mercoledì 2 gennaio 2019

Chi ha messo le mani sui gilet gialli (e il fascino di altri simboli di cronaca)

I simboli dei partiti, un tempo, venivano pescati dalla tradizione, quella storica (lo scudo crociato, la bandiera), ideale (l'edera, il garofano, la rosa, il sole dell'avvenire), dal mondo del lavoro (falce e martello) o, volendo, dall'ampio catalogo vegetale e animale offerto dalla natura (anche quando il singolo segno non vantava già caratterizzazioni di valore particolari); oggi può bastare anche un oggetto elevato a emblema di una protesta, come il "gilet giallo", che prima delle manifestazioni francesi per molti era semplicemente il gilet/giubbino/giubbotto di emergenza o catarifrangente. Anche in Italia, a quanto pare, qualcuno sta pensando seriamente a cavalcare sul piano politico-elettorale l'ultimo simbolo prodotto dalla protesta in Francia: se n'è accorto Antonio Atte dell'Adnkronos (già in passato autore di altri ritrovamenti "simbolici") consultando il database dell'Ufficio brevetti e marchi del Mise:  il 10 dicembre, infatti, è stata depositata la domanda di registrazione come marchio di un emblema tondo denominato Gilet gialli, descritto come "Elemento verbale costituito dal nome 'Gilet gialli' e parte grafica rappresentata dalla stilizzazione del gilet giallo inserito all'interno di una figura circolare. Sulla parte sottostante il gilet figura la bandiera nazionale". 
A depositare la domanda è stato Salvatore Bussu di Alghero, di professione imprenditore agricolo: Atte lo definisce "vecchia conoscenza del Movimento 5 Stelle sardo", essendo lui stato "membro del meet-up della sua città" ed essendo arrivato settimo alle consultazioni per la scelta del candidato M5S alla presidenza della Sardegna. La richiesta è stata presentata con riferimento alle classi numero 38 (Telecomunicazioni) e 45 ("Servizi giuridici; servizi di sicurezza per la protezione di beni e di individui; servizi personali e sociali resi da terzi destinati a soddisfare necessità individuali", ulteriormente specificati come "Servizi sociali concretamente servizi di governo che hanno per oggetto la costituzione, l'organizzazione, l'amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica", la categoria più vicina all'uso politico). 
Intervistato da Adnkronos, Bussu assicura che la sua militanza a 5 stelle "ormai è una storia chiusa, il M5S che conosco io non esiste più, ha abbandonato i cittadini", rivendicando anzi che "alcuni temi cari al 'vecchio' Movimento" vorrebbe portarli avanti lui attraverso il partito Gilet gialli, senza perdersi in"istanze fantasiose o populiste". Si tratterebbe dunque di creare un vero partito, la cui struttura sarebbe secondo Bussu "a buon punto" e per nulla improvvisata: "Vogliamo portare avanti un discorso serio, certamente non con i toni che ci sono in Francia" e per fare un discorso serio secondo lui serviva un simbolo e poterlo rivendicare anche sul piano giuridico ("Siamo i soli a poter utilizzare quel simbolo e quel nome. In Italia in tanti usano quella sigla, ma senza simbolo non si va da nessuna parte").
Del resto, l'idea di sfruttare anche politicamente quell'emblema sarebbe piaciuta a molti: Bussu ha parlato di un simbolo che "fa gola", al punto che "più di un esponente politico di spicco mi ha contattato per averlo: qualcuno mi ha offerto anche soldi..."; lui nega qualunque collegamento con le realtà sorte sulla Rete o sviluppatesi anche grazie a quello strumento (a partire dal Coordinamento Nazionale Gilet gialli Italia, in cui opera anche l'ex deputato M5S Ivan Della Valle) e non commenta eventuali rapporti tra il suo progetto e il movimento francese.
Di certo anche per Bussu valgono le consuete osservazioni fatte in passato sulla registrazione di simboli politici come marchi: da una parte, l'uso politico ed elettorale di un segno non ha alcuna attinenza con quello commerciale legato ai marchi, poiché valgono regole diverse, al punto tale che in un eventuale contenzioso elettorale non ha alcun valore la registrazione come marchio o l'uso diverso fatto da altri fino a quel momento; dall'altra parte, è tutto meno che scontato che il simbolo sia effettivamente registrato come marchio, vista la consolidata posizione del Ministero dell'interno - che non risulta superata - contraria alla registrazione dei potenziali marchi politici rotondi, onde evitare problematici conflitti tra norme sulla proprietà industriale e norme sulla propaganda elettorale. 
Al di là di questo, non stupisce che l'emblema di un fenomeno possa far gola a chi vede la possibilità di sfruttarne l'appeal politico e mediatico. Al di là delle questioni legate ai Forconi (che nel 2014 originò anche un interessante siparietto al Viminale al termine del deposito dei simboli per le elezioni europee) o ai Pirati ("importati" dall'estero, altrettanto oggetto di querelle, ma poi spariti dalle cronache), un caso eloquente coincise con l'arrivo prorompente di Donald Trump sulla scena politica mondiale. Nel febbraio 2017, spuntò innanzitutto una "lista Trump" che il toscano Gianni Musetti avrebbe voluto presentare a Carrara alle elezioni amministrative: vari media si interessarono a questa notizia, Musetti rilasciò varie interviste, ma sulle schede elettorali il suo simbolo non arrivò.
Un paio di giorni dopo, Leo Lyon Zagami - Gran Maestro dell’Ordo Illuminatorum Universalis - depositò le domande di marchio (accolte meno di un anno fa) per le diciture "Italians4Trump" e "Trumpiani d'Italia", senza però accompagnarle a un simbolo. Fu comunque messa in circolo una grafica, molto americana nel gusto anche se colorata d'Italia, in ogni caso non adatta (così com'era) all'uso elettorale.
Qualcosa di più simile al caso dei Gilet gialli ha riguardato la candidatura a presidente della regione Lazio di Sergio Pirozzi, che come proprio emblema scelse di evocare lo scarpone, assurto a simbolo del territorio di Amatrice e della sua gente dopo il terremoto del 2016: il sindaco di quella città, per la propria lista alle regionali, non ebbe bisogno di mettere nel contrassegno la calzatura, ma ritenne sufficiente inserire l'impronta. La figura di Pirozzi, in compenso, già nel 2017 aveva ispirato chi aveva seriamente pensato di inserire nel proprio emblema elettorale un riferimento a un altro elemento che aveva caratterizzato il primo cittadino di Amatrice: la felpa. Erano infatti circolati alcuni contrassegni che contenevano la raffigurazione di una felpa o di una maglietta con impresso sopra il nome del comune al voto: un modo per sentirsi parte di una squadra ed evocare il "modello Pirozzi", anche come posizionamento politico, senza mettere in campo alcun emblema di partito. Non risulta poi che quegli emblemi siano stati usati, ma l'idea di utilizzare un simbolo consacrato dalla cronaca era stata a un passo dalla traduzione in pratica.

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