domenica 9 dicembre 2012

Quel "simbolico" re del porno

Di sito in sito rimbalza la notizia della scomparsa del re italiano del porno: sì, certo, ma anche un significativo “padrino” di simboli politici. Già, perché Riccardo Schicchi, nato guardone (a scuola, a dar ragione a Wikipedia) e cresciuto fotografo, è passato alla cronaca – dire “alla storia” pare un po’ esagerato – per la sua lunga attività nell’ambiente dell’erotismo e della pornografia, ma negli anni il suo nome è affiorato più di una volta nelle note politiche, soprattutto a ridosso delle elezioni.
Se la solita Wikipedia parla di «un primo tentativo di ingresso in politica con la Lista del Sole negli anni ’70» (lista che, se mai è esistita, non era certo di livello nazionale o non doveva avere alcuna fama), nel decennio successivo è certo l’avvicinamento di Schicchi al Partito radicale, lo stesso che nel 1987 portò a Montecitorio la sua prima creatura hardcore, «Staller Ilona detta Cicciolina».
Tempo qualche anno e nel 1991 il titolare di Diva Futura scelse di mettersi in proprio, dando vita al «Partito dell’amore» con tale Mauro Biuzzi, che della nuova formazione politica aveva anche elaborato il simbolo. Doveva essere proprio «icona Staller», l’immagine di Cicciolina elaborata dallo stesso Biuzzi, a tenere a battesimo il partito, non fosse stato per una simpatica diffida della stessa Ilona Staller (allora signora Koons) che in quattro e quattr’otto imponeva di cambiare logo, e pure in fretta. Ci voleva altro per affossare il Partito dell’amore, pronto a concorrere alle elezioni politiche del 1992: al posto del viso della Staller, arrivò quello della seconda creatura più nota di patron Schicchi (seconda solo in ordine di tempo), Moana Pozzi. Il sorriso smagliante di Moana, con tanto di croce sulla fronte, arrivò anche alle Tribune televisive e si conquistò vari articoli: il simbolo fu stampato sulle schede elettorali solo in Lazio, prese lo 0,06%, ma l’attrice ebbe più preferenze di Bossi e Rutelli. L’anno dopo Moana si candidò al Campidoglio sempre per il Partito dell’amore – che, sia ben chiaro, esiste ancora anche se non fa più attività politica, basta fare un giretto su www.partitodellamore.it – ma Schicchi non era già più segretario. 
Ricomparve nel 2001, come capolista (sempre alle elezioni comunali di Roma) della formazione politica «Forza Roma»: la lista proponeva come sindaco tale Dario Di Francesco, in abbinata alla speculare «Avanti Lazio» guidata da un altro carneade, Massimiliano Toti (che però per il Corriere diventò Totti, quasi un abominio calcistico). Quando la commissione elettorale romana bocciò le due liste per guai con firme, scoppiò il putiferio: assedio ai locali, pornostar pitturate come le rispettive squadre e appelli al Capo dello Stato; alla fine Di Francesco fu riammesso, mentre di «Forza Roma» le statistiche non testimoniano tracce. Quei simboli, peraltro, sono rispuntati più di una volta nelle elezioni successive, tanto da ispirare forse sia «Forza Toro» (simbolo visto al fianco della «Lista dei grilli parlanti» di Renzo Rabellino), sia «Forza Juve» (simbolo presentato alle elezioni comunali di Torino del 2011 da Marco Di Nunzio, lo stesso della «Lista Bunga Bunga», e ricusato per problemi di sottoscrizioni). Chissà se Roma e Lazio occhieggeranno ancora al Viminale, ora che patron Schicchi non c’è più…

1 commento:

  1. Anche alle Comunali di Roma 2016 ci siamo.Dovresti approfondire meglio l'argomento caro mio..Massimiliano Toti

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