domenica 18 agosto 2019

Ci metti la firma? Idee e proposte per un accesso più equo alle elezioni


Firma la petizione su Change.org
Scopri la storia della raccolta firme (tra esenzioni e storture)
Parliamone con: Benedetto Della Vedova (+Europa), Gianfranco Rotondi (Forza Italia), David Tozzo (Articolo Uno)

Non sappiamo esattamente quando gli Italiani saranno chiamati a votare per rinnovare il Parlamento: se tra pochi mesi, tra un annetto o qualcosa di più o, al limite, alla scadenza naturale della legislatura, nel 2023. Prima di pensare all'esito del voto, che potrebbe soddisfare alcuni e preoccupare altri, c'è però un problema piuttosto grave da affrontare e magari risolvere: un problema che prescinde dalla data di ritorno alle urne, anche se naturalmente un appuntamento elettorale ravvicinato complicherebbe molto la situazione. 
In gioco c'è l'accesso alla stessa competizione elettorale, legato all'istituto della raccolta delle firme. Quello che fa sì, assieme ad altre cause, che gran parte dei simboli depositati al Ministero dell'interno non finisca poi sulle schede. E che, a meno di qualche serio ritocco normativo, rischia di ridurre il numero dei contendenti alle prossime elezioni a poco più di cinque, escludendo i simboli rimasti fuori dal Parlamento e anche qualcuno di quelli entrati nel 2018. Per questo, è il caso di riflettere seriamente e di valutare qualche proposta, come quelle che sono indicate alla fine dell'articolo.


Perché si raccolgono le firme per le candidature?

In gran parte dei paesi, per presentare una candidatura - personale o di lista - alle elezioni, occorre depositare a sostegno un certo numero di firme di elettori residenti nel territorio cui quella stessa candidatura si riferisce. All'inizio, quando la partecipazione politica non era organizzata da soggetti collettivi strutturati, le firme a sostegno dei candidati servivano perché erano proprio i sottoscrittori gli unici soggetti che, per la legge del tempo, avevano titolo di presentare le candidature: non a caso, allora si parlava di "presentatori" e il nome, a volte, si usa ancora. Poi sono arrivati i partiti e di fatto sono stati loro a selezionare le candidature, ma si è continuato a raccogliere firme: il senso, stavolta, era dimostrare che, in quel territorio - più o meno esteso che fosse - quella forza politica poteva contare su un minimo di seguito, che magari non avrebbe assicurato loro la rappresentanza, ma dava almeno la garanzia che quella proposta era ritenuta degna di interesse da più di qualcuno. Altrove esistono altri sistemi per mettere alla prova la serietà di una proposta: quello più noto è il versamento di una cauzione, che si restituisce ove si superi una determinata percentuale. Difficile dire, però, cosa succederebbe in Italia ad applicare un sistema simile. 

La situazione insostenibile di oggi

Nel 2018 l'Italicum ha preteso tra 1500 e 2000 firme in ogni collegio plurinominale: le stesse sarebbero richieste nelle nuove applicazioni della legge, tutt'al più con un taglio del 50% in caso di elezioni anticipate (si riconosce che, in quelle condizioni, il tempo per la raccolta è pochissimo). La stessa legge elettorale, tuttavia, prevede che siano esentati dall'onere delle sottoscrizioni (solo) i partiti che hanno formato un gruppo parlamentare in entrambe le Camere all'inizio della legislatura e l'hanno mantenuto e quelli che sono espressione di una minoranza linguistica. 
In concreto, potrebbero correre senza firme MoVimento 5 Stelle, Partito democratico, Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia la Südtiroler Volkspartei (quanto alle minoranze linguistiche, la Valle d'Aosta la situazione è più complessa). Sei partiti in tutto, insomma: tutti gli altri dovrebbero raccogliere le firme, pure se dimezzate. Toccherebbe ai partiti rimasti fuori dal parlamento, a quelli che sono entrati ma il gruppo non ce l'hanno (Noi con l'Italia, Udc, Civica popolare) o ce l'hanno in un solo ramo (+Europa, Liberi e Uguali). Per non parlare, ovviamente, dei partiti appena nati (Cambiamo con Toti) o forse in arrivo nelle prossime settimane (quelli di Renzi o Calenda) o, ancora, di quelli esistenti e con loro esponenti in Parlamento, ma che non hanno partecipato alle elezioni (come Articolo 1, Sinistra italiana ed èViva, che potrebbero voler correre da soli dopo l'implosione di Leu). 
Nulla di male nel raccogliere le sottoscrizioni. Il fatto è che il numero di firme richieste è quasi sempre ben più alto che in passato, in proporzione agli abitanti dei vari collegi, ma soprattutto è molto più difficile raccoglierle oggi, con i partiti sempre meno organizzati a livello locale. Questo vale per le forze minori (che di solito non possono contare su consiglieri comunali o altre persone titolate ad autenticare le firme, a meno di pagare professionisti e sostenere costi notevoli), ma si è tentati di dire che il problema riguarda anche partiti sulla carta medi o grandi, ma "sul territorio" ben poco presenti: non si spiegherebbe, altrimenti, la corsa e le pressioni per ampliare ogni volta, dal 2006 in avanti, il novero dei soggetti esenti, per evitare a questi lo sforzo di cercare sottoscrittori, anche nei numeri ridotti dopo i tagli ad hoc. I pochissimi partiti in grado di raccogliere le firme per il loro radicamento territoriale, peraltro, non si pongono proprio il problema: sono esenti e tutto va bene. Se niente cambia, sulle schede elettorali ci saranno solo loro e quei partiti che a marzo del 2018 hanno dimostrato di esistere. Anche se, nel frattempo, sono andati in briciole.

Proposte - anche "simboliche" - per un accesso più equo alle elezioni

Questa situazione oggettivamente è insostenibile e dovrebbe essere così anche per coloro che vogliono a ogni costo semplificare il quadro politico italiano. Occorre fare qualcosa, soprattutto se si dovesse tornare al voto in autunno, con questa legge elettorale, dunque con una situazione di sostanziale sbarramento all'ingresso. E, già che ci si è, sarebbe il caso di chiudere questo stato di "eccezione permanente", in cui ogni volta dal 2006 al 2018 si sono applicate regole diverse da quelle previste dalla legge "a regime"
Cosa fare dunque? Le possibilità sono due e punterebbero tutte a dare maggiore legittimazione ai partiti o a ciò che ne è rimasto (in questo caso, si considera partito anche il M5S, senza pretendere di mutarne la natura). Innanzitutto sarebbe necessario abbassare sensibilmente il numero di firme da raccogliere - almeno dimezzandolo - e, contestualmente, eliminare tutte le esenzioni. Una sorta di "lavorare meno, lavorare tutti", che qui diventa "sforzarsi meno, ma sforzarsi tutti, sempre", perché ovviamente queste regole dovrebbero essere fatte per durare, senza eccezioni una tantum, cercando - anche se questo non si può imporre per legge - di conservare le previsioni nelle eventuali nuove leggi elettorali. Il sistema così sarebbe più equo, lo sforzo sarebbe abbordabile e non si incentiverebbero i noti fenomeni di falsificazione delle firme (così, tra l'altro, non si dovrebbe nemmeno allargare ulteriormente la platea dei soggetti autenticatori, cosa un po' rischiosa).
A questa modifica, tuttavia, sarebbe opportuno accompagnarne un'altra: prevedere che la raccolta di firme non si faccia più sulla lista dei candidati, ma sul simbolo della lista (come suggerisce un possibile testo normativo che l'amministratore di questo sito ha personalmente studiato e che offre a lettori e studiosi per la discussione). Si tratta di un cambiamento significativo, che tuttavia risponde al vero scopo della richiesta di sottoscrizioni: se "mettere la firma" serve a testimoniare la serietà della candidatura, è alla forza politica che si permette di presentarsi, non tanto ai singoli candidati. Ai potenziali sottoscrittori si chiederebbe semplicemente di consentire la presentazione delle candidature; spetterà poi alla singola formazione politica candidare persone in grado di incontrare il favore degli elettori (magari con le primarie o altre procedure di selezione) e fare lo stesso con le alleanze. Se non agirà così, se ne assumerà la responsabilità politica e toccherà agli elettori, a quel punto, irrogare la sanzione, non votando quel simbolo (per cui magari avevano firmato); di certo un giudizio sulla consistenza di una forza politica non dovrebbe trasformarsi, durante le operazioni preparatorie delle elezioni, in un giudizio sui candidati (al quale è dedicato il momento del voto). 
Questo passaggio, tra l'altro, da una parte prende atto di ciò che avviene nella pratica: chi firma per le competizioni sovracomunali difficilmente legge la lista dei candidati, ma firma sulla base del simbolo, se gli interessa consentire a quel partito di competere; in questo modo, poi, si evita il ripetersi di episodi spiacevoli, per cui certe liste sono state firmate "in bianco", quando i candidati ancora non c'erano (perché, appunto, nessuno ha letto quei moduli), o i nomi dei candidati sono stati cambiati in corso d'opera, a firme in tutto o in parte raccolte. Dall'altro lato, questa modifica consente di sfruttare meglio i tempi a disposizione nelle procedure elettorali: se una lista sa di voler correre con un certo simbolo, può iniziare a raccogliere le sottoscrizioni prima ancora del deposito del contrassegno al Viminale - sfruttando tutti i 180 giorni che la legge riconosce per la validità delle autenticazioni di firma - e consegnarle assieme alle liste (decise con calma, in un momento più vicino alle elezioni) un mese prima del voto agli uffici competenti
Con queste due modifiche, quindi, si potrebbe ottenere il risultato di rendere la competizione elettorale più equa, senza sbarramenti all'ingresso e con una maggior responsabilità in capo ai partiti o comunque alle forze politiche. Che a quel punto non avrebbero più scuse: niente esenzioni, niente "regali tagliafirme ad hoc" per rimediare a strepiti o lamentele, niente liste cambiate nel momento sbagliato all'insaputa degli elettori, nessuna colpa scaricabile sugli elettori che avevano firmato per la presentazione di candidati impresentabili. Il risultato finale sarebbe frutto sì della valutazione degli elettori, ma prima ancora delle scelte dei partiti sulle candidature. Vale la pena di discuterne e di parlarne, per capire chi sarebbe disponibile - letteralmente - a metterci la firma. Soprattutto tra i parlamentari, senza l'opera dei quali nessuna regola, tra quelle vigenti, potrà cambiare.

Chi condivide la causa, può firmare la petizione su Change.org; chi volesse esprimere pareri o dare suggerimenti, può scrivere agli indirizzi di posta elettronica indicati nel sito o utilizzare i commenti al post. Ogni contributo è ben accetto.

4 commenti:

  1. misure TAMPONE SI POSSONO PENSARE. Tuttavia in tutti i paesi seri c'è una legge elettorale e una legge sui partiti politici, lo richiederebbe anche il nostro art. 49 Cost.. Per l'autentica basta estenderla agli avvocati non solo ii cassazionisti. Dimezzare lee firme, meglio ridurle ad un terzo. Però serve una norma che consenta di impugnare le liste di candidati presentate in violazione delle norme statutarie solo così si possono raccogliere firme sul simbolo, altrimenti è una cambile in bianco

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  2. Se invece della raccolta firme si adottasse un sistema di tipo argentino con una legge sui partiti/movimenti politici e delle primarie obbligatorie(nel senso che ogni partito é obbligato a parteciparvi) e segrete(non ritengo giusto che sia reso manifesto l'appoggio dato, magari come simpatizzante,ad un partito) eseguite in tutti i territori interessati dalle votazioni,nei medesimi luoghi,colle medesime condizioni per scegliere le liste di candidati ed i simboli che finiranno sulle schede prevedendo che sia necessario raccogliere almeno un certo numero di voti per poter presentare il simbolo)?
    Io assegnerei a ciascun partito/movimento politico un codice alfanumerico (come quelli del 2 per mille) in modo che ciascun elettore possa,su una scheda pre stampata scrivere il numero del partito/movimento che intende appoggiare ed esprimere,fra i candidati del medesimo partito, tanti voti di preferenza quanti sono i seggi da assegnare alla circoscrizione in cui l'elettore risiede.
    Ritengo che tale sistema possa coniugare il bisogno di verificare il peso di una forza politica con la necessità di permettere a chiunque di candidarsi.
    Sò che forse tale meccanismo sembra piú congeniale ad una elezione politica piuttosto che ad una primaria (eliminando la raccolta firme, prevedendo le preferenze e mantenendo la soglia di sbarramento, che già richiede ad un partito una determinata consistenza numerica in termini di supporto popolare),tuttavia ritengo piú giusto prevedere primarie perché con esse si procede ad una scrematura dei soggetti politici, che sono, spesso,ridotti ad un numero tale da evitare la necessità di schede di grandi dimensioni (come quelle delle ultime regionali lombarde).
    Chiaramente tale motivo"profano"non esclude le motivazioni tecniche fornite nell'articolo.
    Infine,da assiduo frequentatore di questo blog, nonché #drogatodipolitica sono consapevole dell'importanza dei simboli.
    La previsione di utilizzare codici alfanumerici associati a ciascun partito deriva dalla necessità,per me imprescindibile,di fornire all'elettore una scheda unica,che però,per contenere i simboli di tutti i partiti esistenti che mirano a d eleggere parlamentari, dovrebbe essere abnorme.
    La scelta dunque deriva da ragioni pratiche.
    Forse sono andato un pó fuori tema,ma ho voluto esprimere come risolverei il problema delle candidature e delle firme ed ho anche voluto spiegare come attuerei il sistema, spero che il Dottor Maestri e tutti i lettori comprendano e mi scusino per la lunghezza

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  3. Io proporrei una soluzione di tipo "argentino" con una legge sui partiti politici(che ne definiva meglio lo status giuridico,i diritti ed i privilegi nel rispetto dell'articolo 48 della Costituzione) e primarie da svolgersi nei medesimi seggi alle medesime condizioni delle elezioni per scegliere i simboli che compariranno sulla scheda e le liste di candidati.

    In tali primarie a ciascun cittadino potrà esprimere la propria preferenza per un partito e tanti voti di preferenza,fra i candidati del partito/movimento medesimo,quanti sono i seggi assegnati alla circoscrizione.
    Le liste di candidati possono contenere piú nominativi dei seggi da assegnare.

    Poiché ritengo necessaria una scheda unica,per le primarie bisognerebbe prevedere che il voto al partito/movimento sia espresso scrivendo nell'apposito spazio sulla scheda il nome del partito,la sua sigla o un codice alfanumerico ad esso associato (come quelli del due per mille) perché, non essendoci sbarramenti in entrata ciascun partito/movimento potrebbe presentarsi alle primarie e ciò richiederebbe una scheda enorme.
    Personalmente includerei anche questa esigenza di scrematura dei movimenti politici fra le ragioni della raccolta firme,senza nulla togliere al bellissimo articolo

    Compariranno sulla scheda i partiti/movimenti che avranno raccolto un determinato numero di voti alle primarie.
    Le liste dei medesimi partiti saranno composte secondo l'ordine decrescente delle preferenze raccolte dai candidati del partito nelle primarie,fino alla copertura totale dei seggi della circoscrizione.
    Ritengo che tale sistema conughi la segretezza delle opinioni politiche e la sccelta dei candidati da parte dei cittadini con la necessità di verificare il peso di ogni forza politica.

    Cordialmente Marco Bottaro

    P. S:Ho espresso come io risolverei il problema della sezione dei partiti e dei candidati, spero di non essere andato fuori tema,se cosí fosse me ne scuso con il Dottor Maestri e con tutti i lettori

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