mercoledì 23 settembre 2015

Altre scintille nella fiammella di An

Non appena la fiamma sembra rianimarsi, i suoi corni finiscono per bruciarsi tra loro. Era fin troppo facile scommettere che, dopo il parere giuridico di due civilisti che ha tracciato una possibile via per l'impegno politico diretto della Fondazione Alleanza nazionale - sia pure attraverso un nuovo movimento di destra da costituire e (magari) da finanziare - e la posizione assolutamente favorevole a quell'opzione di Prima l'Italia (il gruppo vicino a Gianni Alemanno) sarebbe intervenuto chi, negli anni, si è sempre battuto perche la Fondazione An agisse solo in ambito culturale e non finanziasse iniziative ritenute indebite, specie quando parevano volte ad avviare progetti politici che si richiamassero al partito posto in scioglimento nel 2009, magari grazie a parte del suo patrimonio.
Non stupisce, quindi, che oggi Il Tempo dia molto spazio a una nota che ha tra i firmatari Maurizio Gasparri, già personaggio di primo piano di An, rimasto nel Pdl anche dopo l'uscita del gruppo finiano e tuttora in Forza Italia; condividono con lui quello stesso percorso anche Altero MatteoIi e Marco Martinelli, le cui firme sono accanto a quella di Gasparri. Anche in questa occasione la loro idea non cambia: la discesa nell'agone politico della fondazione, in qualunque forma, sarebbe - si legge nell'articolo del Tempo scritto da Michele De Feudis - "un vulnus clamoroso", poiché contrario "ai principi fondamentali che regolano la vita delle fondazioni e quella dei partiti politici" al punto da mostrare evidenti "profili di illegittimità".
Per i tre forzisti ex An firmatari della nota, ogni possibile forma di impegno politico diretto della Fondazione An sarebbe contra legem. In effetti, il giudizio somiglia a quello dato dai privatisti
Antonino Cataudella e Giovanni Doria per quanto riguarda l'ipotesi che la fondazione agisca direttamente in politica come se fosse un partito: si dovrebbe ricordare che "la vita delle fondazioni è sottoposta al controllo costante del Ministero dell’Interno e quindi dell’Esecutivo", quando in base alla Costituzione un partito "è intrinsecamente libero di incidere sulla politica nazionale e quindi di contrastare la politica dei governi". 
Nulla di nuovo, quindi, rispetto al parere legale già visto. Il giudizio però si divarica sull'ipotesi che la Fondazione An costituisca un nuovo movimento che tenda a trasformarsi in un partito unificante di destra: i problemi, guarda caso, riguardano soprattutto l'aspetto del finanziamento. In un'ipotesi simile, infatti, per Gasparri, Matteoli e Martinelli "si potrebbe ravvisare la violazione dell’articolo 10, c. 8 del D.L. 149/2013 (limite al finanziamento dei partiti da parte di persone giuridiche) e sarebbe inevitabile ipotizzare l’illecita distrazione di risorse dal patrimonio della Fondazione". L'argomentazione, francamente, mostra qualche debolezza: innanzitutto, proprio sulla possibilità di donare a un partito start-up più di 100mila euro all'anno i due giuristi avevano sì aperto, ma con tutte le cautele del caso, precisando che quella era solo la loro opinione e non c'erano ancora riscontri pratici sul punto (quindi non ci sono certezze nemmeno per la tesi opposta); secondariamente, di illecita distrazione si potrebbe parlare - nell'ipotesi contemplata dalla nota - solo qualora la Fondazione desse oltre 100mila euro in un anno al movimento, non anche in caso di elargizioni minori ma comunque consistenti.
Se per Gasparri, Matteoli e Martinelli occorre rispettare "le ragioni inequivocabilmente deliberate dall’ultimo Congresso di Alleanza Nazionale", ossia mantenere l'attività della fondazione in un ambito solo culturale, paventando il ricorso "alle autorità competenti" in caso di comportamenti diversi, altri soggetti hanno idee naturalmente diverse. C'è chi, come Fabio Sabbatani Schiuma, del movimento Riva Destra, bolla come anacronistica la "nostalgia di un partito che non celebrava congressi, dove regnava il pensiero unico del suo leader" (pur ammettendo la necessità di "un progetto credibile a destra, di nuova classe dirigente"), ma è ben diversa la reazione di chi l'impegno politico della Fondazione Alleanza nazionale lo vuole eccome: a queste persone, manco a dirlo, le parole degli ex compagni di strada ora finiti in Forza Italia non sono piaciute per niente.
Così, il portavoce di Prima l'Italia Marco Cerreto bolla come "minaccia di pessimo gusto" il paventato ricorso all'autorità competente qualora l'assemblea della Fondazione An dia il via libera alla "mozione dei quarantenni": "Da chi ha legittimamente deciso di abbandonare la destra per entrare in Forza Italia mi aspetterei quantomeno l'astensione da certe dichiarazioni; chi ha a cuore le sorti del centrodestra non potrebbe che gioire del rafforzamento della destra". Da registrare anche l'intervento di Francesco Biava, vicepresidente della fondazione che non ha mai fatto mistero di gradire il ritorno di An o di qualcosa di simile: dopo aver ricordato che a giugno la consulenza ai giuristi è stata data all'unanimtà dal cda (anche coi voti di Gasparri, Martinelli e Matteoli), Biava nota che i dubbi legati alla questione finanziaria possono essere approfonditi, ma non possono mettere in discussione il potenziale intervento in politica della Fondazione An; per lui, più che della minaccia "aprioristica, oltre che totalmente infondata" del ricorso in procura ("appare come un atto intimidatorio che colpisce inutilmente l'immagine della Fondazione") c'è bisogno che gli aderenti alla fondazione votino sulla "mozione dei quarantenni" liberamente, responsabilmente e "senza sottostare a nessuna forma di minaccia e condizionamento". Se già ora sono partiti i lampi, cos'altro potrà succedere, nei prossimi dieci giorni?

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