A volte basta un dettaglio, anche molto piccolo, per creare qualcosa di nuovo, anche se magari se ne accorgono in pochi: così, da qualche settimana, gli appassionati ai dettagli politici potrebbero essersi accorti che è spuntato un nuovo simbolo dell'area Dc. Si tratta, per l'esattezza, di quello della Nuova Democrazia cristiana, gruppo che fa riferimento a Lidio Palumbo e - come segretario organizzativo per le Marche - a Stefano Ravagnani: non si tratta - a quanto si capisce - di un partito, ma di un "laboratorio politico democristiano" nato già nel 2014 che in quella stessa regione ha formato gruppi locali di ispirazione democristiana, arrivando a presentare liste in occasione di alcune elezioni comunali e soprattutto alla recente tornata di elezioni regionali (nelle province di Ancona, Macerata e Fermo).
In effetti, se da una parte il nome del laboratorio non è nuovo - si contano almeno due precedenti "Nuova Democrazia cristiana", la prima fondata da Giulio Giuseppe Negri e poi portata avanti da Salvatore Giraldi, la seconda guidata da Salvatore Platania - il contrassegno ricorda da vicino quello che è stato ammesso alle regionali in due province marchigiane su tre (Macerata e Fermo): in prima battuta gli uffici elettorali provinciali avevano bocciato lo scudo crociato arcuato bianco e rosso su fondo bianco in circonferenza blu, cioè l'emblema classico della Dc che si riconosce nella segreteria di Angelo Sandri, cui in quel momento Palumbo e Ravagnani erano ufficialmente legati; lo stesso simbolo tradizionale, invece, era stato ammesso nella circoscrizione di Ancona e alle elezioni comunali.
A livello regionale il contrassegno ha ottenuto lo 0,83%, ma il dato relativo alle singole province è maggiore: 0,91% ad Ancona (con il logo tradizionale), l'1,57% e l'1,83% rispettivamente a Fermo e Macerata, con l'emblema a fondo blu, con scudo blu e croce bianca. Il tutto, precisano coloro che hanno partecipato alla campagna elettorale, praticamente senza fondi, con una minima copertura dei media, insomma "quasi da sconosciuti": con quelle cifre non poteva arrivare nemmeno un consigliere, ma a pensarci bene il risultato non è stato nemmeno così trascurabile.
Ora che le elezioni sono archiviate da un po', partendo dal contrassegno "di riserva" usato alle regionali è stato creato quello della Nuova Dc: stesso fondo blu, lo scudo a croce bianca allargato e più centrale (al posto della scritta "Spacca presidente") e, in alto, per marcare l'identità, l'inserimento dell'aggettivo "nuova", che starebbe a indicare anche le differenze di metodo seguite dal gruppo. Il laboratorio, in particolare, come si legge in un comunicato a firma Palumbo-Ravagnani diffuso a maggio, vuole perseguire "lo svecchiamento e l’innovazione rispetto al passato, e cioè rispetto ad altre formazioni politiche democristiane che in precedenza , in questi venti anni, avevano saputo presentarsi soltanto alle elezioni di qualche Comune ma non si era mai affacciata in uno scenario più ampio come quello offerto oggi delle elezioni Regionali delle Marche.
Se pure in qualche caso liste della Democrazia cristiana si sono viste anche in realtà territoriali piuttosto importanti (ad esempio la provincia di Milano nel 2009 e il comune di Genova nel 2012, benché in quei casi il simbolo fosse quello della Dc-Pizza), il "caso Marche" rappresenta la prima partecipazione autonoma della Dc alle elezioni regionali negli ultimi anni (fatta eccezione, ovviamente, per il caso della Dc di Rotondi del 2005 e per le liste Dc-Adc del 2010).
Nello stesso comunicato di maggio si prospettava la convocazione "entro settembre" del congresso costitutivo dell'associazione Ndc, con lo scopo di proseguire ed estendere su più ampia scala quanto realizzato nelle Marche. Si tratta dunque di un percorso autonomo rispetto a quello della Dc-Sandri? Stefano Ravagnani non lo dice espressamente: "in linea generale tutti i gruppi DC presenti in Italia credo debbano considerarsi, soprattutto dopo la sentenza di Cassazione a sezioni unite n. 25999/2010, come se fossero varie correnti di un unico partito in fase di riorganizzazione, dal basso, che molto presto troverà unità, anche organizzativa".
Su un punto, però, Ravagnani rimarca l'attenzione: "Quante liste elettorali di livello sono state presentate in venti anni? Solo quella delle regionali Marche e del comune capoluogo di Fermo, stop; altre liste riguardano comuni di secondo e terzo piano o situazioni particolari, come Reggio Calabria. Ciò deriva dalla mancata considerazione di un principio fondamentale: il diritto sorge dal fatto. Se la Dc vuole esistere, deve anzitutto essere voluta". Come a dire che per esistere giuridicamente, senza che le altre forze politiche o gli uffici elettorali creino problemi, occorre prima presentare le liste a livello nazionale e farsi votare. Vedremo se quella "unità, anche organizzativa" auspicata si tradurrà in realtà nei prossimi mesi.
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