domenica 19 giugno 2022

"Convocate il congresso!": la Lega Nord alle prese col "diritto dei partiti"

Mai, davvero mai pensare che scontri politici e giuridici sul "diritto dei partiti" si verifichino solo in certe forze politiche: possono avvenire ovunque, magari restare silenti o sotto traccia per un certo tempo, salvo poi riemergere al tempo ritenuto più opportuno. Nelle scorse settimane l'attenzione dei media è stata attirata dalle azioni di alcuni iscritti al MoVimento 5 Stelle che lo scorso febbraio avevano ottenuto dal tribunale di Napoli la sospensione delle deliberazioni dell'agosto 2021 e in seguito hanno chiesto di invalidare anche le nuove votazioni svoltesi a marzo (il 14 giugno scorso la nuova richiesta di sospensione è stata respinta, ma è probabile che venga proposto reclamo); in questo stesso sito si è parlato con una certa ampiezza della sospensione delle delibere dell'assemblea nazionale di +Europa che hanno preceduto il secondo congresso del partito, celebrato lo scorso anno. Oggi Il Fatto Quotidiano ha dedicato un articolo - a firma di Stefano Vergine - a un ricorso presentato lo scorso 16 giugno al tribunale civile di Milano a nome di Gianluca Pini, romagnolo, dal 1999 al 2015 segretario nazionale della Lega Nord Romagna e deputato per tre legislature consecutive (fino ai primi mesi del 2018). 
Pini, che è tuttora socio ordinario militante della Lega Nord, ha chiesto con urgenza che sia disposta la convocazione del congresso federale del partito perché siano eletti consiglio e segretario federali, chiedendo che della procedura si occupi "un soggetto terzo garante della democrazia interna del partito" e comunque che in queste operazioni siano pienamente rispettati i principi di "più ampia partecipazione democratica".
Per chi frequenta con costanza questo sito, il nome di Pini non dovrebbe suonare nuovo. Nel 2020, infatti, lui e Gianni Fava (anch'egli ex deputato per tre legislature, nonché sfidante di Matteo Salvini al congresso del 2017) avevano chiesto di poter utilizzare alle elezioni amministrative il simbolo della Lega Nord (quello con il nome integrale, Alberto da Giussano, il "Sole delle Alpi" e il riferimento alla Padania), in modo che il partito potesse continuare a esistere sul territorio (e non solo sul piano giuridico-contabile); i commissari "nazionali" della Lega Nord avevano però negato l'uso del simbolo ufficiale e le liste con quelle insegne non erano state presentate. Anche l'anno scorso il tema era emerso nelle cronache politiche e Pini aveva sollevato la concreta possibilità che fosse presentato un ricorso per reagire alla situazione di un partito che lui e altri ritenevano "in ostaggio [...]. Ci sono dei signori che stanno negando la possibilità a chi ancora aderisce alla Lega Nord di fare attività politica e presentarsi alle elezioni". Quel ricorso allora non fu presentato, mentre questa volta si è passati dalle parole ai fatti: evidentemente si è ritenuto che quello attuale - dopo il primo turno delle amministrative e il mancato raggiungimento del quorum dei referendum promossi dal Carroccio - fosse il tempo più opportuno.
Il ricorso ex art. 700 del codice di procedura civile, presentato per Pini dal suo avvocato 
Massimo Beleffi, si apre con la rivendicazione da parte dell'ex deputato della qualità di socio ordinario militante della "Lega Nord per l'indipendenza della Padania" (e della richiesta di rinnovo dell'adesione - con contestuale pagamento delle quote - entro il 31 marzo di ogni anno, come previsto dal regolamento federale all'art. 4, comma 3 vigente fino al marzo 2022; il regolamento ora vigente ha spostato il termine alla fine di ogni anno). Si ricorda poi l'ultimo congresso federale del 21 dicembre 2019, in occasione del quale vennero approvate modifiche allo statuto per semplificare il più possibile la struttura del partito e per concedere l'uso del simbolo ad altri movimenti dagli obiettivi affini (ma per Pini si è trattato di modifiche "funzionali ad impedire lo svolgimento dell'attività politica da parte del movimento"); in quell'occasione si sono registrate anche le dimissioni di Salvini dalla segreteria federale, con la successiva nomina di Igor Iezzi quale commissario federale ad opera del consiglio federale del partito. Stante quella situazione si lamenta come siano ampiamente trascorsi i termini previsti dallo statuto del partito per convocare un nuovo congresso al fine di ricostituire gli organi elettivi (180 giorni dall'affidamento dei poteri al rappresentante legale, qualora si dimettano allo stesso tempo oltre la metà dei membri del consiglio federale e il segretario federale, secondo l'art. 13, ultimo comma dello statuto) o almeno di eleggere un nuovo segretario (120 giorni "dalla cessazione dalla carica del Segretario Federale oppure entro un termine diverso definito dal Consiglio Federale": ultimo comma dell'art. 15). Il commissario federale Iezzi, invece, non avrebbe risposto all'intimazione che lo stesso Pini gli avrebbe rivolto alla fine di settembre dello scorso anno.
Sulla base di questo, Pini avrebbe chiesto al tribunale di disporre d'urgenza la convocazione del congresso, sulla base dell'art. 20 del codice civile - lo stesso, per intendersi, che venne usato nel 2016 dai sedicenti confermati soci della Democrazia cristiana per ottenere dal Tribunale di Roma la convocazione dell'assemblea degli iscritti - che consentirebbe di ottenere la convocazione dell'assemblea dei soci (di un'associazione riconosciuta, ma anche di una non riconosciuta, dunque anche di un partito) anche qualora gli amministratori non vi provvedano. In questo caso, ovviamente, l'assemblea verrebbe identificata nell'organo deliberativo di massima istanzia, cioè congresso federale, quale "organo rappresentativo di tutti i soci della Lega Nord", che "stabilisce la linea politica e programmatica della Lega Nord e valuta le attività svolte dalle nazioni" (art. 9 dello statuto).
Secondo il ricorrente, si è di fronte a un'indubbia violazione dello statuto, perché dalla fine del 2019 non risulta che il congresso federale sia mai stato convocato, men che meno entro i termini statutari ricordati sopra (incluso quello, previsto dall'art. 13, penultimo comma, in base al quale il congresso federale va convocato entro 18 mesi qualora i membri del consiglio federale si dimettano per più di metà e il segretario debba assumere i poteri di quell'organo). Oltre a una violazione statutaria, la mancata convocazione rappresenterebbe "un vulnus nel corretto svolgimento della dialettica politica", perché in questo modo i soci ordinari militanti non potrebbero esercitare - oltre che il dovere di partecipare alla vita del partito - il "diritto di intervento, di voto e di elettorato attivo e passivo, secondo le norme previste dallo Statuto e dai relativi regolamenti": Pini ha visto il suo diritto/dovere negato nell'episodio che ha negato a lui (e a Fava) l'uso del simbolo della Lega Nord alle elezioni amministrative. 
Oltre al fumus boni iuris preso in esame sin qui, per il ricorrente ci sarebbe anche un "pregiudizio grave ed irreparabile derivante dal perdurare di questa situazione": nel ricorso, infatti, si legge che "[a] fronte del commissariamento degli organi federali è venuta meno la democrazia interna del Movimento, tanto che gli iscritti sono completamente esclusi, ma, soprattutto, situazione ancor più grave, v'è stato l'azzeramento di qualsiasi sua attività politica, quindi il rischio concreto ed imminente è proprio quello che la Lega Nord per l'indipendenza della Padania sia definitivamente esclusa dall'attività politica". Una situazione simile si potrebbe evitare solo convocando e svolgendo il congresso, rimediando al "danno democratico creato dallo scellerato immobilismo" (così, ancora, nel ricorso, sine iniuria) del commissario federale.
Per Pini, però, non sarebbe sufficiente la mera convocazione dell'assise congressuale federale: alla convocazione dovrebbe infatti provvedere "un soggetto terzo garante della democrazia interna del partito". Anche ove della convocazione fosse incaricato Iezzi (nella qualità di commissario federale), è stato chiesto che il congresso si tenga entro 30 giorni dall'emissione del provvedimento del giudice (evidentemente per non perdere altro tempo) e che la convocazione segua "i principi [di] più ampia partecipazione democratica avendo accortezza, visti i trascorsi, di nominare soggetti terzi di provata imparzialità quali componenti della commissione verifica poteri al fine di accertare il rispetto di ogni adempimento, con particolare riferimento alla condizione di cui all’articolo 16 del vigente regolamento, comma 4, in merito alla effettiva continuità di militanza". Posto che nel regolamento vigente, in effetti, rileva non più l'art. 16, ma l'art. 15 (per il resto uguale nel testo), in effetti è probabile che l'atto si riferisca al comma 3: si chiede dunque di verificare che i periodi di militanza richiesti dal comma 2 per la candidatura alle cariche interne (tra questi, cinque anni per le cariche a livello federale, aumentati a dieci per i ruoli di segretario federale o membro del comitato amministrativo federale e a venti per chi sarà scelto come presidente federale dopo la morte o la rinuncia di Umberto Bossi) siano "raggiunti con una militanza consecutiva e ininterrotta". Quest'ultimo riferimento sarebbe legato alla già vista questione del rinnovo dell'adesione alla Lega Nord, per cui Pini, Fava e altri avrebbero continuato a pagare la quota, mentre nel 2020 si era appreso che l'iscrizione era diventata di fatto - per scelta del consiglio federale - "automatica" e gratuita per chi era iscritto negli anni precedenti, quando in effetti l'iscrizione a un partito o un'associazione dovrebbe pur sempre essere un atto volontario.
L'articolo del Fatto Quotidiano solleva la questione dei 49 milioni di euro di finanziamenti pubblici indebitamente percepiti che la Lega Nord sta rifondendo a rate: per Pini "se la Lega tornerà ad essere un soggetto politico attivo, non una scatola vuota come è ora, sarà possibile anche ripagare il debito". Al momento, in realtà, la questione più urgente e delicata sembra essere un'altra. Si è ricordato prima come si sia fatto ricorso all'art. 20 del codice civile nell'ultimo tentativo di ridestare dal letargo la Democrazia cristiana (con l'assemblea che in effetti si tenne alla fine di febbraio del 2017): in quell'occasione, peraltro, fu necessario raccogliere poco meno di 200 firme degli iscritti (o ritenuti tali), perché proprio l'art. 20 prevede, al comma 2, che si convochi l'assemblea di un'associazione quando sia stata "fatta richiesta motivata da almeno un decimo degli associati". Ora, il ricorso presentato al tribunale di Milano - ex art. 700 del codice di procedura civile, ma per un atto di volontaria giurisdizione da richiedere al presidente del tribunale - è chiaramente presentato solo in nome di Gianluca Pini e all'interno si dice che agisce quale socio ordinario militante della Lega Nord, non anche in rappresentanza di altri associati. Pini ha considerato questo aspetto della questione? "Vediamo come rispondono - spiega a I simboli della discordia -. Quando ci replicano, abbiamo 200 firmatari"
Si vedrà dunque se il commissario federale della Lega Iezzi riterrà opportuno rispondere in qualche modo al ricorso di Pini e come il tribunale di Milano procederà di fronte a quello stesso atto. Sicuramente, come si diceva prima, si è di fronte a una nuova questione di "diritto dei partiti", già in passato emersa e oggetto di dibattito, ma che per la prima volta prende le forme di un atto del processo civile: il giudice civile, dunque, potrebbe essere chiamato - salvo errore, per la prima volta - a occuparsi della vita di un partito ancora vivo ma "congelato", non per una formale sospensione dell'attività politica in seguito a confluenza, ma per la scelta dei suoi organi di vertice di far vivere parte del proprio simbolo e della propria storia in un'altra formazione politica, pur mantenendo l'efficacia delle iscrizioni.  

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