martedì 21 dicembre 2021

Divorzio in +Europa: ecco i termini dell'accordo con Italia Europea

Sono passati cinque mesi dal secondo congresso di +Europa, che ha eletto segretario Benedetto Della Vedova e presidente Riccardo Magi. Alla scadenza si era però arrivati con polemiche legate soprattutto alla regolarità statutaria di varie iscrizioni 
al partito "cumulative" e ai potenziali effetti di queste sull'esito del congresso previsto nel 2021. Quelle critiche avevano fondato a marzo il voto di sfiducia nei confronti dell'allora tesoriere Valerio Federico (al quale erano seguite, una manciata di ore più tardi, la presa di distanza di Emma Bonino e le dimissioni di Della Vedova da segretario, decisione che aprì la via del congresso straordinario) e a giugno l'azione davanti al tribunale di Roma di alcuni dirigenti del partito (membri dell'assemblea nazionale e coordinatori di gruppi territoriali) che avevano sollevato il problema delle iscrizioni "cumulative", con cui si era chiesto di invalidare il congresso e alcuni atti che l'avevano preceduto. Il contenzioso formalmente non è ancora chiuso, ma a quanto si apprende è stato raggiunto un accordo tra +Europa e il gruppo degli attori: si avrà la rinuncia agli atti e alle azioni intraprese, sulla base di una transazione che formalizza di fatto una scissione per "separazione consensuale" tra le due anime del partito, con il pagamento di 57mila euro da parte di +Europa a Italia Europea, associazione di riferimento di coloro che si erano rivolti al giudice.

Il contenzioso in breve

La questione, come si è visto in passato, non ha ricadute di tipo "simbolico" (nel senso che non si discute sulla titolarità di simboli o contrassegni), ma è ugualmente interessante e merita di essere approfondita qui perché riguarda vari aspetti di "diritto dei partiti" e di vita concreta dei soggetti politici, spesso litigiosa e comunque mai semplice. 
Come si è detto, a metà giugno otto iscritti di +Europa (Riccardo Lo Monaco, Francesca Mercanti, Diana Severati, Alessandra Senatore, Cristina Bibolotti, Nico Di Florio, Matteo Di Paolo ed Emanuele Pinellisi erano rivolti al Tribunale di Roma con un atto di citazione. Si era chiesto innanzitutto di accertare e dichiarare l'invalidità o l'inefficacia della convocazione delle assemblee di +E che avevano approvato il regolamento congressuale e alcune modifiche statutarie ed eletto varie cariche, nonché della convocazione del congresso, lamentando il mancato rispetto delle norme dello statuto in materia e altri vizi (ad esempio il diverso peso congressuale attribuito ex post agli iscritti in base agli anni di iscrizione). Nella citazione, poi, si precisavano le censure relative alla "impossibilità di individuare in maniera certa gli iscritti al partito" (sempre per la questione del tesseramento "cumulativo"): ciò, per gli attori, era grave sia sul piano della validità del congresso (perché aveva ricadute sulla legittimazione della base associativa come corpo elettorale congressuale), sia dal punto di vista delle norme sulla trasparenza del finanziamento privato ai partiti. Oltre a puntare all'invalidità degli atti citati e delle iscrizioni per il 2020/2021, gli attori avevano chiesto al Tribunale di Roma di sospendere in via cautelare le delibere e la loro esecuzione, per evitare di danneggiare gli iscritti al partito: conseguenza principale della richiesta sarebbe stata la sospensione del congresso (previsto a Roma dal 16 al 18 luglio)Ciò, però, non è avvenuto: la prima udienza del processo cautelare, del resto, si è svolta il giorno dopo la celebrazione del congresso (il giudice non aveva adottato provvedimenti inaudita altera parte): si sono ricordati prima gli esiti di quel congresso, ma il contenzioso è proseguito e +Europa aveva già avuto modo di contestare le censure mosse nell'atto di citazione con un proprio atto. 
Al di là degli argomenti impiegati per respingere varie doglianze degli attori (non noti, non avendo visto gli atti di parte resistente), è facile immaginare che una parte rilevante del confronto abbia riguardato, di nuovo, il tesseramento, le sue caratteristiche concrete e le sue conseguenze sulla sua "bontà", anche in relazione alla determinazione della platea congressuale. In particolare, già prima che la disputa fosse trasferita in tribunale, l'ex tesoriere Valerio Federico aveva detto di aver appreso che la piattaforma impiegata per i versamenti non permetteva "di legare la carta di credito al nominativo di chi versa" (dunque la tracciabilità di quel mezzo di pagamento). Interpellato sulla validità delle iscrizioni cumulative (che apparivano cioè effettuate con lo stesso mezzo di pagamento e quasi contestuali), alla luce dell'art. 5.2 dello statuto allora vigente ("Si consegue la qualità di Associato con il pagamento della quota di iscrizione annuale, che deve essere versata individualmente da ciascun Associato, essendo escluse le iscrizioni collettive"), il collegio di garanzia del partito aveva ritenuto essenziale per la loro validità che queste iscrizioni fossero individuali, cioè che fossero "espressione di una consapevole volontà di ciascuna persona che compie questa scelta", ma ciò non impediva che l'atto materiale del pagamento fosse affidato da più persone allo stesso soggetto. In quei casi, in particolare, il collegio di garanzia aveva dato conto dei controlli - in particolare con contatti via mail o telefonici - che il tesoriere avrebbe potuto svolgere per verificare la volontà di aderire a +Europa di ogni soggetto la cui quota di iscrizione fosse stata parte di un pagamento cumulativo (e non legata a un versamento personale), ritenendosi l'iscrizione non efficace né "perfetta" - ma comunque valida - fino all'esito positivo di quei controlli "alternativi" (risultando invece nulla in caso di esito negativo).
La posizione vista sin qui - verosimilmente contenuta anche nelle difese di +Europa - non doveva avere convinto il gruppo che si era rivolto al giudice: nelle scorse settimane avevano divulgato in rete alcuni numeri su cui gli attori avevano fondato i loro dubbi circa la "bontà" della platea dei soci. In particolare, in base a quei dati, sarebbero stati considerati indici di "anomalie" il fatto che oltre 2000 iscritti - su un totale di oltre 2800 - non fossero stati iscritti l'anno prima al partito (e oltre 1700 fossero alla loro prima iscrizione) e che oltre il 40% delle iscrizioni fosse stata effettuata con un mezzo di pagamento comune ad almeno un altro tesserato; altre anomalie sarebbero emerse dal raffronto tra numero di iscritti nelle varie Regioni e di contribuenti di quegli stessi territori che avevano destinato - in modo certamente volontario - il 2 per 1000 a +Europa (con alcune discrepanze che spiccavano: se in Lombardia erano indicati 421 iscritti e 11208 contribuenti e in Emilia-Romagna il rapporto era di 211 a 3781, in Campania a fronte di 419 iscritti c'erano solo 1416 contribuenti, mentre in Sicilia a 367 aderenti corrispondevano soltanto 1233 contribuenti). Riesce facile immaginare che invece, per +Europa, più rilevanti di qualunque dato siano state le verifiche compiute dalla Tesoreria del partito per accertare l'effettiva volontà dei soggetti di iscriversi e, in caso di esito positivo, validare e rendere efficaci anche le iscrizioni sulla carta "anomale". 

L'accordo +Europa - Italia Europea

Ora, come si è detto, sono passati oltre cinque mesi dal congresso cui si riferiva l'azione iniziata a giugno. Il giudizio cautelare risulta - salvo errore - estinto da pochi giorni, mentre pende tuttora il giudizio di merito, con la prossima udienza prevista alla metà di luglio. Nel frattempo, tuttavia, è insorto un fatto nuovo: il 6 novembre 2021, infatti, è stato trovato un accordo tra +Europa (nella persona del segretario Della Vedova) e coloro che avevano intrapreso l'azione per invalidare la convocazione del congresso e altri atti presupposti e connessi (nella persona del loro avvocato). La transazione non comporta automaticamente l'estinzione anche del giudizio di merito (una persona era intervenuta, aderendo alle posizioni di coloro che avevano iniziato l'azione, e ora vorrebbe continuare il giudizio: a luglio si dovrebbe discutere soprattutto di questo), ma su questo c'è stata la convergenza di attori e convenuto, quindi merita di essere analizzato a dovere.
L'accordo, di cui I simboli della discordia ha appreso il contenuto, contiene affermazioni di principio e di valore politico, nonché disposizioni ben più concrete: sembra peraltro opportuno leggere queste ultime alla luce delle prime, dunque è bene procedere con ordine. In particolare, +Europa e le persone che avevano impugnato gli atti, tutte aderenti alla componente Italia Europea (nata nel 2019 come lista per il congresso di quell'anno, poi divenuta un'associazione autonoma), "pur rimanendo ferme sulle proprie posizioni in merito alla controversia stessa e senza alcun riconoscimento delle rispettive ragioni", si sono trovate d'accordo, "vista l'impossibilità di coesistere all'interno del medesimo soggetto politico, di formalizzare la separazione consensuale". Qui occorre fermarsi un attimo, se non altro perché i #drogatidipolitica in fase avanzata non possono non avere un flash che faccia riemergere dalla memoria i capoversi iniziali del "patto di Cannes" del 24 giugno 1995: lì Rocco Buttiglione e Gerardo Bianco presero atto "della insanabile divisione insorta all'interno del Partito Popolare Italiano" (di natura politica, ma puntualmente finita in tribunale per questioni giuridiche) ed espressero "il comune proposito di vivere questa dolorosa lacerazione con uno stile di rispetto reciproco, di tolleranza e di cristiana fraternità". A parte quest'ultimo punto decisamente cattopolitico, l'atmosfera non sembra molto diversa da quella che si respira ora tra le parti dell'accordo siglato un mese e mezzo fa (e neppure, volendo, da quella che aveva caratterizzato la frattura all'interno del Nuovo Psi nel 2007, per cui i gruppi legati rispettivamente a Stefano Caldoro e Gianni De Michelis, "preso atto della inconciliabilità ed irreversibilità delle diverse scelte politiche ormai maturate all'interno del partito", scelsero di "procedere consensualmente alla divisione delle due componenti del partito").
La "separazione consensuale" si concretizza, da parte di coloro che si erano rivolti al Tribunale di Roma, nella "rinuncia agli atti e all'azione (cautelare e di merito)"; a +Europa, per parte sua, è toccato il "riconoscimento in favore dell'associazione 'Italia Europea' di un corrispettivo economico pari a € 57.000,00 comprensivo delle spese legali", somma da corrispondere con un primo pagamento di 7.000 euro (già effettuato) e con ulteriori dieci rate mensili di 5.000 euro.
Fin qui il contenuto dell'accordo, di cui si prende certamente atto; qualche riflessione, peraltro, non sembra fuori luogo. Per prima cosa, è sicuramente vero che entrambe le parti, sottoscrivendo l'atto, hanno precisato che rimangono ferme nelle loro posizioni (il che non è certo una novità: lo fecero anche, di nuovo, Ppi e Cdu nella transazione che nel 1999 chiuse definitivamente i loro contenziosi sui fatti di quattro anni prima) e non riconoscono le rispettive ragioni; è molto significativo, tuttavia, che +Europa abbia accettato un accordo, con il quale si è impegnata anche a versare una somma di denaro alla controparte. Come è noto, infatti, in caso di scissione a chi abbandona il partito (magari per fondarne un altro) non spetta nulla del patrimonio del soggetto politico-giuridico che lascia, almeno secondo le norme vigenti; le parti, ovviamente, restano libere di accordarsi e agire in modo diverso. Tanto coloro che si erano rivolti al tribunale, quanto +Europa avrebbero potuto decidere di continuare l'azione, ritenendosi nel giusto, e affrontando le conseguenze della loro scelta: il fatto che +Europa, dopo aver regolarmente tenuto il proprio congresso (come si è visto, il giudice non aveva ritenuto di concedere un provvedimento di sospensione inaudita altera parte, cosa che dal partito era stata valutata positivamente) abbia comunque scelto di raggiungere un accordo non equivarrà certo al riconoscimento delle ragioni della controparte, ma di fatto l'esistenza di un corrispettivo da versare a controparte "comprensivo delle spese legali" (o almeno di una parte di queste) a fronte della sua rinuncia agli atti e all'azione appare compatibile con l'idea che il giudizio di merito potesse riconoscere la fondatezza anche solo di parte delle doglianze di coloro che avevano impugnato gli atti dei partito. 
 

Il futuro di Italia Europea

Altrettanto significativo appare il fatto - non trascurabile - che il citato corrispettivo della rinuncia agli atti sia stato riconosciuto all'associazione Italia Europea e non alle singole persone che avevano iniziato il giudizio. Questo, insieme alla presa d'atto della "impossibilità di coesistere all'interno del medesimo soggetto politico", costituisce di fatto il riconoscimento (al di fuori, ovviamente, degli atti su cui si era instaurato il contenzioso) di Italia Europea come soggetto politico collettivo: le otto persone citate nell'atto di citazione, dunque, non si sono viste riconoscere quel corrispettivo come soggetti singoli, ma come membri del soggetto collettivo Italia Europea, cui aderiscono anche altre donne e altri uomini. 
L'associazione politica Italia europea, in particolare, intende promuovere - come si legge nel suo sito - "la formazione di una forza politica liberaldemocratica e europeista" in base ai "principi dell’Unione europea", letti come valori politici e come opportunità per l'Italia (libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali; indipendenza della BCE e politiche di stabilità finanziaria; concorrenza economica, equità sociale, garanzia dei diritti indisponibili e della dignità della persona umana).
Il soggetto non esiste solo sulla carta: Italia Europea ha già organizzato, a luglio, un convegno intitolato L'Agenda Draghi e il partito che non c'è, con la partecipazione di vari esponenti politici e culturali del mondo liberal-democratico (di diversa estrazione e attuale appartenenza), come Giuseppe Benedetto, Veronica De Romanis, Sergio Scalpelli, Luigi Marattin, Alessia Cappello e Sofia Ventura. In quell'occasione, l'associazione ha affrontato il nodo dell'assenza di una forza politica che, di fronte all'area sovranista e all'edificando polo demopopulista, riesca a contrapporre un'offerta elettorale competitiva di ispirazione e cultura politica che oggi si sarebbe tentati di definire "draghiana". Altrove nella corrispondente area politica c'è un unico soggetto partitico o ce n'è uno dominante, in Italia no.
Da quanto si capisce, la posizione di Italia Europea si traduce in una proposta allo stesso tempo fusionista e costituente: tutte le forze politiche e associazioni che oggi si riconoscono nell'area libdem (e tutti coloro che si sentono liberaldemocratici ma si ritrovano emarginati dalle tendenze degli schieramenti di centro-destra e centro-sinistra) sono invitate a concorrere a un processo di aggregazione che si dimostri in grado di scardinare un quadro politico sempre più consolidato intorno al bipolarismo rivisitato dei nuovi anni '20 (stavolta in chiave "bipopulista"). Su questo si è espressa proprio a luglio Alessandra Senatore, co-presidente (con Piercamillo Falasca) di Italia Europea: in un suo articolo su Linkiesta, ha spiegato che Italia Europea intende lavorare alla costruzione "di un soggetto politico elettorale che sia chiaramente e decisamente autonomo e alternativo al centro-destra e al centro-sinistra, che abbia un’organizzazione democraticamente strutturata attorno a precise istanze ideologiche liberali, europeiste, atlantiste e che pertanto si riconosca naturalmente nella famiglia dei liberal-democratici europei". Non è Italia Europea, ovviamente, il "partito che non c'è", ma vorrebbe concorrere a costruirlo, con chi vuole ottenere lo stesso risultato; lo farà non come somma di persone ma come soggetto autonomo, con un simbolo ancora provvisorio (tutto lettere e colori) e un percorso tutt'altro che semplice (che peraltro sfida anche la sorte: la sede di Italia Europea è in via Poli, una strada che non ha portato benissimo ai partiti che vi si erano stabiliti, da Futuro e libertà a Scelta civica ad Ala; tutte queste si sono però avvicendate al civico 29, mentre Italia Europea ha preferito allontanarsi un po' da quei ricordi poco fortunati, installandosi al civico 3).

1 commento:

  1. Italia europea oltre che alternativa al centro sinistra ed al centro destra vuole porre la costruzione europea in cima alla sua azione politica?

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