Pacta sunt servanda. Il brocardo, in un certo senso, è vecchio quanto il diritto: è alla base praticamente di ogni contratto ed è una delle poche norme universalmente riconosciute di diritto internazionale generale (al di là dei trattati stipulati, dunque). Tutto bene, ma che spazio grafico c'è per il concetto di "patto" nella simbologia politico-elettorale italiana?
La risposta più immediata, suggerita dall'istinto e dall'intuito, per una volta, è quella buona: a richiamare negli emblemi l'idea del pactum, quando il nome di una lista la contiene, di solito è il gesto che la simboleggia più di frequente, ossia la stretta di mano.
La soluzione sembra tanto semplice, quanto diffusa: nelle numerose liste "civiche" (cioè non dichiaratamente di partito) che utilizzano nella denominazione la parola "Patto", la raffigurazione più frequente è proprio quella delle mani che si stringono. Questa, è bene precisarlo, esiste a prescindere da quella parola: da sempre il disegno è legato, ad esempio, alla cooperazione in ambito lavorativo (in Emilia Romagna l'immagine è piuttosto frequente) e non stupisce che più di una lista di area sinistra lo abbia mutuato; qui, però, è proprio di "patti" che ci si deve occupare e ci si limiterà a quelli.
Le interpretazioni grafiche sono le più diverse. In qualche caso c'è la stretta tradizionale, con il dettaglio anche sui polsi (magari coperti dalle maniche degli abiti), altre volte ci si concentra soltanto sulle mani, come ha fatto ad esempio l'anno scorso il Patto per Caorso, sovrapponendo alle mani un albero, anche in modo graficamente poco plausibile (come dimostrano le radici sopra le mani, oltre che sopra la terra), per unire l'idea del patto a quello dell'attenzione all'ambiente e al territorio (primo punto del programma di lista). Già dal 2012, invece, in Sicilia è attivo il Patto per il territorio che, nel simbolo registrato presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi, reca "una raffigurazione stilizzata della Sicilia con all'interno due mani congiunte di colore verde lateralmente a dissolvenza verso il centro". La sagoma dell'isola, dunque, si trasforma in una stretta di mano, buona per tutto il territorio regionale.
In altri frangenti, la mano può assumere un ruolo diverso ma ugualmente presente: quello dello strumento per la firma di quello stesso accordo. Non stupisce, dunque, che in un altro Patto per il territorio, presentato nel 2009 questa volta ad Anagni, una mano - reale - impugna una penna stilografica pronta a sottoscrivere l'accordo (la dimensione territoriale era assicurata dallo sfondo di una carta geografica, che fa pensare che la stessa penna potrebbe tracciare qualche percorso sulla mappa). La mano dunque, che stringa un'altra mano o sia impegnata a firmare, sembra porsi come ingrediente fondamentale di un accordo con i cittadini o, almeno, una loro parte.
In realtà, non è detto che sia per forza così: il concetto pattizio può procedere anche senza mani. Si prenda ad esempio l'emblema del Patto per il futuro, lista nata a ottobre a Orbetello, nell'ambito del centrodestra, in vista delle prossime elezioni amministrative. Nella grafica, che parla chiaramente dell'area politica (l'azzurro unito alle tinte della bandiera italiana è caratteristico delle formazioni di centrodestra; lo stesso tricolore "a banana" somiglia molto all'arco già visto nei simboli prima del Ccd, poi dei Popolari di Italia domani), non c'è alcun riferimento tangibile al patto, al di là del nome scelto dal gruppo: quasi come se, in fondo, bastasse la parola a dare corpo al progetto.
Anche questa idea, peraltro, non è affatto nuova. Per averne la prova, basta pensare agli esempi più noti di "patto" a livello nazionale: le varie formazioni politiche costituite o ispirate da Mariotto Segni. Fin dai primi patti (quello di rinascita nazionale, che portava il suo nome nel contrassegno, al Patto per l'Italia delle elezioni politiche del 1994) fino al più recente Patto - Liberaldemocratici (condiviso con Carlo Scognamiglio alle europee del 2004), i simboli si sono sempre basati solo - si perdoni l'ignobile gioco di parole - sull'impatto del Patto, scritto in bianco su fondo blu più o meno scuro. Doveva essere sufficiente il testo a comunicare l'idea di accordo con i cittadini, fatto per il bene comune, senza l'ausilio di alcun elemento grafico più concreto: i risultati non sono stati sempre esaltanti, ma della potenza del Patto Mariotto Segni è sempre stato convinto.
Le interpretazioni grafiche sono le più diverse. In qualche caso c'è la stretta tradizionale, con il dettaglio anche sui polsi (magari coperti dalle maniche degli abiti), altre volte ci si concentra soltanto sulle mani, come ha fatto ad esempio l'anno scorso il Patto per Caorso, sovrapponendo alle mani un albero, anche in modo graficamente poco plausibile (come dimostrano le radici sopra le mani, oltre che sopra la terra), per unire l'idea del patto a quello dell'attenzione all'ambiente e al territorio (primo punto del programma di lista). Già dal 2012, invece, in Sicilia è attivo il Patto per il territorio che, nel simbolo registrato presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi, reca "una raffigurazione stilizzata della Sicilia con all'interno due mani congiunte di colore verde lateralmente a dissolvenza verso il centro". La sagoma dell'isola, dunque, si trasforma in una stretta di mano, buona per tutto il territorio regionale.
In altri frangenti, la mano può assumere un ruolo diverso ma ugualmente presente: quello dello strumento per la firma di quello stesso accordo. Non stupisce, dunque, che in un altro Patto per il territorio, presentato nel 2009 questa volta ad Anagni, una mano - reale - impugna una penna stilografica pronta a sottoscrivere l'accordo (la dimensione territoriale era assicurata dallo sfondo di una carta geografica, che fa pensare che la stessa penna potrebbe tracciare qualche percorso sulla mappa). La mano dunque, che stringa un'altra mano o sia impegnata a firmare, sembra porsi come ingrediente fondamentale di un accordo con i cittadini o, almeno, una loro parte.
In realtà, non è detto che sia per forza così: il concetto pattizio può procedere anche senza mani. Si prenda ad esempio l'emblema del Patto per il futuro, lista nata a ottobre a Orbetello, nell'ambito del centrodestra, in vista delle prossime elezioni amministrative. Nella grafica, che parla chiaramente dell'area politica (l'azzurro unito alle tinte della bandiera italiana è caratteristico delle formazioni di centrodestra; lo stesso tricolore "a banana" somiglia molto all'arco già visto nei simboli prima del Ccd, poi dei Popolari di Italia domani), non c'è alcun riferimento tangibile al patto, al di là del nome scelto dal gruppo: quasi come se, in fondo, bastasse la parola a dare corpo al progetto.
Anche questa idea, peraltro, non è affatto nuova. Per averne la prova, basta pensare agli esempi più noti di "patto" a livello nazionale: le varie formazioni politiche costituite o ispirate da Mariotto Segni. Fin dai primi patti (quello di rinascita nazionale, che portava il suo nome nel contrassegno, al Patto per l'Italia delle elezioni politiche del 1994) fino al più recente Patto - Liberaldemocratici (condiviso con Carlo Scognamiglio alle europee del 2004), i simboli si sono sempre basati solo - si perdoni l'ignobile gioco di parole - sull'impatto del Patto, scritto in bianco su fondo blu più o meno scuro. Doveva essere sufficiente il testo a comunicare l'idea di accordo con i cittadini, fatto per il bene comune, senza l'ausilio di alcun elemento grafico più concreto: i risultati non sono stati sempre esaltanti, ma della potenza del Patto Mariotto Segni è sempre stato convinto.
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