sabato 19 gennaio 2019

Fratelli d'Italia, la fiamma (per ora) resta dov'è

Mentre nei giorni scorsi ci si è occupati della questione del simbolo del Pd, che per Zingaretti non è un dogma mentre per Martina è un patrimonio da non disperdere, non ci sono dubbi sul fatto che alle prossime europee il simbolo di Fratelli d'Italia non cambierà, per cui al massimo l'unica alternativa sarà l'uso della versione ufficiale o di quella - utilizzata alle elezioni politiche - con il nome di Giorgia Meloni all'interno. Al momento, invece, nessuno sembra voler seriamente rimuovere la fiamma tricolore contenuta all'interno del cerchio, a 24 anni dalla svolta di Fiuggi e a quasi 25 dalle prime elezioni - quelle del 27-28 marzo 1994 - senza più la denominazione Movimento sociale italiano. 
Sul futuro meno prossimo, in realtà, qualche pensierino è stato fatto: lo ha fatto capire una settimana fa Guido Crosetto, coordinatore di Fdi, dichiarando ad AdnKronos che "nel percorso individuato da Giorgia Meloni insieme ad altre realtà presenti nelle liste per le europee, da Fitto a Storace, si è parlato di un futuro che passa anche per il simbolo", questo perché si tratta - anche in questo caso, come in passato - di creare "un soggetto più ampio", per cui "in questo allargamento la possibilità di discutere sulla evoluzione del simbolo c’è". Nessun cambiamento però è previsto alla vigilia delle elezioni europee, anche perché - è sempre Crosetto a parlare - per il partito permane "un problema di riconoscibilità", per cui al momento la fiamma e, più in generale, il simbolo "non si può mettere in discussione subito, perché a differenza di altri partiti non disponiamo di 'cannoni comunicativi'".
Da un certo punto di vista, il fatto che a parlare della questione sia stato proprio Crosetto, che ha contribuito alla nascita di Fratelli d'Italia senza essere mai stato parte di quella storia, poteva far pensare a idee diverse all'interno del partito. Anche per questo, altre voci si sono affrettate a precisare che la fiamma, ora e più in là, resterà dov'è: "Abbiamo ipotizzato che un domani si possa modificare, anche solo parzialmente, il simbolo di Fratelli d'Italia - precisa Ignazio La Russa - ma forse l'ultima cosa da fare sarebbe quella di togliere la fiamma che oggi rappresenta, non solo per i figli e i nipoti della destra italiana, il segno indiscusso di una coerenza e di un attaccamento ai valori nazionali e la normale prosecuzione di un impegno politico in cui onestà e coraggio sono stati riconosciuti da tutti". E, su questa base, non può non riecheggiare la massima larussiana a suo tempo riportata da Filippo Ceccarelli, di fronte alla prospettazione di far sparire la fiamma dal simbolo di An: "Ma lei sarebbe disponibile a tagliarsi i propri attributi?".  
"Il nostro non è un brand perdente come quello del Pd. Una cosa sono i brand scaduti, un'altra quelli vincenti...". A parlare qui è Adolfo Urso, che pure annuncia liste alle europee "in gran parte aperte a esponenti esterni al partito", compresi i rappresentanti delle "forze politiche con cui abbiamo siglato accordi programmatici politico-elettorali" e gli "esponenti della società civile, produttiva e culturale del Paese" che hanno scelto di impegnarsi con Fdi. A livello europeo, si è annunciata l'adesione al gruppo europeo dei Conservatori e sovranisti e si è anticipata la presenza nelle liste - oltre che di "esponenti della società civile, produttiva e culturale del Paese" - almeno di alcuni esponenti di Direzione Italia, compreso Raffaele Fitto, precisando che il patto con loro "va oltre le elezioni europee".
Stupisce poco, infine, la risposta che sempre all'AdnKronos ha dato Giuliana De’ Medici, figlia di Giorgio e Assunta Almirante, segretaria della fondazione intitolata al padre: "Abbandonare la fiamma significherebbe perdere una marea di voti, sarebbe un errore madornale. Se lo fanno, non arrivano nemmeno al 4%. La base auspica e chiede un partito unico della destra: la gente è affezionata alla fiamma e si riconosce in quel simbolo, per il quale sono morti tanti ragazzi. Rimuoverlo non mi sembra un cosa corretta"; la mossa di chi non esclude di togliere il fregio dal simbolo è bollata da lei come "molto diplomatica: cercano di dare un colpo alla botte e una al cerchio dicendo nì".
Evidentemente, anche se alcuni in Fratelli d'Italia si libererebbero volentieri di quel segno (che, pur riletto alla luce del presente, è comunque un riferimento al passato che i giovani non hanno vissuto nemmeno in parte), altri sono convinti che a quel riferimento non si debba rinunciare. Se è vero che nel simbolo del Pd c'era ben poco di solido e di identitario - al di là del rametto d'Ulivo, che peraltro era stato inserito "a forza" nel logo creato da Nicola Storto ed è rimasto lì contro la volontà del suo creatore, Andrea Rauch - è altrettanto vero che chi difende un segno identitario di solito lo fa stando in una nicchia che comprensibilmente non si vuole perdere, ma se ci si vuole allargare quell'emblema può stare stretto a chi entra o si desidera far entrare. Per carità, ci sono le eccezioni, a partire da Alberto da Giussano, che era sull'emblema della Lega quando questa non era riuscita a superare le soglie di sbarramento ed è rimasto lì anche ora che le percentuali sono ben diverse; se il guerriero di Legnano ha resistito, tuttavia, è stato messo in soffitta il Nord, non meno simbolico pur non essendo di natura grafica. Si può pensare che questo percorso Fdi l'abbia già fatto, scegliendo come nome una delle espressioni più "nazionali" che esistano, cioè il primo verso dell'inno di Mameli (dandogli peraltro una connotazione politica che non aveva): basterà? 

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