mercoledì 17 febbraio 2016

Rosso, verso Torino senza nuovi simboli scomodi?

Ma, che voi sappiate, siamo nel 2001 o nel 2016? Chi abita e vota a Torino, effettivamente, potrebbe chiederselo. La tentazione viene essenzialmente perché, tra coloro che aspirano alla poltrona più ambita di Palazzo civico, c'è anche Roberto Rosso. Candidatosi a metà gennaio (dopo avere inutilmente proposto le primarie per il centrodestra) "per ricostruire la speranza, dare un punto di riferimento ai liberali, moderati ed eredi dei democristiani che non si rassegnano all'idea di vedere a Torino il ballottaggio fra due sinistre, quella Pd e quella del Movimento 5 Stelle", ha incassato finora il sostegno del Nuovo centrodestra e dell'Udc; manca invece quello del suo partito di provenienza, Forza Italia, che con la Lega Nord (e, a quanto si sa, Fratelli d'Italia) ha scelto di sostenere la corsa di Osvaldo Napoli.
Il dato politico più evidente, come è chiaro, è la frammentazione del centrodestra, che sembra consegnare quasi in automatico il ruolo di unica reale competitrice di Piero Fassino alla candidata del MoVimento 5 Stelle Chiara Appendino. Per i drogati di politica e i suoi entomologi dotati di buona memoria, peraltro, c'è almeno un altro dettaglio interessante. Perché il simbolo scelto per la sua lista "personale" dall'avvocato Roberto Rosso - nomen omen, visto che il cognome è proprio indicato con il suo colore - sembra rimandare a un episodio ben preciso, vecchio di quindici anni, che certamente l'allora segretario regionale forzista non ha dimenticato. E, beninteso, non avrebbe potuto cancellarlo, nemmeno volendolo.
Perché, a ben ricordare, nell'anno di scarsissima grazia 2001, quando si era candidato a sindaco di Torino Rosso una lista col suo nome non l'aveva. Forse non aveva pensato che servisse, forse non l'aveva voluta, difficile dirlo. Altri invece ci pensarono eccome: il gruppo di Renzo Rabellino, che due anni prima sosteneva di non aver ottenuto proprio da Rosso le candidature promesse alle elezioni provinciali e voleva rendergli la pariglia (e qualcuno giurò di avere sentito dire, all'indirizzo del deputato e forzista "non ci sono problèeemi, prima o pòi la pàaaaghi", con evidente accento torinese) non aspettava altro ed entrò in azione con una lista di un outsider che si chiamava Rosso. Gianfranco però, non Roberto, e per giunta con il cognome scritto a caratteri cubitali sul simbolo e il nome ben poco visibile; in un primo tempo addirittura il Comitato Torino libera (così si chiamava ufficialmente la lista) aveva tentato di clonare cromaticamente il simbolo della Casa delle libertà, ma la commissione elettorale di Torino si mise di traverso. Anche così, in ogni caso, l'emblema "Rosso Gianfranco sindaco" ottenne i suoi effetti, costringendo Rosso (Roberto) al ballottaggio con Sergio Chiamparino, poi uscito vincitore. Sarà per evitare altre bruciature che, sia pure usando altri colori, questa volta Roberto Rosso ha varato da subito il suo simbolo personale per la corsa verso Palazzo di Città, con nome e cognome in bella vista? Eventuali incubatori di simboli scomodi sono avvertiti...

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