lunedì 12 agosto 2019

Renzi prepara "Azione civile"? Ma c'era già Ingroia...

Nel giorno della conferenza dei capigruppo al Senato per decidere la calendarizzazione della mozione di sfiducia al governo guidato da Giuseppe Conte (e di quella individuale al vicepresidente Matteo Salvini) circolano indiscrezioni sui possibili gruppi parlamentari che Matteo Renzi sarebbe pronto a costituire per raccogliere i suoi sostenitori in compagini che abbiano insegne diverse da quelle di un Partito democratico ormai avvertito come inospitale; il tutto per poter valutare più serenamente un eventuale appoggio a un governo col MoVimento 5 Stelle e, magari, preparare la nascita di un partito autonomo, di centro.
Scrivono oggi sulla Repubblica Annalisa Cuzzocrea e Lavinia Rivara:
Matteo Renzi ha deciso di sciogliere gli ormeggi e ha detto ai suoi di tenersi pronti perché la scissione sembra ormai una questione di giorni. L'ex premier si prepara a far nascere nuovi gruppi parlamentari, che si chiameranno "Azione civile", portando via da quelli del Pd i suoi fedelissimi. Poi, se si andrà ad elezioni, nascerà un vero e proprio partito, con una sua lista pronta a lanciarsi nell'agone elettorale. I tempi? Potrebbe accadere tutto nei giorni del dibattito al Senato sul governo Conte. Ieri sera l’ex premier è apparso a quelli che gli hanno parlato più che mai deciso a tagliarsi i ponti dietro le spalle: «La misura è colma, non possiamo più restare in un partito dove tutti i giorni ci attaccano». Ma dice di volere una separazione consensuale, ipotizzando di portarsi via dai gruppi del Pd più o meno la metà dei parlamentari. Che vorrebbe dire circa 25 al Senato e più di 50 alla Camera. Anche se Nicola Zingaretti è convinto che a palazzo Madama alla fine lo seguiranno non più di una ventina. 
Ora, le stesse autrici dell'articolo sono a conoscenza di un grave ostacolo sulla via di questo progetto: un eventuale gruppo potrebbe nascere soltanto alla Camera, perché "bisogna fare i conti con il nuovo regolamento del Senato che impedisce la nascita di altri gruppi se non corrispondono a partiti che si siano presentati alle elezioni". Uno degli scopi della riforma regolamentare della passata legislatura, in effetti, era proprio contenere il fenomeno del transfughismo e della frammentazione (incentivando invece l'unione tra gruppi esistenti, possibile ex art. 15, comma 3 del regolamento del Senato), rendendo impossibile la nascita di gruppi corrispondenti a nuovi partiti, anche consistenti (quindi, in un certo senso, rendendo meno conveniente la nascita di quegli stessi partiti, visto che non sarebbero stati più disponibili tutti i vantaggi dati dalla possibilità di costituire nuovi gruppi autonomi, in termini di risorse e personale). 
Per evitare il problema ci vorrebbe una mossa che sparigli le carte, come un'interpretazione della Giunta per il regolamento che sostenga che il limite contenuto nella frase "E' ammessa la costituzione di Gruppi autonomi, composti da almeno dieci Senatori, purché corrispondenti a singoli partiti o movimenti politici che si siano presentati alle elezioni uniti o collegati" (art. 14, comma 4) riguarda soltanto la fase iniziale della legislatura, come qualche riferimento qua e là potrebbe suggerire a qualcuno, ma è evidente che sarebbe una lettura molto più che forzata, che a quel punto priverebbe del tutto di senso l'inserimento di quella disposizione. Difficile, dunque, che un gruppo renziano possa nascere al Senato (ed è altrettanto improbabile un trasloco di massa nel gruppo misto, magari costituendo una propria componente, perché la convenienza pratica a costituirla sarebbe quasi nulla).
Oltre a questo, però, c'è un altro aspetto problematico che finora non sembra emerso e riguarda il nome del gruppo. Perché sì, Azione civile ha come acronimo Ac come Azione cattolica (quella da cui salvarsi con "una sana e consapevole libidine" anche se non si è più giovani), ma Azione civile era soprattutto il movimento fondato nel 2013 da Antonio Ingroia, per dare un minimo di continuità all'esperienza di Rivoluzione civile, che alle elezioni politiche di quell'anno aveva raccolto - tra gli altri - Verdi, Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Italia dei valori, gli arancioni di De Magistris e altre forze minori (La Rete 2018 di Leoluca Orlando e il Nuovo partito d'azione) ma aveva raccolto poco più del 2%. L'esperienza di Rivoluzione civile si chiuse del tutto a maggio 2013, ma Ingroia aveva già scelto di continuare con un proprio simbolo, chiaramente derivato da quello precedente, con il suo nome al centro in bella vista, la silhouette del Quarto stato di Pellizza da Volpedo in basso e, in altro, il nuovo nome del nuovo partito (attivo anche se non rivoluzionario).
Si trattava però di un aggiustamento provvisorio: tempo qualche settimana e, a giugno, in vista della prima assemblea nazionale del 22 giugno (e con il contestuale abbandono della magistratura), l'ordine degli elementi testuali fu variato: al centro andò il nuovo nome, in blu e a caratteri cubitali, appena un po' nascosto dalle sagome pellizziane, mentre il cognome di Ingroia finì in basso e in dimensioni assai più ridotte. 
In realtà, nel giro di qualche mese si persero le tracce del soggetto politico guidato dall'ex magistrato, nel frattempo impegnato come commissario di una società regionale siciliana su incarico dell'allora presidente regionale Rosario Crocetta. Alla fine del 2017, poi, Ingroia è ricomparso con Giulietto Chiesa per presentare La mossa del cavallo, cioè la Lista del popolo per la Costituzione: andò personalmente lui a presentare il simbolo al Viminale, ma la lista (anche per una presenza non omogenea, a causa delle difficoltà nella raccolta delle firme) ottenne un risultato deludente. Nel frattempo, non è dato sapere se Azione civile come soggetto giuridico sia stato sciolto o se, semplicemente, sopravviva "in sonno" in qualche modo, senza avere mai partecipato ale elezioni.
Ora, non è detto ovviamente che il nome dell'eventuale gruppo parlamentare renziano nascituro sia proprio "Azione civile" (in questi giorni varie anticipazioni sono state smentite dalla realtà in tutto o in parte, ad esempio per i nomi del movimento di Giovanni Toti), così come è probabile che non sorga qualche problema giuridico, proprio perché in Parlamento Ingroia non è mai arrivato e pochi ricordano quel precedente (anche se non potrebbe escludersi del tutto una reazione di chi aveva usato il nome per primo). La questione, casomai, è politica: sicuri che non sia una falsa partenza utilizzare per una forza di centro un nome che si era collocato decisamente a sinistra e che, per giunta, è finito piuttosto male e piuttosto in fretta? Se davvero tra chi sta pensando a un'operazione simile nessuno è così #drogatodipolitica da ricordare quell'episodio o, comunque, non ha riflettuto su questo, forse è il caso di iniziare a farlo...

Nessun commento:

Posta un commento