lunedì 18 febbraio 2013

Una "vecchietta" politicamente scorretta

Si fa presto a dire "confondibile". Sembra facile, a leggere il comma 3 dell'articolo 14, all'interno del decreto legislativo n. 361/1957 (detto anche Testo unico per l'elezione della Camera dei Deputati), sostenere che "Non è ammessa la presentazione di contrassegni identici o confondibili con quelli presentati in precedenza ovvero con quelli riproducenti simboli, elementi e diciture, o solo alcuni di essi, usati tradizionalmente da altri partiti". Cioè, quando sono identici, davvero non c'è problema, ma quando sono confondibili? Chi lo dice e in base a cosa?
In effetti, ci sarebbe (almeno dal 1993 in poi) il comma 4, che mette molti dettagli al fuoco, precisando che "costituiscono elementi di confondibilità, congiuntamente od isolatamente considerati, oltre alla rappresentazione grafica e cromatica generale, i simboli riprodotti, i singoli dati grafici, le espressioni letterali, nonché le parole o le effigi costituenti elementi di qualificazione degli orientamenti o finalità politiche connesse al partito o alla forza politica di riferimento anche se in diversa composizione o rappresentazione grafica". Molto complessa come disposizione (comprese le ultime otto parole, che sono state inserite a forza dalla Lega nell'ultima riforma elettorale del 2005), ma si dimentica di spiegare che tipo di elettore bisogna avere in mente quando si valuta la confondibilità.
Sul fatto che chi va a votare non sia tenuto a conoscere nei minimi dettagli il panorama delle forze politiche, non sembra esserci dubbio: stare dietro a gemmazioni, scissioni, arcipelaghi, spaccature e filiazioni politiche varie è quasi opera da professionisti, non si può pretendere che chiunque si tenga aggiornato. Si è così coniato un prototipo, quello dell'elettore "di ordinaria diligenza" o "di normale attenzione", che non ha una faccia ben precisa, ma non è né troppo esperto, né troppo ignorante. Un Italiano medio, in qualche maniera, anche se l'immagine, dati i tempi, non è molto lusinghiera.
Molto meno fine, se ci si pensa, era l'immagine della "vecchietta" che non conosce le differenze tra i simboli e in ogni caso ci vede poco, che era diffusa come parametro fino a qualche anno fa e, non di rado, sopravvive nella mente di chi valuta i contrassegni. Solo qualche decennio fa, per dire, i giudici non avevano difficoltà a scrivere - era il 1975 - che: "Si deve [...] tener presente che nel corpo elettorale sono comprese persone anziane con facoltà visive attenuate; che in un ambiente rurale o di montagna, se anche l'analfabetismo è sulla via di scomparire, non sono pochi gli elettori che leggono con difficoltà specialmente quando i caratteri tipografici sono molto piccoli". Per qualche giudice la consapevolezza degli elettori è aumentata nel tempo, ma la questione non si è spostata di molto da allora.
I giudici del 1975, peraltro, dovevano essere in vena di strafare: "Solo chi ha una certa esperienza di elezioni sa con quanto imbarazzo, in quale stato di orgasmo, quasi di timore reverenziale larghi strati del corpo elettorale ancora oggi si avvicinino alla cabina elettorale per esercitare il loro diritto civico". Sì, "orgasmo": una parola impronunciabile ancora da molti a metà degli anni '70 trovava tranquillamente posto in una sentenza del Tar di Bologna, per descrivere l'atteggiamento di chi entra in cabina per votare. Li avesse incontrati Francesco Di Gesù, in arte Frankie Hi-Nrg Mc, li avrebbe guardati attraverso gli occhialoni e avrebbe rappato davanti a loro la sua verità: "quando sei in cabina / e giochi la schedina / ricordati che sei / colonna di un sistema". Altro che orgasmo.

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