Era inevitabile, a ben pensarci, che qualche polemica potesse sorgere con l'approvazione del nuovo statuto della Lega Nord, ad opera del Congresso federale di ieri. In tanti si soffermano sulle "limature" ai poteri del fondatore Umberto Bossi (nella sua qualità di presidente del "Movimento") e sulla "trasformazione" della Lega in partito confederale (il che significa che i cronisti non conoscevano lo statuto precedente, approvato a luglio 2014, in cui già si parlava di "confederazione"). Si è parlato molto meno - eppure il punto meriterebbe una certa attenzione - del "nuovo" simbolo della Lega come da statuto.
In effetti, a parlare di "nuovo" simbolo si compie una piccola forzatura, se non altro perché non sono previsti al momento cambiamenti grafici dell'emblema, per lo meno di quello consacrato dallo statuto (e ora ad esso allegato, come la normativa sui partiti politici consente di fare).
La descrizione presente all'art. 3 del documento base del movimento, in effetti, è rimasta la stessa: "un cerchio racchiudente la figura di Alberto da Giussano, così come rappresentato dal monumento di Legnano; sullo scudo è disegnata la figura del Leone di San Marco, il tutto contornato, nella parte superiore, dalla scritta LEGA NORD. Nella parte inferiore è la parola 'Padania'. Alla destra del guerriero è posizionato il 'Sole delle Alpi', rappresentato da sei petali disposti all'interno di un cerchio". Vale solo la pena di sottolineare che il simbolo ufficiale non prevede la presenza del nome del segretario, ma solo il riferimento alla Padania.
Cosa cambia allora? Qualcosa di importante e che va oltre la grafica: il regime di gestione del logo. Intanto si precisa fin dall'inizio che il simbolo "appartiene esclusivamente alla Lega Nord", un concetto più forte rispetto alla precedente formula "appartiene al patrimonio della Lega Nord", un po' più generica. Se però in precedenza lo statuto delegava la gestione dell'emblema e la possibilità di modificarlo al Consiglio federale, ora è scritto chiaramente che "Il Consiglio Federale concede, in conformità ad un apposito regolamento dallo stesso deliberato, l’utilizzo del simbolo alle Nazioni regolarmente costituite ai sensi del presente Statuto e per il perseguimento delle finalità in questo indicate, fatto salvo quanto previsto di seguito per l’utilizzo del simbolo a fini elettorali. La concessione del simbolo può essere revocata dal Consiglio Federale".
Si precisano dunque almeno due cose: innanzitutto la gestione di fatto resta nelle mani del Consiglio, ma si mette per iscritto che dovrà essere stilato un regolamento per la concessione dell'uso del segno da parte delle Nazioni parte della confederazione (magari de facto un regolamento già esisteva, ma al momento non è dato saperlo). Secondariamente, ciascuna delle Nazioni costituite "regolarmente" ai sensi dello statuto (per il momento si tratterebbe di quelle citate all'art. 2 - cioè Alto Adige-Südtirol, Emilia, Friuli - Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Romagna, Toscana, Trentino, Umbria, Valle d'Aosta - Vallée d'Aoste, Veneto - ma il Consiglio federale potrebbe approvarne altre in seguito) può vedersi riconosciuto l'uso dell'emblema avendo come finalità "il conseguimento dell’indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana"; lo stesso statuto, peraltro, precisa che lo stesso Consiglio federale può revocare la concessione del logo alle singole Nazioni, senza che siano meglio indicate le circostanze in cui ciò può avvenire.
Successivamente, si ribadisce che il simbolo allegato allo statuto "è anche contrassegno elettorale per le elezioni politiche ed europee" (anche se nulla vieta di modificare il simbolo anche in quelle occasioni, come è puntualmente capitato negli anni scorsi: il Consiglio federale, si legge più avanti, "per tutti i tipi di elezione, può apportare al simbolo ed al contrassegno, le modifiche ritenute più opportune nel rispetto delle disposizioni di legge in materia", con una formula sostanzialmente identica al testo precedente), mentre si differenzia almeno in parte il regime per le elezioni regionali e amministrative. Nello statuto approvato lo scorso anno si diceva che "ciascuna Sezione Nazionale può inserire, alternativamente, in basso o sul lato destro del guerriero ed in orizzontale, il nome della rispettiva Sezione Nazionale"; oggi invece si dà teoricamente maggiore libertà grafica a ogni Nazione (si dice solo che "può modificare il simbolo"), ma occorre ottenere comunque un parere preventivo del Consiglio Federale, parere che è vincolante.
Rispetto al vecchio testo, comunque, si accentua il potere di controllo del segretario federale (carica attualmente ricoperta da Matteo Salvini): ora lo statuto precisa che "[i]n ogni caso l’utilizzo del simbolo da parte delle Nazioni per ogni singola elezione (politiche, europee, regionali e amministrative) deve essere oggetto di specifica autorizzazione del Segretario Federale", autorizzazione che quindi dovrà sussistere anche per un'elezione nel comunello più sperduto d'Italia. Ciò significa che, in conformità allo statuto, qualunque lista vorrà adottare alle elezioni il simbolo della Lega o comunque inserirlo nel proprio contrassegno, agli uffici competenti dovrà produrre il documento di autorizzazione all'uso del simbolo firmato dal segretario federale; diversamente la lista dovrebbe essere ricusata.
L'ultimo comma dell'art. 3 è dedicato, come prima ai "simboli usati nel tempo dal Movimento o dai movimenti in esso confluiti, o che in esso confluiranno": essi, da statuto, "anche se non più utilizzati, o modificati, o sostituiti, [...] sono di proprietà esclusiva della Lega Nord" e lo stesso vale per "qualunque altro simbolo contenente la dicitura Lega Nord" (frase che è stata aggiunta ora). Anche in questo caso, prima lo statuto diceva "fanno parte del patrimonio della Lega Nord", mentre ora la formulazione è più categorica e sembra non lasciare spazio ad alternative.
Si tratta, evidentemente, del tentativo di non consentire ad altre formazioni l'uso di denominazioni e raffigurazioni simili a quelle della simbologia leghista e delle stesse formazioni confluite, anche solo temporaneamente, nel Carroccio: si vorrebbero evitare, dunque, Leghe lombarde o Lighe venete, con simil-AlbertidaGiussano o LeonidisanMarco, cosa che in passato è accaduta più di una volta. Proprio il recente caso della Lega Toscana, tuttavia, fa dire che questa disposizione lascia il tempo che trova, soprattutto in prossimità delle elezioni, per le quali valgono regole diverse rispetto al "diritto di proprietà". Per cui il nome "Lega", essendo parola comune, è di uso tendenzialmente libero e lo stesso va detto per i simboli locali: piaccia o no in via Bellerio, i giudici lo dicono dal 1992.
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