lunedì 24 agosto 2020

Veneto, candidatura di Rubinato appesa al simbolo

AGGIORNAMENTO DEL 25 AGOSTO:
L'Ufficio elettorale regionale del Veneto ha esaminato i tre nuovi contrassegni depositati dal delegato di Simonetta Rubinato, tutti caratterizzati da una sorta di onda che riprendeva il motivo del simbolo di lista. Il contrassegno questa volta è stato ammesso, ma delle tre versioni l'ufficio ha ritenuto di approvare quella che per contenuto testuale e cromatico più si distanziava dal simbolo regionale di Zaia. L'ammissione riguarda dunque l'unico emblema non a fondo bianco (ma giallino) e senza la parola "Veneto": l'espressione "Consultazione elettorale regionale" è stata evidentemente ritenuta sufficientemente diversa da "Elezioni regionali" da non poter creare confusione nell'elettore medio.
Tecnicamente in questa sede l'organo è chiamato a valutare solo i ricorsi dei candidati, ma in questo caso - probabilmente per l'atteggiamento di favore che si ha nei confronti di chi si mostra disponibile ad accogliere i rilievi che servono a eliminare un problema - ha scelto di accettare il nuovo contrassegno (sempre generico e anonimo, senza riferimenti alla candidata, per evitare di distogliere l'attenzione dal simbolo di lista): ha probabilmente aiutato il fatto che, trattandosi di confondibilità tra contrassegni legati alle candidature a presidente, questi per prassi siano assai meno "visibili" e conoscibili; in più, in prima battuta, il contrassegno originario di Rubinato era stato bocciato per confondibilità ma senza censure puntuali, che avrebbero aiutato nella presentazione degli emblemi sostitutivi. 
La candidata di Veneto per le Autonomie ora può riprendere (anzi, iniziare davvero) la sua campagna elettorale, tra l'altro in tutta la regione (la sua lista, infatti, è stata riammessa anche a Verona, essendo state ammesse molte delle firme di cui in un primo tempo era stata contestata l'autenticazione); intende però fare tesoro di questa esperienza. "Quello che mi è accaduto in queste ore mi fa capire che è bene correggere alcuni punti della legge elettorale. Il simbolo legato a chi si candida alla presidenza è il rimasuglio del vecchio 'listino', previsto dalla legge statale del 1995: allora aveva senso prevederlo, ma ora che il 'listino' non c'è più tanto vale lasciare solo il nome dell'aspirante presidente, come altre regioni hanno fatto. Se il contrassegno per la corsa a presidente rimane, molti candidati fanno di tutto per renderlo il più anonimo possibile, per non rischiare di far perdere voti alla lista: chi vota spesso non conosce bene la legge elettorale, sa che se vota solo una lista vota anche per il suo candidato presidente, così magari pensa che una croce sul simbolo dell'aspirante presidente valga anche per la sua lista, ma non è così. Bisogna ripensare anche la questione delle firme: la nostra legge elettorale, grazie a ipotesi di esenzioni dalla raccolta piuttosto larghe, favorisce le forze politiche rappresentate in consiglio e quelle esterne che sono loro vicine, mentre costituisce uno sbarramento all'ingresso per tutte le altre. Tutti i concorrenti dovrebbero essere messi sullo stesso piano". Ma questa, manco a dirlo, è una vecchia storia di cui ci si è già abbondantemente occupati...

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Il contrassegno ricusato
Prima ancora che i nomi delle persone candidate e che i posti delle liste sulla scheda siano definitivi, c'è tempo perché scoppi qualche grana di natura simbolica. Quella principale, al momento, sembra riguardare
Simonetta Rubinato come aspirante presidente della regione Veneto. Dalla lettura dei quotidiani di oggi, infatti, si apprende che la candidatura dell'avvocata ed ex parlamentare, che si presenterebbe sostenuta dalla sola lista Veneto per le autonomie, sarebbe al momento stata ricusata e non tanto per problemi legati alle liste provinciali - sebbene sia stata messa in dubbio la regolarità di 363 sottoscrizioni nella circoscrizione provinciale di Verona, per difetti formali relativi all'autenticazione - ma proprio a causa del simbolo legato alla candidatura regionale.
Il simbolo regionale di Zaia
Cos'è accaduto esattamente? Lo spiega la stessa candidata, mostrando i pronunciamenti dell'Ufficio elettorale regionale. "Il 22 agosto si è riunito una prima volta l'organo per vagliare la mia candidatura alla presidenza della regione - spiega -. Andava tutto bene, ma mi è stato contestato che il mio contrassegno regionale era 'facilmente confondibile' con quello depositato per la coalizione di Luca Zaia, che era stato presentato prima del mio". A metterli a confronto, appare che entrambi sono caratterizzati da una grafica scura su fondo bianco, con lo stesso contenuto testuale ("Elezioni regionali Veneto 2020") e una disposizione analoga, con la parola "Veneto" in evidenza al centro. Questo può aver indotto i componenti dell'ufficio a formulare il giudizio di facile confondibilità.
In effetti può colpire la scelta di Rubinato di avvalersi di un simbolo diverso rispetto alla sua unica lista provinciale: candidate e candidati al consiglio, infatti, si presentano sotto le insegne di Veneto per le autonomie, il cui contrassegno è piuttosto diverso, per colori e caratteri impiegati. "Il nostro logo è stato fatto volutamente in modo anonimo e 'annacquato' - spiega - perché ci interessa che gli elettori mettano la croce sul simbolo della lista, altrimenti quelli apposti sul simbolo della candidatura a presidente per noi sono voti persi". Il problema, a dire il vero, è di vecchia data ed è dato dal fatto che, essendo possibile il voto disgiunto - come se nella stessa scheda elettorale fossero riuniti due bollettini, quello per il presidente e quello per il consiglio - un voto espresso solo a favore del candidato presidente o del suo simbolo regionale non si comunica direttamente anche alle liste collegate, anche se in ipotesi ce ne fosse una sola. Il problema, in effetti, è stato sentito soprattutto dai partiti delle coalizioni, che volevano evitare che qualche elettore fosse tentato di votare per il solo presidente, senza mettere la croce anche sul simbolo di una lista, che ha bisogno di ogni voto per conquistare i seggi: è proprio su impulso dei partiti, in effetti, che da anni nelle regioni i candidati alla presidenza adottano emblemi anonimi, a base di parole e al massimo con il profilo della regione (qualcuno ha fatto ancora prima e ha cambiato il modello di scheda, eliminando il simbolo regionale insieme al "listino" e magari lasciando il nome del candidato presidente sopra i simboli delle liste invece che a fianco, così da ridurne il peso visivo). Spesso, quando a sostenere il candidato o la candidata è una sola lista, lo stesso simbolo viene ripetuto a livello provinciale e regionale; il problema, però, si ripropone e anche in modo più grave, perché troppe croci messe solo sul candidato presidente possono sottrarre alla lista voti preziosi, necessari per arrivare al 3% che consente di essere rappresentati a livello regionale. 
Tanto Zaia quanto Rubinato, insomma, avevano avuto l'esigenza di adottare un emblema regionale generico e poco appetibile. Il fatto è che per costruirlo avevano usato gli stessi ingredienti e li avevano impiegati quasi nello stesso modo, per giunta l'uno all'insaputa dell'altro. Già, perché la massima pubblicità - per le ragioni viste prima - si dà soltanto ai simboli di lista, non anche a quelli regionali, per i quali ci si limita a raccogliere le firme. Il simbolo di Zaia, in effetti, è quasi identico a quello impiegato nel 2015 (è cambiato solo l'anno), ma si poteva solo immaginare che venisse confermato nel 2020, non esserne certi (nel 2010, del resto, l'emblema era diverso). La questione, tuttavia, si è posta perché il contrassegno di Zaia è stato depositato prima di quello di Rubinato per cui, anche volendoli considerare emblemi nuovi, concepiti all'insaputa dei concorrenti, in caso di somiglianza e confondibilità vale il principio del "chi prima arriva meglio alloggia".
"A quel punto - continua Rubinato - anche se noi ci eravamo presentati agli elettori che avevano firmato per noi con quel simbolo fin dal 3 agosto, ci siamo detti disposti a cambiarlo e abbiamo prodotto tre varianti da presentare l'indomani all'ufficio elettorale. Certo, restava il problema di non adottare una grafica che desse troppo nell'occhio, ma soprattutto in totale buona fede ci eravamo posti un problema: proprio perché su quell'emblema avevamo raccolto le firme, ci sembrava scorretto allontanarci troppo dalla descrizione del contrassegno che avevamo riportato nei nostri documenti; per questo abbiamo utilizzato gli stessi colori e le stesse parole, disponendole però in modo diverso, pensando che questo fosse sufficiente a evitare la ricusazione, anche perché ci era stata contestata genericamente una facile confondibilità, senza indicare da cosa dipendeva la somiglianza".
Non è stato dello stesso avviso l'Ufficio elettorale regionale: riunitosi di nuovo la mattina del 23 agosto, ha ascoltato il rappresentante di Rubinato e ricevuto le tre varianti (composte con lo stesso carattere Impact), ma poi ha deciso che queste "non eliminano il rischio di confondibilità [...] in relazione ai colori (blu scuro e verde scuro, entrambi su fondo bianco), alla terminologia (utilizzo delle stesse parole), nonché alla grafica e alla disposizione delle parole medesime". Una disposizione diversa delle stesse parole (offerte con un motivo cromatico simile, anche se non si capisce che il colore è verde scuro fino a quando non si legge la decisione dell'ufficio), insomma, per chi fa parte dell'ufficio non è sufficiente a evitare la confondibilità per l'elettore medio. Sarebbe stato possibile, ovviamente, modificare le parole o mutare i colori, ma evidentemente Rubinato e il suo staff hanno ritenuto di non potersi allontanare troppo dall'immagine descritta nei documenti ("Cerchio con fondo bianco e scritta in colore blu scuro Elezioni Regionali Veneto 2020") e mostrata ai sottoscrittori.
Ora Rubinato ha proposto un primo ricorso allo stesso Ufficio elettorale regionale, depositando altre tre varianti di simbolo che accolgono le osservazioni che i componenti dell'ufficio hanno esplicitato nella loro seconda decisione: ha chiesto dunque che sia ammesso uno di questi, facendo prevalere "il favor partecipationis del legislatore e la necessità di salvaguardare la volontà dei n. 1667 sottoscrittori della candidatura" e non questioni di natura formale. Nell'ipotesi che l'ufficio confermi la propria decisione, magari ritenendo che non sia possibile in sede di ricorso allo stesso ammettere nuovi simboli (come se l'unico "colpo" a disposizione fosse già stato sparato prima), alla candidata di Veneto per le autonomie rimarrà la via del ricorso ai giudici amministrativi. Nuove notizie saranno fornite non appena arriveranno; nel frattempo, la candidatura di Rubinato resta appesa a uno dei simboli depositati, nella speranza che siano sufficienti a ottenere il risultato.

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