domenica 30 agosto 2015

Il nastro infinito degli Umanisti

Lo si è visto raramente sulle schede, forse più in elezioni locali che di rilievo nazionale, eppure almeno una volta era stato oggetto anch'esso - senza averne colpa - delle bordate dei partiti maggiori. Si lamentava così Gianfranco Fini l'11 aprile 2000, in piena campagna elettorale per le regionali: "Forza Italia ha solo il 16% degli spazi, An il 7%; [...] la Lista Bonino, assieme a un partito inesistente come quello Umanista, sta ottenendo un quarto degli spazi". 
Il vero oggetto della critica era la nuova legge sulla par condicio, che ripartiva gli spazi di propaganda televisiva in campagna elettorale "tra le coalizioni e tra le liste in competizione che abbiano presentato candidature in [...] circoscrizioni che interessino almeno un quarto degli elettori chiamati alla consultazione". Quell'anno il Partito umanista, guidato allora dal suo leader italiano storico, Giorgio Carlo Schultze, riuscì a piazzare proprie liste - fuori dai poli - in cinque regioni tra le più popolose e, superando la soglia richiesta, vide spalancarsi le porte delle televisioni locali e nazionali. Il risultato fu quello che fu, sempre inferiore all'1%, a dispetto delle molte apparizioni televisive che avevano indispettito i pezzi da novanta delle coalizioni e dei partiti storici, sentitisi defraudati di spazi che sarebbero spettati loro. E se nel 2000 obiettivamente le percentuali erano state più alte del solito, in seguito i numeri sono andati peggiorando (le poche volte in cui le liste sono state presentate).
Dopo l'episodio delle regionali, in effetti, si è sentito parlare molto meno di quel partito che - nato nel 1984 e ispiratosi alle idee del Nuovo umanesimo di Mario Rodriguez Cobos (Silo), che avevano già dato impulso al Movimento umanista - tuttora esiste e, negli anni, ha cambiato più volte leader (a Schulze sono succeduti, nell'ordine, Marina Larena, Tony Manigrasso, fino all'attuale segretario generale Valerio Colombo), ma non ha mai cambiato il simbolo, da sempre rappresentato come un nastro di Moebius, ritenuto "simbolo della continuità dell’uomo" (e non a caso richiama anche il segno dell'infinito), né il colore arancio (che "si confonde con le altre ideologie ed è composto da più colori"); un'eccezione obbligata la fece giusto alle origini, quando alle politiche del 1987 venne depositato un contrassegno inevitabilmente bianco, visto che la legge non prevedeva la stampa a colori degli emblemi. 
Dal sito del partito si apprende che nel 2010, assieme agli altri Partiti umanisti di tutto il mondo, il Pu è confluito nel Partito umanista internazionale; più che alle battaglie elettorali, tuttavia, il gruppo si è detto interessato alle attività di base, caratterizzate da nonviolenza e auto-organizzazione, che mettano al centro il valore dell'essere umano (lottando perché i diritti contenuti nella Dichiarazione Universale del 1948 siano pienamente realizzati e garantiti) e valorizzino al massimo tanto l'uguaglianza tra persone quanto le differenze personali e culturali degli esseri umani (puntando a una reale parità di diritti e di opportunità). Tra le battaglie più note in campo politico, la promozione di una legge sulla responsabilità politica, che obblighi gli eletti a mantenere le promesse elettorali, pena la perdita della carica. Battaglie che, tuttavia, difficilmente entreranno nelle aule parlamentari, per lo meno sotto l'insegna del nastro di Moebius.

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