mercoledì 27 febbraio 2013

L'Alba dorata, anzi, due...


Alla fine sulle schede non ci è finita proprio. Eppure i giornali ne avevano parlato, qualcuno si era pure preoccupato del fatto che anche in Italia potesse sbarcare Alba Dorata, il partito greco di estrema destra (che, a dirla tutta, si chiamerebbe Lega popolare - Aurora dorata) che nel 2012 era riuscito a entrare in Parlamento con un drappello di deputati. E in effetti "Alba dorata Italia" era stata proprio fondata, almeno informalmente, all'inizio di novembre del 2012: alla guida c'era e c'è tuttora Alessandro Gardossi, "triestino, classe 1968, autoproclamatosi segretario politico italiano", come ha scritto Marco Pasqua sull'Huffington Post. A lui si deve l'apertura del sito internet del movimento e degli spazi su Facebook. 
Aveva scelto proprio il meandro greco (che non a caso in italiano si chiama "greca", per farla spiccia) Gardossi come simbolo per la sua formazione: a chi gli chiedeva perché avesse scelto per sé l'emblema di un partito xenofobo, il segretario ammetteva candidamente “Perché era un buon modo per far parlare di noi”. In effetti i media si sono occupati di loro, soprattutto quando il 21 dicembre, all'Assemblea costituente del partito in una sala dell'hotel Ergife di Roma, i presenti erano circa una quarantina, giornalisti compresi (vedere di nuovo il resoconto dell'HuffPost per avere le idee più chiare). A pagare la sala era stato Bruno Berardi, figlio del maresciallo di polizia Rosario Berardi ucciso nel 1978 dalle Brigate rosse: già militante della Fiamma tricolore, ne era stato espulso dopo aver incoronato come eroe Anders Breivik, il norvegese autore delle due stragi del 22 luglio 2011 e si era offerto di entrare in Alba dorata, assieme a tale Mauro Fadda. "Misero sul piatto denaro ed organizzazione - ha spiegato a gennaio Gardossi sul sito - e decidemmo di farli entrare non avendo nessuno dietro di noi che ci finanziava". 
L'idillio dev'essere finito presto, a giudicare da quello stesso post di Gardossi senza data: "Il signor Fadda si offrì di creare il simbolo del movimento. La Segreteria dette mandato al Fadda, senza impegno economico ovviamente. Dopo 2 settimane Alba dorata si è vista recapitare dal Fadda una fattura di 18.000 euro per affitto sala all'Ergife (che pagò Berardi) più hostess (mai vista alcuna) più altri ammenicoli tra cui la crezione del simbolo!" Con queste premesse, era quasi naturale che si arrivasse a una rottura. Cosa sia effettivamente accaduto in quei giorni di gennaio, a noi esterni non è dato sapere; sta di fatto che al Viminale, per il deposito dei simboli, si presentano sia i delegati di Gardossi, sia quelli di Berardi. Stesso meandro dorato circondato da corona di alloro, stesso sfondo blu scuro; unica differenza, il simbolo di Berardi riporta due volte la dicitura "Alba dorata Italia". Nient'altro.
Qualcuno ironizza sul fatto che entrambi se la siano presa piuttosto comoda: entrambi i numeri di deposito sono piuttosto elevati, come se i depositanti avessero avuto preciso sentore che anche qualcun altro avrebbe depositato il simbolo, ma non si fossero preoccupati poi più di tanto. Alla fine dei conti, comunque, il Viminale ha accolto l'emblema di Berardi, presentato col numero 116, mentre ha ricusato quello di Gardossi, col numero 189. Poco conta che sia stato proprio Gardossi l'iniziatore dell'esperienza di Alba dorata: il movimento è nato da poco e probabilmente i funzionari del Ministero non hanno strumenti per dire con certezza chi l'abbia fondato, così vale il criterio del divieto di confondibilità e chi prima arriva, anche in questo caso, meglio alloggia. 
Gardossi, manco a dirlo, non è contento: ce l'ha con il Viminale che "ha prediletto una lista civetta solo perché si è presentata per prima" a differenza di quanto è avvenuto col MoVimento 5 Stelle. Su Berardi e Fadda, dichiara: "Sicuramente noi di Alba dorata in buona fede siamo stati fregati da vecchi volponi della politica e questo lo mettiamo come pregio non come cosa negativa: siamo la gente per la gente e certi figuri hanno abusato della nostra buona fede purtroppo". L'attività di Alba dorata continua, col tentativo di presentare candidati all'interno della Fiamma tricolore per le prossime elezioni in Friuli: l'accordo è giustificato sostenendo che i due partiti sono "figli di un unico padre, una persona demonizzata per i suoi errori e mai glorificata per le grandi cose che fece per la nazione. Lui fu l'unico in vent'anni a fare cose che nessuno riuscì mai a fare in centinaia di anni. Menefregandosene di tutti, mercati in primis!" Se lo dicono loro ...

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