martedì 16 maggio 2023

Simboli sotto i mille (2023): dall'inizio ... (di Massimo Bosso e Gabriele Maestri)

E, dopo quasi dodici mesi, rieccoci qua (o, per chi preferisse Vasco, noi siamo ancora qua, eh già...): ogni anno con la curiosità e la voglia di ripartire per il nostro viaggio elettorale nei comuni "sotto i mille", ogni volta con il timore che quella rassegna possa essere l'ultima. Già, perché da una parte sarebbe fisiologico attendersi che un fenomeno oggetto di studio finisca per esaurirsi dopo un certo tempo (e qui, ormai, dall'introduzione delle norme che hanno reso possibile le dinamiche che si raccontano sono trascorsi trent'anni). Dall'altra, nell'ultimo triennio in Parlamento si sono registrati alcuni tentativi seri di intervenire per prevenire o almeno contenere il più possibile le prassi meno edificanti che si riscontrano da tempo nella microItalia chiamata al voto: quei tentativi, però, finora non hanno avuto successo (e quello in atto in questa legislatura, dopo l'approvazione del ddl Augussori-Pirovano al Senato, ha bisogno ancora dell'esame della Camera, mancato nello scorso mandato parlamentare), per cui si ha la tentazione di pensare che il nostro legislatore non abbia - o non ritenga opportuno trovare - il tempo per regolare un fenomeno che, come si vedrà, sta diventando grottesco. O, peggio, che non comprenda appieno la portata e la gravità di quest'ultimo (come purtroppo sembra suggerire il silenzio quasi completo dedicato alle norme sulla raccolta firme nei comuni #sottoimille proprio nel recentissimo dibattito a Palazzo Madama).
Anche quest'anno, dunque, è tempo di rimettersi in cammino, ma prima di ripartire è il caso di precisare un paio di questioni. La prima: chi guida il viaggio, per essere efficace e affidabile, si è adeguatamente attrezzato con i ferri del mestiere, cioè l'esperienza (legata ai viaggi precedenti), la memoria (anche visiva), uno sguardo attento ai materiali e ai dati offerti dal sito del Viminale e, soprattutto, il maggior numero possibile di manifesti delle candidature, per vedere meglio i contrassegni di lista e passare al setaccio i nomi delle persone candidate nelle liste. Ciò ha richiesto una visita accurata al sito web di ogni comunello coinvolto dalle elezioni, alla ricerca del rispettivo manifesto in Pdf: se non lo si è trovato tra le notizie del sito o nella pagina dedicata alle ultime elezioni amministrative, si è dovuto scandagliare l'albo pretorio, sperando che quel comune abbia adempiuto all'obbligo di pubblicazione entro l'ottavo giorno prima del voto. Di solito la ricerca è andata bene, pur dovendo affrontare conformazioni diverse degli albi e approcci di archiviazione differenti (se non si trova niente sotto "Atti elettorali", "Affissioni elettorali" o "Manifesti" - o se quelle voci non ci sono - si deve sperare di avere più fortuna con gli "Avvisi"/"Avvisi pubblici"); a volte il ritrovamento genera delusione se si scopre che il manifesto è stato scansionato (con una resa grafica pessima) o è addirittura in bianco e nero (farsi dare il file dalla tipografia era così difficile?); altre volte nessuno ha caricato niente (e i programmi elettorali pubblicati  non contengono le candidature o i simboli), quindi si può solo sperare di trovare il fac simile della scheda nel sito della rispettiva Prefettura (non tutte li pubblicano, mentre alcune, particolarmente meritorie - come quella di Como - offrono addirittura anche i manifesti).
La seconda precisazione riguarda le parole da utilizzare e - riprendendo il professor Grammaticus di Gianni Rodari (Il libro degli errori) quelle "da lasciar stare". Qualcuno, per definire le liste presentate da persone estranee al comune preso in esame (e con scopi diversi da un paese all'altro), le etichetta tutte come "liste civetta". L'uso è inopportuno (come quello di chi si ostina a chiamare così le liste dal simbolo volutamente ambiguo, in grado di ingannare chi vota): l'espressione è ormai legata alle norme elettorali politiche introdotte nel 1993, specie quelle valide per la quota proporzionale della Camera dei deputati. Se i tre quarti dei seggi erano attribuiti in collegi uninominali, con un sistema maggioritario, il quarto restante si distribuiva secondo una formula proporzionale, tra le liste che avevano superato il 4%; quel 25% era stato pensato per non penalizzare troppo i piccoli partiti a disagio in un ambiente maggioritario, così si era previsto un modo per tutelarli. Ogni candidato di un collegio uninominale doveva legarsi a una lista della quota proporzionale: per capire quanti seggi di quel 25% sarebbero spettati alle singole formazioni, a ogni lista sopra la soglia di sbarramento venivano tolti i voti che a ciascun vincitore di collegio uninominale a essa collegato erano serviti per prevalere (in concreto, il numero di voti ottenuti dal candidato arrivato secondo, aumentato di uno), così da diminuire il peso dei partiti maggiori nella distribuzione dei seggi. Lo "scorporo" sarebbe stato efficace se ciascun candidato si fosse collegato al suo reale partito di riferimento, ma già nel 1994 le forze politiche maggiori avevano capito come aggirare il meccanismo. Se un potenziale vincitore di un collegio uninominale si collegava a una lista inconsistente, magari dal simbolo poco vistoso, il partito cui quel candidato aderiva non perdeva voti e poteva ottenere più seggi nella quota proporzionale: nel 2001 il meccanismo fu adottato all'esasperazione da centrodestra e centrosinistra, con note conseguenze nocive per il plenum della Camera. Le "liste civetta", insomma, sono queste, non quelle di cui si parla qui.

* * *

Esaurite le premesse, la rassegna può iniziare e non può che partire dalla regione più ricca di comuni sotto i mille abitanti e forse la prima a suggerire un'osservazione approfondita di quel microcosmo, tanto da meritarsi un libro a parte (ovviamente stiamo parlando di M'imbuco a Sambuco): il Piemonte. Occorre subito riconoscere, tuttavia, che quella terra che in passato ha dato molte "soddisfazioni" (per lo meno per come le intendono i #drogatidipolitica) questa volta ha offerto meno episodi da segnalare, ma qualcosa comunque c'è. 
Non poteva passare inosservata, per iniziare, la presenza in ben sei comuni della lista Combatti per i diritti: un dettaglio che non può non far scattare una domanda tanto semplice quanto essenziale ("E questi chi sono?"). L'idea che ci si trovasse davanti a un movimento legato ad ambienti no-vax è stata immediatamente scartata: uno sguardo attento all'uso dei colori impiegati, abbinati al nome scelto, ha suggerito un impegno diretto di militanti Lgbt. Un confronto con alcuni promotori ha confermato che la lista civicha unito varie realtà legate al mondo dei diritti civili in senso ampio, non solo quelle Lgbt manche gruppi ambientalisti, animalisti e associazioni di pensionati, che hanno scelto di non disperdere le forze su più liste: il progetto, varato in questo turno elettorale, intende continuare e rendersi presente anche in altri comuni, innanzitutto grazie agli attivisti che già siedono nei consigli comunali. La lista civica si è presentata a Chialamberto (To), Francavilla Bisio (Al), Albugnano (At), Cossano Belbo, Montaldo Roero (Cn) e Collobiano (Vc). Proprio in questo piccolo comune - che ha meno di 100 abitanti - c'era solo un'altra lista (ovviamente locale) e a Combatti sono bastati 5 voti (pari al 9,09%) per ottenere i tre seggi riservati all'opposizione. 
Colpisce anche il caso di Montaldo Roero, comune in cui si era votato nel 2021, ma si è tornati al voto per le vicende giudiziarie del sindaco eletto allora. La lista vincente ha fatto il vuoto con il 86,48%, poi si è piazzata una non meglio identificabile lista "Spiga di Grano" che aveva due candidati con lo stesso cognome dell’ex sindaco, ma ha ottenuto solo 43 voti (8,55%): la lista Combatti per i diritti, dunque, con 25 voti (4,97%) è entrata agevolmente in consiglio comunale con il candidato sindaco Giovanni Raso. Niente da fare invece negli altri comuni, con le liste locali che fanno l'en plein o quasi:  a Chialamberto la lista civica di cui ci stiamo occupando ha raccolto solo 2 voti (1,0%), altrettanti ad Albugnano (0,67%); a Francavilla Bisio è arrivata a 3 voti (0,91%), mentre a Cossano Belbo ne ha ricevuti 7 (1,24%). 
Non risultano liste di Combatti per i diritti in altre regioni, così come sembra circoscritta al Piemonte la presenza elettorale di Forza Nuova, movimento che nel 2022 aveva provato a presentarsi alle politiche sfruttando un'esenzione per il legame con un partito europeo che però non è stata ritenuta valida. Il partito di Roberto Fiore, che ha comunque una lunga storia di presenza elettorale ad ogni livello, ha corso a Murello e Castelnuovo di Ceva (comuni del cuneese) e Landiona, in provincia di Novara: qui è risultata l'unica altra lista oltre a quella locale, così 14 voti (5,15%) sono bastati per eleggere i tre consiglieri di minoranza. Non è andata allo stesso modo a Murello (2 voti, 0,38%) e a Castelnuovo (il contatore è rimasto a zero); va aggiunto che una lista di Fn è stata respinta a Miasino (No) perché l’unica donna presente era la candidata sindaca, ma la legge chiede che sia la lista a non essere monogenere e la persona candidata alla carica di sindaco formalmente non è parte della lista. Tornando a Murello, la minoranza consiliare è andata alla Lista civica amministrativa, con un discreto 25,99% (138 voti): il candidato sindaco, Giuseppe Paschetta, era consigliere uscente, eletto nel 2018 con una lista con simbolo ufficiale di Fratelli d’Italia (all’epoca era presente anche CasaPound, movimento che - come noto - ha deciso di non presentarsi più alle elezioni).
Sembra opportuno segnalare l'insolita presenza - visto che di solito non compare nei comuni "sotto i mille" - della lista dell'Unione di centro, in questo turno elettorale abbinata ai gruppi di Gianfranco Rotondi che hanno apportato la denominazione "Democrazia cristiana", nei comuni di Roure (To) e Acceglio (Cn): in entrambi i casi c'era solo un'altra lista, così la coppia Udc-Dc (che stranamente cambia scudo crociato, schierando quello che fu della Dc-Pizza e poi usato dalle formazioni guidate da Gianni Fontana e Renato Grassi) si è aggiudicata i tre seggi a Roure con 57 voti (13,60%: qui nel 2018 la minoranza era toccata al Popolo della Famiglia, movimento che in questa tornata non compare nei microcomuni) e ad Acceglio con 18 voti (che pesano per il 19,15%, visto che il paese è molto piccolo). Senza cambiare troppo soggetto, si deve notare che a Scarmagno (To) si è presentata una lista della Democrazia cristiana: per capire di quale dei tanti progetti con quel nome si tratti, occorre guardare la grafica (bandiera crociata sventolante su fondo blu), usata dalla Dc già guidata da Fontana e Grassi e di cui è neosegretario Salvatore "Totò" Cuffaro; il legame con il Piemonte è assicurato dal segretario amministrativo, Mauro Carmagnola. Questa Dc è risultata unica altra lista a Scarmagno: con 19 voti (4,70%) ha fatto suoi i tre seggi di minoranza.
A Castelmagno, piccolissimo comune in provincia di Cuneo, si è presentata la lista locale del sindaco uscente, chiaramente vincitrice. La seconda lista di paese, Orizzonte Castelmagno (simbolo semplicissimo), era già apparsa nel 2018, ottenendo solo sette voti che però, su un totale di 49 voti validi, pesavano per il 14,29% e si erano tradotti in un seggio, mentre gli altri erano andati a Un futuro per Castelmagno. In questa tornata l'ultima lista citata non era presente ma il candidato sindaco di OC quest'anno era lo stesso di Un Futuro per Castelmagno nel 2018 (difficile parlare di omonimie, visto che coincidono anche luogo e data di nascita): che le minoranze si siano fuse? Si deve notare, in compenso, che era sbucata anche una terza lista, Castelmagno Tricolore, pare legata ad ambienti cuneesi di Fratelli d’Italia (simbolo con tricolore e fondo azzurro, non diversissimo da quello di Impegno sociale, visto in passato): la lista, che ha candidato come sindaco Sagjonevo Kulari (di origini albanesi), non è però stata scelta da alcuno ed è rimasta a zero, così la competizione è finita 29 a 16 per l’ex sindaco (47 votanti in tutto, pari al 55%, un'affluenza piuttosto bassa). 
Si è registrato uno scarso afflusso anche a Bergolo, piccolo comune del cuneese: su 114 elettori si sono recate alle urne solo 27 persone (23,68%), due delle quali hanno annullato la scheda e un'altra l'ha lasciata bianca. La competizione è finita 21 a 3, con la lista Scudo spada e ramoscello che ha battuto la lista Campana. Chi ha buona memoria può ricordare che questi due simboli decisamente old style hanno partecipato anche alle elezioni del 2013 (finite 33 a 4, cui aggiungere i 5 voti conquistati dai Pensionati) e a quelle del 2018 (finite 32 a 3, in quell'occasione senza concorrenti). Considerando che nel 2013 aveva votato il 45,45% e nel 2018 solo il 32,41%, si spiega la presenza delle seconda lista (introdotta proprio nel 2013): se ci fosse stata solo la formazione vincitrice, forse non sarebbe bastato il quorum più basso, nemmeno dopo l'esclusione dei residenti all'estero non votanti.
Si trovano poi due liste denominate Noi Cittadini - Cambiare il paese, con simbolo identico (con testo arcobaleno) e candidati che si ripetono, nei comuni di Albugnano e Moransengo-Tonengo, in provincia di Asti. Queste liste sono di difficile interpretazione, ma in entrambi i paesi erano presenti altre liste locali (ad Albugnano c'era pure Combatti per i diritti) e i risultati ottenuti non sono stati eclatanti: sono arrivati solo sei voti (2,01%) ad Albugnano (comune - tocca notarlo - che non ha pubblicato il manifesto delle candidature); quanto a Moransengo-Tonengo, comune istituito il 1° gennaio 2023 dalla fusione dei due comuni indicati nella nuova denominazione, lì non è arrivato nemmeno un voto e la minoranza se l'è aggiudicata Giovani in Moto con 36 voti (15,19%).
Il tour piemontese questa volta non offre altro, se non alcune curiosità. Riserva una certa delusione Novalesa, nel torinese: lì si è passati dalle cinque liste del 2018 a una sola quest'anno. Erano invece due le formazioni in corsa ad Alto, nella provincia di Cuneo (la "Granda": non si poteva non ricordare...): il corpo elettorale ha premiato la lista con il nome più simpatico, Sempre più "in Alto", che rimanda subito - ammesso che qualcuno se ne ricordi ancora - agli spot con Mike Bongiorno per la grappa Bocchino. Da uno a due a zero: non sono state presentate liste ad Ameno (No), dunque è stata nominata una commissaria prefettizia e di voto si riparlerà nel 2024: ci si può forse aspettare un affollamento di liste extra muros, sempre che nel frattempo non cambino le regole sulla presentazione delle candidature.  
Per restare in tema, ma andando al di fuori dei comuni "sotto i mille", si deve segnalare il caso di Gignese, nella provincia di Verbano-Cusio-Ossola: il comune ha una popolazione legale di 1055 abitanti, quindi servivano le firme. Non si è votato nemmeno qui, con il conseguente commissariamento, ma qui erano state presentate due liste: sono però state escluse tutte e due dalla sottocommissione elettorale circondariale di Verbania-Omegna, perché per entrambe le formazioni le firme erano state in gran parte raccolte "su modulo del tutto privo del contrassegno, della specifica del nome e cognome, nonché della data e luogo di nascita di tutti i candidati alla carica di Sindaco e di Consigliere Comunale". Per il Tar Piemonte, che ha respinto i ricorsi di entrambe le liste, in quel modo era impossibile per i sottoscrittori avere contezza dell'identità dei candidati (solo il primo foglio conteneva simbolo e dati delle persone in lista), dunque la mancanza di quei dati, richiesti dalla legge, era grave. Il caso può ricordare quello di Trana (To), verificatosi lo scorso anno e sostanzialmente con gli stessi vizi riscontrati: nel comune torinese di oltre 3mila abitanti questa volta si è votato e si sono presentate tre delle quattro liste che erano state escluse nel 2022, con le stesse persone candidate alla guida del comune (non si è ripresentata solo la lista No Green Pass); per la cronaca si è imposta la lista NosTrana - La svolta.
L'ultima curiosità riguarda Belgirate (Vco), paese assurto alla ribalta nazionale qualche elezione fa, quando nel 2006 fu eletto un consigliere della lista Nsab - Movimento nazionalista e socialista dei lavoratori, ispirata dal Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, guidato in Germania da Adolf Hitler dal 1920. Nulla di tutto questo stavolta, le liste erano tre e tutte del paese, ma sul manifesto - pubblicato purtroppo in bianco e nero - uno dei candidati, di origini cingalese,  ha un nome veramente incredibile: Sarangà Laknuwan Wijesekara Tennakoon Mudiyanselage… almeno lui lo avrà scritto per intero sulla scheda elettorale?

Lasciando il Piemonte e passando alla vicina Lombardia, si può dire innanzitutto che una lista di ItalExit a Laglio - nella provincia di Como - è l’unica presenza "sotto i mille" di questo movimento che forse ha accusato il colpo del deludente risultato delle elezioni politiche del 2022: a Laglio, appunto, è arrivato un solo voto (che pesa assai poco, lo 0,21%) a fronte della presenza di tre liste locali, che si sono divise gli altri voti espressi e tutti i consiglieri comunali (Uniti per Laglio ha vinto, esprimendo così il sindaco). 
Se il comasco non è mai stato troppo toccato dal fenomeno degli extra muros, la provincia di Pavia in regione è in genere la più affollata di liste esterne. Troviamo a Nicorvo la lista Grande Nicorvo, chiara espressione del movimento autonomista Grande Nord: ottiene solo 7 voti (4,86%), ma sono utili per eleggere tre consiglieri; una terza lista, Uniti per Cambiare Nicorvo, non è infatti votata da nessuno (la formazione, dal contrassegno più che essenziale, presenta sette candidati più il sindaco, nessuno dei quali è nato in provincia di Pavia). Una curiosità: il contrassegno di Grande Nicorvo, oltre alla "pulce" di Grande Nord, contiene anche la miniatura della Lega Padana Lombardia, prima delle formazioni legate a Roberto Bernardelli (fondatore anche di Grande Nord), riapparsa in questo turno elettorale anche a Cologno Monzese, all'interno della coalizione di centrodestra (che approda al ballottaggio col centrosinistra senza comprendere la Lega, rimasta fuori dal secondo turno). 
A Zerbo, dove si vota in anticipo di un anno per la prematura scomparsa del sindaco, si presenta la lista Casadeglitaliani.it.eu, un movimento che esiste su base regionale, schierato nel centrodestra e che nel 2019 aveva ottenuto tre seggi a Bregano, ex comune della provincia di Varese ora confluito nel nuovo comune di Bardello con Malgesso e Bregano (oltre 3000 abitanti): il particolare curioso é che digitando l’indirizzo web si incorre in un errore, perché il sito giusto ha solo il dominio .it, non anche .eu. Nonostante tutto, anche grazie al fatto che sulle schede è presente solo un'altra lista, denominata Insieme per il Futuro (nome già trovato in altre circostanze, ma questa volta è una lista "vera"... e non si tratta nemmeno di un gruppo legato a Luigi Di Maio), Casadeglitaliani.it.eu ottiene 33 voti (16,02%) e manda in consiglio la candidata sindaca, Maria Strella Pileci, e altre due persone. 
Ad Agra, provincia di Varese, la terza lista Agra Alternativo MA ha ottenuto solo 5 voti (2,27%): la minoranza è andata quindi ad Agra in Movimento, con un non troppo esaltante 22,27%. Per completezza di informazione segnaliamo una lista di Grande Nord a Castello d'Agogna: Grande Castello ottiene 52 voti (10,26%) e tre seggi. A Villa d’Ogna (Bg) troviamo invece la lista Fiamma Tricolore: i candidati, tutti toscani, nulla possono contro le due civiche e per il loro simbolo ottengono 26 voti (2,55%). Entrambi i comuni citati per ultimi hanno una popolazione legale sopra i mille abitanti, quindi servivano le firme.

In Veneto rilevano solo due comuni, ma comunque qualcosa da dire c'è. A San Mauro di Saline (Ve), per dire, si presentano ben quattro liste; lo stesso numero di formazioni, sempre nella stessa provincia, si trova anche a Ferrara di Monte Baldo, dove si vota in anticipo per le dimissioni del sindaco. Quest'ultimo è il più piccolo comune della provincia di Verona e dai media locali si apprende un particolare significativo: nessuno dei candidati sindaco è residente in paese. Nel 2019 la minoranza andò al Movimento Sovranità e Difesa Sociale: lo stesso candidato, Luca Tamburini, ex esponente della Destra, si è ripresentato ma con altro simbolo - Verona per la libertà, gruppo legato agli ambienti no vax - rimanendo però fuori dal consiglio (con i suoi 7 voti, 3,72%), al pari della lista Rinascita per Ferrara di Monte Baldo (10 voti, 5,32%). Entrò con tre seggi invece RiPensiamo Ferrara di Monte Baldo, con "ben" 38 voti (20,21%). 
Una situazione analoga si è prodotta a San Mauro di Saline. Lì la lista San Mauro Democratica e Progressista, nonostante il proprio nome altisonante (che rimanda alla lista guidata dal Pd alle ultime elezioni politiche) e un simbolo grafico elaborato (con un colore arancione dello sfondo che ricorda quello dei Giovani Democratici), ha preso solo 2 voti (0,50%). Qui la minoranza consiliare risulta spartita tra le liste Per San Mauro (35,32%) e Ama San Mauro (16,42%): si tratta di uno dei pochi casi in cui la lista vincente - che in questo caso è Noi con voi, con il classico emblema della stretta di mano, qui assolutamente autoctono, a differenza di ciò che accade altrove - non riesce a superare il 50%.


Macinando vari chilometri e arrivando in Liguria, si deve dire che in questa regione non sono moltissimi i comuni sotto i mille abitanti chiamati al voto quest'anno. Tuttavia in provincia di La Spezia, precisamente a Maissana e a Carro troviamo liste della Fiamma Tricolore: in entrambi i casi il partito ha dovuto rinunciare al classico simbolo, in uso dal 2002 e adottarne uno di ripiego (con un tricolore di tre bagliori su fondo nero) perché la commissione elettorale l'ha ritenuto confondibile con quello di Fratelli d'Italia. Posto che Fdi non ha partecipato alle elezioni in quei comuni (e non c'era nemmeno in quegli stessi giorni un voto politico o regionale, quindi non si capisce come l’elettore si potesse confondersi), è altrettanto vero che la Fiamma Tricolore ha utilizzato il simbolo della "goccia tricolore" seghettata - anche in elezioni di carattere nazionale - molto prima di Fdi, eleggendo anche un deputato europeo nel 2004 (Luca Romagnoli), per cui la decisione sembra francamente assurda. 
A Carro é presente, oltre alla civica locale, anche una lista dell'Udc, mentre a Maissana nel 2019 finì 193 a 193 e fu necessario il ballottaggio (il voto appena celebrato è arrivato in anticipo, per dimissioni del sindaco). Questa volta a Maissana è finita 176 a 155 per le due liste locali, la Fiamma ha ottenuto 5 voti (1,49%) e nessun consigliere; qualche speranza poteva averla a Carro (grazie al 90,04% della lista vincente, ottenuto con 244 voti), ma i tre seggi di minoranza sono andati tutti all'Udc con i suoi 21 voti (7,75%), mentre alla Fiamma - ferma a 6 voti (2,21%) - sarebbero bastati altri due voti per strappare un seggio.

In Emilia-Romagna i comuni "sotto i mille" al voto erano due, Cerignale e Corte Brugnatella, entrambi in provincia di Piacenza e nessuna lista esterna registrata (anche se, misteriosamente, il sito di Fiamma Tricolore aveva annunciato la presenza di liste del partito). A Cerignale è finita 52 a 50 tra le due (evidenti) liste locali, mentre a Corte la lista Cortebrugnatella fa la Valtrebbia più bella (la fantasia italica è illimitata...), pur ricevendo solo 30 voti (10% tondo: i voti validi sono stati 300) è riuscita a eleggere comunque tre seggi, visto che le liste erano solo due.

Valicando i confini del Nord e passando al Centro, occorre dire qualcosa sulla Toscana, altra regione con due soli comuni con meno di mille abitanti. Nel comune di Capraia Isola, che si trova - beati loro... vicino all'Isola d'Elba, oltre alle due liste locali si presentano L'Alternativa per Capraia Isola, espressione del movimento Più Italia (di Fabrizio Pignalberi), e la Fiamma Tricolore: il partito si era presentato anche a Semproniano (Gr), l'altro microcomune al voto, ma la lista è stata bocciata perché alcune candidature erano state autenticate da un avvocato che non aveva preventivamente comunicato all’ordine la disponibilità (ci si può domandare se un controllo tanto fiscale sia dovuto al fatto che quella della Fiamma sarebbe stata la seconda e unica altra lista, quindi presumibilmente avrebbe ottenuto i tre seggi di minoranza). Per dovere di cronaca si segnala che il Movimento sociale Fiamma tricolore era in corsa anche a Ponte Buggianese, 8700 abitanti, quindi con la raccolta firme necessaria. A Capraia Isola è finita 147 a 146 per Lorenzo Renzi (cognome che non passa inosservato...) contro Maria Ida Bessi; la lista Alternativa non ha ottenuto voti, mentre la Fiamma - con il simbolo ufficiale - ne ha presi solo 2 (0,68%), ma visto che la differenza tra vincitore e sconfitto è stata di un solo voto la presenza della lista Ms-Ft è stata determinate, forse…

La prima parte del viaggio si conclude con le Marche, con due soli comuni "sotto i mille" al voto, entrambi in provincia di Macerata. A Penna San Giovanni c'era una sola lista, il quorum era stato ben superato (62,34%), ma gli eletti sono stati solo 8 (oltre ovviamente al sindaco) perché la lista non era stata completata fino a 10 persone: la lista, tra l'altro, si chiamava PSG Burocchi Sindaco, con la sigla che richiama il paese, ma ai più evocherebbe piuttosto riferimenti calcistici (sarà un caso?). Resta da dire dell'altro comune, Gagliole, in cui le liste erano due: Gagliole Unito ha ricevuto solo 15 voti (5,15%), ma è più interessante notare l'affluenza del 40,61%, quindi con il quorum a rischio (e proprio questo forse spiega la presenza di una seconda lista non molto competitiva).

Nessun commento:

Posta un commento