mercoledì 20 febbraio 2013

Poeti da votare, purché siano d'azione

D'accordo, per la famosa scritta sul Palazzo della Civiltà italiana a Roma (il "Colosseo quadrato" dell'Eur, per capirci) gli Italiani sono «Un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori». Ai santi, in qualche modo, pensava la Dc; ai pensatori e agli scienziati ora sembra pensare il Partito della rivoluzione culturale (quello con il cervello sul simbolo); per i navigatori (e i migratori) c'era la vela del Ccd e, in altro senso, c'è il Partito internettiano; al reparto "eroi" si era già provveduto addirittura nel 1948 con il volto di Garibaldi sulla stella, mentre gli artisti per un po' di tempo hanno preferito esserci direttamente, candidandosi in questa o in quella lista. Ai poeti, invece, nessuno sembrava avere pensato.
Dev'essere stata una riflessione simile ad aver attivato, nella mente di tale Alessandro D'Agostini - romano, classe 1972, di professione «poeta, attore, presentatore e autore radiotelevisivo» - un pensiero semplice ma determinato: «Ai poeti ci penso io». Un pensiero datato 1994, quando D'Agostini fonda il Movimento Giovani poeti d'azione: qualcosa di decisamente insolito, anche per il popolo abituato a rovistare nei contrassegni depositati al Ministero dell'interno. Grafica decisamente elementare per il simbolo, con il nome del movimento, del soggetto fondatore e addirittura l'indirizzo del sito, ma con quel colore arancione sfumato che non si vede su nessun altro emblema e rimane impresso.
Il simbolo nel 2006
A scorrere il programma pubblicato all'interno del sito, si legge che il Movimento «si apre a tutti coloro che siano capaci di sognare un mondo e un futuro nuovi perché per essere 'poeti' in questa società ci vuole coraggio». Inizialmente l'invito era rivolto essenzialmente a chi era in giovane età: «D’Agostini fondò il movimento nel 1994 - spiega di nuovo il programma - dopo aver raccolto attorno a sé numerosi giovani e meno giovani poeti interessati a confrontarsi fra loro, far conoscere e pubblicare i propri scritti, innovare con le proprie proposte ed i propri slanci ideali la cultura come la società tutta. I Poeti d’Azione scelsero da subito di fare tutto quello che era in loro potere per cambiare il mondo circostante illuminando le coscienze e iniettando 'bellezza nelle anime e amore nei cuori' e la necessaria 'forza e coraggio' per combattere».
Il simbolo nel 2008
Nel frattempo la parola "giovani" è stata tolta dal contrassegno (che è stato presentato al Viminale solo nel 2006 e nel 2008), per cui nessuno ora può sentirsi escluso. Chi pensasse che il movimento "estetico-politico" di D'Agostini si occupi solo di battaglie romantiche e sufficientemente "poetiche", sbaglia: nel citato programma ci sono spunti operativi sulla liberazione sociale, sull'identità etno-culturale, sull'uso dei media e su uno scenario necessario di Europa dei Popoli. Altro che robetta, insomma. E se non avete ancora capito chi sia un Poeta d'azione, giovane o meno, nel sito vi viene servita questa definizione: «I Poeti d'Azione diversamente da molti “praticanti” il verso, non indirizzano i propri sforzi creativi e producono le proprie opere per destinarle esclusivamente alla ristretta cerchia di cultori e intenditori, ma portano la poesia verso il pubblico che intendono scuotere e conquistare. Ritengono che l'arte debba riappropriarsi di una centralità perduta nel mondo di oggi. Il poeta per loro può e deve tornare ad avere un 'ruolo sociale', ruolo che in epoche passate possedeva». Vorrebbero insomma ricavarsi un ruolo da bardo o da cantore di gesta, figure che «sapevano tramandare oralmente la storia di un popolo e veicolarne la grandezza e i valori intrinseci». Vi sembra poco e non vi viene una voglia irrefrenabile di votare i Poeti d'azione? Poco male: sulle schede, almeno questa volta, il simbolo giallo-arancio sfumato non ci sarà.

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