martedì 14 giugno 2022

Simboli sotto i mille (2022): preparando il viaggio e prime tappe notevoli (di Massimo Bosso e Gabriele Maestri)

Dopo il viaggio nei principali capoluoghi (anche se ci sarà forse tempo per recuperare le tappe mancanti), arriva puntuale l'itinerario nei comuni con meno di mille abitanti, alla scoperta delle dinamiche elettorali che interessano la microItalia che vota e, a monte, si candida senza firme. Guida e maestro di cerimonie, come di consueto, è Massimo Bosso, sempre attento a indagare ciò che di interessante accade nei piccolissimi centri di cui sono ricche soprattutto certe Regioni italiane. Chi gestisce questo blog, al solito, si introduce qua e là, accostando le immagini necessarie (ovviamente a base di simboli) e scandagliando le curiosità che incontra, grato a chi gli ha aperto le porte del microcosmo diffuso dei microcomuni. Buon viaggio!


All'annuncio del 12 giugno come data del voto per le amministrative, la macchina per dare conto delle vicende elettorali "sotto i mille" era già pronta a partire. Eppure, proprio com'era avvenuto nell'autunno del 2021, anche quest'anno il nostro viaggio - ormai un classico per i #drogatidipolitica - non era scontato, anzi, era piuttosto "in forse". Chi legge con assiduità questo sito, infatti, ricorderà che da mesi giace alla Camera un progetto di legge volto tra l'altro a introdurre anche nei comuni fino a mille abitanti l'onere di far sostenere ciascuna lista da un certo numero di firme (variabile a seconda del numero di abitanti e, in ogni caso, piuttosto contenuto). 
Arrivato all'attenzione di Palazzo Madama (per iniziativa del senatore leghista Luigi Augussori) soprattutto dopo i casi - emersi nel 2020 - legati alle liste presentate soprattutto per ottenere "licenze elettorali", il testo era stato approvato al Senato oltre un anno fa, con la speranza che alla Camera si intervenisse in tempo per rendere applicabili le norme già alle elezioni del 2022: a Montecitorio, invece, il testo non è ancora stato esaminato dall'aula, dunque anche per queste elezioni si sono applicate le regole consuete e le liste di extra muros (per le licenze, ma non solo) sono puntualmente riapparse in maniera massiccia, in particolare nel Centro-Sud. La richiesta di quel piccolo numero di eviterebbe sicuramente il proliferare di liste che nulla hanno a che fare con la politica "vera"; allo stesso tempo, però, questa soluzione toglierebbe la possibilità a piccoli movimenti di ottenere un minimo di visibilità anche nei piccoli centri (e, in ogni caso, se ne andrebbe anche molto del fascino che le elezioni "sotto i mille" hanno acquisito ai nostri occhi nel corso degli anni).
 
Visto dunque che di episodi da raccontare ce ne sono parecchi, è il momento di prepararsi a partire per il nostro viaggio "sotto i mille". Per chi, tuttavia, avesse scoperto solo ora questo mondo e volesse unirsi a noi per la prima volta, sembra opportuno un piccolo riepilogo, giusto per "viaggiare informati". Tutto iniziò nel 1993, quando fu approvata la legge n. 81, che introdusse l'elezione diretta del sindaco ma andò oltre: da una parte, chiunque avesse voluto presentare una lista avrebbero dovuto raccogliere le firme (anche i partiti presenti in Parlamento o le liste sostenute "tecnicamente" da questi); dall'altra parte, si precisò che nei comuni fino a mille abitanti non era più necessario presentare firme (prima ne occorrevano dieci), un po' perché in quei luoghi - si diceva - tutti si conoscono, un po' per evitare dinamiche spiacevoli legate al rendere noto chi, in comunità tanto piccole, aveva scelto di sostenere il vincitore o l'avversario del vincitore. Nel 1999 negli altri comuni il numero di firme richieste è stato sensibilmente ridotto (e negli ultimi tre anni, causa emergenza legata alla Covid-19, si è ogni volta applicato un ulteriore taglio di due terzi); la norma che solleva dalla raccolta delle sottoscrizioni nei comuni con meno di mille abitanti, invece, per ora è rimasta intatta. 
Il numero di abitanti considerato è quello dell'ultimo censimento utile (che può essere diverso dal numero reale) e tiene conto dei soli residenti: gli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune ma residenti all’estero non concorrono alla "popolazione legale", ma fino al 2020 erano conteggiati sempre tra gli elettori: spesso, dunque, in certi microcomuni il numero degli elettori superava quello dei residenti e, visto che era improbabile che molti residenti all'estero affrontassero lunghi viaggi per votare, difficilmente si recava alle urne la metà più uno degli aventi diritto (uno dei requisiti allora necessari per la validità delle elezioni qualora in un comune si fosse presentata una sola lista). Il fenomeno dei residenti all'estero, ovviamente, non era un problema per i comuni in cui si affrontavano due o più liste (il risultato è valido anche se vota una sola persona); nei comuni con scarsa o inesistente competizione, per cui si faticava a presentare anche solo una lista, era diventata frequente la pratica delle "liste di comodo", presentate allo scopo di rendere irrilevante il tasso di affluenza (e il raggiungimento del quorum) per la validità della competizione. A volte si provvedeva direttamente, con persone vicine all'unica lista di paese; in altri casi certe elezioni sono state "salvate" grazie alla partecipazione delle famigerate "liste per licenze". Come sappiamo, le cose sono cambiate dal 2021: durante la conversione del "decreto elezioni", infatti, si è previsto che le persone iscritte all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero non siano conteggiate ai fini del quorum se non partecipano al voto e che, in più, la soglia minima di votanti per la validità in presenza di una sola lista sia abbassata al 40%. Ciò lo scorso anno ha reso rarissimi i casi di elezioni non valide; la norma è stata prevista anche dal "decreto elezioni 2022" e diventerà "stabile" quando sarà approvato il "ddl Augussori". 

Per inquadrare meglio le "liste extra muros" possiamo cercare di individuarne alcune macro-categorie:
  • liste di piccoli movimenti politici in cerca di visibilità (e magari di qualche eletto);
  • liste presentate in accordo con la lista locale “forte” allo scopo di superare il quorum (specie dove non si è certi nemmeno di superare il 40% oggi richiesto);
  • liste presentate per evitare "forestieri" in consiglio comunale (spesso composte da familiari o amici del candidato sindaco principale);
  • liste per le licenze elettorali: spesso impiegano simboli dalla grafica elementare o riciclati parecchie volte, ma in qualche caso utilizzano anche simboli di movimenti realmente esistenti.
  • liste di partiti presenti in Parlamento (o espresse direttamente da questi): si tratta di casi rari, ma capita che certe liste sembrino presentate per garantire una nuova elezione a qualche amministratore che siede in consiglio provinciale (in modo che non decada) o per raggranellare voti di consiglieri per le elezioni provinciali, di comunità montane o consorzi di comuni.
  • "ma perché?": in quest'ultima categoria finiscono le liste che non riusciamo a collocare in nessuno dei casi precedenti e la cui presentazione, priva di ogni logica, è avvolta dal mistero.

Snocciolate la categorie, la domanda successiva è: come individuare le liste "da approfondire"? Per le liste di movimenti nazionali il compito è facile: basta la presenza del simbolo e uno sguardo attento ai voti raccolti. Per le altre ipotesi indicate, l'esperienza da osservatori maturata nel corso degli anni rende alcuni episodi plausibili, altri probabili (specie in caso di improbabili affollamenti di liste in comuni piccolissimi) e altri ancora assolutamente cristallini, anche perché - come si diceva - spesso vengono utilizzati nomi e simboli ricorrenti e non di rado simili tra loro; anche i nomi di vari candidati possono ormai considerarsi "vecchie conoscenze", al punto che qualcuno vanta già candidature in doppia cifra in vari microcomuni, come aspirante sindaco o anche solo come aspirante consigliere
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Un controllo sulle candidature, ovviamente, è più facile disponendo dei manifesti delle liste ammesse nei comuni interessati: così è possibile disporre di buone riproduzioni dei contrassegni, ma soprattutto si possono passare in rassegna le persone inserite nelle liste (specie quelle "indiziate"), controllando se certi nomi si ripetono (nello stesso anno o rispetto agli anni precedenti) e potendo ragionare a partire dai luoghi di nascita di chi si candida (se la maggior parte delle persone in una lista non è per nulla legata al territorio di candidatura, qualche dubbio viene). Quei manifesti, oltre a essere affissi sulle varie plance dai vari comuni interessati, dovrebbero essere inseriti nei siti ufficiali delle rispettive amministrazioni comunali (in formato pdf o almeno jpg, originale o scansionato): la ricerca, però, a volte sembra una caccia al tesoro. Si è già detto lo scorso anno, infatti, che le prassi sono diverse da comune a comune: c'è chi pubblica il manifesto nella pagina relativa al singolo turno elettorale (insieme ad altri documenti). c'è chi lo pubblica come "notizia" a parte; più frequente è il caso di manifesti pubblicati solo nell'albo pretorio, poiché ogni comune deve provvedere all'affissione (almeno) elettronica entro l'ottavo giorno che precede il voto. Non tutti gli albi però sono fatti allo stesso modo (ce ne sono vari formati diffusi) e, soprattutto, il manifesto può essere inserito sotto voci diverse: lo si può trovare tra gli "Atti elettorali", le "Affissioni elettorali" o i "Manifesti elettorali", semplicemente tra i "Manifesti", o ancora - se quelle voci non ci sono o non si trova quel che si cerca - tra gli "Avvisi" o gli "Avvisi pubblici". A volte il manifesto non salta comunque fuori o si trova un avviso che avverte che "la dimensione dei manifesti non ne consente la scannerizzazione" per cui "il Servizio Elettorale metterà in visione un esemplare tipo, per ciascun manifesto, nella bacheca posta [...] presso lo stesso Servizio Elettorale" (entrambe le cose sono capitate in due comuni capoluogo... roba da non credere).     
Già nella fase di ricerca di questi manifesti, avendo davanti agli occhi l'elenco dei comuni al voto e lo specchietto delle liste presentate, ci si rende conto che il fenomeno delle liste notevoli "sotto i mille" non è affatto omogeneo a livello nazionale: prima di tutto, in alcune Regioni i comuni con meno di mille abitanti sono pochissimi e in qualche tornata elettorale non sono nemmeno chiamati al voto (altri territori, invece, ne sono ricchi). In genere, poi, il Nord Italia non è interessato dal fenomeno delle "liste-licenza" (tranne forse alcune province, soprattutto negli ultimi anni): questo "espediente" è stato registrato con dimensioni rilevanti innanzitutto in Molise e in questa Regione è ancora largamente presente; si è poi diffuso - un po' a macchia d'olio, un po' a macchia di leopardo - in Abruzzo e in Lazio (regioni limitrofe), arrivando a toccare anche Campania, Umbria e Marche. Il fenomeno misteriosamente quasi sparisce in Puglia, Basilicata e Calabria, anche se ha ricevuto - suo malgrado - notorietà nazionale il caso di Carbone, il comune del potentino che nel 2020 vide la partecipazione di due liste tutte "forestiere": le immediate dimissioni della persona eletta come sindaco portarono all'attenzione di molte persone il problema delle liste presentate "non per vincere" e fecero scattare l’inchiesta di Striscia la Notizia.

Anche quest'anno il viaggio che ci apprestiamo a compiere appare piuttosto ricco e ora abbiamo tutti gli strumenti per avventurarci. Prima che inizi il viaggio vero e proprio, vale la pena anticipare quattro casi emblematici di ciò che incontreremo nelle tappe di questo itinerario. 
La prima anticipazione riguarda Castelguidone, comune di meno di 400 abitanti della provincia di Chieti, in cui il sindaco uscente (Donato Sabatino) aveva svolto due mandati consecutivi. 
Fino a pochi mesi fa non si sarebbe potuto ripresentare; la recente legge n. 35/2022 (che tra l'altro ha previsto per i sindaci dei comuni sotto i 5mila abitanti la non ricandidabilità dopo il terzo mandato consecutivo) glielo avrebbe consentito, ma lui ha preferito non candidarsi di nuovo. A queste elezioni ha partecipato un'unica lista, denominata Rinascita Italia: all'interno del suo contrassegno, su fondo verde acqua, compaiono quattro simboli in miniatura. Accanto a quelli - finora poco conosciuti - di Destra italiana, del Movimento per l'Italia sociale e del Movimento diversamente abili, si mostra con maggiore rilievo (per le sue dimensioni e per la sua posizione centrale) il simbolo del partito L'Altra Italia, di cui abbiamo parlato in abbondanza negli anni scorsi (soprattutto a partire dal 2019). Guardando con attenzione i numeri del voto del 12 giugno nel comune abruzzese, si scopre un risultato che ha dell'incredibile: dei 278 elettori, 21 hanno scelto di votare per i contemporanei referendum, ma uno solo di loro - con chissà quale gioia del presidente e del segretario dell'unico seggio - ha accettato anche la scheda per le elezioni amministrative. Già questo sarebbe bastato a rendere nulla la consultazione elettorale e a provocare - come in effetti è stato - il commissariamento del comune; si deve però aggiungere che l'unica persona che ha votato per le amministrative ha scelto di lasciare bianca la scheda, lasciando dunque la lista Rinascita Italia e il suo candidato sindaco, Guglielmo De Santis, a quota zero. Si tratta, con tutta probabilità, del record assoluto di non partecipazione al voto, perfino più eclatante di quello che nel 1997 aveva interessato il comune di Sambuco (in provincia di Cuneo): anche allora il sindaco uscente non si era potuto ricandidare e si era presentata una sola lista messa in piedi da persone dei paesi vicini per dare comunque la possibilità  di votare, ma le 22 persone (su 102 aventi diritto) recatesi alle urne avevano annullato tutte quante la loro scheda.
Cambiando regione, non è meno clamoroso il caso di Laganadi, in provincia di Reggio Calabria. Qui le liste sono due (dunque non c'erano problemi di quorum): una formazione era certamente locale, poi ce n'era un'altra, denominata Liberi di ricominciare. Il nome non era del tutto nuovo (la lista era già apparsa nel capoluogo reggino nel 2014) e in ogni caso lo stesso simbolo è comparso quest'anno in un altro comune della stessa provincia (Calanna). Quando le liste sono due, basta che quella sconfitta prenda un voto perché le spettino tutti i seggi riservati all'opposizione (in questo caso tre): i 226 votanti (su 348 aventi diritto) hanno però votato in massa per la lista Impegno Comune, al di là di uno che ha annullato la scheda e di un altro che l'ha lasciata bianca. Nessuno dunque ha votato per Liberi di ricominciare e, grazie al 224 a 0, tutti i seggi sono andati alla lista locale.
A Castelbottaccio, in provincia di Campobasso (eccoci finalmente in Molise!) le liste erano tre: due - Progetto Castelbottaccio e Uniti per Castelbottaccio - erano certamente locali e hanno preso 95 voti a testa, mentre è stata ininfluente la presenza della lista Paese Mio, rimasta a secco. In ogni caso, la parità tra le due liste autoctone ha generato la necessità di un ballottaggio, che si celebrerà il 26 giugno (a meno che non si decida qualcosa in merito alla scheda contestata di cui dà notizia la piattaforma Eligendo del Viminale, anche se non si conosce il motivo della contestazione); se si terrà il secondo turno,  potrebbero essere decisive le cinque persone che domenica hanno depositato nell'urna una scheda bianca o nulla.
Un ultimo caso che merita l'anticipazione si è avuto a Bastia Mondovì (in provincia di Cuneo, peraltro la stessa in cui troviamo Sambuco). Delle tre liste che si sono sfidate in quel comune, senza dubbio la locale era Insieme per Bastia, che ha ottenuto 332 voti (il 94,32%); le altre due - il Partito Gay ed una non meglio identificata Per Bastia Mondovì - L'Alternativa - hanno ottenuto 10 voti a testa. Certamente entrambe si sono guadagnate l'ingresso in consiglio comunale, ma i seggi dell'opposizione - come si è detto - sono tre: lo stesso sito del Ministero dell'interno informa che "le liste collegate ai candidati sindaco Roberto Brognano e Steve Giusti partecipano al sorteggio di n. 1 seggio". 
Per quanto previsto dalla legge, lo scenario ha dell'incredibile, al punto tale da evocare subito in ogni appassionato fantozziano che si rispetti, la scena del "tremendo sorteggione" che appare quasi subito nel Secondo tragico Fantozzi. E, visto che siamo in Piemonte, terra dell'attore - ed ex granatiere - Antonino Faà di Bruno, diventa inevitabile sentire distintamente la voce del suo personaggio più noto, il Duca Conte Pier Carlo ing. Semenzara, che interrompe perentorio ogni vociare - in sala mensa e non solo - con il suo "Silenzio! Chi è che prega??".

(1 - continua)

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