lunedì 27 ottobre 2025

Regionali, simbolo di Resistere Veneto contestato ma ammesso

Le operazioni di presentazione delle candidature - con deposito dei relativi documenti - per le elezioni regionali previste per il 23 e 24 novembre 2025 sono terminate alle ore 12 di sabato 25 ottobre; nelle ore successive gli uffici elettorali preposti hanno deciso sull'ammissione delle liste e delle candidature alla presidenza delle rispettive giunte regionali. Non mancano situazioni delicate, in tal senso, che saranno sciolte in queste ore (in Puglia, per esempio, ci sono contestazioni nella circoscrizione di Foggia circa l'autenticazione di varie firme per alcune liste, così come in Veneto sarebbe a rischio la candidatura di Fabio Bui, aspirante presidente per Popolari per il Veneto, per la consegna di un documento - a quanto si intuisce, il modulo di designazione dei delegati - ritenuta tardiva), alcune delle quali riguardavano anche i simboli impiegati.
Si è comunque risolta questa mattina una delle contestazioni più rilevanti sul piano "simbolico", relativa alla lista Resistere Veneto, formazione elettorale nata come comitato a sostegno della candidatura a presidente di Riccardo Szumski, medico di base, già sindaco di Santa Lucia di Piave (Tv): "Durante l'emergenza Covid-19 - si legge testualmente nel sito - ha scelto la via della cura tempestiva e della libertà di coscienza, opponendosi a protocolli imposti dall'alto. Per questa scelta è stato radiato, ma non ha mai smesso di lottare per la dignità della persona e il diritto alla cura". Il nome stesso della lista riporta all'esperienza dell'associazione Resistere con Szumski (fondata nel 2022); la lista ha ottenuto il sostegno, tra le altre sigle, di Popolo Veneto (formazione nata dall'impegno di ex leghisti, a partire dall'ex parlamentare veronese Vito Comencini, già parte della lista Libertà legata a Cateno De Luca), di Vita (progetto legato all'ex parlamentare Sara Cunial), del Partito popolare del Nord (guidato da Roberto Castelli), di Soccorso Veneto e dei gruppi Popolo de San Marco e La Gente come Noi non molla mai. "Szumski - si legge ancora nel sito - rappresenta chi non si sente più rappresentato: cittadini liberi, forze indipendenti, delusi da una Regione sempre più distante. [...] Oggi si candida per una sanità pubblica e vicina, per una Regione autonoma e responsabile, per la libertà di scelta e il rispetto dei diritti fondamentali. [...] Resistere Veneto è un movimento di cittadini liberi. Non cerchiamo poltrone, ma verità. Non vogliamo comandare, ma rappresentare chi non si sente più rappresentato. Crediamo in un Veneto autonomo, giusto, consapevole. Parliamo chiaro. Chi tace è complice".
La lista ha dovuto raccogliere le sottoscrizioni richieste dalla legge, punto sempre problematico; in questo caso, però, il traguardo è stato raggiunto e le liste sono state regolarmente presentate. Nel fine settimana, tuttavia, si era diffusa la notizia in base alla quale il simbolo della lista, a fondo rosso e blu riportante nella parte superiore una raffigurazione del leone di San Marco "in moléca" (vale a dire accovacciato e in posizione frontale, con le ali a ventaglio come le chele aperte di un granchio, in veneto moléca o moéca), sarebbe stato contestato presso gli uffici circoscrizionali e la candidatura di Szumski sarebbe stata a rischio. Un rischio ormai lasciato alle spalle: se il contrassegno, a quanto avevano scritto i giornali, era stato temporaneamente "in bilico" a Verona, quest'oggi la lista è stata definitivamente ammessa e lo stesso è avvenuto nelle altre circoscrizioni.
Ma a cosa era dovuta la contestazione? Non potendo questa riguardare il cognome del candidato o i colori impiegati, al centro della contesa doveva esserci proprio l'immagine del leone raffigurata in quel modo (e lo stesso sembra di capire guardando alcuni post delle scorse ore). Indicazioni esplicite sull'identità del contestatore non sono state date, così occorre cercare qualche elemento utile per capire. In particolare, pensando a usi elettorali precedenti del leone in moléca, almeno in tempi recenti, la mente torna alle regionali di cinque anni fa, quando non fu ammessa la candidatura di Loris Palmerini come aspirante presidente del Veneto, col sostegno della lista Venetie per l'autogoverno. Il problema, vale la pena sottolinearlo, non riguardava affatto il simbolo impiegato, ma la scelta di presentare le candidature senza raccogliere firme a sostegno, pur al di fuori delle ipotesi di esenzione previste dalla legge. Il Tar del Veneto confermò l'esclusione delle liste e altrettanto fece il Consiglio di Stato, così Venetie per l'autogoverno e il suo candidato presidente non finirono sulle schede. Il sito di Palmerini contiene varie riproduzioni - legate a diversi progetti a lui riconducibili - del leone in moléca, così non è impossibile - pur in mancanza di elementi di certezza - che egli abbia ritenuto di poter rivendicare qualche titolo di "priorità" sull'uso di quel simbolo.
La Gazzetta del Mezzogiorno, peraltro, proprio oggi parlava di un altro caso "simbolicamente" rilevante, questa volta in Puglia: questo sarebbe legato, in particolare, alla candidatura di  Sabino "Marco" Mangano, già consigliere comunale a Bari (per il M5S) dal 2014 al 2019 e candidato in questo caso per la sua lista Alleanza civica per la Puglia. A quanto sembra di capire, per i simboli interni di Marziani per la Puglia e Next Italia (contenente anche il riferimento Antonio Marzo per la Puglia) sarebbe stata contestata dall'Ufficio centrale circoscrizionale di Foggia la mancata produzione degli atti di consenso all'uso degli emblemi nel contrassegno (oltre che un problema legato alle autenticazioni); mentre si scrive, tuttavia, non è dato sapere di più. 

giovedì 23 ottobre 2025

MoVimento 5 Stelle, vecchio sito rinato: liti (anche sul simbolo) in arrivo?

Un tempo
- i #drogatidipolitica lo sanno bene - dei partiti contavano e si citavano anche le sedi: Piazza del Gesù, (via delle) Botteghe Oscure, Via del Corso evocavano i tre partiti maggiori, alla pari dei loro nomi e simboli (anzi, erano loro stesse simboli, al punto che il loro abbandono, da parte di democristiani, comunisti e socialisti - o dei loro "eredi" - fece puntualmente notizia). Qualche scampolo di quella stagione è rimasto: di fatto sopravvivono il (largo del) Nazareno - anche se l'indirizzo ufficiale del Partito democratico è via Sant'Andrea delle Fratte, 16 - o via Bellerio (e nessuno ha bisogno di precisare che la sede della Lega, anzi, delle Leghe è a Milano, non a Roma; parla ancora Via della Scrofa (sede già del Movimento sociale italiano e poi di Alleanza nazionale, ora di Fratelli d'Italia), mentre per Forza Italia occorre fare uno sforzo per ricordare che il quartier generale da settembre del 2013 sta in via in Lucina (e non più in via di Santa Maria dell'Anima o in via dell'Umiltà).
E insomma, si parlava e si parla tuttora di sedi, ma quasi mai di siti. Beninteso, per un partito un sito è necessario, per legge: l'art. 5, comma 1 del decreto-legge n. 149/2013 (convertito dalla legge n. 13/2014) sancisce che "I partiti politici assicurano la trasparenza e l'accesso alle informazioni relative al proprio assetto statutario, agli organi associativi, al funzionamento interno e ai bilanci, compresi i rendiconti, anche mediante la realizzazione di un sito internet che rispetti i principi di elevata accessibilità, anche da parte delle persone disabili, di completezza di informazione, di chiarezza di linguaggio, di affidabilità, di semplicità di consultazione, di qualità, di omogeneità e di interoperabilità". Proprio la necessità di pubblicare e mantenere consultabili i rendiconti prescritti dalla legge, per esempio, spiega come mai siano tuttora conservati siti di partiti non più attivi da tempo, ma ancora esistenti (per esempio quello dei Democratici di sinistra, quasi certamente non ancora sciolti, o quello della Margherita); a volte anche i siti hanno fatto notizia, per esempio quando sono finiti al centro di contesa tra forze politiche o tra esponenti del medesimo partito.
A conquistare spazio tra le notizie di questi giorni è il sito del MoVimento 5 Stelle, per l'esattezza dell'associazione costituita nel 2012, alla vigilia della partecipazione alle elezioni politiche del 2013: che il sito www.movimento5stelle.it sia riferibile a questa emege dal codice fiscale indicato (95162920102) e dall'indirizzo della sede legale (via Roccatagliata Ceccardi n.1/14 a Genova). Il simbolo che compare in alto a sinistra è quello entrato in uso nel 2015 e divenuto ufficialmente il simbolo del M5S nel 2016, dopo che Beppe Grillo aveva scelto di togliere il suo nome - presente attraverso il suo sito - dall'emblema-marchio che lui aveva registrato. 
Dopo l'entrata in uso, nel 2018, del sito www.ilblogdellestelle.it, il sito precedente del MoVimento era rimasto per un paio d'anni come "deposito" dei documenti legati alla trasparenza (statuti, rendiconti, contributi, curricula e certificati penali dei candidati) tanto per il M5S fondato nel 2012, quanto per quello fondato nel 2017, guidato inzialmente da Luigi Di Maio, poi ad interim da Vito Crimi e poi da Giuseppe Conte. Qualche mese dopo la "separazione" tra M5S e Associazione Rousseau nel 2021 - con la conseguente apertura del sito www.movimento5stelle.eu - all'indirizzo www.movimento5stelle.it non sono state legate pagine funzionanti; il dominio era comunque stato rinnovato (del resto ancora nel rendiconto 2023 si era precisato che si sarebbe mantenuta l'attività dell'associazione "proprietaria dei simboli MoVimento 5 Stelle e dei domini www.beppegrillo.it e www.movimento5stelle.it"), ma tutto sembrava essere rimasto fermo, almeno fino a un annetto fa. 
Utilizzando il sito archive.org, infatti, si apprende che già a giugno del 2024 appariva la dicitura "Pagina in costruzione", ma soprattutto che dalla metà di giugno di quest'anno la schermata era cambiata, con un esplicito riferimento al MoVimento 5 Stelle. La formula riportata - "Under Construction / Il sito sarà presto disponibile. Grazie per la pazienza!" - in effetti è tra quelle standard utilizzate quando un sito è appunto in costruzione o in manutenzione, ma in qualche modo poteva manifestare l'idea che il legale rappresentante, Beppe Grillo, intendesse riappropriarsi intanto di quello spazio web, anche per continuare a far "esistere" e far risultare "attivo" il M5S di cui è presidente (segretario è Enrico Maria Nadasi). Se ci si affida alle informazioni presenti in Rete (e consultabili da chiunque, per esempio sul sito domaintools.com), si scopre che l'ultimo aggiornamento relativo al dominio www.movimento5stelle.it risale al 23 agosto scorso e che il dominio scadrà il 7 agosto 2026. 
Per ora i contenuti del sito sono pochissimi, ma ugualmente significativi: c'è innanzitutto e soprattutto il rendiconto relativo al 2024, indirizzato da Grillo alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici. I rendiconti precedenti del M5S-2012 erano stati pubblicati e sono tuttora consultabili sulla pagina della trasparenza del M5S-2017, mentre manca proprio quello di quest'anno, approvato dall'assemblea dei soci del 28 aprile scorso e inviato alla commissione l'11 giugno scorso (guarda caso, proprio nei giorni in cui si iniziava a lavorare alla riattivazione del sito e pochi giorni dopo la diffusione della notizia di una possibile azione legale in preparazione).
Il sito contiene anche il rendiconto e i documenti relativi al "Comitato promotore elezioni europee MoVimento 5 Stelle": la lettura fa capire che si tratta del soggetto collettivo nato prima delle elezioni europee del 2014 - le prime e uniche cui il M5S-2012 abbia partecipato - per la raccolta fondi relativa a quelle elezioni e che, come si legge alla fine della relazione, sarebbe stato sciolto entro il 2025 (con convocazione dei soci per la chiusura). Interessa molto di più, inevitabilmente, il rendiconto del M5S-2012, ma più che "spulciare i conti" - come ha giustamente fatto Emanuele Buzzi per il Corriere della Sera - sembra utile guardare altri elementi. Innanzitutto si nota che il verbale dell'assemblea dei soci (firmato da Grillo e Nadasi) si conclude con la decisione del M5S-2012 di "proseguire la propria attività istituzionale, in continuità con la propria origine, preservando l'identità fondativa del Movimento 5 Stelle svolgendo un ruolo di presidio del suo nucleo valoriale originario". Una frase che, alle orecchie di qualcuno, può suonare come una dichiarazione - o, per lo meno, un annuncio - di guerra; la stessa frase è stata riportata, tra l'altro, nella relazione al rendiconto, firmata dallo stesso Grillo, in cui si dichiara di voler continare l'attività "istituzionale" dell'associazione, "mantenendo la titolarità dei simboli storici del 'Movimento 5 Stelle" e dei domini già riconducibili in passato, si enunciano gli intenti di tutelare l'identità fondativa del M5S e si aggiunge che "eventuali iniziative future saranno valutate nell'ambito delle finalità statutarie e nel rispetto della normativa vigente". 
Quanto al rendiconto, non è inutile ricordare che, come in passato, alla voce "immobilizzazioni materiali" (sub "Costi per attività editoriali, di informazione e di comunicazione") sono state indicate le spese sostenute per la registrazione del simbolo come marchio europeo. Quella registrazione - che in origine costò oltre 4500 euro - avvenne nel 2015 e ha durata decennale: la banca dati europea dei marchi precisa che il titolo di proprietà industriale scadrà il 18 novembre 2025, dunque è lecito attendersi innanzitutto che quel marchio sia rinnovato dal M5S-2012 (diversamente da quanto era accaduto con i precedenti simboli depositati come marchi in Italia e in Europa). 
  
 
L'articolo di Buzzi mette in relazione il ritorno online del sito precedente del MoVimento 5 Stelle con un post pubblicato l'altro ieri sui propri canali social da Paolo Becchi, ordinario di filosofia del diritto all'università di Genova assurto in fretta grazie ai media a "ideologo" del M5S nei suoi primi tempi di attività parlamentare. E proprio come "L'Ideologo" Becchi ha firmato il post sopra riportato, in cui si rivolge a un "Caro amico" (parafrasando, all'inizio, L'anno che verrà di Lucio Dalla), facilmente identificabile in Beppe Grillo. Dopo aver evocato "il sogno di un'Italia diversa e anche di un mondo diverso" condiviso con Grillo e con GR, cioè Gianroberto Casaleggio (che "se n'è andato presto all'altro mondo"), Becchi ha mestamente ricordato "l'inizio della fine", arrivato quando - secondo la sua visione - "i tonni nella scatoletta hanno cominciato piano piano a trovarcisi bene dentro", fino alla consunzione del sogno, di cui rimarrebbe "un cadavere di tuoi miracolati, guidati da un ingrato, su cui è meglio stendere un velo pietoso. Un cadavere che ancora cammina". Una situazione tale per cui i soggetti citati non sarebbero "degni di usare un simbolo che ha una sua storia e che finirà nei libri di storia. Ed è proprio per salvare quella storia che dovresti recuperare quel simbolo. Per farne che cosa, mi dirai, per farne niente, ti rispondo. Solo una degna sepoltura, con dispersione delle ceneri in un bel prato verde o ancora meglio nel bosco di GR. È chiederti troppo?"
Già la relativa vicinanza temporale del ritorno online del sito del M5S-2012 (23 agosto, per quello che se ne sa) e della lettera-appello di Becchi (21 ottobre) ha fatto pensare che il tempo per l'azione legale del MoVimento presieduto da Grillo fosse maturato. A questo occorre aggiungere altre tre scadenze: la prima, incombente, è la presentazione delle liste per le elezioni regionali di novembre, che dovrà avvenire tra le ore 8 di domani - 24 ottobre - e le ore 12 di sabato 25 ottobre: gli occhi di molti sono puntati sulla Campania, in cui il centrosinistra allargato al M5S-2017 propone come candidato presidente Roberto Fico, tra i volti più noti del "primo" MoVimento 5 Stelle (anche grazie al ruolo di presidente della Commissione di vigilanza Rai), poi divenuto presidente della Camera e considerato sempre più lontano dallo stesso Grillo. La seconda scadenza, ricordata prima, è quella del 18 novembre 2025, giorno della scadenza del periodo di tutela del marchio europeo riproducente il simbolo del M5S recuperato nel sito da poco riaperto: quasi certamente Grillo, come presidente dell'associazione del 2012, ne chiederà il rinnovo, anche per poter opporre un valido titolo al M5S-2017, che nel 2018 ha depositato il simbolo con il dominio Ilblogdellestelle.it (sito peraltro tuttora esistente e riferito all'Associazione Rousseau di Davide Casaleggio, con lo "storico" dei post del MoVimento), mentre si è vista rifiutare la registrazione del simbolo attuale (col riferimento al 2050). La terza scadenza la si apprende non appena si apre il sito attuale del M5S-2017: tra le ore 10 di oggi, 23 ottobre, e le ore 18 del 26 ottobre gli iscritti saranno chiamati a votare sulla conferma alla presidenza del MoVimento di Giuseppe Conte, colui che volle la "rivoluzione statutaria" del 2021-2022 (che ha trasformato ufficialmente il M5S in un partito, permettendone l'iscrizione - deliberata a maggioranza dall'apposita Commissione - al Registro dei partiti politici) e che siede alla Camera dopo essere stato per tre anni Presidente del Consiglio (con due diversi governi). La concentrazione di tutti questi eventi in un periodo limitato può ovviamente essere una coincidenza, ma per qualcuno - anche guardando a quel che accade in casa M5S, dopo le dimissioni di Chiara Appendino da vicepresidente - potrebbe non esserne troppo convinto.

lunedì 13 ottobre 2025

Veneto, strada sbarrata a Zaia nei simboli elettorali: qualche riflessione

Simbolo elaborato da quello del 2020
Le liste per le elezioni regionali del Veneto (e per le altre regioni che voteranno il 23 e il 24 novembre, cioè Campania e Puglia) dovranno essere consegnate tra le ore 8 di venerdì 24 ottobre e le ore 12 di sabato 25 ottobre, dunque c'è ancora tempo per definire le candidature; tuttavia in questi giorni è scoppiato il "caso Zaia", che sembra destinato a infiammare - almeno in parte e salvo sorprese - i giorni che mancano al deposito delle liste e, di seguito, al voto. Anche perché la questione è direttamente legata ai simboli che finiranno - anzi, che non finiranno - sulle schede elettorali.
Per rendersene conto basta guardare i quotidiani online di oggi, incluso - per esempio - Il Gazzettino, che riporta alcune battute pronunciate a margine di un evento a Vicenza da Luca Zaia, presidente uscente che non può ricandidarsi (avendo già espletato due mandati consecutivi - iniziati nel 2015 e nel 2020 - dopo la modifica dello statuto e della legge elettorale nel 2012, più quello precedente durato dal 2010 al 2015), anche per la mancata approvazione di norme che consentissero un terzo mandato consecutivo: 
Se sono un problema vedrò di renderlo reale, il problema. Cercherò di organizzarmi in maniera tale da rappresentare fino in fondo i veneti: certo, c'è ancora tempo per decidere come e in che modo. Nel momento in cui accade che tu sei il presidente uscente e sparisce la lista del presidente, e lo posso capire quando non sono candidato, sembrava che si potesse mettere il mio nome sul simbolo della lista, e ho visto che c'è stato un veto a livello nazionale, allora ho detto che io sono un problema. [Il motivo dell'assenza del mio nome dal simbolo della Lega?] Non lo deve chiedere a me. Dovrei essere immodesto per dirlo, ma tutti i sondaggi in questi anni lo hanno detto ampiamente. È ovvio che la mia figura rappresenta una garanzia, per questo amore che ho sempre avuto con i veneti, e anche perché sono stato quello che ha saputo dire tanti sì ma anche tanti no. Non è questione di 'esilio', penso che l'unica preoccupazione che ho è che questa regione resti la numero uno a livello nazionale. Se qualcuno mi chiede il risultato più grande, io dico lo standing dei veneti. Consegno un Veneto che ha una visibilità e una reputazione a livello nazionale e internazionale che nel 2010 non aveva.
Dichiarazioni simili erano già risuonate su vari media nei giorni scorsi - in particolare il 10 ottobre, quando Zaia aveva incontrato in piazza San Marco il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione dei 35 anni di attività della "Commissione di Venezia" - insieme alla voce che voleva Zaia come capolista della Lega in tutte le circoscrizioni, ma non confermata dallo stesso presidente uscente ("Al momento non c’è nulla di deciso circa il mio ruolo alle prossime elezioni regionali del Veneto"); era peraltro significativo che lo stesso Zaia, pur assicurando il proprio sostegno ad Alberto Stefani, vicesegretario nazionale scelto come candidato dal centrodestra ("Lui è un ragazzo in gamba"), avesse sentito il bisogno di sottolineare come, a suo dire, non fosse "mai accaduto in un paese che si vieti ad una persona di utilizzare il proprio nome nella campagna elettorale".
Simbolo rielaborato (non realistico)
Che potesse crearsi con una certa facilità un "caso Zaia" nel 2025 era chiaro da tempo, almeno fin da quando - lo scorso anno - era fallito il primo tentativo della Lega di modificare il limite vigente di due mandati consecutivi per i presidenti delle giunte regionali, durante la conversione del "decreto elezioni 2024". Proprio in quell'occasione, tra l'altro, era stata ventilata l'ipotesi, anche piuttosto concreta, che il presidente del Veneto potesse essere candidato - e quasi certamente eletto - alle europee, come sarebbe accaduto con Stefano Bonaccini, prossimo alla scadenza del suo secondo mandato come presidente dell'Emilia-Romagna. In quell'occasione, però, Zaia rifiutò, scelta che lui oggi rivendica ("Sono fatalista e credo che una persona debba impegnarsi fino alla fine nel rispetto appunto degli impegni presi: prova ne sia che un anno fa rinunciai a un seggio sicuro in Europa") ma che inevitabilmente ha costretto il centrodestra a interrogarsi su cosa sarebbe accaduto alla tornata elettorale veneta successiva e, in particolare, su come rapportarsi con le aspirazioni di Zaia a ripresentarsi come candidato consigliere, ma anche e soprattutto a far pesare i propri quindici anni di guida della Regione. La questione, inevitabilmente, è diventata ancora più urgente - riguardando ovviamente anche altre situazioni, prima tra tutte quella di Vincenzo De Luca in Campania e di Michele Emiliano in Puglia - dopo che un nuovo emendamento leghista (alla futura legge n. 122/2025 sulla composizione dei consigli e delle giunte regionali) per rendere possibile il terzo mandato non ha avuto migliore fortuna
Nel corso dei mesi, anche a seguito del rifiuto di Zaia di seguire la via europea, si sarebbe "aperto il vaso di Pandora in casa Lega, fino ad arrivare ai fuochi incrociati" sul nome dello stesso Zaia (lo sostiene Cesare Zapperi sul Corriere della Sera). I problemi, tuttavia, sarebbero stati anche all'interno della coalizione, con le forze politiche alleate della Lega non particolarmente disposte a dare spazio sulla scheda elettorale a una presenza "ingombrante" come il cognome di Zaia, che fosse nel simbolo di una "lista del presidente uscente" o in quello del suo stesso partito. Lo scorso 25 agosto, per dire, Antonio Tajani aveva dichiarato così ai microfoni di Agorà, a chi gli aveva chiesto se il candidato del centrodestra del Veneto sarebbe stato espresso dalla Lega: "Io non ho preclusioni nei confronti di nessuno, dobbiamo scegliere i candidati migliori per il migliore risultato possibile. Certo, in Veneto non si possono fare la lista della Lega e la lista di Zaia che non ha alcun significato, perché non è che ogni esponente di partito può fare una lista, non va bene. Non può essere parte di un accordo politico questo". Una lista che un paio di settimane prima il segretario della Lega Matteo Salvini aveva ritenuto "un valore aggiunto" per le elezioni regionali venete.
Ora, va ricordato che in ambito leghista - come anche in altre forze politiche - è già nota la strategia, praticata a livello territoriale, di inserire nei contrassegni elettorali nomi di chi aveva già ricoperto la carica di sindaco nello stesso comune o perfino in comuni vicini (il caso più noto, anche a prescindere dalla fine tragica della storia, è stato quello di Gianluca Buonanno): non stupisce, dunque, che chi per quindici anni ha legato la propria notorietà politica al Veneto, come pure il partito cui questi è iscritto, avessero interesse a massimizzare la raccolta dei consensi anche grazie al cognome "Zaia" in bella vista. Allo stesso modo, però, era difficile che gli altri partiti della stessa coalizione accettassero - oltre alla candidatura come consigliere del presidente uscente, comunque non scontata: si veda il caso della Puglia, con Antonio Decaro che sembra aver accettato di candidarsi a patto che Emiliano non fosse inserito in una delle liste - la presenza di una lista direttamente riferita al tre volte presidente (che avrebbe drenato molti voti dalle altre formazioni, forse dalla stessa Lega), ma anche l'inserimento del cognome di Zaia nel simbolo della Lega, che in quel modo avrebbe potuto raccogliere ancora più voti e sbilanciare i rapporti di forza all'interno del centrodestra.
Probabilmente ha avuto un peso il fatto che alla fine sia stato scelto come candidato di nuovo un esponente della Lega, benché Fratelli d'Italia (unica regione che, fin dalla prima elezione indiretta del presidente della giunta, nel 1995, non ha mai guidato la Regione Veneto con un proprio esponente, essendosi succeduti Giancarlo Galan e Luca Zaia) abbia consensi nettamente maggiori a livello nazionale. Ancora il 12 luglio, per dire, il responsabile organizzativo nazionale del partito, Giovanni Donzelli, aveva messo in guardia gli alleati: "Niente bandierine a tutti i costi, non facciamo il pallottoliere o il gioco del Monopoli e non è che dobbiamo fare per forza questo lo prendo io e questo lo prendi tu: se lo dovessimo fare, Fdi dovrebbe prendere tutto. Fi governa cinque regioni, la Lega quattro e noi tre e le proporzioni non sono queste". Certamente l'aver scelto di nuovo un esponente (e non di seconda fila, a dispetto della giovane età) della Lega come aspirante presidente non è un risultato irrilevante per il partito guidato da Matteo Salvini, ma Fdi potrebbe facilmente rivendicare il proprio atto di "generosità" (non sono parole pronunciate pubblicamente in questi giorni, ma in politica non è difficile immaginarle) e farlo pesare in seguito - in particolare in sede di formazione della giunta e di individuazione delle cariche, al di là di ogni disegno relativo a future elezioni regionali, come quelle lombarde - soprattutto se il risultato della propria lista fosse significativo e portasse a conquistare un gran numero di seggi. Un risultato che sarebbe stato certamente più difficile in presenza di una "lista Zaia" (l'ipotesi più problematica per tutte le altre forze politiche) o anche con la presenza del cognome del presidente uscente nel simbolo della Lega. 
Simbolo rielaborato (non realistico)
Naturalmente qualunque richiesta, anche pressante, degli alleati non può impedire al partito di Salvini di inserire Zaia in lista - avendo evidentemente la Lega già valutato quell'opzione come positiva per sé, oltre che per la coalizione - e di giocarsi tutto nella raccolta delle preferenze, chiedendo a gran parte degli elettori leghisti di scrivere il nome di Zaia (anche se questo toglierebbe voti ad altri candidati maschi, potendo al contempo rappresentare un'inattesa possibilità per le candidate, qualora elettrici ed elettori scegliessero di esprimere due preferenze). Ovviamente Fratelli d'Italia godrà del traino "naturale" dell'essere il partito di maggioranza relativa e che esprime la Presidente del Consiglio (mentre, allo stesso tempo, il riferimento a Silvio Berlusconi continua a essere, almeno in parte, un elemento di riconoscibilità per Forza Italia), dunque era comprensibile sia che la Lega puntasse a "controbilanciare" le forze grazie al riferimento a Zaia (mantenendo comunque il riferimento a Salvini, come sembrava che potesse accadere), sia che il presidente uscente volesse far pesare i suoi quindici anni di guida della giunta regionale anche attraverso una propria lista. Entrambe le legittime aspirazioni, tuttavia, pare abbiano dovuto cedere il passo alla posizione degli alleati, in particolare di Fdi. 
C'è ancora tempo, in ogni caso, perché la situazione cambi, in un senso o nell'altro. Tuttavia, questa situazione dimostra ampiamente come i simboli e il loro contenuto - inclusi i nomi di persone da inserire - giochino un importanza palpabile nell'agone politico-elettorale: non sposteranno per forza voti, ma il pensiero o il timore che possano farlo sono assolutamente concreti e produttivi di effetti.

sabato 11 ottobre 2025

Naturalismo politico, alternativo a destra e sinistra con gatto in evidenza

"Natura, libertà, responsabilità: una visione politica che mette al centro persone, territorio e conoscenza. Vogliamo sostituire il MoVimento 5 Stelle, noi siamo un Movimento serio". La frase-programma, tanto ambiziosa quanto impegnativa, campeggia nell'home page del nuovo sito del movimento Naturalismo politico, evoluzione di un progetto politico nato oltre dieci anni fa. Presidente è Anna Merolla, mentre il presidente onorario è Gabriele Nappi. colui che ha promosso la costituzione e l'evoluzione del movimento, nato - come si legge sempre all'interno del sito - "per offrire una terza via oltre la destra e la sinistra, forgiando una visione nuova che affonda le radici nella realtà concreta e nei valori permanenti della natura e dell’umanità". Per conoscere meglio le origini del movimento, vale la pena leggere qualche estratto più lungo riportato sul sito.
Il naturalismo fu introdotto da Hippolyte Taine, che individuò tre fattori decisivi per comprendere l’essere umano e la società: eredità, ambiente e tempo storico. Già Honoré de Balzac, nella prefazione alla Comédie humaine (1842), aveva anticipato questa visione, affermando che il romanzo doveva descrivere la società reale, con i suoi rapporti economici e le sue contraddizioni: un passo decisivo per superare i miti romantici e dare voce alla verità sociale. 
Con Gustave Flaubert, il naturalismo compie un salto di qualità: l'arte deve essere impersonale, capace di mostrare la realtà senza filtri, "come Dio nella creazione: invisibile e onnipotente". La letteratura, come la politica, deve abbandonare i sentimentalismi per affrontare i fatti con rigore. È però con Émile Zola che il naturalismo diventa metodo scientifico applicato alla società. Nel suo Romanzo sperimentale (1880), Zola afferma che lo scrittore – come lo scienziato – deve osservare, analizzare, sperimentare. Il romanzo diventa laboratorio sociale. Allo stesso modo, noi crediamo che la politica debba smettere di essere ideologia astratta e trasformarsi in strumento concreto di indagine e cambiamento. 
Accanto a loro, i fratelli Edmond e Jules de Goncourt portarono avanti l’idea di romanzo-documento, mostrando che la letteratura poteva farsi cronaca sociale, racconto vero delle condizioni di vita delle classi popolari. 
Infine, la scienza: il pensiero naturalista non sarebbe stato possibile senza la rivoluzione di Charles Darwin. La teoria dell’evoluzione ha reso evidente che anche l’uomo è parte della natura, sottoposto alle sue leggi e ai suoi processi. Nessuna politica può ignorare questa verità: il rapporto tra uomo, società e ambiente è inscindibile. La realtà sociale non è frutto di idealismi astratti, ma di condizioni concrete, osservabili, deterministiche. Noi raccogliamo questa eredità culturale e la trasformiamo in progetto politico.
Leggendo la biografia di Nappi, classe 1961, "nolano Doc" e "di fede francescana", laureato in scienze politiche e a lungo al lavoro nel settore tributario pubblico, emerge il profondo interesse per il naturalismo, sul piano filosofico e politico: egli è autore di vari testi (diffusi soprattutto in formato e-book), ma dal 2013 non si è accontentato solo di studiare il naturalismo, volendo anche portarlo ufficialmente in politica. Proprio in quell'anno, infatti, alle elezioni politiche Nappi presentò la lista Movimento naturalista italiano, che concorse solo nella circoscrizione Puglia per il Senato, con Nappi indicato quale capo della forza politica. Arrivarono 1131 voti (lo 0,06% a livello regionale) per il simbolo con tre sagome di alberi una davanti all'altra: fu un inizio, la base per portare avanti il progetto, magari su scala più ampia. 
Se nel 2016 il Movimento naturalista aveva concorso con l'Italia dei Valori e Valore Napoli a costituire una delle liste con cui Luigi De Magistris si era confermato sindaco di Napoli, nel 2020 Nappi aveva progettato di candidarsi alla presidenza della sua regione, la Campania (del resto il movimento ha sede a Pompei, terra di Lucrezio, poteta protonaturalista): il simbolo, più semplice, conteneva la parola "Naturalismo" al centro, ma faceva anche capire che l'idea era di costruire un "movimento internazionale". Le firme necessarie - ridotte a un terzo in quell'anno causa Covid-19 - furono regolarmente raccolte nella circoscrizione di Napoli, erano pronte (così scrisse Nappi su Facebook) a Salerno e Avellino, ma qualche problema legato alle sottoscrizioni e alle autenticazioni a Caserta e a Benevento portarono Nappi a scegliere di ritirarsi. 
Nel 2022 lo stesso progetto politico - ridenominato Naturalismo Liberale - partecipò insieme al Movimento dei disoccupati di Alfonso Alfano alle elezioni comunali di Taranto. Sempre nel 2022, peraltro, Nappi tornò ad affacciarsi alle vetrine più rilevanti della politica, cioè le bacheche del Viminale: tornò infatti a Roma per depositare - il 12 agosto, il primo giorno di deposito in cui l'attenzione per chi si mette in fila è massima - il simbolo del suo Naturalismo - Movimento internazionale, nel quale fece la comparsa un gatto bianco, con tanto di coda curvata: anche il gatto era un riferimento a Taine e alla sua Vita e opinioni filosofiche di un gatto, ma anche - per esempio - a Balzac e alla sua Casa del gatto che gioca a palla, o ai vari racconti dedicati ai gatti da Guy de Maupassant.
Oggi Nappi ha ingrandito decisamente il gatto, rendendolo un ingrediente essenziale del simbolo e un mezzo per veicolare il programma, imperniato su riforma della spesa pubblica e assistenza sociale, lotta alla corruzione e al clientelismo, riforma della sanità pubblica, tutela dell'ambiente e bonifica del territorio. Programma che lo stesso Nappi cercherà di portare avanti in vista delle elezioni regionali in Campania: questa volta non vuole mancare l'appuntamento e vuole partecipare con una propria lista. "La nostra visione, nutrita dalla cultura naturalista, è realistica e diretta ma anche colta e sofisticata - si legge ancora nel sito. - Come movimento vogliamo riportare la verità e i fatti al centro del dibattito pubblico, liberando il campo dalle utopie astratte e dalle polarizzazioni sterili. In ciò ci sentiamo eredi di un approccio positivista e sperimentale: proprio come i naturalisti dell'Ottocento applicavano il metodo scientifico allo studio della società, noi crediamo in una politica fondata sull’osservazione della realtà e sulla prova concreta. Per dirla con Aristotele, 'l'uomo è per natura un animale politico': la politica deve quindi ritornare a essere un'attività naturale, vicina ai bisogni reali delle persone e alle leggi di convivenza che derivano dalla nostra stessa natura umana"

giovedì 2 ottobre 2025

Toscana, simboli e curiosità sulla scheda


La quarta regione, tra quelle che sono chiamate al voto in questo turno elettorale autunnale, è la Toscana, che rinnova la Presidenza e il Consiglio alla scadenza naturale, essendosi svolte le precedenti elezioni proprio cinque anni fa. 
Il presidente uscente, Eugenio Giani, sostenuto dal centrosinistra, si ricandida (appoggiato da una coalizione più ampia) alle elezioni fissate per il 12 e il 13 ottobre, dovendosi confrontare con altri due aspiranti alla guida della giunta regionale; i tre candidati alla presidenza saranno sostenuti da 10 liste in tutto. Si tratta di numeri decisamente più ridotti rispetto al voto del 2020, quando i candidati alla presidenza erano 7 e le liste sulla scheda erano 15 (anche grazie a un taglio significativo delle firme da raccogliere, dovuto al voto in "epoca Covid-19"). 
I contrassegni delle liste saranno analizzati secondo l'ordine valido per la circoscrizione di Firenze 1; uno spazio alla fine sarà dedicato anche ai simboli che non finiranno sulla scheda (perché esclusi insieme alle loro liste o perché le rispettive forze politiche hanno ritenuto di non riuscire a raccogliere le firme in tempo utile e se ne sono lamentate davanti ai giudici amministrativi).
 
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Antonella Moro Bundu

1) Toscana Rossa

Unica donna in corsa per la guida della giunta regionale toscana è Antonella Moro Bundustorica attivista, fiorentina di madre sierraleonese, già candidata sindaca di Firenze nel 2019 per Sinistra Italiana, Potere al popolo! e Firenze città aperta. La sostiene una sola lista, Toscana Rossa, dichiaratamente di sinistra: il contrassegno contiene le miniature dei simboli del Partito della rifondazione comunista, di Potere al popolo! e di Possibile. Il rosso è il colore dominante, del cerchio interno tagliato in alto (per ospitare le miniature ricordate: nessuna di queste, peraltro, era in grado di evitare la raccolta delle firme, non essendo quelle forze state rappresentate da un gruppo consiliare creato almeno sei mesi prima del voto) e del nome della regione inserito in un romboide bianco in primo piano: a fianco di questo si può notare un piccolo fiocco con la bandiera palestinese, lo stesso che era stato visto in altri simboli della stessa area politica in precedenti turni di elezioni regionali (per esempio in Emilia-Romagna lo scorso anno). Sono poco leggibili di, perché molto sottili, le parole "Pace | ambiente | salute | lavoro" collocate a metà della parte tinta di rosso.
 

Eugenio Giani

2) Eugenio Giani presidente - Casa riformista 

Seconda candidatura da considerare è quella del presidente uscente, Eugenio Giani, sostenuto da un "campo (più o meno) largo", articolato per l'occasione in quattro liste. La prima, nella circoscrizione Firenze 1, è Casa riformista, che come si sa è stata promossa soprattutto da Italia viva (ed è probabile che questo sia stato sufficiente ad abbattere la raccolta firme), ma vede l'adesione anche di esponenti di +Europa, Psi, Pri (formazioni che, insieme ad Azione, avevano lavorato a una possibile lista denominata Avanti con Giani)o. In questo caso, tuttavia, il nome della lista è stato collocato nella parte inferiore sfumata, sotto la casa stilizzata: il rilievo maggiore, all'interno del contrassegno, è dato all'altra parte del nome, Eugenio Giani presidente. Proprio il rilievo di questa espressione fa pensare che Casa riformista, almeno in Toscana abbia anche il ruolo di "lista del presidente" (anche perché, come si vedrà, tutte le altre liste della coalizione sono espressione di partiti e il nome del candidato presidente non figura altrove).
 

3) Alleanza Verdi e Sinistra

Seconda formazione della compagine di liste che appoggia la ricandidatura di Giani è Alleanza Verdi e Sinistra. Non c'è in realtà moltissimo da dire sul contrassegno, che fa il suo esordio alle regionali toscane (essendo stato concepito solo nel 2022, ma le due componenti erano già presenti alle ultime regionali, sia pure su fronti diversi: Europa Verde sosteneva Giani, Sinistra italiana appoggiava Tommaso Fattori) ma è identico alla versione due volte depositata al Viminale. La lista comprende anche candidati di Ecolò; a rappresentare EV è la consigliera uscente Silvia Noferi, già M5S (attualmente componente del gruppo misto).
 

4) Partito democratico

Parte essenziale della coalizione che appoggia la ricandidatura di Giani è la lista del Partito democratico; cinque anni fa aveva conquistato quasi tutti i consiglieri della compagine che aveva sostenuto il candidato divenuto Presidente. Proprio come allora, il Pd ha scelto di indirizzare alle schede elettorali il suo simbolo ufficiale ufficiale senza alcuna aggiunta o variazione: nemmeno in questo caso, infatti, il cognome di Giani ha trovato posto all'interno del cerchio.
 

5) MoVimento 5 Stelle

La vera novità all'interno del gruppo di formazioni che sostiene il presidente uscente e ricandidato è costituita dal MoVimento 5 Stelle, che nelle precedenti occasioni aveva sempre sostenuto proprie candidature autonome. L'accordo per queste elezioni è stato firmato da Giani e dalla precedente candidata Irene Galletti, con la presenza rilevante della vicepresidente nazionale del M5S Paola Taverna, per cui non è certo passato inosservato sui media. Nulla di particolare da dire sul simbolo del MoVimento, se non il fatto che si tratta della terza versione a finire sulle schede (2015 con Beppegrillo.it, 2020 con Ilblogdellestelle.it, 2025 con il riferimento al 2050 come anno della neutralità climatica). 
 

Alessandro Tomasi

6) Noi moderati - Civici con Tomasi

Terzo e ultimo candidato, tra quelli ammessi a concorrere a queste elezioni regionali, è Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia e proposto dal centrodestra. Prima lista da citare è quella presentata da Noi moderati, partito che - espressione di un gruppo parlamentare, al pari degli altri partiti della coalizione - ha avuto bisogno di pochissime firme per correre. Nel contrassegno, peraltro, trova posto anche la dicitura "Civici per Tomasi" (è in lista anche il consigliere regionale uscente Andrea ulmi, eletto con la Lega ma ora rappresentante della componente del gruppo misto Merito e lealtà), scritta che ha un rilievo appena inferiore rispetto a quello del nome del partito; per farle trovare posto, però, il ponte tricolore è stato "schiacciato" e deformato e in alto non è stato inserito il riferimento al Ppe.
 

7) Forza Italia - Unione di centro

Altra lista del centrodestra è quella dominata da Forza Italia, che occupa all'interno del contrassegno circa due terzi dello spazio: ha riservato per sé la parte superiore, a costo di ridurre le dimensioni della bandierina e - in misura minore - del cognome di Silvio Berlusconi. La parte inferiore, tinta di blu, serve invece a contenere il riferimento al candidato presidente e la miniatura - leggermente debordante - del simbolo dell'Unione di centro (anche nel 2020 l'Udc aveva fatto la lista con Fi, ma era stata citata solo con la sigla). L'impressione complessiva è di un contrassegno decisamente pieno.
 

8) Lega - Il Popolo della Famiglia

A sostegno di Tomasi c'è anche la lista della Lega, che partecipa con il suo contrassegno consolidato, molto simile a quello già visto nel 2020, tranne che per due particolari. Il primo, al di sotto del cognome di Matteo Salvini (che stavolta non ha rischiato di trovare un omonimo-cognonimo sulla scheda) non c'è la parola "premier", ma il riferimento alla regione; il secondo, a destra della statua di Alberto da Giussano c'è la miniatura del simbolo del Popolo della Famiglia, che ha concorso alla formazione delle liste. Questa è la sola lista della coalizione a non contenere il nome del candidato presidente.
 

9) È ora! - Lista civica per Tomasi presidente

L'unica formazione a sostegno di Tomasi che non esibisce alcun simbolo di partito è È ora! Lista civica per Tomasi presidente: non è quindi difficile identificare queste candidature come quelle da ritenersi più vicine all'aspirante presidente proposto dal centrodestra. Il contrassegno scelto è relativamente vuoto, basato soprattutto sulla prima parte del nome, "che rimanda a 'è ora di cambiare' e che racchiude un programma chiaro", come si legge nella nota che spiega il simbolo:  "In questa tornata elettorale si può cambiare, dopo 55 anni di potere senza alternanza democratica. È ora di farlo". Il blu carta da zucchero è leggermente dominante, insieme al Bianco dello sfondo, ma emerge nettamente l'espressione "È ora!" proposta in rosso scuro, mentre una serie di punti colorati si affianca al puntino del punto esclamativo, sottolinea il concetto; al centro c'è la dicitura maiuscola "Lista civica", ben visibile (pur essendo sottile) "come a rivendicare la volontà di entrare in Consiglio regionale per essere quel presidio civico per le istanze di tutti i toscani che fino ad oggi è mancato". 
 

10) Fratelli d'Italia

Chiude la coalizione di centrodestra e anche le liste presentate e ammesse a queste regionali toscane Fratelli d'Italia, che si distingue dalle altre elezioni viste finora per avere recuperato una conformazione del contrassegno più frequente negli anni scorsi e un po' messa da parte di recente: il riferimento giallo a Giorgia Meloni sta in alto, con "per" a fianco (a quel carattere sembra essersi ispirata la civica di Tomasi per la stessa preposizione), poco sopra al centro - sempre su fondo blu - è stato collocato il riferimento al candidato presidente - che, non a caso, aderisce a Fdi - e in basso trova posto il simbolo ufficiale del partito.
 
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Sembra opportuno anche dare conto delle iniziative di tre simboli che sulle schede non finiranno, se non altro perché in loro nome sono stati presentati due ricorsi, peraltro respinti dai giudici amministrativi.
Si era rivolto al Tar Toscana già prima della presentazione delle candidature il Movimento sociale Fiamma tricolore: il partito, guidato da Daniele Cerbella e difeso da Marco Tarelli (vicesegretario e abogado), lamentava come la necessità, per le liste non presenti con proprio gruppo in Consiglio regionale, di raccogliere circa 8mila firme (per concorrere in tutta la Regione) creasse evidenti sproporzioni rispetto alle forze politiche "quasi esonerate" perché, visti i tempi di indizione delle elezioni, dette raccolta doveva sostanzialmente svolgersi tutta nel mese di agosto, con le difficoltà che questo comporta per l'assenza delle persone a causa delle vacanze. La lamentela si traduceva in una richiesta di annullare e, in via cautelare, sospendere in questa stazione il decreto che aveva indetto le elezioni, individuando una data successiva che non comprimesse il diritto a presentare candidature.
Il Tar, però, ha giudicato il ricorso irricevibile, ritenendolo tardivo: il decreto di indizione, infatti, era stato pubblicato sul bollettino regionale il 18 agosto, avrebbe dovuto essere impugnato entrò i tre giorni successivi, mentre l'impugnazione risalirebbe al 15 settembre. 
Vale peraltro la pena di sottolineare che uno ricorso simile era stato presentato ancora prima da Democrazia sovrana popolare e dal suo potenziale candidato presidente Hubert Ciacci (imprenditore già vicino alla Lega): nell'atto, tra l'altro, ci si lamentava del fatto che, svolgendosi le elezioni alla scadenza naturale del consiliatura, sarebbe stato possibile possibile in dire con anticipo le elezioni regionali, in modo da consentire alle liste non rappresentate in consiglio di avviare la raccolta firme fruendo di tutti i 180 giorni antecedenti la scadenza della presentazione delle candidature indicati dalla legge n. 53/1990 per cercare i sottoscrittori, mentre la necessità di indicare sui moduli di presentazione della lista anche la data della competizione elettorale ha limitato il periodo utile sostanzialmente a un solo mese: sulla base di questo, sì gliel'ho chiesto di sospendere e annullare l'indizione del voto, ma potenzialmente anche la disapplicazione della norma regionale in materia di sottoscrizione delle liste o una sua rilettura costituzionalmente conforme, da tradurre in una riduzione del numero delle firme richieste. Il Tar, in compenso, ha ritenuto il ricorso inammissibile (perché la raccolta firme era ancora possibile e non c'era nessuna supposta immediata lesione di diritti che potesse giustificare l'impugnazione del decreto di indizione prima del voto) e pure infondato: "la raccolta delle sottoscrizioni finalizzate alla presentazione delle liste non presuppone la previa pubblicazione del decreto presidenziale di indizione delle elezioni, ben potendo avvenire anche prima della sua adozione", considerando pure che "il comma 4 dell’art. 11 della L.R.T. 51/2014 non prevede che i moduli (peraltro sempre disponibili da parte degli interessati) debbano indicare la data esatta delle elezioni" (buono a sapersi...), mentre ogni lamentela di incostituzionalità sarebbe stata in contrasto con la natura accelerata del processo amministrativo pre-elettorale e, comunque, non fondata ("il sistema legislativo regionale [...] non impedisce alle formazioni politiche che intendono partecipare alla competizione elettorale [...] di predisporre l’organizzazione necessaria alla raccolta delle firme con congruo anticipo rispetto alla fissazione della data di svolgimento della stessa").
Aveva invece presentato proprie liste tra il 12 e il 13 settembre Forza del Popolo, il partito fondato e guidato da Lillo Massimiliano Musso, scegliendo come candidato presidente Carlo Giraldi, medico e fondatore del Centro Medico Amico. Tutte le liste però in un primo tempo non erano state ammesse per la ritenuta mancanza di un congruo numero di certificati di iscrizione alle liste elettorali dei sottoscrittori; in seconda battuta, dopo aver chiesto il riconteggio anche dei certificati su supporto Usb, la lista è stata riammessa nella circoscrizione Firenze 1, ma non nelle altre, così liste e candidatura a Presidente sono state ricusate. Forza del Popolo ha presentato ricorso, allegando che una parte dei certificati cartacei non erano ancora stati consegnati dai comuni o lo erano stati a ridosso della consegna e che dunque era possibile anche l'integrazione dopo il termine per presentare le liste.
Per il Tar Toscana, però, il ricorso non era fondato. I giudici avevano innanzitutto sostenuto che "i certificati di iscrizione nelle liste elettorali dei sottoscrittori [fossero] stati prodotti in parte in formato cartaceo e in parte in formato digitale su supporto USB", al punto che "tale massiva e disorganizzata produzione documentale, oltre che non di facile consultazione (trattandosi di certificati talvolta di immediata lettura e talaltra consultabili mediante collegamento alla e-mail trasmessa dal Comune) non ha consentito di procedere a una compiuta verifica dei certificati prodotti e al corretto accertamento della corrispondenza di detti certificati con il relativo sottoscrittore". Secondariamente, rispetto alla lamentela della lista per cui sarebbe stato possibile consegnare i documenti mancanti e ricevuti in ritardo anche oltre le ore 12 del 15 settembre (giorno successivo alle contestazioni degli uffici circoscrizionali), il collegio ha ritenuto che "la produzione alluvionale di documentazione effettuata dalla ricorrente" (ritenuta "copiosa e confusa", di non "pronta e facile consultazione da parte del Collegio e non [...] compatibile con il celere esame proprio del rito elettorale, che richiede tempi immediati per la pubblicazione della sentenza e che non ammette dilazioni temporali per compiere attività istruttoria") non fosse idonea "a comprovare la non imputabilità del ritardo, non essendo state fornite in giudizio prove di facile riscontro circa la completezza e della idoneità dei certificati fatti pervenire alla Commissione". 
Nemmeno il ricorso al Consiglio di Stato ha avuto esito migliore: il collegio ha anzi sposato un orientamento più restrittivo, per cui il termine delle ore 12 del 29° giorno prima del voto per depositare i documenti richiesti sarebbe perentorio, per contemperare "il principio del favor partecipationis con le esigenze di celerità e certezza del procedimento elettorale", così non si sarebbe potuto depositare alcun documento dopo il 15 settembre (e direttamente all'Ufficio centrale regionale). Quanto alle richieste di considerare anche i certificati informatici (consegnati in tempo) che avrebbero consentito di raggiungere il numero sufficiente, i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che il ricorso non avesse contestato nel dettaglio "fatti - id est, la regolarità dei certificati digitali e la loro riferibilità ai sottoscrittori della lista - specificamente smentiti dagli stessi provvedimenti oggetto di impugnazione, se non previa specifica contestazione (anche) di quanto attestato da questi ultimi in punto di fatto"; di più, non avrebbe potuto "che ridondare in danno del presentatore della lista l'inadeguatezza delle modalità di produzione dei documenti al fine di dimostrare il possesso di requisito di legge per la presentazione della lista; in particolare, è legittimo motivo di esclusione l'inadeguatezza della produzione digitale dei certificati elettorali a consentire all’ufficio elettorale il controllo agevole ed immediato della corrispondenza dei certificati elettorali con i sottoscrittori della lista che deve essere garantito nel procedimento elettorale". La vicenda contenziosa, peraltro, potrebbe non essere terminata: il sito di Forza del Popolo indica che "le elezioni regionali toscane sono a rischio di annullamento, perché se si prova (come è) che i certificati erano sulla chiavetta sin dal primo deposito per almeno tre circoscrizioni (Arezzo, Firenze 4 e Siena), sulla cui validità di produzione in digitale lo stesso Consiglio di Stato si è espresso favorevolmente, creando un precedente nazionale importantissimo, dopo la proclamazione degli eletti il TAR Toscana sarà chiamato ad entrare nel merito". Delle candidature alle regionali toscane, dunque, probabilmente si parlerà ancora a lungo.

mercoledì 1 ottobre 2025

Calabria, simboli e curiosità sulla scheda

 

La terza regione a votare, in questo turno autunnale sparso di elezioni regionali, è la Calabria, chiamata al voto domenica 5 e lunedì 6 ottobre. Si tratta, com'è noto, di un'elezione anticipata, dovuta alle dimissioni del presidente Roberto Occhiuto, eletto quattro anni fa ma dimessosi a fine luglio (quanto all'annuncio, concretizzatosi l'8 agosto) dopo la notizia di un avviso di garanzia a suo carico emesso dalla procura della Repubblica di Catanzaro. Lo stesso Occhiuto, peraltro, ha scelto fin dall'inizio di ripresentarsi, dunque tornerà sulla scheda elettorale: insieme a lui ci saranno altri due candidati e in tutto concorreranno 15 liste. La competizione è più ristretta rispetto a quella del 2021: le candidature alla presidenza erano state quattro, ma soprattutto i simboli sulla scheda erano ben 21. Le liste verranno passate in rassegna seguendo l'ordine sorteggiato per la circoscrizione Nord.
 
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Roberto Occhiuto

1) Democrazia cristiana - Unione di centro

La coalizione più numerosa in queste elezioni regionali calabresi è quella che appoggia Roberto Occhiuto, presidente dimissionario e ricandidato, espressione del centrodestra unito: potrà contare su ben otto liste. La prima - almeno nel cosentino - è quella presentata insieme da Democrazia cristiana e Unione di centro: il contrassegno si basa su quello dell'Udc, per l'azzurro del fondo e le vele di Democrazia europea e del Centro cristiano democratico in filigrana, ma lo scudo crociato al centro e in primo piano è quello utilizzato nel corso degli anni dalla Dc di Gianni Fontana e Renato Grassi (come emerge dal carattere Helvetica): la Dc coinvolta in questo caso, formalmente, è quella guidata da Totò Cuffaro (che rinuncia, in questo caso, alla bandiera bianca crociata, visto che l'Udc non ha certo da eccepire sull'uso dello scudo per la lista comune), ma partecipa anche la Dc con Rotondi.
 

2) Lega

Seconda lista della coalizione di centrodestra è quella presentata dalla Lega, alla sua terza partecipazione consecutiva alle elezioni regionali calabresi. Il contrassegno utilizzato è praticamente identico a quello visto le volte precedenti, con Alberto da Giussano al centro, il nome "Lega" in alto, il cognome di Matteo Salvini (giallo) e il riferimento alla regione nel segmento blu in basso; i dettagli di differenza che emergono dal simbolo usato a Cosenza (il tono del giallo e lo spessore del bordo del cerchio) forse sono dovuti alla riproduzione del disegno sul manifesto. Nulla che possa essere determinate, in ogni caso, nel riconoscimento del fregio o nell'orientare il voto.
 

3) Forza Azzurri

Come quattro anni fa, Occhiuto potrà contare anche sul sostegno di Forza Azzurri, lista di chiara matrice "forzista" (per i colori impiegati e l'uso di un carattere bastoni marcato corsivo, anche se questa volta non è impiegato un Helvetica, ma probabilmente un Twentieth Century). Rispetto al 2021, sotto al tricolore non è più stato inserito il nome del candidato alla presidenza, anche se è rimasto lo stesso del precedente turno elettorale: questo comunque consente di dare più rilievo al nome della lista.
 

4) Forza Italia

Ovviamente nella coalizione di centrodestra si ritrova anche il simbolo di Forza Italia, vale a dire il partito cui Occhiuto appartiene e per il quale è stato consigliere regionale e deputato: lo stesso partito ha rivendicato - come in passato - la Calabria come regione guidata da un proprio esponente). Rispetto alla precedente elezione, la bandierina è tutta contenuta nel cerchio, anche per la presenza del riferimento al Partito popolare europeo nella parte superiore del contrassegno; paradossalmente si è in parte ridotto il rilievo del riferimento al candidato presidente (non presente nei contrassegni degli altri partiti della coalizione), stavolta ospitato in bianco nel segmento blu inferiore, che nel 2021 non c'era (e infatti stavolta il contrassegno sembra pienissimo).

5) Noi moderati 

Fa parte da pochi mesi del Partito popolare europeo (e lo esplicita nel proprio simbolo) anche Noi moderati, che partecipa per la prima volta alle regionali calabresi, ovviamente nell'ambito del centrodestra. Il partito guidato da Maurizio Lupi schiera l'ultima versione del suo simbolo, con il nome blu in carattere bastoni corsivo maiuscolo su fondo bianco, sormontante un elemento tricolore che rimanda a un arco o a ponte.
 

6) Occhiuto presidente

Se nel 2021 di fatto Forza Azzurri poteva essere considerata come la "lista del presidente", questa volta condivide il titolo con la formazione Occhiuto presidente, la cui natura è impossibile equivocare. Il nome e il simbolo non potrebbero essere più semplice: la lista, infatti, si distingue con un cerchio bianco lievemente bordato di nero, così come è nero il nome scritto su due righe - unico elemento del contrassegno - con il cognome il evidenza maggiore. Il carattere usato (probabilmente un Calibri o un font simile) è lo stesso utilizzato per il riferimento al candidato nella parte inferiore del contrassegno di Forza Italia.
 

7) Sud chiama Nord - Partito animalista

La coalizione che appoggia Occhiuto conta anche sul contributo della lista condivisa tra Sud chiama Nord e il Partito animalista, che per la prima volta - salvo errore - si trovano a condividere la posizione sulle schede elettorali. Si tratta invece certamente del debutto calabrese per il partito fondato da Cateno De Luca, mentre la formazione guidata da Cristiano Ceriello quattro anni fa era schierata a sostegno di Amalia Bruni (dunque del centrosinistra). Nel contrassegno leggera prevalenza è data a Sud chiama Nord, che occupa la parte superiore del contrassegno, stavolta organizzato senza alcuna inclinazione (con il semicerchio giallo che contiene il nome e, sotto, la fascetta rossa con la dicitura "Per le autonomie"), mentre in basso su fondo bianco trova spazio il Partito animalista, con le caratteristiche impronte canine collocate a fianco del nome nero e rosso (pur proposto con caratteri diversi rispetto al passato).
 

8) Fratelli d'Italia

La coalizione di centrodestra si chiude con la lista di Fratelli d'Italia, già convintamente a sostegno del candidato proposto quattro anni fa. Rispetto ad allora, per altro, è cambiato il contrassegno utilizzato: in quella occasione era stato impiegato il simbolo ufficiale del partito, contenente solo il nome della forza politica sopra alla fiamma tricolore senza base trapezoidale; questa volta invece viene schierato il contrassegno (con la stessa struttura cromatica) utilizzato anche alle elezioni europee dell'anno scorso, con il nome del partito in alto, il riferimento molto evidente a Giorgia Meloni al centro e la fiamma ancora in basso, leggermente ingrandita.
 

Pasquale Tridico

9) Tridico presidente

Seconda candidatura alla guida della giunta regionale calabrese è quella di Pasquale Tridico, ex presidente Inps. Saranno sei le liste a sostenerlo, inclusa l'unica formalmente non legata esplicitamente a forze politiche, denominata semplicemente Tridico presidente. "Il simbolo che abbiamo scelto - aveva spiegato in una nota lo stesso candidato alla fine di agosto - vuole parlare a tutti, con i colori e le forme della nostra Calabria, del mare e del sole con l'accento rosso del progresso"; al centro c'è dunque il sole nel cielo azzurro, nella parte inferiore il mare di colore molto scuro contiene il riferimento al candidato, mentre le due parti sono separate da un piccolo elemento rosso vermiglio, quasi arancio. A quanto si sa, la lista contiene anche candidati riferibili a DemoS - Democrazia solidale.
 

10) MoVimento 5 Stelle

Tridico potrà contare ovviamente sull'appoggio del MoVimento 5 Stelle, vale a dire il soggetto politico nelle cui liste si è candidato ed è stato eletto al Parlamento europeo nel 2024. Il contrassegno è conforme all'ultimo simbolo ufficiale del M5S, adottato proprio nel 2021 in coincidenza con la "rivoluzione statutaria" (e infatti sulle schede delle elezioni precedenti c'era proprio lo stesso fregio, già con il riferimento al 2050 come anno della neutralità climatica nel segmento inferiore rosso, sotto al nucleo grafico-nominale del MoVimento.
 

11) Partito democratico

Se quattro anni fa si poteva dire che il M5S si era alleato con il Partito democratico, questa volta sembra di poter dire che è il Pd ad avere stretto l'alleanza con il MoVimento, insieme alle altre forze della coalizione, visto che il candidato sostenuto è chiaramente riconducibile al M5S. Anche per questo, non stupisce affatto che il contrassegno della lista contenga esclusivamente il simbolo ufficiale del partito, senza alcuna connotazione territoriale (nel 2021 c'era il riferimento alla Calabria) e senza il nome del candidato all'interno.
 

12) Democratici Progressisti

Il riferimento "con Tridico presidente", a dire il vero, è inserito - in bianco su segmento verde - nel contrassegno della lista Democratici Progressisti, presenza costante alle regionali in Calabria dal 2014, anche se nel 2021 aveva concorso come "pulce" all'interno del contrassegno del Partito animalista. Lista civico-politica di area dem, ha mantenuto lo stesso nome, le stesse pennellate astratte di colore verde e rosso per creare il tricolore, mentre al posto del nome della regione è stato messo (come detto) il riferimento al candidato. 
 

13) Casa riformista

Fa parte della coalizione di "campo largo" (più o meno) anche la lista Casa riformista, vale a dire la formazione elettorale promossa da Italia viva (come è dichiarato proprio nella parte inferiore del contrassegno) per queste regionali. Il simbolo adottato per la Calabria era stato proprio quello che era stato diffuso nei giorni scorsi per lanciare il progetto politico-elettorale riformista - nato per controbilanciare Pd, Avs e M5S nella coalizione locale - da Matteo Renzi, a toni sfumati di blu e di fucsia (stessi colori che caratterizzano il nome nel simbolo di Iv), con la casetta stilizzata al centro e l'espressione 'per la Calabria" (un po' manoscritta, un po' bastoni) collocata sul segmento inferiore curvilineo sfumato. La lista contiene anche esponenti di +Europa, Psi, Azione (almeno parte del partito), Pri e Mezzogiorno federato.
 

14) Alleanza Verdi e Sinistra

La coalizione del "campo largo" (più o meno) si completa con la lista di Alleanza Verdi e Sinistra, che debutta alle regionali calabre con il proprio contrassegno consolidato fin dal 2022, senza nessuna modifica o ritocco territoriale. In effetti, più che per il simbolo, si è parlato delle liste di Avs per l'esclusione dell'ex sindaco di Riace e parlamentare europeo Domenico "Mimmo" Lucano, ritenuto incandidabile per la condanna (con pena sospesa di 18 mesi di reclusione) per falso nel processo "Xenia", esclusione confermata dal Tar e dal Consiglio di Stato, e per la candidatura della filosofa Donatella Di Cesare.
 

Francesco Toscano

15) Democrazia sovrana popolare

Il quadro delle candidature calabresi si chiude con il terzo aspirante presidente, vale a dire Francesco Toscano, presidente nazionale di Democrazia sovrana popolare. Si tratta, a ben guardare, nell'unica candidatura di un leader nazionale a queste regionali. Il partito schiera sulla scheda elettorale il suo nuovo simbolo (con acronimo al centro, elemento tricolore in alto e corona blu-toni recante il nome leggermente tagliata/aperta nella parte superiore), illustrato al nostro sito da Marco Rizzo, coordinatore nazionale, qualche settimana da. Se però nelle Marche la sigla del partito era stata rimpicciolita proprio per lasciare più spazio al cognome di Rizzo, in questo caso viene utilizzato il fregio ufficiale senza alcuna variante; in compenso Rizzo è candidato in tutte le circoscrizioni e al Nord è anche capolista.