In certi casi sono sufficienti poche righe per dare corpo a uno "scenario simbolico" che, in qualche modo, era stato previsto nei giorni scorsi. Ci si riferisce a un brevissimo post diffuso poco dopo le 17 e 30 di ieri sui propri canali social da Maurizio Turco, segretario del Partito radicale nonviolento transnazionale transpartito, nonché presidente dell'associazione Lista Marco Pannella. Il microcomunicato è stato emesso proprio in quest'ultima qualità e riguarda le elezioni europee previste per l'8 e il 9 giugno, ma soprattutto il primo adempimento pubblico visibile, cioè la presentazione dei contrassegni. "In occasione delle elezioni europee 2024 - ha scritto Turco - la Lista Marco Pannella depositerà il simbolo già depositato nel 2019 contenente la 'rosa nel pugno' e la dicitura 'Stati Uniti d'Europa'".
Quest'annuncio, dunque, è la concretizzazione di quanto era stato ricordato su questo sito lo scorso 27 marzo, all'indomani della divulgazione da parte dei media di un'ipotesi di simbolo per la lista di scopo Per gli Stati Uniti d'Europa, promossa da +Europa, Italia viva (partiti apportatori dell'esenzione dalla raccolta firme) e altri soggetti politici, tra cui Radicali italiani, il Psi e Libdem Europei: l'espressione "Stati Uniti d'Europa" era già finita su un contrassegno elettorale regolarmente depositato presso il Ministero dell'interno cinque anni fa, anche se poi non finì sulle schede elettorali.
Simbolo del 2019 |
Rispetto a quello del 2019, il contrassegno ha subito qualche ritocco: lo sfondo giallo è leggermente più scuro, il rilievo della denominazione rossa è leggermente maggiore (per una spaziatura più ampia dei caratteri), ma soprattutto è stato ingrandito il fregio della rosa nel pugno (che tra l'altro ha recuperato, come in passato, i vari colori dei petali della rosa e delle parti delle foglie); in ogni caso, non si può dubitare del fatto che si tratti dello stesso simbolo (come contenuto e come concetto) depositato cinque anni fa, sul quale sono inevitabilmente maturati dei diritti in capo al soggetto depositante. Il proposito, espresso da Maurizio Turco, di depositare il simbolo Stati Uniti d'Europa presso il Viminale pone una questione circa la possibile "convivenza" nelle bacheche di quel contrassegno con quello della lista Per gli Stati Uniti d'Europa, ufficialmente non ancora reso noto mentre si scrive (ma dovrebbe essere prevista la presentazione sabato). La questione non è di poco conto e merita di essere approfondita in breve.
Per prima cosa, di certo nessun soggetto politico può invocare l'uso esclusivo del concetto di "Stati Uniti d'Europa", visto che è stato coniato molto tempo prima (l'uso più noto, in ambito politico italiano, è stato quello di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, ma ci sono impieghi anche decisamente precedenti): non è un'ipotesi molto diversa dall'uso del termine "socialista", "comunista" o "liberale" non "brevettabile" da alcuno. Certo, è difficile negare che potenzialmente la coesistenza di "Stati Uniti d'Europa" e "Per gli Stati Uniti d'Europa" potrebbe porre qualche problema di confondibilità, se ci si limitasse al confronto dei nomi. Vero è anche che la lista Per gli Stati Uniti d'Europa sarà sicuramente sulle schede, non dovendo raccogliere le firme, mentre è probabile che il deposito di Stati Uniti d'Europa non sia seguito dalla presentazione di liste.
Qualcuno potrebbe ritenere che il simbolo di cui Turco ha annunciato il deposito debba essere ricusato per confondibilità con quello che presenterà +Europa, magari ricorrendo alla fattispecie del "deposito emulativo", cioè fatto - come dice la legge - "con il solo scopo di preculderne surrettiziamente l'uso ad altri soggetti politici interessati a farvi ricorso", in particolare alla "lista di scopo" annunciata da tempo (a partire dall'appello di Emma Bonino); occorre però tenere conto di dettagli tutto meno che trascurabili. Quello principale - che, proprio per questo, in effetti dettaglio non è - è che il deposito del 2019 è stato fatto a livello nazionale, con tanto di ammissione da parte della Direzione centrale dei servizi elettorali: si concreta dunque un preuso nazionale (fatto anche in sedi diverse dal Viminale), preuso che ha indubbiamente un valore e basterebbe da solo a distinguere quest'ipotesi da altre del passato, in cui l'impiego di un nome in chiave locale o anche regionale non è stato ritenuto sufficiente a tutelare il preuso anche in sede di deposito al Ministero dell'interno (si pensi, in particolare, al caso di Fratelli d'Italia registrato nel 2013); a maggior ragione sono diversi i casi in cui alcuni soggetti hanno schierato simboli nuovi simili per cercare di ostacolare l'uso altrui di emblemi altrettanto nuovi ma più pubblicizzati dai media (il caso più famoso è quello della Lista Dini del 1996, prima applicazione del "deposito emulativo", ma lo stesso è valso per la lista del "Comitato Monti presidente" nel 2013). Si deve anche aggiungere che il simbolo Stati Uniti d'Europa è ricomparso in vari post del Partito radicale, a partire certamente dal 14 febbraio di quest'anno, ma anche negli anni precedenti l'uso si è registrato, per cui non si può parlare di "uso desueto", "decadenza dall'uso" e ipotesi simili.
Detto ciò, la strada più coerente sarebbe almeno consentire la convivenza dei due contrassegni, anche perché - al di là del nome molto simile, vista l'uguaglianza del riferimento ideale - sono molto diverse le grafiche e questo potrebbe essere un elemento rilevante ai fini della decisione. Se poi la Direzione centrale dei servizi elettorali dovesse considerare prevalente il deposito fatto in passato presso il Viminale in precedenti occasioni elettorali, le decisioni potrebbero essere diverse. Nei prossimi giorni se ne saprà di più.
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