giovedì 3 dicembre 2015

La Dc pronta alla campagna di Roma?

Che si voti a Roma la prossima primavera è praticamente certo. Che Alfio Marchini si candiderà a sindaco, anche; chi lo appoggerà e quali saranno i suoi concorrenti principali, è ancora dubbio. Tra i potenziali contendenti, peraltro, ne spunta uno inatteso. Non si tratta di una persona, ma di un partito, e che partito: nientemeno che la Democrazia cristiana, la quale - si assicura in un comunicato - "parteciperà alle prossime elezioni comunali di Roma con un proprio candidato, una propria lista e un proprio programma".
Come la Dc? Anzi, verrebbe da dire "quale Dc?", visti i vari tentativi di far agire quel partito che negli anni si sono succeduti. Probabilmente è più facile dire di quale Democrazia cristiana non stiamo parlando, anche se immancabilmente ognuna di quelle formazioni ritiene di essere "quella vera" o, almeno, "quella buona". La Dc che punta a Roma, dunque, non è quella di Giuseppe Pizza (della quale si sono perse le tracce da un po' di tempo, dopo il leggero bagno di notorietà del 2008 e anni seguenti), né quella che si riconosce nella segreteria del friulano Angelo Sandri, né uno dei vari comitati messi in piedi negli anni, tra gli altri, da Raffaele Cerenza, Raffaele Lisi, Giuseppe Potenza e altri. 
A puntare al Campidoglio, in questo caso, è un gruppo di persone di tutta Italia coordinate da Pellegrino Leo, già sindaco di Caltabellotta, uno che non ha mai smesso di chiamarsi "democratico cristiano". Era stato lui, nei mesi scorsi, a rivolgersi agli ultimi due Presidenti della Repubblica (Napolitano e Mattarella) per chiedere che lo scudo crociato venisse restituito all'unico partito che poteva vantarne l'uso tradizionale richiesto dalla legge. La Democrazia cristiana, appunto. 
Ma sulla base di cosa Leo chiedeva ciò e pensa oggi di presentare una lista alle amministrative di Roma? La base giuridica è sempre la stessa: la sentenza n. 25999/2010 della Corte di cassazione a Sezioni civili unite che, confermando la pronuncia n. 1305/2009 della Corte d'appello di Roma, avrebbe sostenuto che la Dc non era mai stata sciolta e aveva irregolarmente cambiato nome in Partito popolare italiano all'inizio del 1994, in mancanza di un congresso. Questo, per lui, significa che il partito che fu di De Gasperi e guidato nel 1992 da Mino Martinazzoli non solo esiste ancora, ma è diverso da ogni altro soggetto politico e, come tale, può anche concorrere per la guida della capitale. 
L'occasione è troppo ghiotta perché Leo non ne approfitti per accusare chi, negli ultimi vent'anni e oltre, secondo lui ha commesso "una ingiustizia, truffa, inganno, falsità". "La trasformazione della Dc in Ppi del gennaio 1994 - accusa Leo - è stata un’operazione illegale, contraria alla legge, allo statuto e al codice civile, un’operazione interessata di pochi, che però ha travolto quasi tutti gli iscritti e gli elettori, privati artificiosamente del loro Partito di riferimento". Tutto ciò, per mano di "alcuni leader democristiani, che avrebbero dovuto invece difenderne la storia, i valori, nonostante le difficoltà sociali che hanno caratterizzato gli anni ’90". E se "pochi hanno deciso la trasformazione della Democrazia Cristiana in Ppi e successive sigle, che negli anni si sono succedute", "molti si sono ritrovati senza Partito di riferimento ed hanno, via via, abbandonato la partecipazione alla vita politica" preferendo il non-voto, mentre "chi non ha accettato tale trasformazione ha agito in tutti questi anni, per far riprendere alla Dc la sua attività politica".
Quella delle amministrative di Roma sarebbe indubbiamente un'ottima vetrina per cercare di ridare spazio alla Democrazia cristiana e recuperare consenso tra gli elettori. Per questo, Leo e gli altri, che a tempo debito cercheranno di raccogliere le firme necessarie, hanno già preparato un programma elettorale "diverso e nuovo, perché parla al portafogli della gente". Un programma breve, senza troppi punti che si prestano inevitabilmente a restare inadempiuti. Il primo e più importante di questi, peraltro, è piuttosto ambizioso: introdurre la "stampa della moneta complementare comunale locale, come biglietto comunale a corso legale". 
L'idea sarebbe di affiancare all'euro una valuta diversa, per aiutare l'economia a riprendersi: "in Svizzera c'è il Wir, in Sardegna il Sardex, gli esempi ci sono in giro e funzionano - spiega Pellegrino Leo -. Mancano i soldi? Non è un problema, si stampano, come fanno anche altri stati. Noi possiamo costruire una valida alternativa al sistema del debito pubblico usato fin qui e che ci porterà a finire come stato". Questa moneta complementare, nell'intenzione della Dc, dovrebbe essere distribuita in particolare ad alcune categorie di persone, per poterle sostenere: innanzitutto le casalinghe ("il loro lavoro finora non è stato seriamente riconosciuto") e i disoccupati, poi i titolari di pensione minima e gli esodati, gli studenti di ogni ordine e grado e i turisti, perché possano contribuire al rilancio dell'economia.
L'assistenza alla persona sarebbe perseguita aprendo nuovi asili comunali gratuiti e lo "sportello del cittadino romano", offrendo assistenza nei confronti delle banche: "l'idea - chiarisce Leo - è di far recuperare alla gente gli interessi usurai pagati sulle varie operazioni degli istituti di credito". Si pensa poi all'ambiente, introducendo un diverso trattamento dei rifiuti umidi ("con una nuova tecnologia coreana") per ottenere concime liquido e solido, pellet e mangime e puntando di più sull'uso delle turbine per produrre energia elettrica.
Nel programma della Dc firmato Leo c'è anche il tentativo di alleviare la situazione drammatica della viabilità di Roma, istituendo corsie preferenziali per gli autobus in tutta la città, con un biglietto giornaliero che ai romani costi solo 1 euro ("i turisti li facciamo girare gratis") e, soprattutto, chiudendo le buche e pulendo i tombini ("perché, se non lo fai, che ci stai a fare come sindaco?").
Sono questi i punti fondamentali del programma della Dc, con cui il gruppo coordinato da Pellegrino Leo cercherà di farsi conoscere e raccogliere le firme, nella speranza di partecipare alle elezioni. Sono certi di riuscirci? "Io la battaglia la faccio - conclude Leo - e la porto avanti, per dire che la Democrazia cristiana c'è ed è viva: troppa gente si fa prendere dalla tentazione di dire che la Dc è morta o non c'è più spazio per lei. E' ora di dimostrare che non è così". Anche per questo, nel comunicato sfodera per la prima volta da anni lo scudo crociato della Dc del 1992, l'ultimo davvero utilizzato dal partito prima della trasformazione in Ppi: non lo avevano utilizzato né Pizza, né Sandri, né Duce, né Gianni Fontana, né i vari altri tentativi di "risvegliare" la Dc. Un dettaglio da poco, all'apparenza, ma un segno di continuità voluta e ricercata: almeno questo va riconosciuto.

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