venerdì 24 febbraio 2017

Democratici e progressisti, il simbolo che non sarà

Così il simbolo non sarà di certo...
Sotto quali insegne, dunque, si presenteranno coloro che usciranno dal Pd e che vorranno costituire un nuovo soggetto politico a sinistra? Un giorno dopo l'altro si sono rincorse varie ipotesi, specie per quanto riguarda il nome. 
L'ultima, da più parti la più accreditata per identificare gli scissionisti di Roberto Speranza ed Enrico Rossi, assieme alla pattuglia di dem pronti a seguirli - da Nico Stumpo a Davide Zoggia, da Federico Fornaro a Miguel Gotor, unendo a loro Arturo Scotto e altri ex Sel che non hanno partecipato a Sinistra italiana - sarebbe Democratici e progressisti, secondo lo schema ormai consolidato che affianca due parole, congiunte dalla "e" (e c'è il rischio che dai dintorni di Cassano d'Adda si senta dire, chiaro e forte, "l'ho inventato io!", visto che l'ex cancelliere Ugo Sarao rivendica da tempo come il suo partito Pensioni & Lavoro sia stato "il precursore di tutti i partiti e movimenti che poi hanno usato la 'e' di congiunzione".
E se la struttura del nome somiglia a quella dei Conservatori e riformisti, si sarebbe tentati in un momento di follia di immaginare un simbolo affine a quello, che come animale di riferimento scelga l'asinello democratico - ma non certo quello disegnato da Francesco Cardinali dei Democratici di Arturo Parisi, che non lo concederebbe mai, vista la distanza di posizioni - e come elemento tricolore riprenda le due tracce di gesso/pastello che nel 1994 Bruno Magno realizzò (appunto) per l'alleanza dei Progressisti. Nessuna possibilità, ovviamente, che l'emblema sia fatto così, ma chissà che qualcuno non ci abbia pensato sul serio.
Al di là della boutade, dalla corsa al simbolo bisogna escludere anche quello adottato dalla lista Democratici progressisti - Calabria, presentata alle ultime elezioni regionali a sostegno di Mario Oliverio: l'emblema ora caratterizza il gruppo corrispondente nato in consiglio regionale. "Il simbolo dei Democratici Progressisti è il simbolo del Pd nei territori - si leggeva in un sito molto snello approntato all'epoca della presentazione delle liste -. Non siamo qualcosa di diverso dal Pd ma siamo il Pd". Al di là della grafica, con il tricolore interpretato a pennellate, sorge qualche dubbio sull'opportunità di usare quel nome (e non è detto che la "e" sia sufficiente a evitare confusioni di sorta tra chi ritiene di non far parte del Pd e chi invece si proclama all'interno).
Qualche altro problema di confondibilità se lo sarebbe posto anche qualcuno degli scissionisti, nel momento in cui - secondo quanto anticipato poco fa da Alessandro De Angelis su HuffPost - la dicitura corretta del nuovo soggetto politico sarebbe Movimento democratico e progressista, per evitare che, come aveva scritto il Secolo d'Italia, si passasse "dal Pd a Dp", ricordando l'acronimo di Democrazia proletaria. Certo è che sperare che le sigle scelte siano libere è particolarmente difficile: Mdp, per esempio, era l'acronimo del Movimento democratico popolare, formazione che presentò il suo emblema alle politiche del 1994 e del 1996. Ovviamente la sigla Mdp non è privata, né qualcuno ricorderà facilmente quel precedente, ma c'è...
E, a proposito del voler evitare assonanze con Democrazia proletaria, per fortuna è stata abbandonata in fretta l'idea di voler chiamare il nuovo gruppo Nuova sinistra, anche qui mutuando lo schema da Ncd. Ai veri drogati di politica, infatti, sarebbe venuta in mente subito la Nuova sinistra unita, cartello elettorale non troppo fortunato, presentatosi alle elezioni del 1979 per unire quasi tutte le sinistre estreme all'infuori del Pdup: essendo profondamente legato all'esperienza di Democrazia proletaria, schierava in bella vista lo stesso pugno chiuso, stavolta senza falce, martello e globo stilizzato che avrebbero caratterizzato per qualche anno l'attività del partito di Mario Capanna.
A quelle stesse elezioni, peraltro, fu presentato anche un altro simbolo, che peraltro figura tra quelli "senza effetti", con il nome Nuova sinistra. Composizione più che essenziale, caratterizzata soltanto da una freccia che puntava in alto a destra (ma proveniva da sinistra), ricavata all'interno di una corona nera, l'emblema era chiaramente figlio di una grafica ancora rigorosamente in bianco e nero; paradossalmente, tuttavia, non sfigurerebbe oggi, nell'epoca della sparizione dei simboli all'interno dei contrassegni, poiché la costruzione tutta geometrica sembra pensata più e meglio di quanto non siano alcuni emblemi concepiti oggi. Una goccia di futuro nel passato, che però resterà dov'è.
Da ultimo, visto l'identikit di chi sembra pronto a lasciare il Pd per un nuovo inizio, verrebbe la tentazione di domandarsi come mai nessuno abbia pensato in questi giorni di utilizzare l'etichetta che Massimo D'Alema ha lanciato per un movimento-rete sui generis nei giorni scorsi, per capitalizzare la lotta sul fronte referendario del No alla riforma costituzionale. Così Consenso potrebbe far nascere Consenso democratico, riuscendo a sfruttare tra l'altro il verde del fondo della prima parola, affiancando ad essa la seconda tinta in rosso per ricostruire il tricolore. Che non è certo di proprietà del Pd, come non lo è la parola "democratico". 

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