Alla fine, in qualche modo, l'attacco sembra partito. Anche se magari non si tratta ancora dei colpi di artiglieria più pesanti. Mentre infatti in Puglia Forza Italia non accetta l'invito di Giorgia Meloni e Francesco Schittulli a tenere le primarie tra lui e Adriana Poli Bortone (netto il coordinatore forzista pugliese Luigi Vitali: "Una farsa cui Forza Italia non partecipa, sarebbero primarie ridicole: non ci sono regole scritte e si dovrebbero tenere fra quattro giorni in una regione con oltre 4 milioni di abitanti. È materialmente impossibile. [...] Le primarie sono una cosa seria e vanno fatte con criterio, con regole discusse e condivise, con tempi che permettono ai candidati di incontrare gli elettori ai quali illustrare perché votare per l'uno o per l'altro") e Silvio Berlusconi, stando ai rumors, starebbe pensando di candidare almeno in Campania e Liguria essenzialmente vittime della "malagiustizia", il primo atto di guerra contro l'amministrazione del movimento azzurro si è compiuto.
Ieri infatti l'AdnKronos ha dato notizia di un ricorso ex art. 700 del codice di procedura civile, depositato al tribunale di Roma dall'avvocato Arturo Umberto Meo a nome di Vincenzo D'Anna, senatore di Gal eletto con Forza Italia, lo stesso che era artefice dell'operazione "Campania civica" al fianco di De Luca. Le doglianze riguarderebbero in particolare i "poteri e la legittimità della carica attualmente ricoperta dalla senatrice Rossi". La strategia è chiara: mettere in crisi la qualifica di amministratore straordinario di Mariarosaria Rossi avrebbe l'immediata conseguenza di privare di valore le procure speciali al deposito di simbolo e liste di Fi alle elezioni, a partire dall'appuntamento con le regionali.
E' lo stesso D'Anna a spiegare che lo scopo principale del ricorso è "definire una volta per tutte che in Forza Italia non si può fare a meno, né degli organismi previsti dallo statuto, né della democrazia decisionale. Non è concepibile, in presenza del finanziamento pubblico, ovvero dei soldi dei contribuenti, che il partito sia considerato come una proprietà privata. Berlusconi ha tantissimi meriti, che nessuno disconosce, ma non credo che sia consentito ricondurre a lui una gestione da monarca assoluto, un concetto del tutto estraneo a un partito che si richiama al liberalismo e alle libertà".
Può far sorridere la citazione finale di D'Anna, tratta dall'Anabasi di Senofonte, per cui "la democrazia consente ai pidocchi di divorare i leoni", ma non deve distogliere l'attenzione dai punti principali della vicenda. Il senatore sottolinea "una testa, un voto. Questa è l'essenza della democrazia'': riesce difficile immaginare - salvo errore, naturalmente - che il principio sia sempre e comunque stato rispettato, in Forza Italia come in molti altri partiti. E non è affatto escluso che chi pensava di ricorrere o lo ha appena fatto lo sapesse a fondo. E se il deputato Francesco Paolo Sisto sottolinea che "Una Forza Italia divisa è una Forza Italia sbagliata" e si dichiara del tutto non disposto "a condurre battaglie per togliere il simbolo di Forza Italia a Berlusconi", perché "sarebbe come togliere la maglia dell’Inter all’Inter o l’Inno di Mameli all’Italia", ci vorrà altro perché chi intende combattere deponga le armi. Si potrebbe profilare una guerra totale in punto di statuto, un po' come quella deflagrata nel Partito popolare italiano giusto vent'anni fa, anche allora alla vigilia delle regionali (come ha ricordato oggi sul Tempo Antonio Angeli, che mi ha intervistato sul tema). Ma chissà, forse il tempo del ripensamento non è ancora scaduto...
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