lunedì 1 agosto 2022

Impegno civico, un'ape su fondo blu-arancio per Di Maio e Tabacci

Alla fine il tempo del battesimo per il progetto politico legato a Luigi Di Maio e Bruno Tabacci è arrivato, in un evento in grande stile al Foro Italico, in un tripudio di schermi a led e Heroes di David Bowie sparata a tutto volume per introdurre vari interventi, al punto da rendere difficile, in qualche momento, sentire le voci di chi parlava al microfono (almeno per chi ha seguito la presentazione attraverso Facebook). Il primo a farne le spese è stato Emilio Carelli, entrato da poche settimane nel gruppo alla Camera di Insieme per il futuro (dopo aver fatto parte della compagine di Coraggio Italia e del gruppo misto): "Per me, che un anno e mezzo fa avevo lasciato il MoVimento 5 Stelle, è una specie di ritorno a casa, perché qui ho ritrovato i valori fondanti che il M5S ai miei occhi aveva perso". Proprio lui, che ha condotto la presentazione dando la parola alle persone che sono intervenute, ha citato per la prima volta papa Francesco (cui il nome del soggetto politico sarebbe ispirato) e ha tracciato un breve identikit del progetto politico in costruzione: "Impegno civico vuole essere una grande forza riformista, con grande attenzione all'ecologia, all'ambiente e alla transizione digitale".

Visioni e (con)divisioni

Del percorso che ha condotto alla fondazione della forza politica ha parlato soprattutto Vincenzo Spadafora, indicato come coordinatore politico di Impegno civico: per lui la nascita del progetto è frutto "della scelta molto importante che abbiamo fatto il 21 giugno", quando Di Maio, lui e altri hanno lasciato il MoVimento 5 Stelle e "scelto da che parte stare"; ha rimarcato le radici più antiche di quel percorso, inevitabilmente legate all'azione del MoVimento 5 Stelle in cui i promotori di Impegno civico hanno militato "e ai suoi traguardi che, un po' maldestramente, ora sono rivendicati da chi di quella storia non ha mai davvero fatto parte"; c'è però anche l'accenno a "errori, sottovalutazioni, analisi a volte sbagliate" che hanno caratterizzato almeno in parte il percorso che ha portato fino a oggi e che comunque hanno formato l'esperienza di chi ora dà avvio a questa nuova esperienza politica. Questa punta inevitabilmente alle elezioni politiche di inizio autunno, ma il lavoro dovrà continuare anche dopo il 25 settembre: "Quel giorno il problema non sarà scegliere tra la destra e noi, ma tra due diverse visioni di società e futuro che vengono proposte. Noi dovremo essere in grado di raccontare la nostra visione che è esattamente opposta a quella delle forze politiche che oggi rappresentano la destra nel nostro paese, specialmente se si parla di diritti, a partire da quelli di ogni persona della collettività, non solo delle varie comunità che ne fanno parte".
Durante la presentazione si sono avvicendati vari interventi che si potrebbero dire "tecnico-politici", da quello della sottosegretaria uscente all'economia Laura Castelli (che si è diffusa appunto sull'economia sociale) a quello di Federica Gasbarro, attivista climatica che ha partecipato all'ultima Cop26 a Glasgow, passando per Carlo Romano (membro del consiglio nazionale di Centro democratico, più di recente coordinatore delle politiche economiche del governo guidato da Mario Draghi). A dimostrare che il percorso con il partito di Tabacci non è né dovrebbe essere un mera alleanza tecnico-elettorale, volta a evitare la raccolta delle firme, è intervenuto il discorso della segretaria nazionale di Centro democratico, Margherita Rebuffoni: "Impegno civico è il nostro progetto politico condiviso, nel quale uniamo le forze, che il modo migliore per affrontare le sfide politiche. Centro democratico ha una sua storia, quella di Insieme per il futuro è più recente ma ben connotata politicamente. Il perimetro in cui ci muoviamo è quello del centrosinistra: lì siamo nati con le primarie del 2012 e non ci siamo mai mossi da lì. Il voto del 25 settembre è il più importante degli ultimi anni, perché per la prima volta non ci confronteremo con il centrodestra, ma con la destra e questo non può non avere un peso, a partire dai rapporti internazionali". In giorni in cui nel terreno alternativo al centrodestra si parla soprattutto di malumori, veti nei collegi uninominali, tentazioni di corse autonome, Rebuffoni ha chiesto "un sussulto di generosità verso il paese e di responsabilità per tenere unito questo campo, per non regalare alla destra l'Italia: credo che nella coalizione non ci debbano essere veti, l'unico che dobbiamo mettere è alla destra, perché non vinca le elezioni".

Un progetto e un simbolo per investire sul futuro

Poi è toccato a lui, Bruno Tabacci, ingrediente essenziale di quest'operazione, di nuovo nelle vesti di "nocchiero elettorale" per una forza politica neocostituita, anzi, in via di formazione: lui, ben conscio del ruolo giocato, ha creduto opportuno raccontarlo in prima persona. Lo ha fatto senza troppi giri di parole, a costo di far suonare strane quelle stesse parole pronunciate davanti a quella platea: "Io sono ancora democratico cristiano, solo che la Dc è morta nel 1993: io ho dovuto cercare di continuare a servire il mio paese con disciplina e onore, tenendo conto dei frati che si muovevano nel convento, che io non potevo certo cambiare, e delle condizioni politiche che si sono determinate nel paese, tenendo ferma la testimonianza che ho imparato dai miei maestri, alcuni dei quali avevano fatto la Resistenza" (più avanti ha citato i discorsi notturni di Giovanni Marcora). E se pochi giorni fa, intervistato da Francesco Magnani a L'Aria Che Tira Estate, Tabacci aveva definito Di Maio "il miglior prodotto evolutivo dei 5 Stelle", oggi è andato oltre: "Quest'operazione che facciamo oggi non è casuale: Luigi è più giovane dei miei figli, quindi è un passaggio generazionale, un investimento sul futuro, io e lui ci siamo frequentati nell'ultimo anno e mezzo con una certa assiduità e ho potuto vedere le profonde modificazioni che sono intervenute", evocando i primi tempi del MoVimento 5 Stelle e l'era del "vaffa". Le parole successive hanno avuto le sembianze un po' del sassolino tolto dalle scarpe (da parte di chi aveva un blog all'epoca in cui lo aveva Beppe Grillo, ma lo aveva chiuso perché refrattario agli insulti), un po' del riconoscimento che il Di Maio di oggi non sarebbe stato fuori posto in altri tempi della Repubblica: "chi ha pensato che mettere insieme la somma delle proteste equivalesse a fare un'azione di governo si è sbagliato: le proteste vanno introiettate, capite, ma poi la politica deve trovare il punto di sintesi, altrimenti la somma degli interessi particolari non fa l'interesse generale". 
Per più di una persona, però, quella varata oggi continuava a sembrare un'operazione più elettorale che politica: anche nella logica conventuale e comunitaria evocata da Tabacci, il fatto di detenere il simbolo - quello di Centro democratico - che ha permesso a Di Maio prima di costituire un gruppo al Senato (ultima defaillance delle modifiche al regolamento apportate nel 2017, ma non era certo stato Tabacci a crearne le premesse) e poi di correre senza dover raccogliere le firme alla pari di partiti più o meno consolidati (ammesso che siano tali nella realtà) per qualcuno ha il sapore del gioco di prestigio, se non del bieco trucchetto offerto da un comploce. Un'immagine, quella dell'illusionista o del furbetto-compare, che certamente Brown Tabax (non lo si dice per dileggiarlo, ma per riconoscerne l'abilità non limitabile a un contesto nazionale) non poteva accettare: meglio, molto meglio i panni oggettivamente abili, ma onesti e riconosciuti del nocchiero elettorale che conosce il momento e il modo più adatto per proporsi. "Io non ho voluto questa legge elettorale - ha proclamato non senza sorriso -, io sono ancora orfano di quella proporzionale con le preferenze, in cui non si veniva eletti perché ti votava il condominio, ma perché un numero consistente di persone scriveva il tuo cognome con la matitina. Il mio simbolo è frutto di quella stagione: si chiamava diversamente ma è frutto di quella stagione". E non sembra un caso che, dopo il suo ricordo proporzionalista, i sassolini più aguzzi Tabacci se li sia tolti qui, prendendosi anche il tempo di gettarli mirando bene:  "Calenda quale simbolo usa? Usa quello di +Europa che ho 'inventato' io grazie alla presenza di Centro democratico, quindi se non ci fosse stato Centro democratico, neppure Calenda potrebbe candidarsi". Pareva già di sentire il dissenso di Calenda a quelle parole (come di certo le varie compagini di riattivato della Democrazia cristiana non avranno gradito il riferimento alla Dc morta nel 1993): si è visto che il leader di Azione è convinto che al suo partito l'esenzione spetti - grazie all'emendamento Magi-Costa al "decreto elezioni 2022" - grazie alla sua elezione alle europee 2019 nella lista Pd-Siamo Europei; tanto è bastato, però, perché la platea di Impegno civico tributasse con gratitudine a Tabacci un altro robusto e sorridente applauso. 
"Con Luigi - ha proseguito Tabacci - abbiamo costruito un percorso politico: siamo europeisti convinti e pensiamo che l'Europa per il futuro sia la sola collocazione possibile". Ha evocato la Comunità europea di difesa che avrebbe voluto De Gasperi (e che purtroppo non è mai nata per opposizione francese) e riconosciuto la necessità di fare passi avanti a livello europeo: "i primi passi sono stati fatti sulla spinta del Covid, mettendo per la prima volta il debito in comune; se ne possono e se ne devono fare altri assumendosi delle responsabilità". Di lavoro da fare, in compenso, ce n'è anche in Italia per Di Maio e Tabacci, visto il percorso che hanno deciso di intraprendere, anche se il politico di lungo corso non si è certo sottratto ("Avrei potuto chiudere bottega, non perché ci si possa dimettere dalla politica, al massimo si può smettere di avere un ruolo, ma non mi sarei dimesso dalla politica perché la politica ce l'ho nel sangue"). La lista delle cose da fare, in ogni caso, è lunga e consistente: "Bisogna spiegare le cose agli italiani: ci vuole pazienza, ci vuole prudenza, ci vuole postura e Luigi ce l'ha". E se lo dice il nocchiero che di legislature da parlamentare ne ha fatte sei, occorre almeno ascoltarlo con rispetto.

Responsabilità civica e coscienza ecologica 

Non a caso, proprio di "un'amicizia di valori e di rispetto fin dall'inizio con Bruno" ha parlato nel suo discorso conclusivo Luigi Di Maio, subito prima di presentare Impegno civico come "un partito riformatore, che guarda con molta attenzione all'innovazione, all'ecologia, alla digitalizzazione, ai giovani, al sociale", non interessato invece a parlare "agli estremismi, a quelli che vogliono sfasciare tutto o fondano la loro politica sul no". Sarà stato contento Tabacci nel sentir evocare da Di Maio la necessità di ragionevolezza e moderazione per "mettere al centro il bene della nostra nazione", con cui si è finito per correggere anche il finale della storia "a 5 stelle" di cui Di Maio dal 2013 è stato uno dei volti più noti: "Con molti vecchi compagni di viaggio abbiamo iniziato dieci anni fa coltivando un principio: raccogliere le istanze sociali, portarle al governo, fare le riforme e cambiare il paese. Qualcosa però si è rotto quando qualcuno ha pensato che si potesse scommettere contro l'Italia, con il 'tanto peggio tanto meglio', cominciando a pensare che si potesse tornare indietro, al 2013 o addirittura al 2009, mentre noi dovevamo guardare al 2050". 
E se quello del 2009 e del 2013 si chiamava sempre MoVimento 5 Stelle, ma per Di Maio nell'ultimo periodo era cambiato in modo inaccettabile, quella "frattura incolmabile" ha suggerito la necessità di un nuovo percorso: "Questo credo debba rifarsi alle parole pronunciate l'altroieri da papa Francesco, quando ha invocato la responsabilità civica in politica". Il concetto per Di Maio è stato incarnato in vari momenti e contesti, ad esempio dagli "angeli del fango" dell'alluvione di Firenze, da chi si era arrivato in occasione del terremoto in Irpinia del 1980 o da chi si è speso per le altre persone durante i tempi peggiori della pandemia, ma lo stesso vale per il terzo settore che arriva dove lo Stato dovrebbe, per i giovani che si battono per il clima, per le imprese sociali e in generale per gli imprenditori che hanno riconvertito le loro fabbriche, nonché per gli amministratori locali. Pensando a loro, Di Maio ha annunciato di voler intervenire per snellire i loro compiti e le loro responsabilità, invitandoli a segnalare le norme che più li vincolano nella loro azione (e impegnandosi a riformare la disciplina dell'abuso d'ufficio che blocca o frena tante amministrazioni locali nel loro agire). 
"Impegno civile si dovrà prendere cura dell'italia, considerandola tutta e non solo in parte: nelle sue parti più deboli e in quelle più avanzate e costruire insieme un nuovo percorso". In questo senso il lavoro, tanto in campagna elettorale per vincere quanto in seguito, si prospetta enorme: Di Maio non pronuncia mai il nome del Pd o di Letta, concede che si possa parlare di area "draghiana", ma manda un messaggio a chi parla di veri o di esclusioni ("Alle priorità si risponde con l'unità, non con la divisione: lasciamo i litigi agli altri, agli estremisti") e mette in guarda dalle "ingerenze nella campagna elettorale da parte di soggetti stranieri, che credo saranno molto forti".

Il ritorno dell'ape e déjà-vu cromatici e nominali

Alla fine, di nuovo con David Bowie a tutto volume, è arrivato il momento del simbolo, il cui dettaglio principale era già stato svelato da Di Maio nel suo discorso: "C'è una piccola ape nel simbolo, perché è il simbolo della nostra coscienza ecologica come cittadini. Quando scompaiono le api nel nostro mondo non esiste neanche l'essere umano: è un aspetto poco conosciuto, ma fondamentale di quanto sta accadendo nel nostro pianeta. Mettere l'ape nel simbolo significa richiamare la nostra grande coscienza ecologista, ma anche mettere al centro la transizione ecologica, fondamentale nel Pnrr; significa dire che non risolveremo sicuramente il problema del climate change quest'anno, ma dobbiamo portarlo ai prossimi tavoli internazionali; significa anche lottare contro la burocrazia, che ostacola oggi il cammino verso l'estensione delle energie rinnovabili".
Sul ledwall è comparso il simbolo, con un cerchio a tinte sfumate, blu nella parte superiore più ampia, arancione in quella inferiore più ridotta: un po' come ha fatto Cambiamo! di Toti, ma con un pizzico di movimento in più anche grazie alla linea curva di confine marcata dal tricolore; quella striscetta decrescente, peraltro, involontariamente ricordava qualcosa del simbolo finiano di Futuro e libertà per l'Italia. Se nella parte inferiore campeggia il cognome di Luigi Di Maio, sul fondo blu sfumato c'è il nome della lista (tutte le scritte adottano un carattere bastoni bianco, molto simile al Calibri proposto di default da Word). Nella stessa parte superiore trovano spazio, in alto, la "pulce" di Centro democratico (piccola più o meno come nel contrassegno condiviso con +Europa, ma altrettanto essenziale) e, a sinistra del nome, la citata ape. Un'ape che a qualcuno, per come è stato reso il corpo a strisce, ha ricordato piuttosto un bruco con le ali, dunque una farfalla decisamente sui generis; quelle stesse ali, tra l'altro, ricordano anche un cuore (che, visto la presenza di Tabacci e la sua storia, farebbe pensare un po' all'iconografia del Ppe).
La comparsa del simbolo ha sbloccato vari ricordi, a partire da quelli del "socialista riformista" Donato Robilotta, che ha rivendicato di aver usato per primo l'ape (gialla e nera, su fondo cielo) per la Sinistra
 liberale, formazione costituita con Sergio Scalpelli e Maurizio Sacconi in concomitanza con la fine del Psi alla fine del 1994: allora l'ape era stata scelta quale animale operoso, con l'idea che per ripartire da quelle idee ci fosse da rimboccarsi le maniche. 
Si potrebbe richiamare invece l'uso ecologico-ambientale dell'insetto per l'Alleanza popolare ecologista o per gli Ecologisti democratici, così come l'operosità è stata richiamata più di recente da Unità siciliana. Di nuovo la presenza di Tabacci, però, fa pensare piuttosto ai vari simboli usati da Alleanza per l'Italia, partito fondato da lui (uscito dall'Udc-Rosa per l'Italia) insieme a Francesco Rutelli ed Enrico Boselli, che appunto alla fine del 2009 hanno avuto le api al loro interno, giocando con la sigla del partito; del resto lo avevano già fatto dieci anni prima Vito Gnutti e Domenico Comino con i loro Autonomisti per l'Europa, con un'ape molto disneyana e sorridente. E a proposito di cartoon, non è mancato chi ha fatto partire il ritornello "ape Maio" (chissà se chi ha creato il simbolo e chi lo ha commissionato ci aveva pensato...), sebbene l'insetto schierato stavolta sia meno fumettistico di altri.
In tutto ciò, si deve dare anche conto della pesante critica di Fabio Desideri, già sindaco di Marino (Rm), che al Foglio ha annunciato azioni legali: "Impegno Civico è già stata presentata in Tribunale nelle elezioni del 1996 e del 2000 e ha eletto propri rappresentanti in entrambe le tornate elettorali", sostenendo che Di Maio e Tabacci non possono usare quella denominazione. "Dovranno spiegarci bene i loro proponimenti e cosa intendono fare, se non vogliono che avviamo un'azione di tutela nelle sedi competenti che impedisca l'uso della denominazione 'Impegno Civico'". Non si vuole naturalmente negare l'uso fatto a livello locale di quel nome; più difficile è avere certezza della primogenitura per una lista alle elezioni amministrative dell'impiego di quell'etichetta. Posto che oggi sarebbe più difficile conoscere l'uso fatto in quegli anni del nome e del simbolo (gli archivi dei quotidiani online non coprono facilmente fino ad allora e lo stesso archivio elettorale del Viminale non indica i nomi delle liste non di partito di quegli anni), sarebbe curioso sapere se il signor Desideri ogni anno si è premurato di avvertire del suo preuso e diffidare tutti i presentatori di liste che nei vari comuni chiamati al voto hanno impiegato l'etichetta "Impegno civico" (una trentina solo negli ultimi quattro anni, come abbiamo notato ieri). In tutto questo, viene da dire che per fortuna la dichiarazione del pontefice sulla "responsabilità civica" è stata tradotta come "impegno": si fosse evocata l'immagine della "scelta", con l'aura non troppo felice dell'esperienza avviata da Mario Monti, sarebbe stato decisamente peggio...

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