Diciamo la verità: la sfera di cristallo non c'era nessuno e, al momento, non c'è una sola persona che posso dire con certezza quale sarà il quadro politico italiano anche solo tra una manciata di mesi. Il cammino della riforma costituzionale non è ancora del tutto definito, c'è chi chiede con una certa insistenza - lo si è visto ieri - una modifica sostanziale dell'Italicum, ripristinando il premio di maggioranza alla coalizione più votata (questione determinante per delineare lo scacchiere politico del futuro) e in più di un partito le acque sono decisamente mosse.
Il discorso vale per il Pd del presidente del Consiglio Renzi, alle prese con la conta interna della minoranza dem; vale per Ncd del suo vice Alfano, da molti dato come prossimo alla rottura tra fedeli a Renzi e nostalgici di Berlusconi; vale per Scelta civica, in procinto di cambiare nome e simbolo. E poi c'è Possibile di Civati, pronto a fare il suo esordio elettorale; ci sono l'Udc e Forza Italia, dei quali è difficile dire se continueranno ad esistere così come sono o se conosceranno cambiamenti di qualche peso; la Lega Nord di Salvini continuerà a giocare innanzitutto in nome proprio, per aumentare il proprio consenso (e chissà se continuerà la strada di una sigla analoga per il sud), ma non disdegnerà un accordo con le forze di centrodestra all'opposizione, purché fondato su presupposti chiari condivisi. Si potrebbe essere certi giusto del MoVimento 5 Stelle: certamente esisterà ancora, più difficile dire con quali numeri.
E allora ammettiamolo: quanto sembrano (e sono) lontani quei giorni di maggio, in cui Silvio Berlusconi sembrava mettere in scena il suo ennesimo ritorno, mettendo in campo - dopo Forza Italia, i Poli, la Casa delle libertà, il Popolo della libertà e il ripescaggio del tricolore forzista - il Partito repubblicano, o Repubblicani italiani, a seconda dei momenti. In fondo ci avevamo creduto un po' tutti almeno un tantino: varie cose permettevano di farlo, a partire dal richiamo ai repubblicani americani già dell'amico George W. Bush.
C'era l'idea di un contenitore ampio e non troppo connotato, che potesse riunire (anche nell'ottica dell'Italicum che proprio in quei giorni diventava legge) sotto un'unica insegna tutte le formazioni del centrodestra; c'era persino un'idea di simbolo, che ha conosciuto un'evoluzione nel tempo. Se all'inizio Affari italiani aveva mostrato un cerchio molto schematico e "povero", coi quattro colori nazionali sviluppati in senso strettamente geometrico, nei giorni successivi il sito Freedom24 aveva divulgato un'ipotesi grafica più elaborata, che ricalcava nella struttura il contrassegno elaborato nel 2001 per la Casa delle libertà: stesso segmento tricolore inferiore a base ondulata, bianco quasi del tutto bandito, scritte blu su fondo azzurrino, con una "mezzaluna" superiore sfumata, manco fosse stata fatta per il Nuovo centrodestra. Un impatto grafico da spilletta americana, verrebbe da dire.
Come è noto, tuttavia, di quel simbolo si è persa ogni traccia, così come del progetto repubblicano di Berlusconi, che ha accennato ad altre idee di rinnovamento radicale, mentre altri hanno cercato piuttosto di dare forma a una Lega Italia in cui potessero sentirsi a casa forzisti e leghisti (ci ha pensato Carlo Taormina, avvocato ed ex parlamentare di Fi, a rovinare la festa, ricordando che la Lega Italia lui l'aveva già fatta da anni). Così, mentre ci si affanna a predire il futuro e immaginare gli scenari politici che verranno, è molto più facile etichettare chi era sicuro del lancio dell'affermazione dei repubblicani in salsa berlusconiana - non quelli di Nucara, naturalmente - come veggente da strapazzo. Anche se ciò, inevitabilmente, significa che da strapazzo siamo stati un po' tutti.
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