domenica 9 agosto 2015

L'Uomo qualunque, una Fortezza che resiste

Ufficialmente la data di nascita è il 18 febbraio 1946, eppure l'idea alla base del Fronte dell'Uomo qualunque risale giusto a settant'anni fa. Era l'8 agosto del 1945, infatti, quando Guglielmo Giannini, nato commediografo e convertito al giornalismo, invitò i lettori del suo giornale L'Uomo qualunque a raccogliersi e mettersi al lavoro per risolvere i problemi dell'Italia, "senza fuoriusciti di ritorno, senza professionisti politici, senza mestieranti di chiacchiere". Il Fronte di Giannini, come è noto, dopo una partenza consistente nel 1946, si squagliò alle politiche di due anni dopo (pur riuscendo a portare in Parlamento il suo ideatore) e non se ne seppe praticamente più nulla negli anni successivi: il suo simbolo dell'uomo schiacciato nel torchio si vide per l'ultima volta al Ministero dell'interno nel 1953, anche se in quell'anno Giannini tentò di farsi eleggere - senza riuscirci - nel Partito nazionale monarchico.
Nel 1972, tuttavia, l'emblema tradizionale del partito riapparve, sempre in bianco e nero, nelle bacheche del Ministero dell'interno, dopo un silenzio durato quasi vent'anni. A depositarlo fu Giuseppe Fortezza, qualificatosi come "segretario nazionale del Fronte dell'Uomo qualunque". Ma proprio lo stesso movimento? Beh, no, a quanto pare da quello che ci racconta lui stesso: "In realtà il Fronte è stato rifondato - spiega - del resto, quando operava Giannini, io ero decisamente piccolo, ero a Milano e ho visto le prime uscite del giornale L'Uomo Qualunque, di cui conservo la raccolta praticamente completa". 
L'anno in cui il movimento è stato nuovamente costituito Fortezza non lo ricorda, doveva essere tra il 1968 e il 1971; nel 1972, comunque, oltre che in bacheca l'emblema tornò anche sulle schede della Camera, esattamente nella circoscrizione Roma-Viterbo-Latina-Frosinone: il Fronte arrivò ultimo, ottenne poco più di mille voti dei quasi 2,8 milioni attribuiti in quel turno (lo 0,04%), ma nessuno dei candidati rimase a bocca asciutta. Il più votato - 152 preferenze - fu Cesare Crosta, avvocato già giudice contabile, più avanti fondatore del Partito monarchico nazionale (e non solo, come si vedrà); dopo di lui arrivò il medico Elio De Sensi (50 voti), gia candidato con Crosta nel Pmn nel 1968, mentre furono 5 persone a scrivere sulla scheda il nome di Fortezza. 
Nel 1979 il simbolo dell'Uq non finì in bacheca, ma Crosta, De Sensi e Fortezza furono candidati ugualmente: si ritrovarono nelle liste di Democrazia nazionale (assieme, tra l'altro, ai monarchici che facevano riferimento al disciolto Pdium) e, nella solita circoscrizione che comprendeva le province laziali tranne Rieti, ottennero rispettivamente 251, 98 e 82 voti. Il risultato, dunque, fu decisamente migliore, anche se Democrazia nazionale restò a bocca asciutta e, di fatto, concluse la sua esperienza. Nel 1983 De Sensi e Fortezza furono nuovamente messi in lista dal Partito monarchico nazionale (162 e 57 voti), mentre nel 1987 i due con il ritrovato Crosta figuravano tra i candidati del cartello Alleanza popolare, che si fregiava del simbolo del Movimento autonomista dei democratici progressisti: ciascuno si presentò in tre circoscrizioni, senza riuscite a conquistare un gran numero di preferenze.
Una piccola svolta si ha nel 1992: da una parte, nelle bacheche torna l'emblema dell'Uomo qualunque e, visto che per la prima volta le schede sono a colori, la U si tinge di rosso, com'era nella testata di Giannini; dall'altra, però, Crosta, De Sensi e Fortezza vengono candidati nelle circoscrizioni centromeridionali sotto il simbolo di Alberto da Giussano. Sì, proprio quello del Carroccio, che già allora aveva tentato lo sbarco sotto la linea gotica, sia pure con il nome di Lega Centro-Sud (formazione di cui proprio Crosta era coordinatore), più avanti nota come Lega Italia federale. Crosta fece meglio degli altri nella circoscrizione romana (380 preferenze, quando lì Bossi ne prese comunque oltre 7mila), ma era davvero difficile ottenere buoni risultati al centro-sud con un contrassegno che - essenzialmente per evitare la raccolta firme - conteneva la "pulce" della Lega lombarda.
Da allora, né De Sensi né Fortezza risultano più essere stati candidati a elezioni di livello nazionale; a quasi tutti gli appuntamenti che sono seguiti, però, l'emblema dell'Uomo qualunque è apparso nelle bacheche ministeriali, grazie alla pazienza di Giuseppe Fortezza che si è messo pazientemente in fila (giusto nel 2001, 2006 e 2008 al Viminale non lo hanno visto). "Me ne sono sempre occupato io - spiega, non senza una punta di orgoglio - e ogni volta per il deposito del simbolo c'è sempre interesse. In effetti noi non seguiamo esattamente il partito che fu di Giannini, anche se nome e logo sono quelli: il fatto è sono stati come abbandonati dai primi utilizzatori, noi siamo stati più rapidi di altri a depositarne il simbolo dopo che si era sostanzialmente perso il ricordo di quel partito". Non contento di presentare l'emblema al ministero, Fortezza lo ha anche fatto depositare all'Ufficio italiano brevetti e marchi nel 1993, rinnovando la domanda nel 2003 e nel 2013 e vedendosela sempre accogliere: l'immagine è descritta come "torchio che schiaccia un uomo da oscure mani". 
Pur con una partecipazione assolutamente sporadica alle elezioni (per il rinnovo di qualche consiglio comunale, ma il torchio apparve anche alle regionali venete del 1990, nella sola provincia di Treviso, per mano di Antonio Serena), il Fronte dell'Uomo qualunque continua a esistere: presieduto da Elio De Sensi fino alla sua morte, a guidarlo ora è lo stesso Fortezza (che prima ne era solo segretario nazionale, ora ne è pure presidente e ha 85 anni). "Ora siamo essenzialmente un gruppo di dirigenti nazionali, con i vari incarichi territoriali e tematici - chiarisce -. E' stato poi formato anche il gruppo "Una qualunque", praticamente l'associazione femminile, con tanto di segreteria nazionale e segreteria nazionale della gioventù".
Nonostante il silenzio prolungato, giusto vent'anni fa un'iniziativa di altra fonte provò a dare nuovo respiro all'immagine coniata da Giannini: "A Milano nel 1995 accadde una cosa particolare - ricorda Fortezza - perché alcune persone rispolverarono la testata L'Uomo qualunque; l'editore era un industriale farmaceutico del nord, noi venimmo a sapere della cosa ma quella volta accettammo che l'iniziativa proseguisse, del resto il marchio era registrato a nome mio e l'ultima parola toccava a noi. La cosa andò avanti per un paio di anni, dopo non ho più concesso il simbolo a nessuno, continuiamo a usarlo noi per le nostre attività". Attività che potrebbero riprendere, se arrivasse l'accordo con un partito forte a livello nazionale; Fortezza si sta muovendo in questo senso e spera di avere novità entro la fine dell'estate. Riuscirà l'Uomo qualunque a farsi votare di nuovo?

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