Manca meno di una settimana al deposito presso il Ministero dell'interno dei contrassegni in vista delle elezioni europee dell'8 e del 9 giugno. E proprio guardando i contrassegni presentati in quei giorni, oltre a trovare quelli delle formazioni principali (qualcuno - pochi - presentato in questi giorni, altri ancora da svelare), si capirà quali soggetti politici non hanno del tutto perso la speranza di partecipare alle elezioni senza raccogliere le firme grazie alla loro adesione a un partito politico europeo o a una realtà simile.
Già in questi giorni, infatti, in Rete si trovano notizie di partiti e movimenti che si apprestano a presentare comunque le loro liste, distinte da un contrassegno composito contenente un rimando testuale e/o grafico al proprio partito politico europeo di riferimento, nonostante sia ormai entrata in vigore la norma "taglia esenzioni" introdotta nella legge elettorale per le elezioni europee grazie a un emendamento presentato da Fratelli d'Italia al Senato durante il percorso di conversione del "decreto elezioni 2024". Com'è noto c'è chi ha scelto di provare a raccogliere comunque le firme richieste dalla legge (dimezzate per l'occasione, ma comunque in numero significativo), una volta sfumata la possibilità - resa possibile nel 2014 dall'Ufficio elettorale nazionale - di ottenere l'esonero attraverso un partito politico europeo anche senza eletti in Italia all'ultimo voto per Strasburgo: è il caso della lista Pace Terra Dignità (che avrebbe potuto avvalersi dell'adesione di Rifondazione comunista al Partito della Sinistra europea) e, a quanto pare, di Democrazia sovrana popolare (tra le forze politiche che nelle ultime settimane hanno lamentato il sostanziale sbarramento della "via europea" all'esenzione). Ci sono altre forze politiche che, invece, non hanno alcuna intenzione di raccogliere le firme, puntando piuttosto a presentare comunque le proprie liste come se per loro l'esonero praticato - con una certa larghezza - nel 2019 valesse ancora; nel caso di un'assai probabile bocciatura delle candidature, sono pronte a tentare tutti i ricorsi possibili, nella speranza di ottenere qualche risultato.
Simbolo del 2019 |
L'approvazione dell'emendamento sopra ricordato sembrava avere fatto tramontare l'idea di nuove candidature, ma lo scorso 10 aprile il partito, guidato dal suo presidente Cristiano Ceriello, ha diffuso un comunicato in cui si annuncia tutt'altra intenzione: quella di correre alle europee con una propria lista, a dispetto delle nuove norme. "Il Direttivo - si legge - ha interpellato diversi costituzionalisti e con il proprio ufficio legale ha valutato come la norma presenti diversi tratti di incostituzionalità, in violazione anche delle Raccomandazioni della Commissione Europea di non modificare le leggi elettorali un anno prima delle elezioni, oltre che violare il Codice di Buona Condotta del Consiglio d'Europa, nonché violare la Giurisprudenza della Corte Europea CEDU che, nella nota sentenza Ekoglastnost contro Bulgaria, fa divieto agli Stati di cambiare le leggi elettorali un anno prima delle elezioni nel rispetto della democrazia e ad elezioni trasparenti".
Queste questioni sono stare ricordate più volte, anche su questo sito, nelle scorse settimane; in questo caso, però, si aggiunge un argomento interessante, che completa in qualche modo il quadro giuridico-fattuale da considerare: "In ogni caso le elezioni europee sono state indette a maggio 2023 dal Consiglio della UE, come prevede l'atto elettorale UE, e gli adempimenti elettorali in Italia sono iniziati a dicembre 2023, sei mesi prima della tornata elettorale: pertanto il nuovo testo della norma non può che applicarsi alle prossime elezioni del 2029". Non rileverebbe, dunque, il fatto che l'indizione formale delle elezioni in Italia consegua ai decreti del 10 aprile: la fissazione della data e gli altri adempimenti svolti (anche) in Italia dovrebbero far ritenere la procedura elettorale già avviata e, dunque, le ultime modifiche alle "regole del gioco" non potrebbero applicarsi a un gioco già iniziato.
Sulla base di questo argomento, come su alcune interpretazioni favorevoli che il "nuovo confuso testo normativo" - a detta del partito e di alcuni giuristi interpellati, a partire da Giuseppe Libutti e Michele Trotta - consentirebbe, il Partito animalista italiano intende presentare comunque il proprio contrassegno composito e, in seguito, impiegarlo per distinguere le liste: sarà molto probabile che gli uffici elettorali circoscrizionale e (quasi certamente) quello nazionale non ammettano le candidature, non considerando giusta la lettura dei promotori della lista, quindi ci si deve preparare a una batteria di ricorsi nel tentativo di reagire contro una limitazione notevole alla possibilità di presentare candidature.
Nello stesso periodo, tra l'altro, mantiene - e divulga - il proposito di partecipare comunque alle elezioni "in proprio" e senza dover raccogliere le firme Stefano Bandecchi, coordinatore nazionale di Alternativa popolare: lui si dice convinto che aver inserito nel simbolo di Ap il riferimento al Partito popolare europeo (di cui l'ex partito di Angelino Alfano è membro) possa ancora assicurare l'esenzione. Nel simbolo composito il cerchio del simbolo è inserito in un cerchio più grande, di colore blu sfumato (ma senza la sfumatura ben visibile nella versione precedente); in quel cerchio più grande, accanto al cognome giallo di Bandecchi, c'è la miniatura di I valori di Centro Destra (gruppo che ha presentato una candidatura nella provincia di Bolzano).
Nemmeno questo contrassegno, probabilmente, sarà accolto: anche qui, probabilmente, arriveranno ricorsi di cui si darà conto.
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