venerdì 11 settembre 2015

Il Partito della Libertà... che non era di Berlusconi

Sono passati solo otto anni, eppure sembra passata una vita, visto che dal 2008 è cambiato quasi tutto, dalla scena pre-elettorale di allora: Beppe Grillo non era ancora in MoVimento, il Pd era una matricola ed era guidato da Veltroni, a sinistra c'era ancora Bertinotti, presidente uscente della Camera. L'unica costante, in qualche modo, è Silvio Berlusconi, ma anche il suo contenitore politico era diverso: messa per un po' in soffitta Forza Italia, si presentava alla prima prova delle urne il Popolo della libertà, joint venture con Gianfranco Fini deflagrata rovinosamente nel 2010.
All'inizio, però, quello di Berlusconi non era un Popolo, ma un Partito. Nel senso che dal 2005 il nome che circola con più insistenza per il soggetto politico destinato a fare da sintesi fra Forza Italia e Alleanza nazionale è proprio Partito della libertà. Nel 2007 Michela Vittoria Brambilla deposita come marchi italiani e comunitari il nome e il possibile simbolo del nuovo partito, poi ceduti a Berlusconi: la grafica è quella dell'arcobaleno tricolore “crescente” su fondo sfumato blu. 
La dicitura scelta, però, non è nuova
. Nel 2004 il dominio www.partitodellaliberta.it era stato registrato dalla Federazione dei liberali, partito nato all'indomani dello scioglimento del Pli e guidato da Raffaello Morelli. Scoperte le intenzioni di Berlusconi, la Fdl vuole fermare la Brambilla e Forza Italia, che però non avevano agito a caso. «Dei liberali che hanno una piccola formazione politica che milita nell’ambito della sinistra – aveva spiegato Berlusconi a Telese alla festa dell’Udeur – [hanno] registrato su internet il dominio Partito della libertà: […] avendo notizia che queste stesse persone avrebbero avuto l’intenzione di registrare anche il marchio per la politica […], ci siamo affrettati a depositare a Bruxelles questo nome.» 
Qualcuno dei suoi, forse, aveva provato a registrare il dominio per il sito del futuro partito e aveva fatto una scoperta amara, che ha spinto ad accelerare i tempi, con la "svolta del predellino" a San Babila.
Il 1° e il 2 dicembre 2007 i cittadini scelgono, gazebo per gazebo, che nome dare al nuovo soggetto politico tra le alternative «Il Partito della libertà» e «Il Popolo della libertà». 
Berlusconi comunica i risultati il 12 dicembre: se all'inizio prevale (di poco) l’opzione «Partito», il 63,14% dei votanti alla fine preferisce il «Popolo». Al di là delle leggende metropolitane (in base alle quali l'opzione 
«Popolo» sarebbe stata fatta prevalere proprio per non avere grane in seguito), i liberali fanno comunque causa: per il partito di Morelli il nome e il simbolo depositati dalla Brambilla sono una contraffazione di segni di cui la Fdl dispone da tempo e il nuovo partito berlusconiano vorrebbe mettere le mani sugli elettori liberali, usando proprio quel nome registrato da chi liberale lo è sul serio.
Alle elezioni del 2008 Berlusconi in effetti non usa il simbolo con la parola «Partito», mentre la Federazione dei liberali per precauzione deposita il logo con il nome «Partito della libertà» blu su fondo giallo e, alla base, un “sorriso” tricolore. Il fatto è che, 
«Popolo» o «Partito» che sia, la sigla resta Pdl: i giornalisti si confondono e qualcuno degli azzurri ci mette del suo (a partire da Sandro Bondi, che più volte parla di «Partito della libertà» e viene portato in tribunale, dovendosi impegnare a non usare più «erroneamente» quella dicitura). 
La sentenza arriva a ottobre del 2011, ma è favorevole a Forza Italia. Per i giudici del tribunale di Milano, i nomi a dominio sono un marchio di fatto e possono essere tutelati da usi indebiti altrui, purché ne sia provato l’uso e siano noti presso il pubblico. Forza Italia non ha dato prova di avere utilizzato quell’espressione prima del 2004, ma la Federazione dei liberali non ha dimostrato l’uso del domain name per identificare una pagina web chiaramente riferibile a sé, prima che la Brambilla chiedesse di registrare i marchi; lo stesso vale per la denominazione «Partito della libertà», il cui uso anteriore non è provato. Non sarebbe nemmeno stato violato il diritto alla personalità della Fdl: il partito di Berlusconi, infatti, non usa la parola «liberale», ma solo «libertà», per cui non lede i diritti di nessuno. In effetti i giudici riconoscono che Berlusconi e i suoi collaboratori, avendo depositato nome ed emblema pur sapendo che i liberali di Morelli avevano una legittima aspettativa a registrare il marchio «Partito della libertà», sono stati scorretti: per questo compensano le spese legali, ma non danno ragione alla Federazione.
In Europa, se possibile, per la Fdl va anche peggio: tutti i ricorsi per impedire la registrazione dei marchi della Brambilla sono respinti, perché il nome registrato da Morelli non è stato usato «nella normale prassi commerciale», cioè per averne un vantaggio economico. Morale: è importante arrivare primi, ma a volte non basta; nemmeno Morelli, in ogni caso, poteva immaginare che già alla fine del 2013 per il Pdl (quello berlusconiano, ovviamente) sarebbe arrivato il tempo della rottamazione.

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