Avevano fatto una fatica del diavolo, ci avevano messo praticamente diciott'anni per riattivare - a detta loro - tutto il meccanismo di vita della Democrazia cristiana, aspettando che la Cassazione, confermando una sentenza di secondo grado, dicesse chiaramente che la Dc non era mai stata sciolta (nessuno aveva quell'idea, comunque) per sostenere che era rimasta "dormiente" fino ad allora e poter autoconvocare per il 30 marzo dell'anno scorso il consiglio nazionale (o, per lo meno, quei componenti che erano ancora in questo mondo) e dichiarare che, udite udite, la Dc non era mai morta e lo scudo crociato era roba loro. Erano arrivati addirittura a celebrare il congresso numero 19 (in continuità con quelli della Balena bianca) il 10 e l'11 novembre, confermando segretario Gianni Fontana (già indicato a marzo); ora l'ennesima ordinanza mette di nuovo in discussione tutto e congela, a meno che sia riformata in gradi successivi, quanto fatto finora. Come se la confusione non fosse stata sufficiente.
Riassumendo: l'8 gennaio un giudice del tribunale di Roma si è trovato a dover decidere su due domande - simili per lo meno quanto alle richieste e alle conclusioni - da una parte di Raffaele Cerenza, iscritto alla Dc nel 1993 e presidente dell'associazione degli iscritti di quell'anno, dall'altra di Angelo Sanza, parlamentare fino alla scorsa legislatura, transitato dalla Dc al Ppi al Cdu all'Udr a Forza Italia, fino all'ultimo passaggio nel 2008 all'Udc (per questo, all'interno della Dc-Fontana c'è chi lo riteneva un "disturbatore" mandato da Casini). Entrambi hanno chiesto al tribunale di dichiarare nulle, se non addirittura inesistenti, le delibere del consiglio nazionale del 30 marzo (e di tutti gli atti che ne sono seguiti a cascata), perché contrarie allo statuto della Dc e a norme di legge.
Sarebbe tutta colpa, per cominciare, di come è stata convocata quell'assemblea: invece che chiamare tutti con avviso personale, si è scelto di inserire la convocazione tra gli "annunzi commerciali" della Gazzetta Ufficiale. Ora, lo statuto della Democrazia cristiana (quello storico, che ovviamente Fontana e gli altri non hanno modificato) non dice nulla di particolare sulle formalità per convocare - e, in questo caso, autoconvocare - i vari organi collegiali; per questo, va applicato l'articolo 8 delle disposizioni attuative del codice civile, per cui la convocazione va fatta "mediante avviso personale" con tanto di indicazione dell'ordine del giorno. Ora, nell'annuncio commerciale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale era indicato l'ordine del giorno, ma tutto poteva essere meno che una comunicazione personale.
Poco conta che, come sottolineato dalla difesa della Dc-Fontana, sia stato impossibile trovare tutti i consiglieri nazionali per il tempo passato dal 1993 e convocarli direttamente. "Non si vede - ha scritto il giudice - quale sia l'impossibilità di procedere, dopo avere svolto le opportune ricerche anagrafiche, alla corretta individuazione del 185 membri del Consiglio in carica nel 1993". In poche parole, bisognava mettersi a cercare gli indirizzi di tutti i consiglieri, morti esclusi, e mandare loro la convocazione con ordine del giorno: operazione laboriosa e complessa, certo, ma non era un buon motivo per violare le regole. La convocazone del consiglio nazionale, dunque, era nulla e per il giudice vanno sospese immediatamente le decisioni prese da quell'organo (comprese le nomine, il tesseramento e il successivo congresso) per evitare che ulteriori attività siano compiute da soggetti non legittimati.
In pratica, la Democrazia cristiana "riattivata" il 30 marzo dell'anno scorso è di nuovo congelata (in attesa del processo di merito), anche se sul sito del partito non c'è la minima traccia di questo. Nel frattempo, tuttavia, Fontana ha comunque scelto di presentare il suo scudo crociato al Viminale (se non altro "per sicurezza") ma, come si è già detto, l'emblema è stato ricusato. Era in buona compagnia: hanno condiviso quella sorte anche lo scudo appena più rimodernato della Dc-Pizza, "rispuntata" dopo un lungo silenzio, e lo scudo identico a quello di Fontana depositato da Alessandro Duce, in qualità di legale rappresentante della Dc "storica", ritenuto tuttora in carica come ultimo segretario amministrativo dal 1994ultimo segretario amministrativo ultimo segretario amministrativo .
Già, perché nel frattempo all'ultimo consiglio nazionale le cose non erano andate proprio lisce: presidente dell'organo doveva essere il napoletano Ugo Grippo, poi (ritirata la sua candidatura) era stato proposto di confermare Silvio Lega, ma alla votazione è stata preferita Ombretta Fumagalli Carulli, suggerita - secondo la piccata ricostruzione della Dc Campania - dal redivivo Paolo Cirino Pomicino. A quel punto, una parte dei consiglieri (compresi Lega e Duce) hanno abbandonato la seduta, mentre gli altri hanno proseguito nell'elezione di altre cariche, lasciando sospesi 12 posti nel consiglio nazionale per gli assenti. Aveva ragione il venerato maestro Gian Antonio Stella a dire che, dalla Balena Bianca, si è passati alla sardina o all'acciuga?
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