venerdì 8 maggio 2015

Veneto, la guerra d'Indipendenza alle regionali

Inutile negarlo, le elezioni regionali restano un terreno di studio dell'agire umano molto interessante: per cercare di prendere qualche voto in più - specie se la sfida è accesa, ma perfino quando appare disperata (ma non seria, ovviamente) - le si tentano tutte. Si solleticano gli elettori su ciò che vogliono sentire (anche le minoranze vanno bene, se c'è da far numero) e, magari, ci si fa aiutare dalla grafica per acchiappare qualche consenso in più, a costo di deviarne il percorso; altre volte, invece, basta anche accusare un concorrente di avvalersi di segni truffaldini, per montare il caso e tenere impegnati cronisti e politici per ore o giorni. In quale delle due categorie (tentativo o accusa di acchiappo) si dovrebbe allora etichettare il caso di Indipendenza noi Veneto, scoppiato all'ombra della Serenissima nei giorni scorsi?
Di certo c'era solo una cosa: ad Alessio Morosin, fondatore di Indipendenza veneta e aspirante governatore del Veneto, non era andata proprio giù quella lista riferita a Luca Azzano Cantarutti (in passato tra i cofondatori proprio di Indipendenza veneta) che, secondo lui, era pericolosamente somigliante alla propria. Non tanto nell'emblema, chiaramente diverso, quanto piuttosto nel nome o, per lo meno, nella sua percezione. Perché la denominazione che appare sull'emblema è "Indipendenza noi Veneto", ma quel "noi" è scritto in corsivo ed è sottile, per cui rischia di non leggersi, soprattutto sulle schede stampate.  
Per Morosin alla base di tutto questo c'era un peccato originale: "L’indipendenza siamo solo noi. Hanno sbagliato loro - si legge sul Gazzettino - il raggruppamento di movimenti alleati di Zaia s'è sempre chiamato 'Noi Veneto Indipendente', e se sul simbolo elettorale ci fosse stato questo nome, non avremmo avuto nulla da eccepire. Ma pochi giorni prima del deposito delle liste, hanno deciso di cambiare, adottando un nome vicinissimo al nostro. Ma così è una lista-civetta". Per questo, Morosin ha cercato di reagire contro l'ammissione del contrassegno nelle varie province, ricorrendo agli uffici competenti. Su sette province, era riuscito in prima battuta a far ricusare dall'Ufficio centrale regionale il simbolo (ovviamente con la possibilità di modificarlo) solo a Venezia, ma per Indipendenza veneta poteva essere sempre meglio di niente. 
Cantarutti però non si è arreso e si è rivolto al Tar, che ieri gli ha dato ragione: per i giudici amministrativi non c'è rischio di confondere i nomi, "non essendo sufficiente, ai fini della riscontrata confondibilità, il fatto che in entrambe le diciture predette sia inserita una medesima parola e che in quella di cui alla lista ricusata sia stata trascritta la parola 'noi' in carattere minuscolo anziché maiuscolo, dovendosi invero tener conto dell’utilizzo e del senso complessivo di tutte le parole inserite all'interno del simbolo di riferimento". A fare la differenza, in tutti i sensi, sono poi i contenuti grafici (figure e sfondo) dei due emblemi, che "consentono di distinguere chiaramente le liste suddette". 
E' vero, la legge elettorale della regione Veneto individua la confondibilità anche solo in presenza dell'uso "di parole che siano parte fondamentale e caratterizzante della denominazione di altro partito, formazione politica o gruppo consiliare" (e qui le parole ci sarebbero). E' anche vero, però, che l'indipendentismo veneto non sta di casa solo in una formazione (le parole dunque sono considerate segni legati a una tradizione politica), né si può immaginare di esprimere il concetto con parole molto diverse: in quei casi, la giurisprudenza si è accontentata di verificare che siano almeno sufficienti gli elementi di differenziazione, che qui effettivamente sono presenti. 
Facile immaginare che Cantarutti abbia cantato vittoria; ironia della sorte, lo ha fatto proprio con un fregio che richiama in modo esplicito lo stendardo della Serenissima con il "leon da guera", lo stesso reintepretato dal 1998 in avanti dalla Liga Veneta Repubblica (per un periodo anche Liga Fronte Veneto), formazione legata in particolare a Fabrizio Comencini e che tra i suoi primi aderenti vide lo stesso Alessio Morosin. A completare il quadro, si dovrà ricordare che quella formazione politica era frutto di una scissione dalla Lega Nord - Liga Veneta e il Carroccio era puntualmente infastidito dai voti che il gruppo gli sottraeva. Questa volta lo stendardo, sia pure con un disegno un po' diverso, è al fianco di Luca Zaia e della sua Lega: il cerchio, anche se al contrario, si chiude. Che poi ironia fino a un certo punto: a ben guardare, Comencini è proprio con Zaia...

Nessun commento:

Posta un commento