Alzi la mano chi non ha avuto almeno un salvadanaio da piccolo: casomai non l'ha nemmeno toccato, oppure lo ha usato solo per gioco, per il gusto di sentire il rumore delle monete entrare dentro e sbatacchiare contro le pareti, quasi a immaginarsi piccoli Paperoni senza dover investire troppo (un po' di cento, duecento e cinquecento lire, ché le mille ancora non si facevano in moneta). Per qualcuno il salvaspiccioli aveva le sembianze di una lattina, di un vaso trasparente, di una diavoleria di plastica che magari funzionava a pile; per altri era il tradizionale maialino di terracotta o ceramica, con regolare tappo sul fondo, giusto per non dover intervenire con il martello per liberare le monetine.
Non erano più molto diffusi gli altri salvadanai classici, quelli di terracotta tondeggianti e ben panciuti, che ai più grandi ricordavano l'esordio su vinile - era il 1972 - di una band da cavarsi il cappello, il Banco del Mutuo Soccorso. Eppure, giusto 22 anni dopo quel grande disco, quel salvadanaio sobrio e rassicurante nella sua capienza avrebbe tenuto a battesimo addirittura un progetto politico. Ma, più che parlare del risparmio in sé, serviva a dar voce a una denuncia.
"Il disegno di un salvadanaio con accanto la scritta 'Recupero maltolto' - scrive il Corriere della Sera il 16 febbraio questo il simbolo di una delle liste per le prossime elezioni politiche. Il depositario è un commercialista di Pesaro che la ha ideata con riferimento a Tangentopoli". Si presentò davvero quell'anno Enrico Andreoni: candidatura individuale al Senato, uno dei contrassegni più bianchi che siano mai stati visti (e non solo nella Seconda Repubblica). Nessun nome sul simbolo, solo quella dicitura "Recupero maltolto" e la forma semplicissima del salvadanaio (che così, senza dettagli, poteva somigliare pure a un caciocavallo).
Qualcuno, insomma, quel salvadanaio l'aveva riempito e, per Andreoni, era ora di farselo restituire tutto intero. E, nel caso che qualcuno se lo fosse scordato, ci pensava lui a tenere viva la memoria, ripresentandosi al rito del deposito degli emblemi ogni volta che poteva. Già nel 1996, alle nuove elezioni politiche anticipate, il salvadanaio era diventato inspiegabilmente verde e non avrebbe più cambiato il suo colore. Più avanti, tuttavia, la denuncia dei ladrocini avrebbe iniziato a stare stretta all'Andreoni, che decise di schiacciare il salvadanaio per lasciare il posto a tutte le rivendicazioni possibili, senza troppi pregiudizi nei confronti delle cause da sostenere.
Rimase fermo un po' di anni, quasi a volersi preparare al botto, poi nel 2008 piazzò il colpo. Il salvadanaio era schiacciatissimo, sembrava piuttosto un saccone di soldi o di oro da fumetti, con la scritta "T.F.R. libero"; sotto, in compenso, c'era il mondo della protesta ampiamente rappresentato. "Liberté fraternité égalité"; "Yankee go home please" (apparso tra l'altro in un simbolo alle europee del 1999: che c'entrasse qualcosa?), "legalité securité" "flexsecurity" trovano tutte posto nella seconda metà del cerchio, a fasce verdi e bianche; l'ultimo segmento, per piccolo che sia, spetta a una rivendicazione convinta, anche se in apparenza meno evidente, "no amnistia".
L'anno dopo, forse desideroso di dare nuova visibilità, Andreoni si rimise in fila: il salvadanaio si tinse inspiegabilmente di blu, rivolgendo l'attenzione questa volta alla chiusura delle province e alla difesa dell'acqua come bene comune (prima, ben prima dei referendum), senza far cadere la battaglia contro un provvedimento di clemenza come l'amnistia. Quest'anno il salvadanaio è ancora lì ed è tornato verde (ospitando), per il nuovo turno elettorale le scritte sono circa le stesse di alcuni mesi fa: la "c" di "acqua", in compenso, si era annoiata e ha deciso di mollare il simbolo, lasciando scritto "Aqua bene comune". Le telecamere hanno colto al volo l'errore, sottolineato da cronisti impietosi: magari Andreoni si riferiva al gruppo che aveva lanciato Barbie Girl, ma definire "bene comune" quattro scandinavi vestiti in modo bizzarro (che il recuperatore di maltolto forse non ha mai sentito cantare) sembra decisamente di cattivo gusto.
Rimase fermo un po' di anni, quasi a volersi preparare al botto, poi nel 2008 piazzò il colpo. Il salvadanaio era schiacciatissimo, sembrava piuttosto un saccone di soldi o di oro da fumetti, con la scritta "T.F.R. libero"; sotto, in compenso, c'era il mondo della protesta ampiamente rappresentato. "Liberté fraternité égalité"; "Yankee go home please" (apparso tra l'altro in un simbolo alle europee del 1999: che c'entrasse qualcosa?), "legalité securité" "flexsecurity" trovano tutte posto nella seconda metà del cerchio, a fasce verdi e bianche; l'ultimo segmento, per piccolo che sia, spetta a una rivendicazione convinta, anche se in apparenza meno evidente, "no amnistia".
L'anno dopo, forse desideroso di dare nuova visibilità, Andreoni si rimise in fila: il salvadanaio si tinse inspiegabilmente di blu, rivolgendo l'attenzione questa volta alla chiusura delle province e alla difesa dell'acqua come bene comune (prima, ben prima dei referendum), senza far cadere la battaglia contro un provvedimento di clemenza come l'amnistia. Quest'anno il salvadanaio è ancora lì ed è tornato verde (ospitando), per il nuovo turno elettorale le scritte sono circa le stesse di alcuni mesi fa: la "c" di "acqua", in compenso, si era annoiata e ha deciso di mollare il simbolo, lasciando scritto "Aqua bene comune". Le telecamere hanno colto al volo l'errore, sottolineato da cronisti impietosi: magari Andreoni si riferiva al gruppo che aveva lanciato Barbie Girl, ma definire "bene comune" quattro scandinavi vestiti in modo bizzarro (che il recuperatore di maltolto forse non ha mai sentito cantare) sembra decisamente di cattivo gusto.
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