A urne chiuse e risultati proclamati, vale comunque la pena di scorrere la florafauna simbolica presente sulla scheda votata dagli elettori di Venezia: tra loghi noti e fregi semisconosciuti e creati alla bisogna, le curiosità non sono loro mancate.
Tra le liste che hanno sostenuto il candidato per ora più votato, Felice Casson, ne spiccano obiettivamente alcune per motivi simbolici (e non solo). Si prenda, ad esempio, l'emblema mostrato da Venezia bene comune, formazione elettorale cui ha partecipato Rifondazione comunista e parte di coloro che erano stati da poco espulsi dal partito: il fondo è rigorosamente rosso, il nome riecheggia quello della coalizione bersaniana del 2013 (e usato in tante realtà locali dal centrosinistra), ma il vero segno distintivo sembra essere la "V" della città, bianca sfumata in rosa, con il tratto che sembra lasciato da un gesso. In uno schieramento privo della "lista Tsipras", sembra questo il contrassegno più simile a quello inaugurato alle europee del 2014.
La lista ha preso l'1,33%, poco meno rispetto al cartello 2020VE, che graficamente aveva la medesima struttura già vista nel contrassegno di Ven[e]to nuovo, raggruppamento politico che sosteneva Alessandra Moretti. Stessa grafica "morbida" ed "ecologista" (in più c'è giusto un elemento rosso che lambisce l'anno e si fonde con la sigla di Venezia), con la presenza delle "pulci" di Sel, dei Verdi europei e, in questo caso, dell'associazione "in comune" nata già alle scorse comunali, in appoggio all'allora candidato sindaco Giorgio Orsoni. In qualche modo, si tratta dell'unione del carattere civico e dell'identità di ciascuna delle tre forze che hanno dato corpo a questo progetto elettorale.
E' stata decisamente meno fortunata la lista Venezia popolare, che ha raccolto essenzialmente "l’anima centrista, cattolica e laica della coalizione", come l'ha chiamata lo stesso Casson nel proprio sito.
Il nome del raggruppamento, a dire la verità, graficamente non era stato trattato in modo felice, un po' schiacciato in alto, nella mezzaluna rossa superiore, per lasciare spazio anche qui a tre "pulci": quella più grande di Democrazia solidale e quelle più piccole di Centro democratico e della "rediviva" (perché da tempo sembrava avere fatto perdere le sue tracce) Alleanza di centro, il partito fondato da Francesco Pionati nel 2008.
Di voti però ne arrivano solo 365, lo 0,31%, la quota più bassa della coalizione (la lista Socialisti e democratici, del Psi, ha fatto poco meglio); molto più votata, invece, è stata la lista personale di Casson, che sfiorando i 20mila consensi ha battuto di poco il Pd.
In un certo senso, per colori ed evidenza grafica, è stata proprio la Lista Felice Casson sindaco a mettersi in competizione con il raggruppamento di sinistra presente nella stessa coalizione: non si vuole affatto dire che qualche voto abbia preso direzioni indesiderate, ma i colori certamente andavano in quella direzione e certamente sono stati graditi da una parte degli elettori.
E' curioso che una scelta grafica simile, peraltro, l'abbia fatta anche Luigi Brugnaro, candidato di parte del centrodestra, che a Venezia come altrove si è legato a diversi candidati sindaci. Si prenda, in particolare, la lista Luigi Brugnaro Sindaco: il colore di fondo somiglia a quello poi scelto dallo staff di Civati per il suo Possibile (ma questo è più scuro, più porpora), ma l'idea del rosso c'è anche qui. Se però Casson ha messo in maggior evidenza il suo nome (bilanciando il suo peso con il maiuscolo del cognome), Brugnaro ha puntato sul suo patronimico, lasciandolo in grassetto; la font, un Gill Sans (almeno per quanto riguarda il cognome), in questo caso però sembra meno elegante rispetto a quella adottata da Casson.
Accanto ai contrassegni di Forza Italia e di Area popolare - che riproduce l'accostamento francamente orribile di simboli visto anche sulle schede regionali del Veneto - ce n'erano anche altri che meritano almeno di essere visti. Ad esempio quello della lista Impegno per Venezia isole e terraferma, legata al consigliere comunale uscente Renato Boraso: l'emblema mette il suo nome in evidenza su fondo rosso scuro (del resto il capolista è stato a più riprese il top scorer delle preferenze alle comunali), il tutto incastonato in una cornice tipica del partito catch all e un po' di centrodestra, con tanto di rappresentazione del leone di San Marco con libro aperto, un grande classico.
L'idea del leone, peraltro, torna anche nel contrassegno della lista Malgara 2020, che come capolista aveva Mattia Malgara, già nella rosa dei candidati sindaci dell'area del centrodestra, ma ritiratosi nella seconda metà di aprile per appoggiare la corsa di Brugnaro. Qui, in realtà, non è riportato il leone alato per intero: se ne vede soltanto la testa con la criniera stilizzata, che va a sostituire il secondo zero dell'anno indicato nel contrassegno; il tutto appare su uno sfondo granata, che regge anche la scritta "un nuovo inizio" e l'ellisse dal bordo dorato che contiene l'accoppiata cognome-anno con cui il capolista intendeva distinguersi sulla scheda.
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