venerdì 28 agosto 2020

La battaglia di Indipendenza Noi Veneto sulle firme e sulla rappresentanza

AGGIORNAMENTO DEL 1° SETTEMBRE: Pur non essendo direttamente legato alla situazione di Indipendenza Noi Veneto, si aggiorna qui la vicenda di Venetie per l'autogoverno: anche il ricorso al Consiglio di Stato presentato da Loris Palmerini è stato respinto e la lista è definitivamente esclusa dalla competizione. 
Posto che i giudici di Palazzo Spada hanno evidenziato vari profili di inammissibilità del ricorso, "aggravati dalla mancanza di una Difesa tecnica da parte di un avvocato abilitato alle giurisdizioni superiori", per il collegio le critiche alla mancata esclusione delle liste esentate - a torto, secondo Palmerini - dalla raccolta delle firme sono inammissibili perché non riguardano atti immediatamente lesivi della posizione del ricorrente e dunque non possono essere esaminate in quella sede. 
Quanto all'esclusione della lista Venetie per l'autogoverno per mancata produzione delle sottoscrizioni, contestata da Palmerini sulla base di un preteso esonero "di diritto" per una formazione che rappresenti una minoranza etnico-linguistica, i giudici rilevano che "non risulta [...] che alcuna raccolta di firme sia stata attivata, né viene dimostrato che peculiari condizioni di tempo o di spazio specificamente riferibili alla lista considerata, come ad esempio la eventuale diffusione della minoranza linguistica di riferimento in territori sparsi e difficilmente raggiungibili nei tempi ristretti a disposizione, abbiano realmente impedito di raccogliere il numero minimo di firme previsto, e quindi abbiano realmente ostacolato la possibilità di dimostrare il radicamento sul territorio"; soprattutto, però, si precisa che la legge elettorale veneta non prevede "un c.d. 'diritto di tribuna' di minoranze qualificate quali potrebbero essere le minoranze linguistiche" (e comunque servirebbe "una disciplina ad hoc volta ad accertare la reale riconducibilità del candidato alla minoranza considerata al di là delle dichiarazioni e delle anche pur generose intenzioni degli interessati". Anche per questo, non ci sarebbero nemmeno gli estremi per sollevare una questione di legittimità costituzionale (che pure non sarebbe comunque compatibile con quel tipo di giudizio). 
Quanto poi alla trascrizione della telefonata con un consigliere regionale uscente finalizzata a ottenere l'esenzione dalla raccolta firme, allegata da Palmerini allo scopo di dare prova di un "sistema di baroni che possono determinare il destino di liste e candidati anche attraverso un sistema di ricompense nelle candidature elettorali delle liste date per vincenti, oppure con liste esentate create per far confusione all'elettore", i giudici semplicemente hanno rilevato "l’estraneità del predetto allegato al giudizio", disponendone "lo stralcio dagli atti di causa previo oscuramento di tutti i riferimenti a persone fisiche, non necessariamente consenzienti rispetto alla diffusione, in esso contenuti".


AGGIORNAMENTO DEL 31 AGOSTO 2020: Il Tar del Veneto ha respinto i ricorsi presentati da Ivano Spano e dalla lista Indipendenza Noi Veneto (con riferimento alle varie circoscrizioni). Delle sentenze in materia (nn. 780-784/2020) rileva soprattutto la prima, emessa a seguito del ricorso presentato contro l'esclusione della candidatura a presidente.
Per i giudici amministrativi "non vi sono i presupposti per poter giungere ad un’interpretazione costituzionalmente orientata" delle disposizioni sull'esonero dalla raccolta delle firme in modo da estenderlo anche alle forze politiche che hanno ottenuto un eletto, a prescindere dalla loro effettiva e perdurante rappresentanza in consiglio regionale. Si tratterebbe infatti di disposizioni eccezionali rispetto a quelle che prevedono la raccolta firme, per cui l'interpretazione dev'essere "rigidamente ancorata al dato letterale, proprio per evitarne travisamenti e strumentalizzazioni": la legge è chiara nel sancire che l'esenzione spetta a gruppi e componenti politiche ancora presenti in consiglio quando si avvia il procedimento elettorale, non essendoci spazio per letture diverse (anche se costituzionalmente orientate). 
Non c'è nemmeno spazio per sollevare una questione di legittimità costituzionale, perché le esigenze di certezza e di celerità del procedimento elettorale non consentono di sospendere l'iter (e, si sottintende, nemmeno consigliano di ammettere prudenzialmente la lista in attesa di un giudizio sulle norme, visto che poi il risultato elettorale potrebbe restate incerto ed essere demolito); di più, per il Tar il legislatore ha "ampi margini di discrezionalità nel selezionare gli elementi di fatto da individuare come indici di adeguata rappresentatività idonei a giustificare l’esonero dall’obbligo di raccolta delle sottoscrizioni per la presentazione delle liste e delle candidature", quindi può privilegiare "l’aspetto 'dinamico' della rappresentanza politica in un periodo storico, come quello attuale, caratterizzato da una notevole mancanza di stabilità che rende difficile prevedere i comportamenti dell’elettorato" (potrebbe anche privilegiare una concezione statica della rappresentanza, beneficiando le forze che hanno ottenuto gli eletti all'inizio della legislatura, ma spetta appunto al legislatore regionale scegliere).
Saranno ora Ivano Spano e gli altri ricorrenti a decidere se accettare la sconfitta o fare ricorso al Consiglio di Stato. Ricorso che è stato presentato invece da Loris Palmerini nel tentativo di veder riammettere la sua lista Venetie per l'autogoverno alle stesse elezioni regionali venete. Il ricorso, sempre presentato in proprio, ripercorre buona parte dei contenuti già visti nel ricorso al Tar (passando in rassegna le varie norme di diritto interno e internazionale che, a detta di Palmerini, consentirebbe la presentazione senza firme a chi rappresenta minoranze etnico-linguistiche) ma è interessante - se non altro per la singolarità del caso - notare che a un certo punto il ricorrente attacca espressamente "un vero sistema di 'baroni' i quali possono determinare il destino di liste e candidati anche attraverso un sistema di ricompense nelle candidature elettorali delle liste date per vincenti, oppure con liste esentate create per far confusione all'elettore pur di tenere emarginati ed ai minimi termini i loro antagonisti elettorali". 
Così prosegue Palmerini: "Noi, a dire il vero, purtuttavia avevamo per tempo chiesto l’esenzione a diversi capigruppo e titolati ad esentarci. Tant'è che alcuni di essi ci hanno confessato di non poterlo fare se non dopo aver accertato di non scontentare i capi della maggioranza uscente data per certissima vincente nella corrente competizione. Insomma escludevano noi per avvantaggiarsene loro e la maggioranza uscente". E, per corroborare questa frase, alla fine del ricorso è riportata la trascrizione di una conversazione telefonica con il consigliere regionale Stefano Valdegamberi (che in consiglio, nel gruppo misto, rappresenta la componente Tzimbar Earde - Terra cimbra) volta a cercare di ottenere l'esenzione dalla raccolta firme. Si invita chi passa di qui a cercare personalmente il ricorso e a leggere lo scambio di battute (che sia attendibile o meno) e a farsi la propria idea, in attesa che i giudici di Palazzo Spada facciano altrettanto. 

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Con la conferma, da parte del Tar del Veneto, dell'esclusione della lista Venetie per l'autogoverno dalle elezioni regionali (posto che potrebbe ancora essere presentato un ricorso al Consiglio di Stato) non termina la battaglia in carta da bollo del fronte indipendentista-autonomista veneto. Anche la lista Indipendenza Noi Veneto e il suo candidato presidente, Ivano Spano, attraverso il loro avvocato 
Gianluca Tessier hanno deciso - come del resto avevano preannunciato - di rivolgersi al giudice amministrativo per tentare di far valere le loro ragioni e chiedere di essere ammessi alle prossime elezioni regionali, pur non avendo presentato alcuna firma a sostegno della lista.
La scelta era stata fatta in modo deliberato e consapevole, basandosi sul risultato elettorale del 2015: in quell'occasione, infatti, la lista Indipendenza noi Veneto (emanazione del gruppo consiliare Noi Veneto Indipendente) aveva eletto come consigliere regionale Antonio Guadagnini, grazie ai 49.929 voti raccolti dalla lista (che allora appoggiava Zaia, dunque ha beneficiato del "pacchetto di seggi" di maggioranza) e alle 1046 preferenze raccolte dal candidato eletto in provincia di Vicenza. 
I ricorrenti sottolineano che, accettando la candidatura, Guadagnini aveva "formalmente assunto verso il Movimento stesso un preciso impegno di lealtà" che, tra l'altro, prevedeva "di essere leale nei confronti del Movimento, di partecipare lealmente e fattivamente alla sua vita politica, di iscriversi al Gruppo Consiliare indicato dal predetto movimento, approvandone la denominazione che Indipendenza Noi Veneto vorrà dare al gruppo, a non iscriversi a qualsivoglia altro Gruppo Consiliare né a crearne di nuovi se non su indicazione dei competenti organi di Indipendenza Noi Veneto", con tanto di formula in base alla quale gli impegni erano assunti "liberamente e solennemente sul mio onore, costituendo essi mia profonda convinzione ed essendo rispondenti ai dettami etici che informano la mia vita umana e politica".
Meno di un anno dopo la sua elezione (alla fine di marzo del 2016), tuttavia, Guadagnini aveva cambiato nome e simbolo al suo gruppo (costituito solo da se stesso), presentandosi come Siamo Veneto e adottando come emblema un rosone quadrilobato, in cui dominava il colore della bandiera veneziana: "il nodo centrale oggi non è tanto, o solo, l'Indipendenza - dichiarò allora - quanto l’appartenenza ad una comunità e la coscienza dei propri diritti ad iniziare dall'autodeterminazione. Dobbiamo uscire dall’impasse in cui ci troviamo oggi, dobbiamo manifestare quello che siamo, dobbiamo mostrarci senza paura e con orgoglio. Siamo Veneto è una dichiarazione d’amore per la nostra terra inserita nel rosone quadrilobato del Palazzo Ducale di Venezia: ho rinunciato al Leone Marciano che se da un lato è simbolo condiviso, dall’altro è inflazionato a livello politico. Il richiamo a palazzo Ducale è un omaggio alla nostra storia, ma è anche un simbolo elegante e condiviso: appartiene al Veneto". In seguito la tinta si sarebbe fatta arancione e sarebbe stata aggiunto di nuovo il riferimento all'indipendenza, ma ormai il rapporto con il progetto originario di Indipendenza Noi Veneto era irrimediabilmente compromesso: già all'indomani del cambio di denominazione e simbolo i vertici del movimento -  Luca Azzano Cantarutti, Roberto Agirmo, Fabrizio Comencini, Mariangelo Foggiato e Franco Roccon - avevano dichiarato l'intenzione di chiedere il rimborso delle spese elettorali sostenute dal movimento (si era parlato di 200mila euro), come conseguenza del "tradimento degli ideali indipendentisti, dei tanti militanti, della fiducia. Della causa"; non è però dato sapere se sia stata intentata una causa per riottenere quel denaro. 
l fatto è che Guadagnini, a queste elezionUi, si è presentato come candidato presidente e consigliere per il Partito dei Veneti (che già dal 2019 unisce Siamo Veneto e altri gruppi venetisti) e, in quanto espressione di un gruppo consiliare, ha potuto beneficiare dell'esonero dalla raccolta delle firme. Indipendenza Noi Veneto, tuttavia, rivendica di aver avuto un eletto nel 2015 e, per questo, la "prova di radicamento" in grado di esentare dalla raccolta firme dovrebbe andare a suo vantaggio, non a favore di un soggetto politico neonato che però è legato a quell'unico consigliere eletto che, nel frattempo, ha cambiato idea. Per questo motivo il gruppo che aveva candidato Ivano Spano aveva scelto di presentare le candidature senza firme, mantenendo sostanzialmente il simbolo di cinque anni fa. 
L'Ufficio elettorale regionale ha però rilevato tanto la confondibilità del contrassegno di Spano (evidentemente per la presenza del leone e dello stendardo, probabilmente con riferimento alla Lista Veneta - Autonomia di Fabrizio Comencini), quanto l'insussistenza delle condizioni di esonero dalla raccolta firme sulla base della legge regionale: come già ricordato, il testo non fa riferimento alle forze politiche che hanno ottenuto eletti alle ultime regionali, ma ai soli gruppi consiliari presenti in consiglio al momento dell'indizione delle elezioni. Dopo il primo provvedimento è stato presentato un nuovo emblema (che di fatto riduce lo stendardo solo a un piccolo richiamo, mantenendo la classica raffigurazione del leone "andante", con il libro e senza spada), adducendo contestualmente varie argomentazioni circa "la interpretazione ed alla illegittimità costituzionali delle norme elettorali che esonerano dalla raccolta delle firme", ma l'organo ha ribadito l'esclusione della candidatura; peraltro, contemporaneamente e in modo quasi sorprendente, l'Ufficio elettorale circoscrizionale di Belluno decideva di ammettere la lista pur essendo stata presentata senza le firme. 
A quel punto, è arrivato il ricorso di Spano e di Indipendenza Noi Veneto, con cui si richiedeva al giudice di interpretare conformemente a Costituzione le disposizioni della legge elettorale regionale che consentono l'esenzione: tale interpretazione dovrebbe esentare anche le componenti politiche che sono state rappresentate in Consiglio regionale, a prescindere dalla "migrazione" dei consiglieri. Secondo i ricorrenti, la ratio delle disposizioni è che "la lista che è già rappresentativa di una espressione politica radicata nel territorio è esonerata dalla raccolta della firme: ciò appunto perché essa ha dimostrato di rappresentare una parte dell’elettorato", per cui il beneficio dell'esenzione deve andare alla lista che ha ottenuto l'eletto, non alla forza politica che a fine consiliatura l'eletto rappresenta (considerando pure che, dopo l'elezione, il consigliere potrebbe essere stato dichiarato ineleggibile o aver optato per altre cariche). Nel ricorso si legge che quella legata a chi è eletto in consiglio regionale non è una rappresentanza di interessi, ma "una rappresentanza di volontà, il cui interesse è soggettivo, cioè interpretato dal rappresentato". Così dovrebbe configurarsi la rappresentanza politica, per cui l'elezione costituisce un momento fondamentale e il rappresentante dovrebbe rispettare in pieno le promesse elettorali: si scomoda anche la Teoria generale del diritto e dello Stato di Hans Kelsen, in base al quale occorre "che il rappresentante sia giuridicamente obbligato ad eseguire la volontà del rappresentato, e che l’adempimento di questo obbligo sia giuridicamente garantito". 
Al di là delle questioni filosofiche, anche la difesa di Indipendenza Noi Veneto ha segnalato la sospetta illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali sull'esonero dalla raccolta firme, invitando dunque il giudice amministrativo a sollevare la questione, se non dovesse ritenere possibile interpretare il testo conformemente a Costituzione: non sarebbe legittimo, dunque, ritenere radicati sul territorio gruppi di nuova formazione (e premiarli con l'esonero) e non dare alcun valore al risultato elettorale per una lista che ha ottenuto un consigliere grazie ai voti raccolti ma non ha più rappresentanza in consiglio, frustrando dunque le aspettative degli elettori e il valore dei loro voti. In via cautelare, i ricorrenti hanno comunque chiesto di ammettere la lista, in attesa di un giudizio a cognizione piena.
La linea della lista Indipendenza Noi Veneto coglie un problema reale e non è priva di ragioni: in passato si teneva conto tanto della presenza nelle assemblee al momento del voto, quanto di quella all'inizio della legislatura o consiliatura. Formalmente il gruppo di Guadagnini è lo stesso, avendo solo cambiato nome, ma in politica la famosa frase di Giulietta a Romeo - What's in a name? - non può adottarsi alla leggera. Diventa difficile concepirlo se un partito a maggioranza decide di cambiare del tutto idea, nome e simbolo (privando una minoranza consistente del diritto di continuare a essere ciò che si era e a distinguersi con i segni di sempre); ancora più difficile è ammetterlo per la scelta autonoma di una persona sola, che finisce per frustrare le decisioni degli elettori. Certo è che le ragioni si scontrano con il testo e le circostanze: difficile dare una lettura del testo della legge regionale - dunque trarre una norma - che abbia un significato del tutto diverso da quello che emerge dalla disposizione scritta; quanto alla possibilità di interpellare la Corte costituzionale, ieri il Tar Veneto ha già detto che questo non è compatibile con i tempi delle elezioni e la necessità di avere un risultato certo. Difficile dunque che il ricorso abbia un esito positivo; è comunque, solo questione di tempo.

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