A qualcuno, nel vedere i manifesti delle candidature per le elezioni comunali di Torino, sarà venuto da sorridere. E, magari, sarà ripassato di lì col figlio piccolo, giusto per far ridacchiare un po' anche lui. Oppure avrà programmato di andare ai seggi "scortato" dalla nonna, ché al piccolino ci avrebbe pensato lei, intrattenendolo proprio davanti a quei manifesti. Già, perché quell'anno - era il 2006 - qualche torinese ebbe l'impressione di essersi trasferito in un mondo di cartoni, in cui in cabina elettorale era tutto possibile, anche votare per Daffy Duck. Già, sembrava proprio lui, il vecchio Daffy, il papero nero di casa Warner Bros., ad apparire quasi minaccioso, mentre spezza un fucile rubato a chissà quale cacciatore di anatre di frodo, all'interno del simbolo di Sì ad un futuro senza caccia, regolarmente presente sulla scheda e sui manifesti per eleggere il successore di Sergio Chiamparino (sarebbe stato lo stesso Chiamparino, al suo secondo mandato).
Sembrava davvero Daffy, al punto che qualcuno si chiese se non fosse stato un marchio registrato, che dunque non sarebbe stato possibile utilizzare passandola completamente liscia. Era registrato eccome, la Warner l'aveva depositato all'Ufficio italiano brevetti e marchi fin dal 1988, eppure chi aveva esaminato gli emblemi quell'anno, sul papero anticaccia non aveva avuto niente da dire. Per dire, la lista in questione era a sostegno della candidatura di Alessandro Lupi (da sempre legato alla Federazione dei Verdi-Verdi, quell'anno ridenominata Veri Ambientalisti) e per la commissione elettorale, liste come "Uniti e prodi per la Pace" non andavano bene (col rischio che qualcuno mettesse la maiuscola, a quel "prodi"), così come sparì al volo dal simbolo "Noi meridionali" una croce, prestampata come fosse stata tracciata a mano.
Tutto bene allora? Non tanto: a protestare contro l'ammissione del papero c'era anche Silvio Viale, che in quel momento militava tra i radicali, ma negli anni '80 era tra i Verdi e da lì aveva promosso un referendum regionale contro la caccia (che, tra un ritardo e l'altro, da allora ha finito per non tenersi mai, bloccato nel 2012 da un voto del consiglio regionale). Il simbolo dei promotori della consultazione era proprio quel papero, che era stato disegnato da qualche appartenente al gruppo: che questo qualcuno si fosse ispirato direttamente al personaggio della WB, era il segreto di Pulcinella (anche se, in effetti, i muscoli del papero sono poco da cartoon). L'elettore, però, non sapeva nemmeno che, con quella lista, i referendari piemontesi non c'entravano proprio nulla, anzi, si sentirono defraudati perché il permesso, a quella gente, non lo avrebbero mai dato.
Motivo in più, verrebbe da dire, per fermare tutto e cassare simbolo e lista. Invece il papero anticaccia finì sulle schede e, per quanto se ne sa, si beccò 183 voti. Gli ammiratori di Daffy erano sicuramente di più, ma molti non avrebbero potuto votare per problemi di età; quel giorno, del resto, non avrebbero rinunciato a quel manifesto nemmeno per sbaglio. Avessero potuto staccarlo, non ne avrebbero lasciato uno, nei seggi.
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