venerdì 4 marzo 2022

M5S, tra poco si rivota sullo statuto, tra democrazia interna e 2 per 1000

Da vari giorni ormai - per l'esattezza dal 22 febbraio - sul sito del MoVimento 5 Stelle è apparso l'annuncio della nuova convocazione dell'assemblea degli iscritti (il 10 marzo in prima convocazione, l'11 marzo in seconda convocazione) per votazioni in materia statutaria: un voto evidentemente connesso (anche) all'ordinanza di seconde cure del tribunale civile di Napoli che ha sospeso la delibera con cui si erano approvate le modifiche statutarie nel mese di agosto 2021 e anche quella successiva che ha portato Giuseppe Conte alla presidenza del M5S. Se questa notizia è circolata sui media, meno attenzione è stata data al fatto che in realtà le votazioni saranno due: una mira a ripetere il voto del 2-3 agosto 2021 sulle modifiche statutarie (quelle appunto sospese), ma è previsto pure un secondo voto - contestuale al primo - per approvare il medesimo statuto "aggiornato con le modifiche richieste dalla Commissione di Garanzia degli Statuti e per la trasparenza e controllo dei rendiconti dei partiti politici ai fini dell'iscrizione del Movimento 5 Stelle nel registro di cui all’art. 4, d.l. 28 dicembre 2013 n. 149, e della conseguente ammissione ai benefici previsti dagli artt. 11 e 12 del citato d.l. n. 149/2013 (deducibilità dei contributi e c.d. 2X1000)".
Si è voluto riportare per intero la dicitura scritta sul sito per sottolineare l'importanza del passaggio. Significa, in particolare, che - come anticipato da Giuseppe Conte mesi fa e come deliberato nel voto tenutosi online alla fine di novembre 2021 - il MoVimento 5 Stelle ha intenzione di richiedere l'ammissione alle provvidenze pubbliche previste per i partiti (dunque la deducibilità delle somme versate da privati ai partiti politici e l'accesso alla ripartizione del 2 per 1000 del gettito Irpef). Per far questo, però, occorre prima ottenere l'inserimento del M5S nel Registro dei partiti politici: quell'iscrizione si ottiene, a sua volta, dopo aver superato il vaglio della citata Commissione di garanzia che - oltre a dover verificare i rendiconti dei partiti e dei soggetti collettivi a questi equiparati dalla legge - è chiamata a controllare che gli statuti dei partiti rispondano ai requisiti di democraticità indicati dal decreto-legge n. 149/2013 (che, appunto, prevede anche le forme di sostegno economico ai partiti politici stessi). Se l'organo collegiale ritiene che lo statuto - da presentare nella forma dell'atto pubblico - non rispetti in pieno quei requisiti (indicati all'art. 3 del citato decreto-legge), invia i propri rilievi al partito perché possa effettuare le modifiche in questione e lo statuto sia restituito modificato - sempre come atto pubblico - alla commissione nel termine stabilito, in modo che la procedura di iscrizione al registro possa concludersi.

Le modifiche richieste, anche al (regime del) simbolo

Anche se l'attenzione di molte persone potrebbe cadere soprattutto sulla votazione in sé (in particolare sulla ripetizione del voto di agosto, dopo l'ordinanza del tribunale di Napoli), in questo spazio è ancora più importante analizzare le modifiche allo statuto che la commissione ha richiesto di apportare, in modo da renderlo conforme a quanto richiesto dal d.l. n. 149/2013. Alcuni requisiti risultano piuttosto chiari e facili da tradurre in disposizioni statutarie; in altri casi, invece, è più difficile capire se e quanto alcune scelte organizzative - più o meno comuni nella vita dei partiti - siano compatibili con quanto previsto dalle norme primarie. In quelle ipotesi, il miglior modo per comprendere l'interpretazione data dalla Commissione di garanzia alle disposizioni del decreto-legge è avere cognizione dei rilievi mossi ai partiti, così da capire in concreto quali soluzioni sono state ritenute non rispettose delle norme vigenti. In questo caso non si dispone direttamente del documento della commissione (né si conosce in quale data le sia stato presentato lo statuto, quando questo sia stato esaminato o quando la lettera con le contestazioni sia stata mandata), ma il MoVimento 5 Stelle ha comunque pubblicato sul suo sito tanto la versione dello statuto che accoglie i rilievi dell'organo (e che sarà sottoposta a votazione), quanto un documento che illustra le varie modifiche, attraverso le quali si possono capire le osservazioni mosse dalla commissione allo statuto che le era stato inviato. Sembra solo il caso di dire, fin dall'inizio, che i rilievi mossi non devono far concludere per l'incompetenza o l'imperizia di chi ha redatto lo statuto: certi profili problematici emergono solo dal confronto con chi è poi chiamato a valutare lo statuto e - come detto - non sono facili da individuare fin dall'inizio.
Il primo rilievo al testo statutario, tra l'altro, riguarda proprio il simbolo, o meglio le norme per modificarlo. Su questo primo punto, per il collegio il simbolo del MoVimento 5 Stelle "non può sottrarsi al procedimento di approvazione delle modifiche statutarie [...] e alla successiva verifica, da parte di questa Commissione, della sussistenza del requisito di 'chiara distinguibilità'": l'art. 3, comma 1 del d.l. n. 149/2013 precisa che il nome e il simbolo costituiscono "elemento essenziale di riconoscimento del partito politico" ed entrambi "devono essere chiaramente distinguibili da quelli di qualsiasi altro partito politico esistente", mentre il comma 2, alla lettera m richiede di indicare "le procedure per modificare lo statuto, il simbolo e la denominazione del partito", sapendo che la descrizione del simbolo è parte obbligatoria dello statuto. In particolare, per la commissione violavano queste norme il passaggio dello statuto in base al quale "[l]a modifica del simbolo non costituisce modifica del presente Statuto". Il problema, in questo caso, è stato risolto eliminando il periodo "incriminato" ed esplicitando un'eccezione alla regola statutaria per cui spetta all'assemblea deliberare sulla modifica dello statuto: nel nuovo testo proposto, visto che i mutamenti del simbolo sono deliberati dal Consiglio nazionale "su proposta del Presidente di concerto con il Garante", tocca proprio al Consiglio nazionale deliberare anche "la conseguente modifica statutaria". Il d.l. n. 149/2013 non vieta di creare percorsi diversi di deliberazione delle modifiche statutarie a seconda del loro contenuto, quindi non ci sono problemi; non è stata ritenuta problematica nemmeno la coesistenza di due simboli che possono essere impiegati in modo alternativo ed equivalente (in altre circostanze era apparsa problematica, ma probabilmente qui è dipeso dal fatto che il nome era presente per intero in entrambe le rappresentazioni, quindi non ha dato l'impressione che fossero in dubbio i criteri di definitività e certezza).
Un altro punto problematico sottolineato dalla Commissione di garanzia ha riguardato la cancellazione delle persone iscritte. Se lo statuto su cui si è votato lo scorso agosto prevedeva che "l'eventuale variazione degli strumenti informatici utilizzati" avrebbe comportato "la cancellazione dai precedenti", per il collegio era necessario "prevedere la conservazione delle iscrizioni o, quantomeno, un sistema che chieda ad ogni singolo iscritto la conferma della sua intenzione di mantenere l'adesione al Movimento". Il MoVimento ha optato per la cancellazione dell'intera frase, ritenendo che modificare quel testo avrebbe potuto cozzare - così almeno pare di capire sulla base del commento offerto nel documento - con la necessità di applicare le norme europee e italiane in materia di dati personali, mentre togliendo quel passaggio si sarebbe evitato ogni fraintendimento sul punto.
La commissione ha ritenuto problematiche anche alcune disposizioni dedicate alla selezione delle candidature. Innanzitutto si è rilevato un contrasto tra l'art. 7, in base al quale l'individuazione dei candidati era rimessa alle persone iscritte, e l'art. 5 che affidava quel compito al Presidente; si è ritenuto incongruo anche il rinvio a nuovi regolamenti per indicare limiti e modi per individuare i candidati, mentre si sarebbe dovuto precisare che "tali regolamenti conterranno solo le specifiche tecniche delle modalità di presentazione delle autocandidature" (perché è nello statuto che si deve indicare come si scelgono i candidati, non altrove; allo stesso modo, occorre precisare che il Comitato di garanzia non approvava regolamenti "inerenti alle modalità di selezione dei candidati alle cariche rappresentative", ma quelli relativi ai passaggi tecnici da svolgere per autocandidarsi. L'organo collegiale ha ritenuto invece che fosse conforme alle norme primarie la valutazione da parte del Presidente (sentito il garante) della "compatibilità della candidatura con i valori e le politiche del MoVimento", con tanto di espressione di un parere "vincolante e insindacabile sulla candidatura". Si è ritenuto di intervenire precisando, dunque, che i regolamenti normeranno solo la presentazione delle autocandidature (e non le "modalità di selezione dei candidati").
Altro punto delicato riguardava le conseguenze dell'esclusione dal MoVimento 5 Stelle delle persone elette sotto quel simbolo, irrogata come provvedimento disciplinare. Per la commissione era problematico il passaggio dell'art. 18 dello statuto in cui si diceva che le persone espulse avrebbero dovuto versare a un ente benefico indicato dal M5S "una somma pari al 50% [...] degli emolumenti percepiti e/o da percepire in un anno solare, in ragione della carica ricoperta a seguito dell’elezione": si doveva precisare che "l'obbligo di pagamento ivi previsto non si applica ai Parlamentari che siano stati esclusi dal Movimento a causa del mancato rispetto degli atti di indirizzo politico assunti dagli Organi del Movimento stesso, se non nei limiti di quanto essi siano tenuti a rimborsare per anticipi effettivamente sostenuti dal partito per finanziare la loro campagna elettorale, al netto di quanto già restituito mediante i versamenti" cui sono tenuti gli eletti in base allo statuto. Questa disposizione, più che con il decreto-legge del 2013, sarebbe in contrasto con l'art. 67 della Costituzione ("Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato"): secondo il collegio, almeno per i parlamentari, non era conforme alle norme vigenti prevedere una "penale" come effetto dell'espulsione, mentre era ragionevole pretendere che l'eletto non trattenesse l'equivalente delle risorse effettivamente anticipate dal M5S per la campagna elettorale. Il nuovo testo proposto richiede agli eletti espulsi di versare sempre a un ente benefico una somma pari "agli anticipi sostenuti dal MoVimento 5 Stelle per finanziare la campagna elettorale dell’escluso, al netto di quanto già restituito mediante i versamenti di cui all’art. 5, lett. j), del presente Statuto": si tratta di un copia-incolla del rilievo della commissione, tranne che per il riferimento agli anticipi "effettivamente" sostenuti dal M5S (difficile dire cosa comporti questo cambiamento, anche perché - specie quando sono previste liste bloccate e candidature di collegio - non è facile stabilire in modo preciso quanto si sia effettivamente speso per un preciso candidato).
Altro passaggio su cui si è dovuti intervenire riguarda il finanziamento delle articolazioni territoriali del MoVimento 5 Stelle. In base allo statuto votato in agosto, il M5S "potrà destinare una quota parte delle proprie risorse al finanziamento di Gruppi territoriali, finalizzati a progetti e iniziative". Per la commissione, però, benché quei gruppi siano eventuali, se sono previsti non si può far mancare loro "un sostegno economico da erogarsi secondo criteri la cui indicazione non può essere rimessa ad un regolamento, ma deve trovare nello statuto la sua saedes materiae", visto che l'art. 3, comma 2, lettera h del decreto-legge n. 149/2013 richiede di indicare nello statuto "i criteri con i quali sono assicurate le risorse alle eventuali articolazioni territoriali". Il problema, in ogni caso, era facile da risolvere: per il collegio bastava sostituire il predicato "potrà destinare" con "destina" per essere conformi alle norme vigenti e così è stato fatto (togliendo anche la parola "eventuali" negli altri due passaggi in cui ci si riferisce ai finanziamenti ai gruppi locali).
Per la Commissione di garanzia, poi, nell'elenco degli organi del M5S mancava il riferimento alle "assemblee territorialmente competenti" citate invece all'art. 11, lett. j, dello statuto (quando si dice che "eventuali alleanze politiche locali con partiti o movimenti politici non coalizzati, non federati o non alleati con il MoVimento 5 Stelle a livello nazionale", oltre a dover ricevere l'autorizzazione del Presidente, "devono essere anche approvate dall'assemblea territorialmente competente" in base a un apposito regolamento approvato dal Comitato di garanzia); per i componenti del collegio, poi, era necessario indicare anche numero, composizione e attribuzioni delle assemblee territoriali (lasciando evidentemente al regolamento citato la determinazione di dettagli procedurali e "pratici"). Il nuovo testo dello statuto, dunque, oltre ad aggiungere le "Assemblee territoriali" tra gli organi del MoVimento, precisa (subito dopo il riferimento alle alleanze locali da approvare) che tali Assemblee territoriali "sono competenti per materie non aventi rilevanza nazionale ma di ambito territoriale più circoscritto; esse sono costituite dagli Iscritti residenti nel territorio di riferimento; alle Assemblee territoriali si applicano le norme del presente Statuto sull’Assemblea in quanto compatibili"; si precisa poi che i quattro membri del Consiglio nazionale in rappresentanza dei territori (uno a testa per Nord, Centro, Sud e Isole) sono eletti non più "dall'assemblea degli iscritti su base circoscrizionale", ma "dalle relative Assemblee territoriali". Il che significa, in concreto, che le Assemblee territoriali del M5S sono quattro (Nord, Centro, Sud e Isole) e queste avranno il compito di votare per il proprio delegato e di approvare eventuali alleanze locali con partiti non alleati a livello nazionale (ciò, a rigore, significa che un'eventuale alleanza - per dire - con Fratelli d'Italia alle regionali lombarde dovrà essere votata anche dagli iscritti valdostani, piemontesi, trentini, altoatesini, veneti, friulani, giuliani, liguri, emiliani e romagnoli; la stessa alleanza - sempre immaginando, senza riferimenti alla realtà - alle comunali di Vigevano dovrebbe essere approvata da tutte le persone iscritte del Nord).
Due questioni riguardavano il procedimento disciplinare previsto dallo statuto. Innanzitutto per la commissione non era opportuno che detto procedimento nei confronti di una persona iscritta potesse iniziare a seguito di un'istanza motivata inoltrata (oltre che dal Garante, dal Presidente o da un iscritto) dal Collegio dei probiviri territoriale: per l'organo "è comunque preferibile che le funzioni requirenti siano attribuite ad un organo diverso da quello che dovrà formulare la decisione disciplinare", quindi il riferimento al Collegio dei probiviri territoriale è sparito dal nuovo testo su cui si voterà. Quanto alle norme procedurali, per il collegio le relative disposizioni dovevano essere formulate in modo da rendere chiaro l'obbligo di ascoltare la persona sottoposta a procedimento (mentre la formulazione "può richiedere di essere audito dal Collegio dei Probiviri, motivando la richiesta" sembrava configurare come facoltativa l'audizione, nel senso che il Collegio poteva anche non dar corso alla richiesta); in più si è ritenuto che il termine per proporre reclamo contro la sanzione (cinque giorni) potesse compromettere l'esercizio del diritto di difesa, per cui era necessario che fosse almeno di dieci giorni; non aveva poi superato il vaglio della Commissione di garanzia la previsione del potere - in capo al Garante o al Presidente - di indire una consultazione tra le persone iscritte proponendo l'annullamento o la riforma della decisione del Comitato di garanzia, "in quanto analoga facoltà non è concessa al condannato ed in quanto non sono specificate le garanzie procedurali di tale grado di giudizio". 
La prima questione è stata facilmente risolta precisando che il collegio dei probiviri "procede all'audizione" della persona incolpata dietro sua richiesta (che non dovrà essere più "motivata"), così come la seconda (il termine per il reclamo è stato ampliato a dieci giorni). Più difficile è comprendere la portata della terza modifica al testo, che si limita - in piena aderenza alla richiesta fatta dalla Commissione di garanzia - a sostituire il riferimento alla proposta di "annullamento o riforma della decisione" con "annullamento della decisione di condanna". Il collegio stesso aveva in fondo stigmatizzato come la possibilità di ottenere un pronunciamento dell'assemblea degli iscritti sul provvedimento sanzionatorio fosse concessa al Presidente e al Garante, ma non al "condannato" (parola che mai ricorreva nello statuto, per cui forse sarebbe stato meglio parlare di "sanzionato"), così come aveva notato la mancanza di garanzie procedurali in quel "grado di giudizio": il nuovo testo proposto - e formulato proprio secondo le indicazioni della commissione - continua a non prevedere alcuna possibilità per la persona colpita da provvedimento disciplinare in secondo grado di attivare la consultazione (non si prevede nemmeno esplicitamente che il soggetto sanzionato possa rivolgersi al Presidente o al Garante, cosa che è ragionevole però ipotizzare) e non indica specifiche garanzie di quel grado di giudizio (si riconosce però che è stato opportuno mantenere solo il riferimento all'annullamento della decisione, eliminando quello alla sua riforma, che avrebbe dato al Presidente o al Garante il potere di commutare la sanzione che poi sarebbe stata sottoposta al voto degli iscritti).
L'ultimo rilievo mosso dalla Commissione di garanzia riguardava l'approvazione del rendiconto di esercizio del M5S. Da una parte, c'era un contrasto tra due disposizioni statutarie che affidavano l'approvazione del "bilancio consuntivo" a due organi diversi (l'art. 10 lo affidava all'Assemblea, l'art. 20 al Consiglio nazionale), dunque bisognava individuare un organo solo; dall'altra, occorreva che il passaggio della certificazione del rendiconto non apparisse facoltativo dal testo ma obbligatorio (lo statuto approvato ad agosto, all'art. 20, prevedeva che "Il bilancio consuntivo può essere certificato da una società di revisione nominata dal Presidente oppure può essere certificato dall’Organo di revisione, se nominato"). Il primo rilievo è stato accolto affidando l'approvazione del bilancio al solo Consiglio nazionale; al secondo si è risposto riformulando il testo contestato come "Il bilancio consuntivo è certificato da una società di revisione o da un revisore esterno nominati dal Presidente" (bisogna dire che il testo originario, almeno nell'intenzione di chi l'ha scritto, probabilmente voleva solo introdurre un'alternativa tra due ipotesi e non rendere eventuale la certificazione esterna, ma la formulazione che ora sarà sottoposta all'assemblea non offre più dubbi).

Riflessioni sul doppio voto, sui votanti e sul mezzo

Queste, dunque, sono le modifiche che saranno sottoposte agli iscritti nel voto del 10 e (in seconda convocazione) dell'11 marzo 2022. Più esattamente, sarà il secondo voto che dovranno esprimere, visto che il primo punto all'ordine del giorno prevede la "Ripetizione della deliberazione assembleare adottata in date 2/3 agosto 2021 avente ad oggetto 'la proposta di modifica dello Statuto e contestuale revoca della deliberazione assembleare del 17 febbraio 2021', ai fini della sua conferma/convalida". Si è già detto che questo voto viene ripetuto innanzitutto per cercare di porre rimedio alla situazione creatasi dopo la sospensione della deliberazione di agosto decisa dal tribunale di Napoli, dunque per rimettere in funzione (almeno) lo statuto approvato la scorsa estate, che chiaramente sottende un progetto politico diverso rispetto allo statuto precedente. Può sembrare strano, a rigore di logica, che allo stesso tempo si voti per confermare alcune modifiche statutarie e per modificarle di nuovo, quando sarebbe parso più lineare votare direttamente sul testo modificato secondo le indicazioni della Commissione di garanzia; in realtà, una scelta di questo tipo - nell'ottica di chi ritiene corretto il comportamento del M5S nell'estate del 2021 - sarebbe stata potenzialmente rischiosa, perché avrebbe in qualche modo delegittimato il voto al momento sospeso, senza contare che la citata commissione in quel caso non avrebbe ricevuto ufficialmente le modifiche al testo che aveva visionato, ma le modifiche a un testo precedente che ufficialmente non conosceva (ovviamente il contenuto sarebbe stato identico, dunque l'organo avrebbe potuto anche limitarsi a ritenere il nuovo testo conforme alle norme vigenti, ma era forse meglio non rischiare).
Certo è che, in base alla sospensione della delibera di agosto sullo statuto (e in attesa che il tribunale di Napoli si esprima sull'istanza di revoca della sospensione inoltrata dal MoVimento 5 Stelle, magari "riabilitando" lo statuto agostano del M5S), per la convocazione e lo svolgimento dell'assemblea del 10/11 marzo dovrebbe applicarsi in pieno lo statuto nel testo modificato a febbraio del 2021. L'assemblea avrebbe dovuto quindi essere convocata (art. 6, lett. c, statuto febbraio 2021) "dal Comitato direttivo ovvero, in assenza od inerzia, dal Presidente del Comitato di garanzia". Come si è ricordato, è noto che il Comitato direttivo non è mai stato eletto, dunque l'organo può considerarsi assente; volendo considerare in prorogatio gli organi in carica fino all'inizio di agosto, Vito Crimi risultava ancora il presidente del Comitato di garanzia, dunque non stupisce che risulti tra i convocanti dell'assemblea di marzo. La convocazione, peraltro, è firmata anche da Giuseppe Conte e da Paola Taverna, "ciascuno nella propria qualità" e se per l'ex Presidente del Consiglio si può immaginare che la qualità sia quella del presidente del M5S (pur se sospeso), si deve supporre che Paola Taverna figuri lì come vicepresidente vicaria del MoVimento (ovviamente in base allo statuto dell'agosto 2021): nessuna delle due cariche, in effetti, aveva titolo per convocare l'assemblea, ma la loro presenza non è certo causa di invalidità, essendo sufficiente che l'organo sia stato convocato da Crimi. 
Sempre in attesa che si pronunci il tribunale di Napoli, tuttavia, restano problematici - sia pure a livelli diversi - due profili della convocazione dell'assemblea. Innanzitutto il fatto che questa, insieme ai voti previsti, si svolga sulla piattaforma SkyVote e non su Rousseau, nominata all'interno dello statuto. In effetti, l'art. 6, lett. c dello statuto di febbraio 2021 dice che "L'Assemblea è convocata in luogo fisico o su piattaforma informatica on line" (senza specificare quale) e che nell'avviso di convocazione "sono indicati gli argomenti oggetto della votazione, il luogo fisico o la piattaforma informatica on line ove si svolgerà, le modalità di voto e in caso di assemblea on line anche i termini entro i quali ciascun partecipante all’Assemblea può far pervenire eventuali osservazioni e/o considerazioni e/o opinioni [...], la data e l'orario iniziale e finale della votazione": questa formula sembrerebbe consentire lo svolgimento su qualunque piattaforma, senza obbligare all'uso di Rousseau per rendere valida l'assemblea. Si deve però riconoscere che l'art. 1, lett. c stabilisce che "Gli strumenti informatici attraverso i quali l'associazione si propone di organizzare le modalità telematiche di consultazione dei propri iscritti [...], nonché le modalità di gestione delle votazioni, di convocazione degli Organi Associativi [...] saranno quelli di cui alla cd. “Piattaforma Rousseau”, mediante appositi accordi da stipularsi con l’Associazione Rousseau" e lo stesso art. 6, lett. g, ultimo capoverso precisa che "La verifica dell'abilitazione al voto dei votanti ed il conteggio dei voti sono effettuati in via automatica dal sistema informatico della cd. Piattaforma Rousseau", dunque chi volesse ritenere necessario l'uso di quella specifica piattaforma avrebbe argomenti solidi da spendere. Di certo per l'uso della piattaforma Rousseau sarebbe necessaria la collaborazione di Davide Casaleggio (e l'uso della piattaforma, come dichiarato da Enrica Sabatini al Corriere della Sera, avverrebbe facendo "riferimento ai prezzi di mercato").
Più problematica - pur potendo apparire trascurabile - è la questione della platea dei votanti. Anche in questo caso, infatti, si legge che "potranno votare solo gli iscritti da almeno sei mesi come da Regolamento adottato dal Comitato di Garanzia l'8 novembre 2018 a mente del quale 'Potranno prender parte a tutte le future convocazioni dell'Assemblea gli iscritti da almeno sei mesi con documento certificato'". In questo caso è stato nettamente esplicitato il riferimento a quel "regolamento" del Comitato di garanzia, adottato su proposta dell'allora capo politico Luigi Di Maio e che varrebbe - secondo quanto stabilito dallo stesso Comitato di garanzia - per "tutte le future convocazioni dell'Assemblea": si tratta del documento fatto valere nell'istanza di revoca dell'ordinanza napoletana, per cercare di dimostrare che la platea elettorale era correttamente formata e che si era raggiunto il quorum richiesto per la validità del voto. Se ci si limita al contenuto di quel deliberato, il problema può sembrare risolto; si deve però notare che l'art. 6, lett. a dello statuto applicabile (quello di febbraio 2021) richiede che la limitazione dell'elettorato attivo a coloro che hanno almeno sei mesi di "anzianità" sia proposta da un organo diverso (il Comitato direttivo al posto del Capo politico), pur se deliberata dallo stesso organo (il Comitato di garanzia). Qui si scontrano la tesi di chi - il M5S - ritiene che la regola stabilita nel 2018 valga effettivamente per "tutte le future convocazioni dell'Assemblea", anche se frattanto lo statuto è cambiato (peraltro solo con riguardo all'organo abilitato a fare la proposta, senza delegittimare il potere di delibera del Comitato di garanzia) e la tesi - sostenuta invece dai ricorrenti napoletani - per cui, vigente lo statuto modificato, la limitazione dev'essere "rinnovata" secondo le nuove procedure, non potendosi più ritenere efficace una deliberazione proposta da un organo non più previsto (e non essendosi costituito l'organo titolare del potere di proposta). Anche qui, il dubbio non è immediato da sciogliere.

... manca qualcosa?

A questa situazione, già delicata, si aggiunge un altro tassello. Nell'attesa che il tribunale di Napoli si pronunci (nell'udienza di martedì 1° marzo il giudice Francesco Paolo Feo si è riservato di decidere sull'istanza di revoca della sospensione delle delibere), ieri il sito del Corriere della Sera ha dato notizia di una lettera che Lorenzo Borrè, avvocato che ha ottenuto la sospensiva (nonché difensore di tanti altri iscritti al MoVimento 5 Stelle in cause contro vari atti del movimento), ha inviato alla più volte citata Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici: lo ha fatto, in questo caso, quale "iscritto all'associazione MoVimento 5 Stelle dal 26 marzo 2021". 
La lettera non riguarda strettamente la vicenda di cui si discute davanti al tribunale di Napoli, ma altri profili di "legittimità" dello statuto del M5S. I dubbi sarebbero generati dall'art. 17, lett. e, che regola la composizione del Comitato di Garanzia, e l'art. 25, lett. a, cioè la norma transitoria sull'elezione del primo Presidente del MoVimento 5 Stelle. Per Borrè le disposizioni sarebbero in contrasto, più che col citato decreto-legge n. 149/2013, con le Linee guida per la redazione degli statuti scritte nel 2018 dalla stessa commissione: lì si legge che "non sono ammesse cooptazioni" nella formazione degli organi collegiali (e che le modalità di scelta dei titolari delle cariche interne devono essere "ispirate a principi di democraticità interna e di non discriminazione") e che va garantito "in parità di condizioni e senza discriminazioni" l'elettorato "passivo quanto alla possibilità di accesso e alle cariche interne e all'assunzione della qualità di componente degli organi di partito con compiti di direzione o esecutivi". Per l'avvocato e iscritto non parrebbero conformi a questi principi né i criteri per eleggere i componenti del Comitato di garanzia (è previsto che i tre membri siano eletti "mediante consultazione in Rete, all’interno di una rosa di almeno sei nominativi proposti dal Garante tra gli eletti ed ex eletti [...]") né, in via transitoria, la procedura per eleggere il primo Presidente del Movimento (indicato dal Garante ed eletto dall'assemblea a maggioranza dei voti espressi, a prescindere dal numero dei partecipanti): le due norme non consentirebbero "la possibilità di accesso alla carica agli altri associati secondo criteri democratici e di parità". 
Borrè spiega di voler "scongiurare che l'eventuale approvazione dello statuto nella versione attualmente sottoposta agli iscritti incontri poi le obiezioni" della commissione: ha così sottoposto le osservazioni a coloro che hanno convocato l'assemblea (lo si può fare via mail entro l'8 marzo) e allo stesso tempo ha chiesto alla commissione se ritenga conformi quelle disposizioni alle linee guida o se non sia il caso di modificarle prima che si voti sul nuovo testo (posto che si riserva di impugnare comunque la delibera di approvazione ex art. 23 del codice civile). In attesa della risposta della Commissione di garanzia, va detto che non risulta - stando al documento esplicativo pubblicato dal MoVimento 5 Stelle - che l'organo abbia censurato le disposizioni che appaiono problematiche in questo caso. Occorre anche aggiungere altri due particolari: da una parte, le disposizioni transitorie sono generalmente considerate in modo meno rigido (il livello di democrazia interna in un qualunque partito allo stadio iniziale, quando viene costituito con atto notarile, è pari allo zero, per cui i fondatori stessi indicano i titolari delle cariche; certo, qui si tratta di un soggetto giuridico già esistente, ma è possibile credere che la disposizione transitoria sul primo Presidente sia stata valutata comunque secondo criteri meno rigidi); dall'altra, le Linee guida sono certamente state pensate come strumento utile a chi deve redigere gli statuti, ma - come ha fatto emergere un caso recente, di cui si sono occupati i giudici amministrativi - ciò che davvero conta è la previsione del decreto-legge n. 149/2013 (le Linee guida, dunque, servono a spiegare e chiarire, non ad aggiungere limiti non previsti dalle norme).
Per chiudere il discorso, peraltro, si potrebbe fare una riflessione, a partire da una modifica che non sarà messa in votazione e che la stessa Commissione di garanzia non ha suggerito. Si è ricordato infatti giorni fa che il Consiglio di garanzia del Senato il 22 dicembre scorso aveva dichiarato nulle le espulsioni dal gruppo M5S di Palazzo Madama di senatrici e senatori che non avevano votato la fiducia al governo Draghi: in quell'occasione, i componenti dell'organo avevano lamentato come il regolamento del gruppo M5S al Senato denotasse "un penetrante potere decisionale degli organi del movimento sul gruppo e l'assenza di garanzie per i membri del gruppo che siano sanzionati", al punto tale da far dubitare della compatibilità di quello stesso regolamento con le norme costituzionali e col regolamento del Senato. La decisine precisava che l'iter per adottare le sanzioni doveva essere "effettivamente interno al gruppo e non il mero riflesso della decisione di soggetti ad esso esterni" (garantendo tra l'altro il diritto di difesa del parlamentare da sanzionare), mentre le norme del regolamento del gruppo mostravano "una connessione tra il gruppo ed il movimento talmente stretta da causare una prevalenza dei vertici del secondo sul primo". Ora, l'art. 18, lettera i dello statuto (nella versione votata ad agosto e non censurata dalla Commissione di garanzia) continua a prevedere che "Per gli iscritti che siano membri dei gruppi parlamentari e/o consiliari, l'esclusione dal MoVimento 5 Stelle disposta in conformità con le procedure del presente Statuto comporta di diritto l'espulsione dal gruppo parlamentare e/o consiliare [...]": è proprio quest'espulsione "di diritto", ipso iure, che costituisce il fondamento della censura mossa dal Consiglio di garanzia al regolamento del gruppo M5S al Senato e ai conseguenti atti di espulsione dal gruppo. Dovendo mettere mano al testo, probabilmente era il caso di pensare anche a questo aspetto, per non dover tornare dal notaio un'altra volta.
La vicenda davanti al tribunale di Napoli e quelle relative all'evoluzione dello statuto, in ogni caso, sono destinate a camminare tanto vicine da intrecciarsi: se la sospensione non fosse revocata, potrebbero esserci seri problemi anche con riguardo alla nuova votazione e, tra l'altro, alla validità dello statuto su cui la Commissione di garanzia dovrebbe pronunciarsi per l'inserimento del M5S nel registro dei partiti. A questo proposito, tra l'altro, un recentissimo emendamento presentato dal senatore Raffaele Fantetti - della componente del gruppo misto Italia al Centro (IDeA-Cambiamo!, Europeisti, Noi di Centro (Noi Campani)) - al disegno di legge di conversione del d.l. n. 4/2022 (decreto sostegni-ter) si propone di aggiungere un articolo 9-bis (collocato subito dopo le disposizioni urgenti in materia di sport) rubricato "Disposizioni urgenti per il sostegno alla partecipazione politica": "Per il solo anno di imposta 2021, al fine di sostenere gli operatori politici che alla data di conversione in legge del presente decreto risultino iscritti al registro di cui all'articolo 4 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, il termine del 30 novembre di cui al comma 3 dell'articolo 10 del suddetto decreto-legge, per quanto concerne l'accesso per l'anno 2022 ai benefici dì cui agli articoli 11 e 12, è differito al 31 marzo 2022". Quell'emendamento (segnalato), in sostanza, permetterebbe ai partiti di ottenere i benefici dovuti all'iscrizione nel registro dei partiti per il 2022 anche chiedendoli entro il 31 marzo, mentre secondo le norme vigenti avrebbero dovuto chiederlo (ed essere nelle condizioni di farlo) entro il 30 novembre 2021. 
La disposizione interessa certamente e innanzitutto tanto Cambiamo! quanto gli Europeisti (che ora - sorpresa - sono davvero un partito), perché i loro statuti sono stati dichiarati conformi rispettivamente il 27 gennaio e l'8 febbraio, per cui non stupisce che la proposta sia arrivata da lì; Rifondazione comunista ed Europa Verde sarebbero "rimesse in termini" per presentare la richiesta, avendo di nuovo rappresentanza parlamentare (grazie alle rispettive componenti del gruppo misto - Manifesta-Potere al Popolo-Rifondazione comunista ed Europa Verde - che, pur non potendo dare l'esenzione dalla raccolta firme, potrebbero almeno portare qualche risorsa in più). Non c'è dubbio però che possa essere molto interessato anche il MoVimento 5 Stelle (e l'approvazione delle modifiche statutarie tra il 10 e l'11 marzo serve anche ad avere il tempo di sottoporle alla commissione), come pure Alternativa, ammesso che riesca da qui alla fine di marzo a farsi approvare lo statuto e a farsi inserire nel registro. Naturalmente, senza l'approvazione di quell'emendamento, non sarà possibile ampliare l'accesso al 2 per 1000 e alla contribuzione agevolata: non vorrebbe però dire maggiori spese, ma soltanto che la "torta" a disposizione sarebbe da dividere tra più soggetti (ci rimetterebbero solo coloro che già hanno titolo per ricevere i benefici.

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