giuliano Pisapia, che da febbraio del 2017 aveva lavorato per presentare la sinistra in modo unitario alle elezioni, fino al getto della spugna dello stesso Pisapia il 6 dicembre.
Se però Area civica di Zedda era nato al di fuori del Parlamento, Area progressista (che del progetto di Pisapia riprendeva anche parte del nome) era di origine parlamentare: i suoi promotori, infatti, erano Adriano Zaccagnini (ex deputato M5S, poi Sel, poi Articolo 1, con passaggi intermedi nel gruppo misto) e Michele Ragosta, eletto deputato con Sel, poi passato al Pd (prima ancora che, attraverso Led, ci arrivasse Gennaro Migliore), poi dato vicino ad Articolo 1. In effetti, quando il 14 dicembre 2017 la lista Insieme Italia - Europa - che riuniva prodiani, Psi e Verdi - fu presentata a Roma, Area progressista non si era ancora costituita come soggetto politico: non stupisce quindi che Ragosta si fosse concentrato sulla lista Insieme (stesso nome dell'iniziativa tentata da Pisapia a luglio del 2017), che per lui rappresentava "il patrimonio di tutti quelli che hanno partecipato al percorso di costruzione di Campo progressista" per "incarnare al meglio quello spirito della sinistra di essere sia di lotta che di governo", anche attraverso "quel patrimonio di idee e contributi che è il lavoro svolto in questi mesi dalle Officine delle idee di Campo progressista, che rappresenteranno l’ossatura programmatica della lista". 
In mente, però, c'era già l'idea di svolgere un'assemblea nazionale di un nuovo laboratorio denominato, appunto, Area progressista: l'evento si sarebbe svolto a Napoli il 29 dicembre 2017 e avrebbe partecipato come promotore anche Luigi Lacquaniti, anche lui ex Sel-Led-Pd, ma uscito dai dem dopo la sconfitta di Andrea Orlando al congresso (sarebbero intervenuti anche il segretario del Psi Riccardo Nencini e, al telefono, Piero Fassino). Quell'evento a Napoli fu anche l'occasione per presentare ufficialmente un nuovo possibile simbolo, anticipato due giorni prima su Facebook: arancione anch'esso, come si diceva, ma con "area" in minuscolo e un elemento bianco che sembrava voler richiamare un fumetto, come per dar voce a quel gruppo (altre spiegazioni grafiche sembrano meno convincenti, ammesso ovviamente che ce ne debbano essere per forza).
Le acque all'interno di Insieme, però, non sembravano tranquillissime, se il 4 gennaio, quando mancavano due settimane all'apertura dei cancelli del Viminale per il deposito dei simboli in vista delle elezioni politiche, l'Ansa batteva un lancio che si apriva così: "Area progressista è pronta a correre da sola alle elezioni politiche di marzo in coalizione con il Partito democratico". A Ragosta, evidentemente, la convivenza all'interno di Insieme non poteva andare bene, per la visibilità sotto le aspettative per la propria componente: "Auspico che nelle prossime ore si possa avere un incontro con Nencini, Bonelli e Santagata per ripristinare pari dignità ed identità per il nostro movimento all'interno della lista Insieme - Italia Europa. Se ciò non dovesse avvenire, siamo pronti a raccogliere le firme necessarie per presentare la nostra lista. Siamo convinti che, con i nostri temi e la presenza del simbolo di Area Progressista sulla scheda elettorale, porteremo al voto tanti attivisti ed elettori che si identificano in un'area politica che ha dimostrato di essere radicata sui territori con idee e proposte concrete e realizzabili in coalizione con le altre forze del centrosinistra".
Nessuno, in compenso, nei giorni successivi si è dovuto mobilitare per la raccolta delle firme: tra il 19 e il 21 gennaio, infatti, al ministero non si è visto chi avrebbe dovuto depositare il simbolo di Area progressista. Proprio alla vigilia del deposito, in compenso, era apparsa una breve dichiarazione di Ragosta che dava conto di un'altra collocazione di alcuni propri candidati: "Area Progressista sarà presente con propri candidati all'interno della lista +Europa di Emma Bonino e Bruno Tabacci, contribuendo a scriverne il programma, condividendo il forte profilo europeista che i fondatori hanno inteso dare a questa formazione politica, basato sulla difesa dell’Europa unita". Una scelta, quella di Ragosta, che da una parte non rendeva necessaria la raccolta firme - visto che la stessa lista di +Europa ne era stata esentata grazie alla "pulce" di Centro democratico - e dall'altra poteva far comodo alla stessa +Europa per riempire qualche casella in più delle candidature nei vari collegi plurinominali. 
La lista di Bonino e Tabacci, però, non sarebbe riuscita a raggiungere lo sbarramento del 3%, quindi nessuno sarebbe stato eletto. All'indomani della sconfitta elettorale del centrosinistra, sulla pagina Facebook di Area progressista è apparso un commento di Michele Ragosta, con cui invocava "una fase costituente per un moderno partito di sinistra ed europeo", iniziando a costruire "comitati unitari di base" e "officine delle idee" per elaborare "una nuova idea di società e dei nuovi gruppi dirigenti": tutto secondo l'intuizione che era stata di Pisapia e cui il Pd si era sottratto, commettendo "un errore fatale". La nota si concludeva con un impegno: "Entro la fine di marzo Area Progressista si riunirà a Roma per definire un percorso unitario. Inviteremo al nostro appuntamento esponenti di tutti i movimenti e partiti interessati alla nuova rivoluzione progressista contro le destre e i populisti".
Dopo quelle parole, però, sulla pagina non è più stato pubblicato nulla, né in rete si riescono a trovare notizie su qualunque tipo di attività riconducibili ad Area progressista. A otto mesi dall'assemblea di lancio, dunque, è lecito chiedersi davvero "ma che fine ha fatto?": il simbolo è già stato accantonato o c'è possibilità di rivederlo da qualche parte, magari all'interno di qualche altro contrassegno anche solo a livello locale?

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