venerdì 25 dicembre 2015

I simboli sotto l'albero con Panariello

Quando ho iniziato a occuparmi di simboli, l'ho fatto prendendoli maledettamente sul serio, come soltanto i bambini e i ricercatori possono fare; ci è voluto qualche anno per imparare a riderci sopra (magari con una punta di amarezza), per non guastarsi troppo lo stomaco. Qualcosa di simile ha provato a farlo Giorgio Panariello la sera del 23 dicembre (anche se in realtà la mezzanotte era già passata e tecnicamente era già la vigilia di Natale), nella seconda serata del suo spettacolo Panariello sotto l'albero. Vista l'ora tarda di messa in onda, da giovinastri più che da "anziani" (© Livio Ricciardelli), vale la pena proporre un piccolo riassunto
Tutto inizia dal ritornello vero e abusato che vuole la politica "distante dalla pancia del paese", per cui l'attore chiede più umiltà e più chiarezza, per colmare la distanza culturale. Ai politici toccherebbero i panni di Virgilio "in questo casino politico che c'è", ma nella realtà si preferisce il "gioco delle tre carte", per cui viene naturale ripensare ai tempi andati. Volendo ripartire da zero, Panariello delinea uno scenario base e quasi rassicurante, in cui "c'era a sinistra il Pci, in centro la Democrazia cristiana e a destra si sapeva che c'è il Msi": sui videowall appaiono appunto tre simboli, che dovrebbero rappresentare i tre partiti. 
Il quadro, va detto, è un po' sommario: non avrebbero preso bene l'esclusione i socialisti e partiti più piccoli come Psdi, Pri e Pli (davvero il minimo per ricostruire il sistema partitico italiano senza essere accusati di faciloneria). Anche a volersi occupare solo dei simboli, poi, se i primi due vanno bene, autori e documentatori del programma sono inciampati nel Movimento sociale italiano: il simbolo scelto, infatti, non è quello di Almirante o dell'ultimo periodo finiano, bensì quello del Msi - Destra nazionale, fondato negli anni 2000 da Gaetano Saya e ora guidato da Maria Antonietta Cannizzaro: lo mostra la scritta "Destra nazionale ©" (il simbolo è stato depositato come marchio nel 2011) e la sigla bianca sulla base trapezoidale nera, scritta con una font diversa da quella "manuale" originale e con il punto anche dopo l'ultima lettera (in origine non c'era). 
In ogni caso, inesattezze a parte, quell'epoca è finita, visto che per Panariello "poi è arrivato il centrosinistra e dall'altra parte han detto 'che, siam più bischeri noi? Si fa il centrodestra". Non è chiarissimo di quale epoca si parli, se il centrosinistra sia quello di Moro degli anni '60 o quello di Prodi di tre decenni dopo, mentre quasi sicuramente il centrodestra - postdemocristiano - è quello a guida berlusconiana, con o senza Lega (e con o senza Udc). 
Quali che siano i tempi, il racconto prosegue dicendo che "poi è arrivato il Nuovo centrodestra, che 'un s'è capito bene - rispetto al vecchio centrodestra - se sta più a destra o se sta più a sinistra, ma visto che sta al governo col centrosinistra starà più di qua che di là...". La satira di Panariello continua prendendo di mira le correnti e immaginando partiti acchiappavoti futuribili, di cui sarebbe interessante immaginare la grafica elettorale: come li immaginate, ad esempio, il "Nuovo centrodestra senza zucchero", il "Nuovo centrosinistra al limone", il "Partito liberale per celiaci", i "Partito democratico di sinistra per mancini" o la "Nuova democrazia cristiana col cambio Shimano" (e in omaggio batteria da cucina e trapunta matrimoniale).
Il comico e i suoi autori però non osano immaginare i simboli di questi partiti indesiderabili, preferendo tornare alla realtà: tra qualche mese si voterà di nuovo per le amministrative "e ci ritroveremo davanti questo firmamento di partiti". L'attore fa una mezza piroetta a braccio teso, con l'atteggiamento di chi mostra il campionario che ha di fronte e, mentre la telecamera inquadra l'intero palco, sui maxischermi - sulle note di Also Sprach Zarathustra - compare un campionario di 72/73 simboli, tutti tratti dalle foto scattate per le agenzie agli emblemi finiti nelle bacheche del Ministero dell'interno prima delle elezioni del 2013 (probabilmente tratti dalle pagine di PolisBlog, come mostrerebbe il simbolo del Psdi con un improbabile piano inferiore rosso tagliuzzato): lo mostra, tra l'altro, la presenza di alcuni fregi che sono stati bocciati o fatti modificare dal Viminale (dai tarocchi del M5S e della lista Monti a Liberi da Equitalia) o anche ritirati, come Maroni presidente.    
"Tra tanti simboli - si chiede Panariello - ce ne sarà uno che ci rappresenta?" e parte l'attacco alle contraddizioni racchiuse nei tondi da scheda elettorale. Il primo affondo, inevitabile, è per i Conservatori e riformisti di Raffaele Fitto, poi tocca ai Moderati in rivoluzione di Samorì (memorabile il couplet moderato-rivoluzionario elaborato per l'occasione, "è ora, è ora / 'spettiamo un quarto d'ora"), ma le vere soddisfazioni vengono dai territori. 
Dalle Marche spunta un impagabile "Fermo, muoviti!", roba da disorientare l'elettore (per il futuro "un, due, tre, Stella" potrebbe non sfigurare), mentre dal brindisino, nell'anno del Signore 2011, emerge un emblema in gran parte cancellato con la scritta "A breve il simbolo completo": si vuole far passare la cosa come un segno di indecisione, mentre in realtà la storia è più complessa e merita di essere raccontata. Materiale per lo spettacolo, in ogni caso, non manca, così Panariello ha buon gioco a concludere: "Dicono che la classe politica è l'espressione del popolo che la elegge, ma allora io vi chiedo; ma, secondo voi, noi italiani c'abbiamo l'espressione così da imbecilli?" Sarà così, eppure viene da chiedersi come mai Panariello e i suoi abbiano scelto di scherzare su simboli e politica solo dopo la mezzanotte, quando il pubblico è in buona parte scemato. Forse perché ci lamentiamo, ma senza fila davanti al ministero o senza affollamento di simboli ci sentiremmo meno italiani; solo che, ad ammetterlo, ci si vergogna. 

I fotogrammi del programma sono tratti dal filmato visibile sul sito Rai.tv. Le immagini e le battute dello spettacolo restano di proprietà dei rispettivi aventi diritto.

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