venerdì 17 febbraio 2017

Tensioni nella galassia radicale, una storia (anche "simbolica") delicata

Una decina di giorni: tanto manca al 1° marzo, giorno in cui il palazzo del numero 76 di Via di Torre Argentina a Roma, che dal 1991 ospita le varie sedi della "galassia radicale", entrerà nella disponibilità della Lista Pannella. Questo, come si legge in una lettera che la presidenza del Partito radicale nonviolento, transnazionale e transpartito ha inviato agli iscritti e pubblicato sul sito nei giorni scorsi, "comporterà una redistribuzione degli 'spazi' disponibili, tra la stessa Lista, il Partito, e le sole associazioni impegnate nella realizzazione degli obiettivi congressuali stabiliti nella mozione generale del Partito Radicale". Il che, tradotto in soldoni, significa che in quelle "sole associazioni impegnate" a realizzare gli obiettivi del Prntt - e, come tali, con la prospettiva di restare a Torre Argentina - non sembrano rientrare Radicali italiani e altre associazioni della "galassia", a partire dall'Associazione Luca Coscioni.
La notizia ha fatto decisamente rumore, spingendo a occuparsene anche coloro che al mondo radicale non sono soliti dare spazio, ed è stata immediatamente tradotta con "Riccardo Magi ed Emma Bonino sfrattati dalla sede". Ovviamente non c'è alcun riferimento alle persone e men che meno si sta discutendo di espulsioni da qualche soggetto politico (nemmeno previste dagli statuti dei soggetti radicali); la questione, tuttavia, merita di essere trattata con attenzione, perché il quadro può risultare complesso per chi non lo segue a fondo e perché è stata la stessa Presidenza del Partito radicale transnazionale a parlare di una decisione "grave, ma necessaria e non più rinviabile" (nonché "urgente" e perfino "con-vincente", per usare le parole di Pannella citate nella lettera), da prendere per forza per "tentare di scongiurare, letteralmente, la morte del Partito".
Vale la pena ripercorrere almeno alcuni punti della lettera - che, per stile e contenuti, sembra dovuta in gran parte a Maurizio Turco, firmatario insieme a Matteo Angioli, Angiolo Bandinelli, Marco Beltrandi, Rita Bernardini, Maurizio Bolognetti, Antonella Casu, Antonio Cerrone, Deborah Cianfanelli, Sergio D'Elia, Maria Antonietta Farina Coscioni, Mariano Giustino, Giuseppe Rossodivita, Irene Testa, Valter Vecellio ed Elisabetta Zamparutti - per cercare di capire cosa è accaduto nei mesi scorsi e cosa stia accadendo; altrettanto si farà con la risposta che Radicali italiani, assieme alle associazioni vicine a questo soggetto, hanno voluto redigere, raccontando una storia fatta anche - come si vedrà - di simboli.

Alle radici

Alla base di tutto, è forse utile enunciare innanzitutto quella che nella lettera è citata come la regola di base del Partito radicale - e della sua successiva evoluzione in Prntt - ossia "lo stare insieme". Per cui "il Congresso, a cui partecipano per diritto tutti gli iscritti al Partito [...] il “luogo” in cui vengono decisi scopi ed obiettivi politici. È nel dibattito congressuale, e nel voto finale, che il Partito Radicale prende vita. O, magari, morte", come di fatto si è deciso ponendo le 3mila iscrizioni nel 2017 e nel 2018 come obiettivo essenziale per la sopravvivenza del partito. 
Nella stessa lettera - inviata e diffusa per sopperire al silenzio cui l'avrebbero, secondo gli autori, ridotta i media, intolleranti verso i "Radicali ‘scostumati’" - si cita poi una frase di Marco Pannella (dopodomani, tra l'altro, saranno trascorsi nove mesi dalla scomparsa): "il fine non giustifica i mezzi; piuttosto sono i mezzi che qualificano e prefigurano i fini". Meno di un anno fa, in una tesa assemblea del Partito nella sede di Torre Argentina, Maurizio Turco aveva aggiunto: "a maggiore ragione secondo me [i fini] li prefigurano i comportamenti". E, analizzando alcuni comportamenti, gli autori della missiva sostengono come "da almeno tre anni, prima della scomparsa di Marco, si fosse determinata una frattura tra coloro che ritenevano che i Radicali dovevano seguire vie altre da quelle indicate da Marco e coloro che invece ritenevano e ritengono di condividere l’analisi del Regime e le principali battaglie da opporre allo stesso, a partire dalla centralità della battaglia sulla giustizia giusta, con la sua appendice carceraria e sul diritto alla conoscenza". 
Poteva essere così il simbolo?
E se un punto di svolta, in questo senso, sembra essere stato rappresentato dal Congresso di Radicali italiani del 2015 (in cui la linea di Pannella è risultata sconfitta, con l'elezione di Riccardo Magi alla segreteria), il tutto sarebbe iniziato già alla fine del 2012, con il tentativo di "smarcarsi da un Pannella troppo ingombrante": ne sarebbe stato un segno, secondo la presidenza del Prntt, il "rifiuto di presentare nel 2013 le Liste Bonino-Pannella", frutto dell'indisponibilità di Emma Bonino a candidarsi in quell'occasione, con il contemporaneo "suggerimento" da parte della stessa Bonino di presentare le Liste Bernardini-Pannella, indicando le persone che più si erano impegnate per la battaglia a favore dell'amnistia. L'ipotesi, peraltro, fu in campo per pochissimo tempo e non risulta che sia mai stata tradotta in un possibile simbolo da presentare alle elezioni, anche se nulla vieta di pensare che avrebbe potuto avere una struttura analoga a quella del contrassegno della Lista Bonino-Pannella, coniato nel 2009.
Come è noto, alle elezioni del 2013 la lista Pannella presentò poi il contrassegno della Lista Amnistia giustizia libertà, che corse al di fuori dei poli. Una scelta sanguinosa sul piano elettorale, che nella lettera viene descritta come una scelta forzata proprio dall'indisponibilità delle liste Bonino-Pannella (che "letteralmente costrinse a ridosso del voto ad inventarsi le Liste Amnistia Giustizia Libertà con le ovvie conseguenze dal punto di vista elettorale"). Se, da quel momento, unica fase di vera attenzione per i radicali coincise con la permanenza di Emma Bonino alla Farnesina, durante il governo Letta, nel frattempo per gli autori della lettera ci sarebbe stata una corsa di chi prima voleva smarcarsi "a ‘riaccreditarsi’, grazie a media compiacenti e pronti, quali 'Radicali', 'Ultimi Radicali', 'Liste Radicali', 'Segretari dei Radicali', 'Iscritti Radicali', e così via".
Il simbolo della lista a Roma
Anche in questo caso, se prima lo smarcamento si dimostrava, per la presidenza del Prntt, con la necessità di "raccogliere le firme per i referendum o per le proposte di legge sotto vessilli diversi da quelli Radicali (Roma si muove, Milano si muove, ecc.)", temendo che l'identificazione con Pannella ostacolasse la raccolta firme, l'anno scorso "si è arrivati, con Marco morente, a presentare liste elettorali recanti il nome Radicali, sempre a Roma e Milano, in violazione della regola stabilita all’art. 1 dello stesso Statuto di Radicali italiani [cioè la non partecipazione alle elezioni di Ri "in quanto tale", ndb] ed all'insaputa del Partito Radicale e di tutti gli altri soggetti differenti da coloro che quella decisione avevano preso".
Ultimo comportamento concludente sarebbe stato un intervento alla Direzione di “Radicali Italiani” (il riferimento è alle parole di Simone Sapienza, a capo del progetto FaiNotizia.it): si diceva che da due anni, nel "tentativo ciclopico di resistere al disfacimento di una storia", un gruppo di persone (Sapienza ha parlato al plurale, riferendosi probabilmente alla dirigenza di Radicali italiani) si è assunto "la responsabilità personale, politica, collettiva di entrare prima in collisione con lo stesso Marco Pannella [...] e poi con un pezzo del Partito radicale". Per gli autori della lettera, tuttavia, la collisione sarebbe stata "con il Partito nella sua interezza", riconoscendosi questo nella mozione votata alla fine del congresso a Rebibbia.


Una galassia anomala?

Il problema, per gli autori della lettera, non riguarderebbe solo Radicali italiani, ma anche alcuni dei soggetti riconducibili alla "galassia radicale". Loro ricordano come, "negli ultimi dieci anni di vita politica di Marco Pannella e di coloro che intorno a Marco si sono ritrovati" (specie con riferimento alle battaglie sulle carceri, sulla giustizia giusta e sulla codificazione internazionale del diritto umano alla conoscenza), quelle stesse organizzazioni "volute, fondate e finanziate dal Partito Radicale" non si siano sciolte - come da prassi radicale - una volta conclusa la campagna che le aveva originate, ma abbiano continuato a operare "a spese del Partito Radicale e della Lista Pannella".
Ciò, in sé, non sarebbe un problema, ma per la presidenza del Prntt "queste organizzazioni si sono strutturate in modo indipendente", con agende politico-elettorali persino in conflitto con quelle del Partito Radicale (e con più visibilità mediatica e politica, accusate come sono di "dannarsi l'anima per essere ammesse [...] ai tavoli della politica partitocratica di uno degli schieramenti in campo). Tutto questo, però, mentre Radicali italiani e le altre organizzazioni della "galassia" erano "ospitate" nella sede del Partito Radicale, "che - si legge ancora nella lettera - si fa carico delle spese di affitto, luce, spese telefoniche, condominiali e, fino al 2015, di personale", mentre le associazioni potevano utilizzare le loro entrate per sostenere le proprie iniziative (anche se, per esempio, all'assemblea del Prntt l'anno scorso Marco Cappato aveva dichiarato che, grazie ai fondi del 5 per mille, l'associazione Luca Coscioni pagava le pulizie della sede, l'amministrazione del partito e il centro elaborazione dati).
Trattenere le quote delle iscrizioni "a pacchetto" a tutti i soggetti della galassia non è bastato a evitare che il Partito radicale accumulasse un debito, per le spese di struttura, di circa un milione di euro. Anche per questo, il Prntt ha bisogno di raggiungere e mantenere quel livello di iscritti; il compito, però, sarebbe reso difficile dalla denunciata conventio ad excludendum dei media verso i radicali "scostumati", ma non nei confronti degli "altri Radicali, [...] impegnati a promuovere altro e/o altri, non certo la vita e le lotte del Partito Radicale". Gli autori della lettera mettono in luce, in particolare, come all'ultimo congresso di Radicali italiani la mozione votata sottolinei "la necessità di riconquistare la vita politica e democratica del Partito Radicale innanzitutto attraverso iniziative transnazionali di Radicali Italiani" e "l’invito al tesseramento", inaugurando di fatto una concorrenza con il Partito radicale transnazionale (che, a questo punto, vedrebbe minacciato il raggiungimento del proprio obiettivo, visti i casi delle persone che "purtroppo sollecitate da telefonate a dir poco ambigue provenienti dalla sede del Partito Radicale, si sono iscritte a Radicali Italiani pensando così di essersi iscritte al Partito Radicale"). 


Lo "sfratto" e la risposta

Tutto questo, come si anticipava all'inizio, ha portato alla scelta di trasferire la disponibilità della sede dal Prntt alla Lista Pannella (ora rappresentata da Maurizio Turco come presidente) e "questo comporterà una redistribuzione degli 'spazi' disponibili, tra la stessa Lista, il Partito, e le sole associazioni impegnate nella realizzazione degli obiettivi congressuali stabiliti nella mozione generale del Partito Radicale"; lo stesso palinsesto di Radio Radicale subirà modifiche per potenziare la presenza del Partito Radicale e facilitare il raggiungimento dell'obiettivo di 3mila iscritti e degli altri punti approvati con la mozione di Rebibbia.
L'idea alla base delle decisioni è chiaramente indicata nella lettera: "Chi, nato per costituire il Partito Radicale è maturato nel suo contrario, ha pur sempre tutta la libertà di fare quello che vuole, come vuole, con chi vuole, ma non può pretendere di farlo a spese - economiche e politiche - del Partito Radicale". Detto altrimenti, "se uno vuole una sede, la deve pagare", specie quando i soldi sono pochi e le cose da fare sono una marea.
Ieri, in compenso, è arrivata la risposta redatta dagli "organi responsabili di Radicali Italiani, Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, Certi Diritti" e dal "Segretario di Non c’è Pace senza Giustizia", in replica a un atto che "tende a negare ai quattro soggetti politici e ai loro dirigenti, militanti e iscritti, ogni legittimità radicale e ad espellerli definitivamente dalla politica e dalla storia del partito" cancellando di fatto il loro status di soggetti costituenti del Partito Radicale.
Per gli autori della replica - Riccardo Magi, Michele Capano e Antonella Soldo per Radicali italiani, Filomena Gallo e Marco Cappato per l'Associazione Luca Coscioni, Niccolò Figà Talamanca per “Non c’è pace senza giustizia”, nonché Leonardo Monaco e Dario Belmonte per Certi Diritti - è "unilaterale e palesemente falsa" la ricostruzione storica fornita dalla prima lettera sui dissensi politici nel mondo radicale, dissensi dovuti a una crisi interna cui è mancata una risposta comune efficace, tempestiva e credibile, "nell'abitudine di attendere parassitariamente le soluzioni da chi le aveva sempre trovate per tutti e non era più in grado di darle": il riferimento a Marco Pannella, pur non messo in chiaro, è ben identificabile.
Riccardo Magi e gli altri firmatari ricordano che, in alternativa alla mozione risultata vincitrice al congresso di Rebibbia (che, a loro dire, già conteneva di fatto "una scelta di rottura e di espulsione", con la "cancellazione" delle cariche previste dallo statuto) avevano proposto di convocare una seconda sessione del Congresso e, nel frattempo, lanciare una campagna di iscrizioni e lavorare, dibattendo insieme (anche con gli esterni interessati), per ricostruire una vera transnazionalità e transpartiticità del partito. "Quel dibattito - si legge - avrebbe potuto essere, se lo si fosse voluto, la sede per affrontare un discussione seria sulla riforma statutaria del partito, per dare e trovare soluzioni unitarie, democratiche e federative a una galassia radicale, formatasi per atti e stratificazioni successive, fino ad allora tenuta insieme dalla leadership di Pannella e da un coordinamento statutario". Il congresso, invece, sarebbe stato usato "come una clava" per "un regolamento di conti e una politica di delegittimazione e di estromissione" verso associazioni e dirigenti "che sono stati nel corso degli anni protagonisti delle più significative lotte del partito radicale"; la replica lamenta anche come quest'operazione avvenga "pretendendo di avvalersi e appropriarsi in maniera esclusiva di un patrimonio molto rilevante che costituisce un bene comune, gestito a garanzia di tutti e costruito dall'impegno di generazioni di militanti e dalle loro lotte condotte nel paese e nelle istituzioni".
La missiva di risposta si conclude respingendo le accuse di cedimento al regime e rivendicando obiettivi e iniziative "radicali e radicalmente nonviolente, transnazionali e transpartite", nella consapevolezza, "senza alcuna pretesa di legittimità e di esclusività ereditaria, di essere nel solco tracciato dalla storia radicale". 
A completamento, peraltro, bisognerebbe aggiungere anche una riflessione - pubblicata solo su Facebook - di Valerio Federico, tesoriere di Radicali italiani fino all'ultimo congresso dell'anno scorso, su come si sarebbe creato, negli anni, il debito del Prntt, sotto quali gestioni dirigenziali e sulla situazione singolare per cui buona parte dei debiti del partito sono verso soggetti controllati dalla Lista Pannella, con una coincidenza almeno parziale di creditori e debitori (o meglio, dei soggetti che li rappresentano e amministrano).
In tutto questo, è arrivata anche la risposta di Emma Bonino, che pur non avendo firmato la replica è comunque considerata da tempo vicina alla parte ora guidata da Magi. "Questa spaccatura - ha detto - mi provoca profondo dolore: spero ancora che sia recuperabile. Dal punto di vista politico mi sembra incomprensibile. Esiste uno spazio politico comune, sempre che uno non dica 'io sono l'erede di Pannella e gli altri sono traditori'"; a stretto giro è arrivata la replica di Maurizio Turco, che ad Affari Italiani ha dichiarato, anche in risposta alla replica, che "per sfrattare bisogna occupare un luogo e Emma Bonino sono diversi anni che non frequenta le sedi politiche del Partito Radicale, congresso compreso"; nella stessa intervista, peraltro, è stata smentita anche la lettura dello sfratto, sostenendo che "in realtà la frattura è solo e soltanto politica: i dirigenti delle associazioni non partecipano da anni alle riunioni del Partito Radicale. E l'agenda politica che queste associazioni hanno deliberatamente adottato è tutt'altra cosa rispetto agli obiettivi del Partito. A partire dalla soluzione prospettata per l'Europa".
La situazione, agli occhi di un osservatore esterno, appare effettivamente delicata. Sia per la storia che rischia di essere dispersa, sia perché il conflitto - al di là degli aspetti economici - non sembra facile da superare, soprattutto ora che Marco Pannella, vero tratto d'unione e coesione (anche in forma sulfurea e litigiosa) non c'è più. Da una parte, il Prntt vuole mantenere il suo impegno sulle battaglie che negli ultimi anni hanno connotato l'azione del Partito radicale e - ancora di più - Pannella: battaglie - quelle per l'amnistia e la giustizia giusta, per la transizione verso lo stato di diritto e la codificazione del diritto alla conoscenza - che per qualcuno sono sì alte e nobili, ma a volte mancano di concretezza e comunque sono parziali. Dall'altra parte, molti di coloro che si riconoscono in Radicali italiani sembrano avvertire l'esigenza di un maggiore impegno per cause concrete, tangibili e quotidiane, sui territori e in dialogo con altre forze politiche, senza scartare quasi a priori l'opzione elettorale, anche con il nome "radicali". 
Da questo punto di vista, c'è chi si è chiesto se e in che modo potrebbe essere speso il nome di Emma Bonino sul simbolo di partito: nessuno dimentica che, nel 1999, anche grazie alla precedente campagna Emma for President in vista della successione a Scalfaro al Quirinale, la "lista Bonino" (anche se in realtà si trattava sempre della Lista Pannella, sia pure con un contrassegno diverso), il suo nome nel simbolo ottenne ben l'8.46%, risultato mai più raggiunto da liste d'ispirazione radicale (nel 2001 si fermò al 2.24%). Ora, ammesso che Bonino accetti espressamente l'uso del suo nome nell'emblema (oltre che un'eventuale candidatura), va detto che la grafica usata dal 1999 in poi non sembra essere disponibile, trattandosi appunto di un emblema della Lista Pannella (come la rosa nel pugno, altrettanto fuori dalla disponibilità di chi volesse usarla); niente e nessuno, però, potrebbe impedire all'ex ministra degli Esteri di prestare il proprio nome. Si dovrebbe solo avere l'accortezza di concepire un contrassegno diverso, nei colori e negli elementi grafici costitutivi, mettendo comunque in risalto il nome di Bonino. Forse è solo fantascienza elettorale, forse qualcuno ci ha già pensato.

Grazie ad Andrea Boni per lo spunto di riflessione sul recupero del simbolo del 1999.

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