Ormai le coalizioni per le regionali sono ampiamente definite e, al di là dei partiti già noti, vale la pena dare un'occhiata alla selva di simboli che in queste settimane sono cresciute nei vari schieramenti, stando pronti alle sorprese che di volta in volta si possono incontrare. Si prenda per esempio, tanto per cambiare, la Campania. Al solito, si lascino stare i partiti maggiori, specie quando corrono noiosamente da soli e senza alcun dettaglio che costringa l'osservatore ad aguzzare l'occhio, per capire cosa diavolo è stato infilato in uno spazietto del cerchio che prima era libero. Ci si concentri invece sui simboli composti o sulle new entry, che inducono per forza di cose a chiedersi: "e mo questi chi sono?". In effetti, di Mo! e della sua natura di lista di scopo si è già parlato su queste pagine: ora è giusto che tocchi alle altre liste in corsa.
Di sicuro non c'è bisogno di aguzzare gli occhi per capire quale sia il target elettorale della lista Vittime della giustizia e del fisco, una idea messa in campo Arturo Diaconale, direttore dell'Opinione e da anni maître à penser del centrodestra laico. L'intenzione era di mettere in piedi (in Campania, non essendo riuscita un'operazione simile in Liguria) liste di candidati della società civile, mai stati in politica, come testimonianza della lotta contro una giustizia "malfunzionante" e un fisco "oppressivo e inefficiente". Hanno corso senza firme, essendo stata sufficiente l'adesione del senatore di Gal Giovanni Mauro; sul simbolo non ce n'è traccia, anche perché è praticamente tutto occupato dal nome della lista, del quale spicca la parola "vittime", come concetto chiave dell'intera operazione.
La lista in questione ovviamente sostiene Stefano Caldoro, così come sta da quella stessa parte il Nuovo centrodestra. Del simbolo vanno sottolineate almeno due cose: innanzitutto si sacrifica la denominazione intera, facendo acquisire molto più spazio alle lettere della sigla, tra l'altro in modo graficamente efficace; secondariamente, al posto dell'indicazione del leader del partito, Angelino Alfano, i grafici hanno inserito l'espressione "Campania popolare". Praticamente si configura il tentativo di declinare il "marchio" di Area popolare anche in Campania, ma solo con le insegne di Ncd: in questa regione, infatti, i cattolici dell'Udc sono al fianco di De Luca, ma l'etichetta di "popolari" agli alfaniani sembra piacere parecchio.
E se, per restare nella compagine di Caldoro, non può sfuggire una "pulce" con l'edera del Pri sulle frecce dei Popolari per l'Italia legati a Mario Mauro, non può proprio passare inosservata la "rivoluzione simbolica" di Noi Sud, proprio a un mese dal voto. Il partito di Antonio Milo ed Enzo Scotti non spiega direttamente la scelta, limitandosi a ricordare il suo motto ("Si è liberi perché autonomi, si è autonomi perché vi è la libertà") e a sottolineare l'importanza di riproporre con forza la questione meridionale, ma con energie nuove dei giovani (fuori e dentro le liste) e dei simpatizzanti. "La scelta di voler rinnovare il nostro logo - ha detto Milo - va nella stessa direzione": altre spiegazioni della sagoma tricolore, un po' sventolante e un po' fiammeggiante, con il nome del partito nel campo destro del cerchi, su fondo blu e con il "noi" giallo un po' in stile gesso, non ne arrivano.
Di sicuro non c'è bisogno di aguzzare gli occhi per capire quale sia il target elettorale della lista Vittime della giustizia e del fisco, una idea messa in campo Arturo Diaconale, direttore dell'Opinione e da anni maître à penser del centrodestra laico. L'intenzione era di mettere in piedi (in Campania, non essendo riuscita un'operazione simile in Liguria) liste di candidati della società civile, mai stati in politica, come testimonianza della lotta contro una giustizia "malfunzionante" e un fisco "oppressivo e inefficiente". Hanno corso senza firme, essendo stata sufficiente l'adesione del senatore di Gal Giovanni Mauro; sul simbolo non ce n'è traccia, anche perché è praticamente tutto occupato dal nome della lista, del quale spicca la parola "vittime", come concetto chiave dell'intera operazione.
La lista in questione ovviamente sostiene Stefano Caldoro, così come sta da quella stessa parte il Nuovo centrodestra. Del simbolo vanno sottolineate almeno due cose: innanzitutto si sacrifica la denominazione intera, facendo acquisire molto più spazio alle lettere della sigla, tra l'altro in modo graficamente efficace; secondariamente, al posto dell'indicazione del leader del partito, Angelino Alfano, i grafici hanno inserito l'espressione "Campania popolare". Praticamente si configura il tentativo di declinare il "marchio" di Area popolare anche in Campania, ma solo con le insegne di Ncd: in questa regione, infatti, i cattolici dell'Udc sono al fianco di De Luca, ma l'etichetta di "popolari" agli alfaniani sembra piacere parecchio.
E se, per restare nella compagine di Caldoro, non può sfuggire una "pulce" con l'edera del Pri sulle frecce dei Popolari per l'Italia legati a Mario Mauro, non può proprio passare inosservata la "rivoluzione simbolica" di Noi Sud, proprio a un mese dal voto. Il partito di Antonio Milo ed Enzo Scotti non spiega direttamente la scelta, limitandosi a ricordare il suo motto ("Si è liberi perché autonomi, si è autonomi perché vi è la libertà") e a sottolineare l'importanza di riproporre con forza la questione meridionale, ma con energie nuove dei giovani (fuori e dentro le liste) e dei simpatizzanti. "La scelta di voler rinnovare il nostro logo - ha detto Milo - va nella stessa direzione": altre spiegazioni della sagoma tricolore, un po' sventolante e un po' fiammeggiante, con il nome del partito nel campo destro del cerchi, su fondo blu e con il "noi" giallo un po' in stile gesso, non ne arrivano.
Nessun commento:
Posta un commento