lunedì 31 agosto 2020

Trento, simboli e curiosità sulla scheda

Il 20 e 21 settembre si voterà anche per rinnovare varie amministrazioni comunali, comprese quelle di alcuni capoluoghi di provincia. Tra questi c'è anche Trento, in cui peraltro il deposito delle liste si è svolto in anticipo, dall'8 all'11 agosto, per la legge elettorale locale che anticipa i tempi. Posto che certamente il sindaco cambierà (l'uscente, Alessandro Andreatta, non si ricandida), sulla scheda elettrici ed elettori troveranno otto aspiranti alla guida dell'amministrazione comunale, sostenuti da un totale di 19 liste (con un discreto aumento rispetto al 2015, quando erano 12). Ecco di seguito i loro simboli, seguendo l'ordine indicato dal sorteggio.  

Carmen Martini

1) MoVimento 5 stelle

Prima candidata alla carica di sindaco, così come indicato dal sorteggio, è Carmen Martini, sostenuta dal solo MoVimento 5 Stelle (per il quale si era candidata alla Camera nel collegio uninominale di Trento nel 2018. La lista è profondamente rinnovata rispetto alle elezioni precedenti (anche per alcune defezioni di cui si darà conto più in là); quasi identico, invece, risulta il contrassegno utilizzato, essendo cambiato solo il sito indicato nella parte inferiore (da Beppegrillo.it di cinque anni fa a Ilblogdellestelle.it in uso dall'inizio del 2018). Allora la lista aveva raccolto l'8,7%, si vedrà il risultato questa volta.
  

Bruno Franco

2) La Catena

Temeva di non farcela, ma lo scoglio della raccolta firme (ridotto a causa dell'emergenza Covid-19) è stato superato e stavolta Bruno Franco è riuscito a proporsi come sindaco di Trento, sostenuto dal suo movimento La Catena, con il medesimo contrassegno depositato al Viminale a partire dal 2014. Franco, "artigiano edile", 41 anni, ribadisce di essere sceso in politica per "impedire in qualsiasi modo di ritornare a queste persone che fanno finta di governarci, mentre ci stanno rovinando e se ne fregano di noi. Faranno di tutto per chiederci i voti, ma io voglio mettere i bastoni tra le ruote a tutti e voglio dare un segnale a quelli che stanno a Roma perché, dopo quarant'anni, facciano le valigie e vadano a casa". Franco ("er Catena", secondo Makkox) è già pronto alla battaglia, con la sua catena a maglie saldamente unite ("l'unione fa la forza") e la scure a doppia lama.
 

Franco Ianeselli

3) Europa Verde Trento

Come terzo aspirante al ruolo di sindaco il sorteggio ha indicato Franco Ianeselli, col sostegno della coalizione di centrosinistra. Prima lista estratta risulta essere Europa Verde Trento, che varia il simbolo utilizzato dai Verdi a partire dalle elezioni europee del 2019 (e con cui hanno eletto un consigliere in Emilia-Romagna), con l'aggiunta della dicitura "Ecologia e Giustizia sociale". La compagine infatti si è allargata e le liste comprendono anche esponenti di Sinistra italiana, di Volt e di èViva, forze politiche le cui miniature sono state inserite all'interno del contrassegno (l'emblema di Laforgia e Pastorino è a una delle sue poche uscite elettorali viste fin qui).

4) Insieme per Trento

Seconda forza della coalizione di Ianeselli, almeno in base all'estrazione delle liste, è Insieme per Trento: si tratta di una formazione civica (la guidano il notaio Paolo Piccoli, nipote di Flaminio, e l’avvocata Monica Baggia) e, a giudicare dal rilievo dato al nome del candidato sindaco, si tratta della sua "lista personale". Il nome, scritto in azzurro scuro come la circonferenza e la parte inferiore del cerchio, è sottolineato da due consistenti "onde" gialle (le tinte scelte per il contrassegno, del resto, sono quelle che caratterizzano la bandiera comunale).
 

5) Azione - Unione

Ianeselli può contare anche sul sostegno di una lista in cui mettono insieme le proprie forze Azione di Carlo Calenda e Unione, con riferimento all'Unione per il Trentino fondata da Lorenzo Dellai (ma era già apparsa così nella "pulce" all'interno di Civica popolare nel 2018). A marcare il passaggio sfumato tra le due forze politiche - in un simbolo che non può dirsi mal costruito - è una fila di persone ravvicinate e in movimento. Sono gli stessi promotori a spiegare il nome della lista: "'Azione' perché c’è bisogno di una città dinamica, aperta al nuovo, competitiva ed efficiente. 'Unione' perché nessuno può vincere le sfide difficili di questo tempo se non assieme agli altri e con spirito di comunità".

6) Partito autonomista trentino tirolese

A Trento è una presenza ricorrente quella del Partito autonomista trentino tirolese, che si presenta ad elettrici ed elettori con la sua ormai consolidata immagine della doppia stella alpina su fondo nero (ma con la "A" della sigla in rosso, per marcare l'importanza dell'autonomismo senza bisogno di scriverlo in modo ancora più chiaro). La storia dell'autonomismo in provincia di Trento dunque prosegue, dai tempi dell'Associazione studi autonomistici regionali, in questo caso tornando a fianco di un candidato del centrosinistra (mentre alle provinciali del 2018 si era scelta un'altra via).
 

7) +Trento viva

La quinta lista, in ordine di sorteggio, della coalizione che appoggia Ianeselli è +Trento viva, formazione che - come la grafica per prima testimonia - è nata dal concorso di +Europa e di Italia viva. Il simbolo era già noto da giugno, tutto sommato non appare mal congegnato; come si ricorderà, tuttavia, in rete non erano mancate ironie da parte di chi non apprezzava la grafica ibrida (e che, incidentalmente, finiva per dare più visibilità a Italia viva, il cui nome di fatto appariva per due volte nel contrassegno). In ogni caso, questa e altre elezioni in cui correranno emblemi affini saranno un'occasione per testare la riconoscibilità di queste proposte politiche e della loro collaborazione.
 

8) Trento futura – Partecipazione e solidarietà

La sesta lista per Ianeselli rimanda direttamente alle elezioni provinciali del 2018, quando si era presentata la lista Futura 2018, nata dall'omonima associazione guidata dal giornalista Paolo Ghezzi e allora presentata a sostegno di Giorgio Tonini (dopo varie sollecitazioni a correre da sola). Questa volta in campo c'è Trento futura e, come allora, è aggiunto lo slogan Partecipazione e solidarietà. Anche la grafica è la stessa già incontrata due anni fa: "una virgola" di colore verde acqua, contornata di bianco, rosso e arancione.
 

9) Partito democratico - Partito socialista italiano

Il caso ha voluto che l'ultima lista della coalizione di Ianeselli - la nona complessiva - fosse quella del partito "di maggioranza" di questa compagine. Anche se i partiti qui sono due: assieme al Partito democratico del Trentino (che quindi figura come in passato con la sua caratterizzazione territoriale), cui è riservata la maggior area del cerchio, c'è infatti anche il Partito socialista italiano, che ha inserito il suo nuovo simbolo (adottato lo scorso anno) nel segmento rosso inferiore. Il Pd parte dal 29,6% di cinque anni fa: un risultato non facile da difendere.  
 

Giuliano Pantano

10) Rifondazione comunista – Altra Trento

Della coalizione di centrosinistra non fa parte Rifondazione comunista - Altra Trento (L'Altra Trento, costruita secondo il cliche di L'Altra Europa, era il nome della lista presentata nel 2015 e che aveva ottenuto il 4,7%), che ha scelto di sostenere Giuliano Pantano, sorteggiato come quarto candidato alla carica di sindaco. L'emblema è quello consueto del Prc, ma il riferimento alla Sinistra europea si rimpicciolisce per fare spazio, nella "lunetta" a sinistra, alla dicitura "Altra Trento": una scelta, in ogni caso, assai più politica e connotata rispetto a cinque anni fa (non c'erano falci e martelli sulla scheda).

Silvia Zanetti

11) Si può fare!

Si presenta sostenuta da una sola lista anche Silvia Zanetti, candidata sindaca di Si può fare! - Liberi civici trentini, partito di recente costituzione che ritiene sia possibile trovare spazio fuori dai poli, tra i "silenziosi" alternativi alla sinistra e non convinti dal centrodestra trentino: il segretario è il docente, giornalista e saggista Francesco Agnoli e la forza politica raccoglie l'esperienza della Civica trentina di Rodolfo Borga, Agnoli e pure di Zanetti (il simbolo era presente cinque anni fa e alle provinciali del 2018), di Progetto Trentino (altra formazione entrata in consiglio nel 2015) e di Popoli liberi dell'autonomista mai domo Paolo Primon. Non c'è traccia dei simboli originari nel contrassegno, basato solo sui colori rosso, bianco e blu; sul piano grafico si notano una stella bianca (a rosa dei venti) in alto e l'accento di "può" tinto degli stessi colori (e con le iniziali di Liberi civici trentini).
 

Andrea Merler

12) Forza Italia

Il sesto candidato, in ordine di estrazione, è Andrea Merler, eletto consigliere nel 2015 all'interno della lista Civica trentina. Nella sua coalizione, la prima lista sorteggiata è quella di Forza Italia, intenta a cercare di migliorare il suo risultato di cinque anni fa (4,2%). Il simbolo utilizzato è una minima variante di quello visto alle politiche del 2018, con la bandiera in alto leggermente debordante, la dicitura "Berlusconi presidente" (con il cognome enorme) mentre al di sotto è stato aggiunto in piccolo - quasi invisibile sulla scheda - il riferimento al comune di Trento.
 

13) Fratelli d'Italia

Come seconda lista è stata estratta Fratelli d'Italia, che appare decisamente in crescita rispetto all'1,7% raccolto cinque anni fa. A differenza di varie altre realtà locali, il partito di Giorgia Meloni qui ha scelto di non inserire alcun riferimento territoriale (e questo in effetti non accade quasi mai), ma nemmeno al candidato sindaco: il contrassegno depositato, dunque, è identico a quello inaugurato con le elezioni politiche del 2018, con il simbolo originale di Fdi all'interno di un altro cerchio equamente diviso in orizzontale tra blu e azzurro, con il nome della leader ospitato nella parte superiore.

14) Trento unita - Merler Sindaco

Oltre alle liste di natura politica, nella coalizione che sostiene Merler ce n'è anche una civica: si tratta di Trento unita, che peraltro schiera come capolista Eleonora Angeli, ritenuta per lungo tempo vicina a Lorenzo Dellai. Questa lista, peraltro, è la sola a contenere nel proprio contrassegno un riferimento - decisamente dominante nella grafica - al candidato sindaco, con la carica che appare addirittura sottolineata da una grossa "spunta" bianca. Al di sotto, peraltro, non passa inosservata la "pulce" degli Autonomisti popolari, che concorrono a formare la lista.

15) Lega Trentino per Salvini premier

Completa la coalizione di centrodestra il simbolo della Lega Trentino, più complesso di quello già visto cinque anni fa (e che aveva ottenuto il 13,1%). Posto che allora c'era ancora il Nord nel simbolo, si ripropone un riferimento al vessillo trentino con l'aquila di San Venceslao e si inserisce il riferimento all'autonomia. Rispetto al contrassegno impiegato nel 2015, ovviamente, è stato inserito il cognome di Salvini sotto la statua di Alberto da Giussano, ma il riferimento "Premier" (a dispetto della denominazione consegnata) è stato sostituito con quello al Trentino.

Marcello Carli

16) Agire per il Trentino

Il settimo candidato estratto è Marcello Carli, appoggiato da una coalizione che può qualificarsi come centrista. La prima delle tre liste che la compongono, in base al sorteggio, risulta essere Agire per il Trentino, molto legata - come si vede dal contrassegno, che contiene una sorta di post-it - all'ex candidato sindaco del centrodestra e attuale assessore regionale Claudio Cia. Lo stesso emblema, peraltro, era già apparso alle elezioni provinciali del 2018, all'epoca a sostegno dell'attuale presidente leghista Maurizio Fugatti. Il simbolo, privo di post-it, è addirittura registrato come marchio e contraddistingue da sempre il movimento nato nel 2016 con una forte vocazione autonomista. 

17) Rinascimento Trento - Carli Sindaco

A leggere semplicemente il nome della lista, si sarebbe tentati di pensare che Rinascimento Trento sia l'articolazione trentina del progetto politico guidato da Vittorio Sgarbi. Guardando il simbolo, tuttavia, non c'è alcun accenno michelangiolesco, per cui è assai probabile che questa sia una lista civica che sostiene particolarmente il candidato sindaco (non a caso il suo nome figura solo su questa lista, tra l'altro in stile pennellato). Nel mezzo, i profili di alcuni monumenti della città color ocra introducono una variante cromatica rispetto al blu del fondo.
 

18) Unione dei democratici cristiani

Occorre avere un po' di pazienza nel guardare questo simbolo, che già a colpo d'occhio si palesa essere una variante dell'emblema dell'Udc, con lo scudo crociato in posizione ancora più centrale e le vele in filigrana assai più grosse rispetto al solito (al punto da avere confinato il riferimento all'Italia in un segmento rosso strettissimo). Se però si supera un po' di diffidenza, dovuta a un risultato grafico non tra i migliori, si può notare che la denominazione è Unione dei democratici cristiani. Quello che era stato concordato a livello nazionale e che poi alle regionali non è mai stato attuato, insomma, è avvenuto a Trento, forse perché quella è la terra di Alcide De Gasperi...

Filippo Degasperi

19. Onda civica Trentino

E a proposito di De Gasperi, togliendo uno spazio e una maiuscola si ottiene il cognome dell'ultimo candidato a sindaco (in ordine di sorteggio), Filippo Degasperi. Eletto consigliere provinciale nel 2018 con il MoVimento 5 Stelle (per il quale era candidato alla presidenza), a febbraio aveva annunciato la sua candidatura a sindaco di Trento con la lista Onda civica (fondata a gennaio, secondo il motto "Noi siamo gli stessi di cinque anni fa, è il MoVimento che è cambiato") e, così facendo, per Riccardo Fraccaro si era posto "nei fatti" fuori dal M5S. Il simbolo rappresenta effettivamente un onda, con i colori della bandiera trentina (ma domina il giallo, chissà perché).

sabato 29 agosto 2020

Puglia, simboli e curiosità sulla scheda

Fino ai giorni della presentazione delle candidature, la sfida con la Campania si presentava durissima, alla fine tuttavia la Puglia ha battuto il record: saranno addirittura 29 le liste che concorreranno alle prossime regionali del 20 e 21 settembre, 10 in più di quelle schierate cinque anni fa. Pur essendo 8 coloro che aspirano alla carica di presidente (uno in più rispetto al 2015), a fare decisamente la parte del leone è il presidente uscente, Michele Emiliano, ricandidato dal centrosinistra, che si presenta appoggiato addirittura da 15 liste. Molte meno - solo 5 - sono quelle che fanno parte della coalizione di centrodestra che ripropone, dopo il 2005, Raffaele Fitto (passato da Forza Italia a Fratelli d'Italia). Ci riprova, come cinque anni fa, anche Antonella Laricchia per il MoVimento 5 Stelle, ma stavolta a proprio sostegno ha anche una seconda lista, di natura civica, mentre si presenta sostenuto da tre liste (inclusa Italia viva) Ivan Scalfarotto; gli altri aspiranti presidenti conteranno su una sola formazione. L'ordine seguito nel post per dare conto delle liste dovrebbe essere quello legato al sorteggio per la provincia di Bari.

Franco Piero Antonio (Pierfranco) Bruni

1) Movimento sociale Fiamma tricolore 

Il sorteggio ha collocato al primo posto la candidatura di Pierfranco Bruni, sostenuto come unica lista dal Movimento sociale Fiamma tricolore. Torna dunque alle elezioni regionali, dopo un'assenza non breve, il simbolo della goccia tricolore seghettata (nella forma in uso dal 2002) e che proprio in Puglia ha una sua roccaforte: è infatti dirigente nazionale del partito Adriana Poli (nota Poli Bortone), già deputata Msi-An, vicepresidente della Camera e sindaca di Lecce, poi senatrice (e fondatrice) di Io Sud e candidata alle ultime due elezioni regionali.


Michele Emiliano

2) Senso civico - Un nuovo Ulivo per la puglia

Secondo tra coloro che aspirano alla presidenza della regione Puglia è il presidente uscente, Michele Emiliano, con la sua coalizione da record. Il primo simbolo estratto è quello di Senso civico - Un nuovo Ulivo per la Puglia: si tratta del progetto politico nato per iniziativa di alcuni consiglieri regionali, volto a "intrecciare culture politiche diverse come quelle del laburismo, dell’ecologismo, del cattolicesimo democratico e del liberalismo progressista", anche attraverso il richiamo al precedente dell'Ulivo. Nel simbolo spicca una mano che tiene una foglia multicolore; al progetto sono legati anche Articolo Uno e I Socialdemocratici (diffusi soprattutto in Puglia grazie a Mimmo Magistro).

3) Partito animalista italiano

La Puglia è una delle regioni in cui il Partito animalista italiano, guidato da Cristiano Ceriello, ha scelto di presentarsi perché quel progetto politico possa radicarsi ulteriormente. E se altrove le liste sono condivise con altre forze politiche, in Puglia il Partito animalista corre da solo, con il proprio simbolo depositato al Viminale in occasione delle elezioni europee 2019 (quelle in cui aveva ricevuto le prime attenzioni dai media per essere riuscito a correre senza dover raccogliere le firme, grazie al collegamento con un partito rappresentato al Parlamento europeo). La Puglia, dunque, più ancora di altre regioni, rappresenta un test importante per questa formazione politica che tenta di crescere.
  

4) Società aperta associazione - I liberali

Al terzo posto nella coalizione è stato sorteggiato il simbolo dell'associazione Società aperta - I liberali, nata nel 1994, attiva soprattutto fino al 2002 e tornata in attività da pochi mesi (dopo una scissione nel Pli in provincia di Bari). Guidata da Giancarlo Ragone, la lista di ispirazione liberale ha scelto di sostenere Emiliano per ragioni programmatiche. Il simbolo pone al centro il logo dell'associazione Società aperta (con la finestra aperta sul mondo che ricorda la "società aperta" di Popper e le stelle d'Europa a dare la direzione), accompagnandolo a un motivo tricolore ispirato a una creazione dello stilista liberale Emilio Pucci.

5) Popolari con Emiliano

La quarta lista sorteggiata della coalizione di centrosinistra è una new entry come simbolo, ma non del tutto per il nome: già nel 2015, infatti, era apparsa una formazione denominata "Popolari", cui avevano concorso Centro democratico, Udc e Realtà italia; questa volta Popolari con Emiliano rappresenta l'unione di Puglia popolare - che di fatto costituisce la prosecuzione politica di Alternativa popolare, guidata da Massimo Cassano - Centro democratico e di parte dell'Udc, per lo meno di quella che fa capo a Salvatore Ruggeri, tesoriere nazionale e assessore uscente (che partecipa a quest'operazione insieme a un altro collega di giunta, Gianni Stea, eletto nel 2015 in quota Area popolare). Il simbolo porta un cuore stilizzato azzurro su fondo blu, richiamando in parte - insieme alle scritte gialle - la grafica del Ppe.
 

6) Sinistra alternativa

Il sorteggio si è abbastanza divertito a collocare, subito dopo un simbolo popolare, il contrassegno che contiene la coppia di falce e martello più evidente di queste elezioni regionali. Si tratta della lista Sinistra alternativa, presentata da un gruppo di persone - il cui portavoce è Nicola Porfido - per difendere antirazzismo, antifascismo e diritti di genere; scopo dichiarato è "avere parte attiva nel processo di desalvinizzazione della Puglia" opponendosi al disegno di Fitto. Non c'è la parola "comunista", ma il segno (e il colore rosso delle scritte) fanno capire che la sensibilità comune di candidate e candidati sta da quelle parti.
 

7) Partito democratico

Si trova solo al sesto posto, collocato dalla sorte, il simbolo del Partito democratico, inevitabilmente presente in questa coalizione che appoggia il tentativo di riconferma di Michele Emiliano. Proprio come cinque anni fa, il contrassegno utilizzato è esattamente quello nazionale, senza alcuna indicazione locale o del candidato sostenuto in questa occasione. Nel 2015 la lista del Pd, sfiorando il 20%, è stata la più votata di tutta la tornata elettorale; si vedrà se sarà in grado di difendere quel primato e quanti consiglieri potrà ottenere (anche grazie alle molte liste che, per la dispersione dei voti, non riusciranno a eleggere rappresentanti in consiglio).
 

8) Con Emiliano

Subito dopo il Pd, appare uno dei simboli più legati al presidente uscente della regione, Con Emiliano: si tratta di un progetto fondato lo scorso anno e lanciato dallo stesso Emiliano (che non è più iscritto al Pd), presentato come "luogo di comunione, di comunità che parte dalla Puglia e si estende al mondo intero, strettamente ispirato ai valori della Costituzione", uno strumento che "si prefigge di eliminare il conflitto permanente, l'odio come categoria della costruzione della politica e di lasciare ad ogni comunità la possibilità di portare il proprio contributo per evitare che questa storia bellissima che abbiamo costruito in Puglia negli ultimi 15 anni possa svanire". Il simbolo è semplicemente la parola "con" (con il centro della "o" azzurro) in font Bodoni e il cognome del candidato (stavolta in carattere bastoni) - sempre senza maiuscole - il tutto su fondo giallo.

9) Puglia solidale e verde

Decisamente più elaborato è il simbolo successivo della coalizione, quello della lista Puglia solidale e verde. Si tratta, come il contrassegno mostra molto bene, di un progetto elettorale che raccoglie forze di varia estrazione: c'è ovviamente la "pulce" di Europa Verde Puglia, secondo la nuova versione con cui i Verdi si presentano dallo scorso anno; c'è il Partito socialista italiano (con il suo emblema inaugurato un anno fa); c'è Sinistra italiana, che mostra il suo fregio a fondo rosso che non sempre appare; c'è anche il gruppo civico La forza della Puglia. Tutte le miniature sono collocate su fondo verde, subito sopra un arcobaleno che richiama l'impegno pacifista e per i diritti LGBTI.
 

10) Ppa - Partito pensiero e azione

Sbarca anche in Puglia, alle regionali, dunque in un contesto rilevante di visibilità, il Ppa - Partito pensiero e azione di Antonio Piarulli (originario della vicina Basilicata). Questa forza politica - che nel corso del tempo è riuscita anche ad avere rappresentanza parlamentare grazie ad accordi tecnici che hanno visto nascere componenti Ppa nel gruppo misto alla Camera - cerca sempre nuove sfide elettorali per farsi conoscere. Il simbolo impiegato in quest'occasione è lo stesso depositato in vista delle elezioni europee del 2019 e visto nella sola circoscrizione Nord-Est: c'è dunque anche la dicitura "Popolo Partite Iva" (confermata da un'ordinanza del tribunale di Roma meno di un anno fa) e il riferimento a "La Politica dei giovani".
 

11) Pensionati e invalidi - Giovani insieme

L'ordine indicato dal sorteggio prosegue con un'altra lista che non rappresenta una novità per elettrici ed elettori pugliesi: l'hanno infatti trovata sulle schede già cinque anni fa. Era infatti sempre parte della coalizione in appoggio a Michele Emiliano il gruppo locale dei Pensionati e invalidi - Giovani insieme, che a livello nazionale ha come coordinatrice Luigina Staunovo Polacco. Come simbolo è stato presentato quello che ha il bordo blu stellato più sottile e con una leggera sfumatura tricolore sullo sfondo; il fatto che non si sia presentata anche una lista del Partito pensionati ha probabilmente aiutato l'ammissione del contrassegno.
 

12) Democrazia cristiana - Puglia

Il sorteggio si è divertito, si diceva, ma si sarebbe potuto divertire ancora di più se solo avesse collocato falce e martello di Sinistra alternativa subito prima o subito dopo la lista della Democrazia cristiana - Puglia, presentata da Cosimo Tramonte anche a contro il parere delle varie anime che a livello nazionale ritengono di rappresentare la Dc (da Renato Grassi a Emilio Cugliari ad Angelo Sandri) e non volevano vedere il partito nel centrosinistra. Il simbolo originario, tuttavia - quello con lo scudo crociato arcuato, solitamente utilizzato da Sandri - non è stato ammesso (probabilmente per la presenza di quello dell'Udc), così il contrassegno è stato modificato: c'è sempre lo scudo - stavolta rettilineo nella parte superiore - ma al posto della croce c'è solo una striscia orizzontale rossa con la sigla "Dc".
 

13) Emiliano sindaco di Puglia

La lista che segue - la quartultima in appoggio al presidente uscente - è già piuttosto nota a chi ha votato alle regionali del 2015: il simbolo di Emiliano sindaco di Puglia - disegnato da Proforma di Giovanni Sasso - era stato il secondo più votato di tutta la coalizione di centrosinistra, aveva preso poco meno del 10% ed era riuscito a conquistare sei consiglieri regionali. Rispetto a cinque anni fa nulla è cambiato graficamente: c'è la stessa "e" rossa gigante, con un accenno di fascia tricolore (a ricordare il passato di sindaco di Bari di Emiliano, sperando che sia di buon auspicio per altri cinque anni da "sindaco di Puglia").
  

14) Sud indipendente - Puglia

La compagine delle liste che sostengono Emiliano prosegue con un emblema invece meno noto: quello di Sud indipendente - Puglia. Come si è visto alcuni giorni fa, si tratta di Si tratta dell'emblema di Sud indipendente, una formazione nata nel 2009, guidata da Massimo Calabrese e di cui è rappresentante in Puglia Enzo Spina: l'idea è di "rappresentare in chiave moderna il patrimonio storico della nazione delle Due Sicilie", con l'idea di riconquistare la dignità persa con l'Unità d'Italia, che avrebbe trasformato il Sud in una "colonia della Padania risorgimentale". Il simbolo, non a caso, porta i confini del Regno delle Due Sicilie e il giglio borbonico dorato.
 

15) Partito del Sud - Meridionalisti progressisti

Penultima formazione della coalizione di Emiliano, secondo quanto indicato dal sorteggio, è il Partito del Sud - Meridionalisti progressisti: l'estrazione di fatto ha posto uno dopo l'altro i due emblemi che contengono il giglio borbonico. Il partito esiste dal 2007, ma dal 2015 ha adottato questo emblema in cui all'antico giglio si affianca un fregio giallo a forma di infinito: per il suo presidente, Natale Cuccurese, si tratta di un logo che distingue "un meridionalismo contro ogni forma di esterofobia, di discriminazione, coabitante con la legalità e i diritti". Si tratta della prima partecipazione di questo soggetto politico alle regionali in Puglia.
 

16) Italia in comune

L'estrazione a sorte ha collocato in coda alle ben 15 liste a sostegno di Emiliano quella di Italia in comune. La formazione guidata a livello nazionale da Federico Pizzarotti e Alessio Pascucci è a una delle sue prime uscite alle regionali (si era presentata finora solo in Piemonte nel 2019) e schiera anche questa volta il suo simbolo nazionale tricolore, senza alcuna connotazione personale o territoriale. Anche in questo caso il voto sarà un piccolo test per vedere se elettrici ed elettori potranno riconoscersi in un progetto nato a partire dall'impegno di vari amministratori locali, con l'intento di trasporlo a un livello territoriale superiore.
 

Antonella Laricchia

17) MoVimento 5 Stelle

La terza candidatura a presidente estratta è quella di Antonella Laricchia, sostenuta dal MoVimento 5 Stelle, proprio come cinque anni fa. La consigliera regionale uscente (che nel 2015 era arrivata seconda, battendo di poco in voti Francesco Schittulli) dunque ci riprova. Rispetto ad allora, il M5S ha cambiato pochissimo del suo simbolo: non c'è più il sito di Beppe Grillo e nemmeno più quello che rappresentava il MoVimento fino al 2017 (movimento5stelle.it), ma Ilblogdellestelle.it, secondo la grafica adottata in occasione delle elezioni politiche del 2018. Le novità, casomai, stanno altrove...
 

18) Puglia futura

La vera novità da queste parti è la seconda delle due liste che appoggiano la candidatura di Laricchia. Dovrebbe essere infatti la seconda volta - dopo l'esperienza calabrese - in cui una candidatura di diretta espressione del MoVimento 5 Stelle (e non condivisa da una coalizione più ampia, com'è avvenuto in Umbria lo scorso anno e come accade ora in Liguria) è sostenuta dalla lista del M5S e da una seconda formazione. Puglia futura, in particolare, per Laricchia non è una "lista della presidente", ma "una lista civica vera, l'unica alleanza che ci interessa davvero". L'idea del futuro è data da un tracciato sul fondo giallo, l'uso di una font avveniristica e giusto una pennellatina tricolore.
  

Raffaele Fitto

19) Unione di centro - Nuovo Psi

Al quarto posto tra le candidature alla presidenza finisce la nuova corsa per il centrodestra di Raffaele Fitto, la cui coalizione è meno numerosa. La apre, in base al sorteggio, il cartello elettorale che unisce Unione di centro e Nuovo Psi. Due terzi del contrassegno sono occupati dall'emblema dell'Udc (con le due vele, sotto lo scudo crociato, spostate verso in basso perché non siano tagliate nella parte alta), mentre la parte superiore - solitamente occupata dal segmento rosso in cui è scritto "Italia" - è stata destinata al Nuovo Psi, con il nome disposto ad arco e sotto il garofano dipinto impiegato per la prima volta dal 2006.
 

20) Forza Italia

Il secondo simbolo sorteggiato riporta il candidato presidente a contatto con il suo passato: quando nel 2000 Fitto era stato eletto alla guida della giunta regionale, infatti, era uno degli esponenti più crescita di Forza Italia. Il simbolo, che trae origine dal contrassegno utilizzato per la prima volta alle elezioni politiche del 2018 (con la bandierina nella parte superiore e i vertici superiori fuori dal cerchio), sotto al riferimento inamovibile a Berlusconi contiene pure il cognome di Fitto, sufficientemente grande da toccare la circonferenza proprio come il cognome dell'ex Cavaliere. Fi parte dall'11,37% di cinque anni fa, ma non è scontato riuscire a mantenerlo. 
 

21) La Puglia domani

Terza formazione della coalizione di centrodestra è la "lista del presidente" (come si vede dal modo particolare, corsivo, in cui è scritto il cognome di Fitto e dalla parola "presidente", riportata solo qui), denominata La Puglia domani e con l'ultima parola in particolare evidenza (per pensare al futuro prossimo e a quello lontano). Nel simbolo dominano il verde della terra e l'azzurro del mare; quest'ultimo colore tinge anche la rappresentazione stilizzata del "pumo", elemento decorativo tipico del Salento, impiegato come segno del territorio e della sua rinascita.  
 

22) Lega

Se nel 2015, alle precedenti elezioni regionali, aveva partecipato Noi con Salvini, a sostegno di Adriana Poli (insieme a Fi, Puglia nazionale e Pli), questa volta sulle schede finisce direttamente il simbolo della Lega, con Alberto da Giussano e il riferimento a Matteo Salvini: è praticamente il medesimo contrassegno già votato da elettrici ed elettori pugliesi alle politiche del 2018, ma in questo caso al posto della parola "premier" c'è il riferimento alla Puglia. Cinque anni fa Noi con Salvini aveva preso il 2,42%, restando fuori dal consiglio; alle europee dello scorso anno, invece, la Lega - Salvini premier aveva ottenuto il 25,29%. Come andrà questa volta?
 

23) Fratelli d'Italia

L'ultimo simbolo della coalizione in appoggio a Fitto è quello del partito cui ha finito per aderire (facendovi confluire Direzione Italia), Fratelli d'Italia. Il contrassegno è quasi uguale a quello coniato per le elezioni politiche del 2018, con la miniatura di Fdi in basso e nella parte superiore il riferimento alla leader nazionale, Giorgia Meloni; il suo nome, tuttavia, qui è ridotto per lasciare spazio al riferimento a Fitto (in bianco invece che in giallino), mentre a fianco del cognome di Meloni è stato inserito un "per" manoscritto e quasi lezioso, nemmeno troppo visibile nelle dimensioni di 3 centimetri di diametro.
 

Nicola Cesaria

24) Lavoro ambiente Costituzione

Subito dopo Fitto, il sorteggio ha indicato la candidatura a presidente di Nicola Cesaria, sostenuto dal cartello elettorale-politico denominato Lavoro ambiente Costituzione. Il progetto unisce nell'appoggio a Cesaria un contrassegno addirittura con tre coppie di falce e martello: quella del Partito comunista italiano (con la classica doppia bandiera appena rivisitata), quella di Rifondazione comunista e quella - assai meno nota ma ugualmente da segnalare - di Risorgimento socialista, movimento nato nel 2015, andato a congresso lo scorso anno. Il fondo del simbolo, ovviamente, è rosso, giusto un po' sfumato.
 

Andrea D'Agosto

25) Riconquistare l'Italia

Dopo la candidatura di Cesaria è stata sorteggiata quella di Andrea D'Agosto, sostenuto soltanto da Riconquistare l'Italia. Continua dunque il progetto di questa forza politica, frutto del Fronte sovranista italiano, che a partire dalle regionali in Lazio nel 2018 ha in animo di partecipare al maggior numero di competizioni regionali possibili (beneficiando, in questo caso, anche della riduzione delle firme necessarie). Il simbolo è quello visto a partire appunto dal 2018, con la sigla Ri verde, la Stella d'Italia rossa, aperta, incompleta e in crescita (come emblema del progetto politico sovranista) e il nome della lista al di sotto, il tutto su fondo bianco.
 

Mario Conca

26) Cittadini pugliesi

Penultimo tra coloro che aspirano alla presidenza della regione Puglia risulta, in base al sorteggio, Mario Conca, eletto nel 2015 come consigliere con il M5S nel barese e ora pronto a correre sostenuto dalla sua lista Cittadini pugliesi, per dare continuità all'esperienza di questi ultimi cinque anni. Il simbolo - decisamente pieno e ricco di elementi, tutti riconoscibili ma in grado di complicare la lettura complessiva - rappresenta persone comuni, in tanti atti e condizioni della vita umana, con al centro un albero radicato in un "terreno tricolore". Si vedrà, dunque, quanto sostegno riuscirà a raccogliere questa candidatura, senza il traino di un "marchio politico" rilevante come quello del M5S.
 

Ivan Scalfarotto

27) Scalfarotto presidente

Il sorteggio ha collocato in ultima posizione la candidatura di cui forse maggiormente si è parlato, al di fuori delle due coalizioni più nutrite: quella del sottosegretario Ivan Scalfarotto. Come prima delle tre liste che lo sostengono è stata estratta quella a lui più legata, Scalfarotto presidente, costituita con il significativo apporto di +Europa (come mostra il richiamo alla bandiera europea e l'immagine colorata della Puglia con il "più" che di solito caratterizza la comunicazione di quel partito. A questa lista, peraltro, concorre anche Azione di Carlo Calenda.
 

28) Italia viva

Dopo la "lista del presidente", il sorteggio ha collocato il partito cui Scalfarotto ha scelto di appartenere e che ne ha lanciato con convinzione la candidatura: Italia viva. Il contrassegno riproduce in tutto e per tutto il simbolo creato da Proforma per il partito di Matteo Renzi e - salvo errore ovviamente - è la prima volta in cui il fregio si presenta da solo, senza dover dividere il cerchio con altre forze politiche. Appare quasi inutile dire che per Iv le elezioni in Puglia avranno un valore superiore rispetto alle altre, anche per la determinazione con cui si è scelto di presentare una candidatura autonoma.
 

29) Futuro Verde

Chiude la coalizione a sostegno di Scalfarotto e anche la sequenza delle forze politiche presenti sulle schede e sui manifesti la lista Futuro Verde, con una marcata sensibilità ambientalista e "giovane"; alla lista partecipano anche Volt, il Pli e Alleanza liberaldemocratica per l'Italia. Da segnalare che ci sarebbe stata un'opposizione presso l'ufficio elettorale circoscrizionale di Lecce (avanzata dai Verdi, per evitare la confondibilità con il loro emblema di Europa Verde e far valere un preteso titolo esclusivo all'uso dell'aggettivo "Verde/Verdi"), ma il collegio ha confermato il suo verdetto di ammissibilità e la lista potrà correre con il suo emblema originario.  

venerdì 28 agosto 2020

La battaglia di Indipendenza Noi Veneto sulle firme e sulla rappresentanza

AGGIORNAMENTO DEL 1° SETTEMBRE: Pur non essendo direttamente legato alla situazione di Indipendenza Noi Veneto, si aggiorna qui la vicenda di Venetie per l'autogoverno: anche il ricorso al Consiglio di Stato presentato da Loris Palmerini è stato respinto e la lista è definitivamente esclusa dalla competizione. 
Posto che i giudici di Palazzo Spada hanno evidenziato vari profili di inammissibilità del ricorso, "aggravati dalla mancanza di una Difesa tecnica da parte di un avvocato abilitato alle giurisdizioni superiori", per il collegio le critiche alla mancata esclusione delle liste esentate - a torto, secondo Palmerini - dalla raccolta delle firme sono inammissibili perché non riguardano atti immediatamente lesivi della posizione del ricorrente e dunque non possono essere esaminate in quella sede. 
Quanto all'esclusione della lista Venetie per l'autogoverno per mancata produzione delle sottoscrizioni, contestata da Palmerini sulla base di un preteso esonero "di diritto" per una formazione che rappresenti una minoranza etnico-linguistica, i giudici rilevano che "non risulta [...] che alcuna raccolta di firme sia stata attivata, né viene dimostrato che peculiari condizioni di tempo o di spazio specificamente riferibili alla lista considerata, come ad esempio la eventuale diffusione della minoranza linguistica di riferimento in territori sparsi e difficilmente raggiungibili nei tempi ristretti a disposizione, abbiano realmente impedito di raccogliere il numero minimo di firme previsto, e quindi abbiano realmente ostacolato la possibilità di dimostrare il radicamento sul territorio"; soprattutto, però, si precisa che la legge elettorale veneta non prevede "un c.d. 'diritto di tribuna' di minoranze qualificate quali potrebbero essere le minoranze linguistiche" (e comunque servirebbe "una disciplina ad hoc volta ad accertare la reale riconducibilità del candidato alla minoranza considerata al di là delle dichiarazioni e delle anche pur generose intenzioni degli interessati". Anche per questo, non ci sarebbero nemmeno gli estremi per sollevare una questione di legittimità costituzionale (che pure non sarebbe comunque compatibile con quel tipo di giudizio). 
Quanto poi alla trascrizione della telefonata con un consigliere regionale uscente finalizzata a ottenere l'esenzione dalla raccolta firme, allegata da Palmerini allo scopo di dare prova di un "sistema di baroni che possono determinare il destino di liste e candidati anche attraverso un sistema di ricompense nelle candidature elettorali delle liste date per vincenti, oppure con liste esentate create per far confusione all'elettore", i giudici semplicemente hanno rilevato "l’estraneità del predetto allegato al giudizio", disponendone "lo stralcio dagli atti di causa previo oscuramento di tutti i riferimenti a persone fisiche, non necessariamente consenzienti rispetto alla diffusione, in esso contenuti".


AGGIORNAMENTO DEL 31 AGOSTO 2020: Il Tar del Veneto ha respinto i ricorsi presentati da Ivano Spano e dalla lista Indipendenza Noi Veneto (con riferimento alle varie circoscrizioni). Delle sentenze in materia (nn. 780-784/2020) rileva soprattutto la prima, emessa a seguito del ricorso presentato contro l'esclusione della candidatura a presidente.
Per i giudici amministrativi "non vi sono i presupposti per poter giungere ad un’interpretazione costituzionalmente orientata" delle disposizioni sull'esonero dalla raccolta delle firme in modo da estenderlo anche alle forze politiche che hanno ottenuto un eletto, a prescindere dalla loro effettiva e perdurante rappresentanza in consiglio regionale. Si tratterebbe infatti di disposizioni eccezionali rispetto a quelle che prevedono la raccolta firme, per cui l'interpretazione dev'essere "rigidamente ancorata al dato letterale, proprio per evitarne travisamenti e strumentalizzazioni": la legge è chiara nel sancire che l'esenzione spetta a gruppi e componenti politiche ancora presenti in consiglio quando si avvia il procedimento elettorale, non essendoci spazio per letture diverse (anche se costituzionalmente orientate). 
Non c'è nemmeno spazio per sollevare una questione di legittimità costituzionale, perché le esigenze di certezza e di celerità del procedimento elettorale non consentono di sospendere l'iter (e, si sottintende, nemmeno consigliano di ammettere prudenzialmente la lista in attesa di un giudizio sulle norme, visto che poi il risultato elettorale potrebbe restate incerto ed essere demolito); di più, per il Tar il legislatore ha "ampi margini di discrezionalità nel selezionare gli elementi di fatto da individuare come indici di adeguata rappresentatività idonei a giustificare l’esonero dall’obbligo di raccolta delle sottoscrizioni per la presentazione delle liste e delle candidature", quindi può privilegiare "l’aspetto 'dinamico' della rappresentanza politica in un periodo storico, come quello attuale, caratterizzato da una notevole mancanza di stabilità che rende difficile prevedere i comportamenti dell’elettorato" (potrebbe anche privilegiare una concezione statica della rappresentanza, beneficiando le forze che hanno ottenuto gli eletti all'inizio della legislatura, ma spetta appunto al legislatore regionale scegliere).
Saranno ora Ivano Spano e gli altri ricorrenti a decidere se accettare la sconfitta o fare ricorso al Consiglio di Stato. Ricorso che è stato presentato invece da Loris Palmerini nel tentativo di veder riammettere la sua lista Venetie per l'autogoverno alle stesse elezioni regionali venete. Il ricorso, sempre presentato in proprio, ripercorre buona parte dei contenuti già visti nel ricorso al Tar (passando in rassegna le varie norme di diritto interno e internazionale che, a detta di Palmerini, consentirebbe la presentazione senza firme a chi rappresenta minoranze etnico-linguistiche) ma è interessante - se non altro per la singolarità del caso - notare che a un certo punto il ricorrente attacca espressamente "un vero sistema di 'baroni' i quali possono determinare il destino di liste e candidati anche attraverso un sistema di ricompense nelle candidature elettorali delle liste date per vincenti, oppure con liste esentate create per far confusione all'elettore pur di tenere emarginati ed ai minimi termini i loro antagonisti elettorali". 
Così prosegue Palmerini: "Noi, a dire il vero, purtuttavia avevamo per tempo chiesto l’esenzione a diversi capigruppo e titolati ad esentarci. Tant'è che alcuni di essi ci hanno confessato di non poterlo fare se non dopo aver accertato di non scontentare i capi della maggioranza uscente data per certissima vincente nella corrente competizione. Insomma escludevano noi per avvantaggiarsene loro e la maggioranza uscente". E, per corroborare questa frase, alla fine del ricorso è riportata la trascrizione di una conversazione telefonica con il consigliere regionale Stefano Valdegamberi (che in consiglio, nel gruppo misto, rappresenta la componente Tzimbar Earde - Terra cimbra) volta a cercare di ottenere l'esenzione dalla raccolta firme. Si invita chi passa di qui a cercare personalmente il ricorso e a leggere lo scambio di battute (che sia attendibile o meno) e a farsi la propria idea, in attesa che i giudici di Palazzo Spada facciano altrettanto. 

* * * 

Con la conferma, da parte del Tar del Veneto, dell'esclusione della lista Venetie per l'autogoverno dalle elezioni regionali (posto che potrebbe ancora essere presentato un ricorso al Consiglio di Stato) non termina la battaglia in carta da bollo del fronte indipendentista-autonomista veneto. Anche la lista Indipendenza Noi Veneto e il suo candidato presidente, Ivano Spano, attraverso il loro avvocato 
Gianluca Tessier hanno deciso - come del resto avevano preannunciato - di rivolgersi al giudice amministrativo per tentare di far valere le loro ragioni e chiedere di essere ammessi alle prossime elezioni regionali, pur non avendo presentato alcuna firma a sostegno della lista.
La scelta era stata fatta in modo deliberato e consapevole, basandosi sul risultato elettorale del 2015: in quell'occasione, infatti, la lista Indipendenza noi Veneto (emanazione del gruppo consiliare Noi Veneto Indipendente) aveva eletto come consigliere regionale Antonio Guadagnini, grazie ai 49.929 voti raccolti dalla lista (che allora appoggiava Zaia, dunque ha beneficiato del "pacchetto di seggi" di maggioranza) e alle 1046 preferenze raccolte dal candidato eletto in provincia di Vicenza. 
I ricorrenti sottolineano che, accettando la candidatura, Guadagnini aveva "formalmente assunto verso il Movimento stesso un preciso impegno di lealtà" che, tra l'altro, prevedeva "di essere leale nei confronti del Movimento, di partecipare lealmente e fattivamente alla sua vita politica, di iscriversi al Gruppo Consiliare indicato dal predetto movimento, approvandone la denominazione che Indipendenza Noi Veneto vorrà dare al gruppo, a non iscriversi a qualsivoglia altro Gruppo Consiliare né a crearne di nuovi se non su indicazione dei competenti organi di Indipendenza Noi Veneto", con tanto di formula in base alla quale gli impegni erano assunti "liberamente e solennemente sul mio onore, costituendo essi mia profonda convinzione ed essendo rispondenti ai dettami etici che informano la mia vita umana e politica".
Meno di un anno dopo la sua elezione (alla fine di marzo del 2016), tuttavia, Guadagnini aveva cambiato nome e simbolo al suo gruppo (costituito solo da se stesso), presentandosi come Siamo Veneto e adottando come emblema un rosone quadrilobato, in cui dominava il colore della bandiera veneziana: "il nodo centrale oggi non è tanto, o solo, l'Indipendenza - dichiarò allora - quanto l’appartenenza ad una comunità e la coscienza dei propri diritti ad iniziare dall'autodeterminazione. Dobbiamo uscire dall’impasse in cui ci troviamo oggi, dobbiamo manifestare quello che siamo, dobbiamo mostrarci senza paura e con orgoglio. Siamo Veneto è una dichiarazione d’amore per la nostra terra inserita nel rosone quadrilobato del Palazzo Ducale di Venezia: ho rinunciato al Leone Marciano che se da un lato è simbolo condiviso, dall’altro è inflazionato a livello politico. Il richiamo a palazzo Ducale è un omaggio alla nostra storia, ma è anche un simbolo elegante e condiviso: appartiene al Veneto". In seguito la tinta si sarebbe fatta arancione e sarebbe stata aggiunto di nuovo il riferimento all'indipendenza, ma ormai il rapporto con il progetto originario di Indipendenza Noi Veneto era irrimediabilmente compromesso: già all'indomani del cambio di denominazione e simbolo i vertici del movimento -  Luca Azzano Cantarutti, Roberto Agirmo, Fabrizio Comencini, Mariangelo Foggiato e Franco Roccon - avevano dichiarato l'intenzione di chiedere il rimborso delle spese elettorali sostenute dal movimento (si era parlato di 200mila euro), come conseguenza del "tradimento degli ideali indipendentisti, dei tanti militanti, della fiducia. Della causa"; non è però dato sapere se sia stata intentata una causa per riottenere quel denaro. 
l fatto è che Guadagnini, a queste elezionUi, si è presentato come candidato presidente e consigliere per il Partito dei Veneti (che già dal 2019 unisce Siamo Veneto e altri gruppi venetisti) e, in quanto espressione di un gruppo consiliare, ha potuto beneficiare dell'esonero dalla raccolta delle firme. Indipendenza Noi Veneto, tuttavia, rivendica di aver avuto un eletto nel 2015 e, per questo, la "prova di radicamento" in grado di esentare dalla raccolta firme dovrebbe andare a suo vantaggio, non a favore di un soggetto politico neonato che però è legato a quell'unico consigliere eletto che, nel frattempo, ha cambiato idea. Per questo motivo il gruppo che aveva candidato Ivano Spano aveva scelto di presentare le candidature senza firme, mantenendo sostanzialmente il simbolo di cinque anni fa. 
L'Ufficio elettorale regionale ha però rilevato tanto la confondibilità del contrassegno di Spano (evidentemente per la presenza del leone e dello stendardo, probabilmente con riferimento alla Lista Veneta - Autonomia di Fabrizio Comencini), quanto l'insussistenza delle condizioni di esonero dalla raccolta firme sulla base della legge regionale: come già ricordato, il testo non fa riferimento alle forze politiche che hanno ottenuto eletti alle ultime regionali, ma ai soli gruppi consiliari presenti in consiglio al momento dell'indizione delle elezioni. Dopo il primo provvedimento è stato presentato un nuovo emblema (che di fatto riduce lo stendardo solo a un piccolo richiamo, mantenendo la classica raffigurazione del leone "andante", con il libro e senza spada), adducendo contestualmente varie argomentazioni circa "la interpretazione ed alla illegittimità costituzionali delle norme elettorali che esonerano dalla raccolta delle firme", ma l'organo ha ribadito l'esclusione della candidatura; peraltro, contemporaneamente e in modo quasi sorprendente, l'Ufficio elettorale circoscrizionale di Belluno decideva di ammettere la lista pur essendo stata presentata senza le firme. 
A quel punto, è arrivato il ricorso di Spano e di Indipendenza Noi Veneto, con cui si richiedeva al giudice di interpretare conformemente a Costituzione le disposizioni della legge elettorale regionale che consentono l'esenzione: tale interpretazione dovrebbe esentare anche le componenti politiche che sono state rappresentate in Consiglio regionale, a prescindere dalla "migrazione" dei consiglieri. Secondo i ricorrenti, la ratio delle disposizioni è che "la lista che è già rappresentativa di una espressione politica radicata nel territorio è esonerata dalla raccolta della firme: ciò appunto perché essa ha dimostrato di rappresentare una parte dell’elettorato", per cui il beneficio dell'esenzione deve andare alla lista che ha ottenuto l'eletto, non alla forza politica che a fine consiliatura l'eletto rappresenta (considerando pure che, dopo l'elezione, il consigliere potrebbe essere stato dichiarato ineleggibile o aver optato per altre cariche). Nel ricorso si legge che quella legata a chi è eletto in consiglio regionale non è una rappresentanza di interessi, ma "una rappresentanza di volontà, il cui interesse è soggettivo, cioè interpretato dal rappresentato". Così dovrebbe configurarsi la rappresentanza politica, per cui l'elezione costituisce un momento fondamentale e il rappresentante dovrebbe rispettare in pieno le promesse elettorali: si scomoda anche la Teoria generale del diritto e dello Stato di Hans Kelsen, in base al quale occorre "che il rappresentante sia giuridicamente obbligato ad eseguire la volontà del rappresentato, e che l’adempimento di questo obbligo sia giuridicamente garantito". 
Al di là delle questioni filosofiche, anche la difesa di Indipendenza Noi Veneto ha segnalato la sospetta illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali sull'esonero dalla raccolta firme, invitando dunque il giudice amministrativo a sollevare la questione, se non dovesse ritenere possibile interpretare il testo conformemente a Costituzione: non sarebbe legittimo, dunque, ritenere radicati sul territorio gruppi di nuova formazione (e premiarli con l'esonero) e non dare alcun valore al risultato elettorale per una lista che ha ottenuto un consigliere grazie ai voti raccolti ma non ha più rappresentanza in consiglio, frustrando dunque le aspettative degli elettori e il valore dei loro voti. In via cautelare, i ricorrenti hanno comunque chiesto di ammettere la lista, in attesa di un giudizio a cognizione piena.
La linea della lista Indipendenza Noi Veneto coglie un problema reale e non è priva di ragioni: in passato si teneva conto tanto della presenza nelle assemblee al momento del voto, quanto di quella all'inizio della legislatura o consiliatura. Formalmente il gruppo di Guadagnini è lo stesso, avendo solo cambiato nome, ma in politica la famosa frase di Giulietta a Romeo - What's in a name? - non può adottarsi alla leggera. Diventa difficile concepirlo se un partito a maggioranza decide di cambiare del tutto idea, nome e simbolo (privando una minoranza consistente del diritto di continuare a essere ciò che si era e a distinguersi con i segni di sempre); ancora più difficile è ammetterlo per la scelta autonoma di una persona sola, che finisce per frustrare le decisioni degli elettori. Certo è che le ragioni si scontrano con il testo e le circostanze: difficile dare una lettura del testo della legge regionale - dunque trarre una norma - che abbia un significato del tutto diverso da quello che emerge dalla disposizione scritta; quanto alla possibilità di interpellare la Corte costituzionale, ieri il Tar Veneto ha già detto che questo non è compatibile con i tempi delle elezioni e la necessità di avere un risultato certo. Difficile dunque che il ricorso abbia un esito positivo; è comunque, solo questione di tempo.