sabato 6 giugno 2015

Barcellona, come ti scompongo gli schieramenti (1)

È ormai passata una settimana, eppure domenica scorsa dall'Alpe a Sicilia un po' ovunque si votava, anzi, in Sicilia si era continuato un giorno in più, viste le regole valide in quella regione. Tra i comuni chiamati a rinnovare l'amministrazione, anche Barcellona Pozzo di Gotto, un luogo che non può passare inosservato: un po' perché ben 18 liste in un paese di poco più di 40mila abitanti da sempre una certa impressione, un po' perché dal comune che ha dato i natali a Emilio Fede non ci si può aspettare qualcosa di ordinario. Intanto per cominciare si dovrà andare al ballottaggio, non avendo nessun candidato ottenuto più del 50% dei voti; a parte questo, gli elementi interessanti tra le liste sono molti.
Centrosinistra e centrodestra, innanzitutto, sembrano tutto meno che uniti. Da una parte c'è il Pd, unico partito nazionale a schierare a Barcellona il proprio simbolo, ma che è escluso dalla sfida a due per la poltrona di primo cittadino, non essendo entrato al ballottaggio Giusi Turrisi. Questo mentre si era candidato contro di lui anche Giovanni Munafò, segretario di uno dei circoli cittadini del Pd: non potendo utilizzare il logo ufficiale, aveva ripiegato sulla sigla Democratici con dignità, dalla grafica né simile né evocativa, per distinguere la propria corsa dem senza i crismi dell'ufficialità.
Con Turrisi, in compenso, c'erano vari altri simboli curiosi. A partire, naturalmente, da Libera Barcellona P.G. (il nome abbreviato non è proprio fine, ma sembra essere un elemento ricorrente della grafica politica di questa tornata barcellonese), di cui colpiscono due dettagli: da una parte, la cura meticolosa con cui si vuole segnare con un pallino rosso la posizione del comune sul profilo della Sicilia; dall'altra, il carattere quasi illeggibile (sulla scheda, per lo meno) con cui è stato reso il riferimento ad Area popolare, cosa che fa pensare che quel soggetto politico non debba contare poi molto o avere seria consistenza lì.
Graficamente non esaltante – bisogna proprio dirlo – era poi l'emblema di Fuori dal coro, raffigurante la sagoma della Sicilia in un cerchio bianco bordato di rosso e nero. Ora, per quanto i colori regionali siano il giallo e il rosso, entrambi presenti nel contrassegno, ma quelle bande gialle sfumate a destra e a sinistra danno piuttosto l'idea che la stampante che ha prodotto il simbolo avesse poco inchiostro rosso e stampasse in modo discontinuo (si capisce che non è così solo perché, in caso di carenza di inchiostro, anche il contorno interno della circonferenza dovrebbe risultare "zebrato", mentre sembra perfettamente uniforme).
Interessante, almeno da alcuni punti di vita, il simbolo sfoggiato da Direzione domani, quasi impersonale vista l'assenza di uno dei colori regionali (il giallo). È vero, quel freccione punta a destra, ma di fatto guarda avanti e, disegnata come forse solo una pennellessa sapreebbe fare, assume quasi la postura di un delfino che continua a balzare dentro e fuori dall'acqua. I colori, peraltro, sono piuttosto simili a quelli adottati da Renzi per la sua campagna congressuale, quindi non è escluso che i presentatori abbiano voluto cogliere anche quella somiglianza per rendere l'offerta politica più interessante.
Sono bastate invece tre liste a Maria Teresa Collica per arrivare al ballottaggio, dopo la sua esperienza di sindaca uscente (per giunta avendo il Pd contro). Interessanti i simboli che componevano la sua coalizione: quasi tenero e naïf quello di Percorso Democratico, che nella font si ispira chiaramente alla grafica dell'Ulivo (e dei Democratici poi) e piazza un arcobaleno sullo sfondo di un paesaggio improbabile, con una strada a curve che collega la città sul fondo, mentre quattro sagome di figure (compresa una ragazza col megafono) spuntano attorno per guarnire l'immagine.
Meno fine, dal punto di vista grafico-cromatico, appare il contrassegno di Centrosinistra per il Bene Comune. Il tutto si gioca, in modo anche prevedibile e quasi banali, con i tre colori della bandiera, votando il bianco a un ruolo soprattutto di sfondo (ma non solo); al rosso spetta la cornice e la scritta di campo "Centrosinistra" (ma la font utilizzata per renderla è francamente bruttina, più da manifesti del West che da emblemi elettorali); si tinge invece di verde il resto del nome della lista, con il concetto di "bene comune" che era stato ampiamente utilizzato dal centrosinistra anche solo in avvicinamento alle elezioni politiche del 2013. 
Da ultimo, la coalizione a sostegno della Collica comprende anche un'altra lista, Avanti con fiducia: il simbolo gioca tutto sull'alternanza bicolore tra rosso e bianco, con un'altra freccia (solo la punta stavolta) invita ad andare "avanti con fiducia", mentre al di sotto è presente una decina di persone, uomini e donne, più schierate che in movimento. Non sembra dunque l'effetto finale del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, ma dava comunque l'idea che la Collica in questa sfida di riconferma ci credesse ancora. I risultati alla fine l'hanno appagata... o così credono gli altri.

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