Sempre più incerto il destino politico del centrodestra, a quanto pare. Non occorre un fine analista per capire che, se per anni la forza principale di quell'area è stata Forza Italia (sostituita dal Pdl nel breve periodo in cui quella sigla ha operato), ora il potere di traino è nelle mani della Lega Nord guidata da Matteo Salvini. Se questo è vero, però, non è per forza detto che il partito continui a operare nella stessa forma e con le stesse insegne. L'impressione si ha leggendo i risultati di una ricerca svolta per Libero da Arnaldo Ferrari Nasi, attraverso il suo istituto (FN&A).
Il sociologo parte da un numero pesante, una sorta di zavorra per il futuro: "Sono circa 21.000.000 gli elettori che in caso di voto difficilmente potrebbero scegliere il simbolo che fu di Bossi". Il dato sarebbe abbastanza problematico, specie se combinato alla quota ampia di indecisi rilevata dai sondaggi (praticamente uno su due): in quelle condizioni, "il marchio della vecchia Lega sarebbe un perfetto tema nella campagna degli avversari e da quel 15% cui è accreditato oggi, pur in alleanza, difficilmente supererebbe la corazzata Renzi".
Come fare allora a puntare al governo, senza accontentarsi del ruolo (blasonato ma poco incisivo) di leader indiscusso dell'opposizione, sullo stile del vecchio Pci? La soluzione, per FN&A, potrebbe essere che Salvini tenti "il colpo di mano, ora che è forte, che nell'area non ha avversari ad impensierirlo". Cosa significherebbe? "Sciogliere la Lega e rifondarla in un nuovo partito, nazionale, che segnerebbe la discontinuità con la politica secessionista del passato ed accogliere nella nuova casa quella gran parte di centrodestra in attesa di ricollocazione".
Idea dirompente, certo, ma avrebbe un futuro? Secondo Ferrari Nasi, "la maggior parte di chi oggi vota Lega non è in disaccordo, quasi due su tre, ma un consistente 34% non rinuncerebbe allo storico simbolo". Il che vorrebbe dire che, dei 5,5 milioni di voti che la Lega di Salvini prenderebbe se andasse alle elezioni ora, lo scioglimento del partito e la rinuncia ad Alberto da Giussano comporterebbe un'emorragia di quasi 2 milioni di voti. Il sociologo tuttavia è altrettanto convinto che la nuova formazione di Salvini potrebbe pescare in un bacino molto ampio: "Il centrodestra non padano, pur escludendo quelli di Lega e anche Fdi, vale circa oltre 5 milioni di voti; gli indecisi, non padani e non di centrodestra (già conteggiati prima), ne valgono quasi quattro: in tutto circa 9 milioni di voti, oltre ai 3,5 milioni leghisti rimanenti".
Insomma, par di capire, sciogliere il partito e farne uno nuovo potrebbe essere un affare per Salvini e potrebbe essere un modo per ricostruire il centrodestra. Difficilmente forzisti e fratelli (d'Italia) ne sarebbero pienamente felici, ma lo scenario non è impossibile; difficile, però, che dal cilindro salviniano spunti un altro emblema efficace come l'Alberto da Giussano scelto nel 1982 da Bossi per la Lega (Lombarda prima, Nord poi).
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