venerdì 13 giugno 2025

Più Uno, se il progetto di Ruffini richiama subito l'Ulivo

L'effetto del passato che si riaffaccia, o almeno l'impressione che sia così, in francese ha il suono morbido - pure se contratto - del déjà vu. Meno morbida e meno poetica, ma sempre più diffusa è la sensazione di "già visto" in campo politico. Sarà che spesso riappare chi - anche solo per poco tempo - ha fatto parte delle cronache, dei commenti e persino dei "retroscena", sarà che le proposte di programma su vari temi raramente sono originali (ammesso che ciò sia possibile e, soprattutto, ragionevole) e che persino i nomi e le grafiche con cui ci si dovrebbe distinguere finiscono spesso per somigliarsi; sta di fatto che molte persone credono sovente di trovarsi di fronte all'ennesimo politico o partito fotocopia. Quel giudizio, ovviamente, può essere  tanto ingeneroso quanto devastante, potendo minare dall'inizio la strada di un progetto politico. 
In certi casi però la memoria dei #drogatidipolitica si attiva immediatamente ed è difficile lasciare da parte il pensiero che quell'attivazione sia stata espressamente voluta da chi ne ha creato le condizioni. Difficile pensare a qualcosa di diverso, in particolare, guardando la grafica, diffusa solo qualche manciata di ore fa, per il progetto politico legato al nome di Ernesto Maria Ruffini, sino alla fine dello scorso anno direttore dell'Agenzia delle entrate, dimessosi  senza risparmiare polemiche verso chi dipingeva la scelta di combattere l’evasione come "una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi". Già prima delle dimissioni si era iniziato a parlare di Ruffini come persona potenzialmente in grado di "riorganizzare un centro, dare forza a un centro del centrosinistra, diventare l'atteso 'federatore' del campo largo" (così aveva scritto Marco Iasevoli su Avvenire). Dopo le smentite, è arrivato un atto concreto: il 1° marzo è stata costituita l'associazione Più Uno, con sede a Roma in viale Carso, avente tra i suoi scopi, come si legge all'art. 3 dello statuto, "attivare, convogliare e catalizzare lo straordinario potenziale civico esistente nel nostro paese e mettere in rete esperienze di impegno civile, impegno che è necessario per dare una prospettiva condivisa alle sorti del nostro sistema democratico", nonché "favorire l'impegno sociale e far riscoprire i legami e le responsabilità verso la comunità, quali fondamento di libertà e orizzonti in grado di superare i confini e destini dei singoli", sostenere "la costruzione di una società improntata al bene comune e al benessere collettivo, impegnandosi fin da subito a creare spazi di confronto e proporre nuove idee" per migliorare la qualità del dibattito politico, riavvicinare i cittadini al confronto civile e alla partecipazione. Tutto ciò vedendo nell'integrazione europea "l'unico percorso perseguibile di pace e benessere del popolo europeo, [...] in cui l'Italia deve tornare ad essere protagonista ai capofila ispirandosi ai principi fondamentali alla base della nostra costituzione" e volendo valorizzare "lo straordinario lavoro di organizzazioni no-profit che ogni giorno sostengono le crepe sociali e le fragilità umane nelle periferie delle città e affrontano anche le problematiche che attraversano i centri della città".
Fin qui e nei molti altri propositi non è difficile ritrovare le caratteristiche di un progetto politico (nel senso più ampio e, volendo, più nobile del termine) di matrice cristiana e democratica: ciò non stupirebbe nemmeno troppo, anche considerando che il padre di Ruffini, Attilio, era stato a lungo deputato della Democrazia cristiana e che uno dei fratelli, Paolo, come giornalista ha avuto una lunga esperienza alla guida - oltre che di Rai3 - di Tv2000 e del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede. Poi però lo sguardo cade sulla grafica che è stata scelta per il nome dell'associazione: appena si vedono quelle sei lettere in carattere bastoni blu e con l'accento rosso, è quasi impossibile non ripensare subito all'Ulivo concepito visivamente per Romano Prodi da Andrea Rauch nel 1995 (la genesi è stata raccontata a questo sito dallo stesso autore con dovizia di particolari). 
Ancora di più, riesce quasi impossibile credere che quel rimando non sia stato scientemente voluto. Innanzitutto la costituzione dell'associazione Più Uno va di pari passo con la pubblicazione del libro omonimo, edito da Feltrinelli, dal contenuto chiaramente politico. Il carattere impiegato in copertina (New Century Schoolbook), tuttavia, è coerente con quelli impiegati dall'editore per tanti altri suoi volumi; è invece ben diverso dal Futura Black usato ora per comporre il logotipo dell'associazione e anche i colori che tingono il testo somigliano davvero moltissimo al blu e al Rosso senti da Rauch nel 1995. A onor del vero, il sito più.uno riporta una grafica simile a quella della copertina, con i cerchi colorati che si sovrappongono (ha qualche drogatodipolitica incallito potrebbe tornare in mente anche il varo grafico di Italia unica di Corrado Passera, ma l'esito un poco felice ne sconsiglierebbe il richiamo).
La sensazione che il rimando alla stagione rivista sia tutt'altro che casuale aumenta considerando le parole pronunciate da Ruffini alla sua ultima partecipazione a DiMartedì, il 10 giugno, intervistato da Giovanni Floris: "Son cresciuto con i comitati per l'Ulivo: sono stati una stagione straordinaria, senza nulla togliere ai partiti". Lo stesso strumento immaginato "per riportare le persone a partecipare, a sentirsi coinvolte, ad essere in qualche modo partecipi di un sogno futuro", vale a dire i Comitati "Più Uno", che Ruffini vorrebbe far nascere in ciascuna delle province italiane per essere promotori "di partecipazione politica, di discussione e di voto consapevole", non possono che ricordare i Comitati per l'Italia che vogliamo alla base dell'esperienza prodiana citati dallo stesso ex direttore dell'Agenzia delle entrate.
Chi conosce e ricorda bene le vicende della politica italiana successiva nel 1994, del resto, sa bene che le parentele grafiche con l'Ulivo non costituiscono certo una novità. Nel 1999, infatti, pochi mesi dopo la caduta per un voto del suo (primo) governo, Romano Prodi si convinse a costituire un proprio partito in tempo per partecipare con una lista alle elezioni europee, un po' per andare alla conta (a dispetto dei piani altrui) e un po' per preparare il futuro. Alla fine si decise - probabilmente su indicazione di Arturo Parisi - di utilizzare l'asinello come simbolo per il nuovo partito-lista e di usare il nome "i Democratici", senza alcun riferimento esplicito all'Ulivo (da ricostruire con il tempo); nonostante questo, all'agenzia Advcreativi di Ancona che fu incaricata di dare forma al simbolo fu abbastanza chiaro fin dall'inizio - come ha dichiarato a questo sito il suo fondatore, Francesco Cardinali - "che il lettering del simbolo doveva restare lo stesso dell'Ulivo".
L'Ulivo fu comunque recuperato nel 2001 per contrassegnare la coalizione guidata da Francesco Rutelli (che non ebbe però la stessa fortuna del 1996) e nel 2004 con una leggera variante - Uniti nell'Ulivo, con il ridisegno del simbolo affidato a Bruno Magno - per distinguere alle europee la lista unitaria di Ds, Margherita, Sdi e Repubblicani europei. Nel 2005, però, nell'ultimo anno della legislatura, si iniziarono a scaldare i motori per le regionali dello stesso anno e guardando soprattutto alle politiche dell'anno successivo: si iniziò quindi a preparare una coalizione larga, anzi larghissima, che potesse contenere tanto Fausto Bertinotti quanto Clemente Mastella. La leadership di Prodi sarebbe stata confermata in autunno con le primarie della coalizione, ma già il 10 febbraio fu presentato pubblicamente il simbolo dell'Unione, con l'emiciclo parlamentare tinto dei colori dell'arcobaleno e il nome scritto con lo stesso carattere dell'Ulivo, ma stavolta colorato di verde (ma sempre con un apostrofo rosso, tutto obliquo stavolta).
E se alla scelta del nome pare abbia lavorato Annamaria Testa a Milano, a dare forma al simbolo era stata ancora una volta la Advcreativi di Cardinali, che sull'Unità dell'11 febbraio 2005 (il giorno dopo la presentazione del nuovo emblema) aveva concorso a spiegare la genesi della grafica. Grafica arcobaleno che paradossalmente finì sulle schede delle elezioni regionali del 2005, ma non su quelle delle elezioni politiche del 2006 (tranne che in Alto Adige), visto che la nuova legge elettorale consigliava di colpire in coalizioni multiliste.
Dopo quell'evento elettorale - e il naufragio del secondo governo Prodi - rimase solo il rametto dell'Ulivo, inserito obtorto collo nel simbolo del Partito democratico da Nicola Storto (e mantenuto fino a oggi contro la volontà di colui che lo disegnò, cioè Rauch). Ora che il Pd non è più quello di Matteo Renzi ma continua a essere oggetto di critiche, soprattutto da parte dei moderati, sembra pronto a partire qualcuno che spera di intercettare - come federatore o ricostruttore - varie sensibilità dell'area progressista, magari rievocando lo spirito del 1995-96 anche grazie ai colori. Chissà se Più Uno diventerà partito e se i colori dell'Ulivo conviveranno con quel che resta del rametto in due simboli diversi...

lunedì 9 giugno 2025

Nuoro, simboli e curiosità sulla scheda


Dei sei comuni della Sardegna chiamati al voto tra ieri e oggi, il solo comune superiore è anche capoluogo di provincia: Nuoro. Si è tornati alle urne dopo le dimissioni, poco più di un anno fa, del sindaco Andrea Soddu, eletto per la prima volta nel 2015 e sostenuto in entrambi i casi da una coalizione civica (anche se nel 2019 era stato candidato alle europee per il Partito democratico e lo scorso anno si è presentato alle regionali a sostegno della candidatura di Renato Soru). A contendersi, dopo un anno di amministrazione commissariale, il ruolo di sindaco saranno quattro candidati, sostenuti in tutto da 15 liste. Si tratta di una contrazione rilevante rispetto alle elezioni del 2020 che avevano visto sfidarsi sette aspiranti sindaci e 23 simboli di lista.
 
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Lisetta Bidoni

1) Progetto per Nuoro

Per quanto possa sembrare incredibile, il sorteggio ha collocato in prima posizione la stessa aspirante sindaca indicata per prima cinque anni fa. Si tratta di Lisetta Bidoni, ex dirigente scolastica e sindacalista. Se nel 2020 aveva potuto contare sul sostegno di tre liste, questa volta - falliti i tentativi di far rientrare quella proposta all'interno del centrosinistra - Bidoni si ripresenta all'elettorato nuorese appoggiata da un'unica formazione civica, Progetto per Nuoro. Il simbolo è esattamente identico a quello schierato sulle schede 5 anni fa: un sole nasce da una stretta di mano (antico segno di sinistra o comunque della cooperazione per il sociale), con l'arcobaleno a completare la grafica. Si segnala l'uso dell'appellativo "sindaca", correttamente declinato al femminile.
 

Domenico Mele (noto Pannella)

2) Democrazia sovrana popolare

In seconda posizione si ritrova la candidatura di Domenico Mele, detto "Domenicheddu", ma sulle schede si ritrova addirittura l'espressione "noto Pannella". Mele, idraulico e già "schiaffeggiatore" del ministro Giulio Tremonti ai tempi del programma di Sky Uno "Gli sgommati", a dispetto della sua lunga militanza nel Psd'az, è sostenuto da una sola lista, presentata da Democrazia sovrana popolare. Il partito, guidato a livello nazionale da Marco Rizzo e Francesco Toscano, sta cercando di essere presente nel maggior numero possibile di competizioni e non stupisce di trovarlo anche a Nuoro; nel contrassegno, sotto alle tracce tricolori, il nome sembra meno spaziato per fare posto a una bandiera sarda sventolante e al nome del comune, scritto in verde e blu (i colori dello stemma) e con un curioso carattere "childish". Da segnalare la presenza, come capolista, di Maria Rosaria Randaccio, già candidata con Sardegna Zona Franca alle regionali del 2014 ed esclusa alle regionali nel 2024 per la bocciatura della lista Forza del Popolo
 

Giuseppe Luigi Salvatore Cucca

3) Nuoro. A capo - Cucca sindaco

La terza candidatura in ordine di sorteggio è quella di Giuseppe Cucca, avvocato, già segretario regionale Pd, poi senatore di Italia viva e attualmente segretario regionale di Azione. Dopo una prima dichiarazione di indisponibilità a candidarsi, si presenta sostenuto dalla coalizione "Solo Nuoro", di cui fanno parte 6 liste. La prima, Nuoro. A capo - Cucca sindaco, è la sola a contenere nel simbolo un riferimento al candidato. I colori dominanti sono sempre verde e azzurro (che peraltro ricordano almeno in parte quelli di Azione) e tingono in sfumatura anche i raggi di una sorta di sole stilizzato. Sotto al nome del candidato e al nome della lista compare anche la dicitura "Un'Altra Sardegna" (il gruppo di Roberto Capelli, ex senatore Cd ed ex consigliere regionale), mentre in basso c'è un accenno di fascia tricolore leggermente ondulata. 
 

4) Partito sardo d'azione

L'unico simbolo di partito che appare all'interno delle liste della coalizione che sostiene Cucca è quello del Partito sardo d'azione, che come a livello regionale si mostra vicino a un candidato scelto anche dal centrodestra (i cui partiti tuttavia hanno scelto di non apparire in modo diretto, come si vedrà). Il contrassegno utilizzato, ovviamente, contiene il fregio della bandiera dei Quattro Mori che da sempre caratterizza il Psd'az, senza che stavolta sia presente alcun riferimento testuale o locale, com'è accaduto in altre competizioni elettorali.  
 

5) Forza Nuoro al centro

Terza lista delle coalizione su cui può contare Cucca è Forza Nuoro al centro, che è stata presentata - a quanto si apprende - da Forza Italia (come poteva intendersi in parte dal nome scelto) e dall'Udc. Nessuno dei due simboli di partito compare nel contrassegno di lista, vista la scelta di proporsi essenzialmente in chiave civica. Come grafica è stato scelto il profilo della Sardegna, colorato di blu scuro, con una stella concava che brilla dal centro dell'isola, collocata su fondo azzurro chiaro; in alto c'è un accenno di tricolore, mentre sotto è collocato il nome della lista (scritto in Arial Black).  
 

6) SiAmo Nuoro

Come quarta lista della coalizione in appoggio a Cucca è stata sorteggiata SiAmo Nuoro, che all'interno del contrassegno è definita come "la lista civica di chi ama Nuoro": si tratterebbe, a quanto si sa, della formazione promossa dall'ex assessore regionale in quota Lega Pierluigi Saiu. Il simbolo declina in tutti i modi possibili il concetto di "SiAmo", inserendo tra la "i" e la "a" del nome un piccolo cuore bianco, collocato peraltro "all'incrocio" di un cuore blu sfumato, posto su un fondo verde (dunque anche qui si è fatto uso dei colori ufficiali cittadini). 
 

7) Cambiamo Nuoro ora!

Anche la quinta lista della coalizione che sostiene Cucca si presenta come civica: si tratta di Cambiamo Nuoro ora! Attraverso i media si apprende che la lista sarebbe stata organizzata da Fratelli d'Italia: concentrando lo sguardo sul contrassegno si può notare che il colore di fondo (tipo carta da zucchero) è praticamente identico a quello utilizzato da Fdi per il suo simbolo e lo stesso può dirsi probabilmente per il giallino che tinge le prime due parole del nome (scritto con un Helvetica Inserat e con le lettere leggermente sfalsate). Completa la grafica una striscetta tricolore un po' sfumata collocata tra la seconda e la terza parola della denominazione della lista. 
 

8) Riformiamo Nuoro

L'ultima lista della coalizione in appoggio a Cucca, che pure si presenta evidenziando una natura civica, è forse la più riconoscibile di tutti, guardando tanto al nome quanto al simbolo: Riformiamo Nuoro, infatti, è stata presentata dai Riformatori sardi, formazione quasi sempre presente alle elezioni locali in Sardegna. In particolare, il nome della lista somiglia molto a quello del partito; quanto al simbolo scelto, conserva l'arco tricolore a tre conci (pur molto più sottile rispetto al solito), il fondo blu scuro inventato a suo tempo da Giuliano Bianucci per il Patto Segni e anche le sei stelle, collocate come sempre nella parte inferiore.
 

Emiliano Fenu

9) MoVimento 5 Stelle

Quarto e ultimo candidato alle elezioni comunali nuoresi è Emiliano Fenu, parlamentare in carica del MoVimento 5 Stelle (ora deputato, senatore nella scorsa legislatura), sostenuto dal centrosinistra allargato al M5S. Ed è proprio quella del MoVimento la prima delle sette liste sul cui appoggio Fenu potrà contare. L'ultima versione del simbolo del M5S (con il riferimento al 2050 come anno della neutralità climatica) è stata inserita in un cerchio di colore blu scuro: all'interno della corona circolare trovano posto in alto il riferimento al candidato, in basso la dicitura "Ripartiamo insieme".  
 

10) Partito socialista italiano - Avanti Nuoro

La seconda lista estratta, all'interno della coalizione - denominata Ripartiamo insieme - presentata in appoggio a Fenu, è quella espressione del Partito socialista italiano, che ha inserito il suo simbolo ufficiale in una struttura più complessa, che inserisce in un segmento rosso l'espressione "Avanti Nuoro" (si tratta della grafica pensata per le liste allargate, ma senza l'immagine del garofano). Nel cerchio più grande rosso è ospitata anche la dicitura "Socialisti nuoresi", che però si ritroverà anche più avanti; in lista - oltre ad alcuni esponenti di Fortza Paris - c'è anche Monica Carta, segretaria provinciale Psi. 
 

11) Lista civica Uniti

Può facilmente qualificarsi come "lista del candidato sindaco" la formazione denominata Lista civica Uniti, che si tratteggia come "progetto nato dal basso, fatto di persone che credono nella partecipazione, nella giustizia sociale, nella tutela del territorio e nella forza delle comunità. Per una Nuoro che ascolta, che include, che riparte". Il simbolo è piuttosto semplice, con un cerchio bicolore azzurro (in alto) e rosso (in basso) racchiuso da un contorno bianco e rosso; nella parte azzurra è ricompreso il nome della lista, mentre in quella rossa sta il riferimento al candidato sindaco. In lista c'è pure Francesco Marco Guccini, già candidato sindaco nel 2020 per Nuoro Noi, Liberu e Città in azione. 
 

12) Sinistra futura

Torna sulle schede elettorali la lista Sinistra futura, già vista alle regionali come associazione di cultura politica costituita da ex esponenti di Articolo Uno e Sinistra italiana nel tentativo di proporre un percorso unitario per la sinistra sarda. Sotto al nome rosso torna dunque l'albero il cui tronco è in realtà un avambraccio con una mano aperta (per simboleggiare i lavori, l'accoglienza, l'armonia tra uomo e natura, nonché tra lavoro e ambiente); tra le foglie compare anche una stella rossa, che richiamare i valori della Costituzione repubblicana e antifascista. Sotto l'albero, nella terra stilizzata che contiene il riferimento alla candidatura di Fenu.
 

13) Alleanza Verdi e Sinistra - Socialisti nuoresi - Sinistra sarda

Ha presentato una sua lista anche Alleanza Verdi e Sinistra, espressione di forze che nel 2020 non erano formalmente presenti sulla scheda elettorale. Il simbolo è quello ben noto, ma va segnalato che al posto dell'espressione "Reti civiche" è stato inserito il riferimento ai Socialisti nuoresi (legati a Tonino Frogheri: come si vede la stessa dicitura è stata inserita nel contrassegno del Psi ed entrambe sono state ritenute ammissibili), mentre è stato aggiunto quello alla Sinistra sarda.  
 

14) Progressisti - Liberu

La sesta lista della coalizione che appoggia Fenu di fatto è una "bicicletta", che unisce i simboli dei Progressisti di Massimo Zedda e Liberu, che cinque anni fa aveva appoggiato la corsa elettorale di Guccini. La "bicicletta" è riprodotta anche sul piano grafico, con il logo dei Progressisti - la "P" con una freccia nella pancia - a sinistra (con l'aggiunta del riferimento alla città) e l'ideogramma - sullo stile dei graffiti rupestri presenti in Sardegna - di Liberu a sinistra, accompagnato come in passato dal nome integrale "Liberos Rispetados Uguales".   
 

15) Riformisti per Nuoro e Partito democratico

Chiude la coalizione presentata a sostegno di Fenu e la stessa scheda elettorale il contrassrgno composito che unisce i Riformisti per Nuoro e il Partito democratico. La prima formazione è stata promossa in vista di queste elezioni soprattutto da ex amministratori (Giampiero Barbagli, Ivo Carboni e Leonardo Moro), contrari al corso delle amministrazioni Soddu. Il cerchio interno contiene in alto il riferimento ai Riformisti (testo blu, fondo azzurro), in basso quello al Pd, con una "e commerciale" (&) a legare le due parti; la corona color amaranto contiene il riferimento al candidato Fenu. 

venerdì 6 giugno 2025

Socialismo XXI, da associazione a partito con un simbolo rinnovato

Il simbolo attuale
Il 14 giugno a Roma accadrà "qualcosa di socialista", nel senso che prenderà ufficialmente il via con un evento fondativo - battezzato come "congresso" - un nuovo partito di quell'area politica, anche se il suo percorso di fatto è iniziato vari anni fa in altre forme. Il luogo scelto per il varo di Socialismo XXI - così si chiama il partito nascente - è a suo modo storico: si tratta della sezione Libero De Angelis, alla Garbatella (via Edgardo Ferrati, 12), "uno dei non molti spazi legati alla militanza socialista a essere rimasti in mano a socialisti".
A parlare è Vincenzo Lorè, responsabile della comunicazione dell'associazione che si accinge a trasformarsi in partito e il cui attuale presidente è Luigi Ferro, avvocato penalista napoletano. Ci facciamo spiegare proprio da Lorè il percorso che ha condotto a questo nuovo inizio e di cui, in parte, questo sito si era già occupato in passato. "In effetti Socialismo XXI prende le mosse da un percorso iniziato nel 2016, attraverso il tam tam della rete, grazie ad alcuni contatti principali con cui scambiai opinioni e con cui, negli ultimi mesi dell'anno, si arrivò a concretizzare l'idea. Allora eravamo nel pieno della campagna che precedette il referendum costituzionale sulla 'riforma Renzi-Boschi' e io collaboravo con il costituzionalista Felice Besostri, cosa che ho fatto per ben quindici anni, curandogli anche il sito web. In quel periodo ci venne un'idea, che condivisi soprattutto con il compagno torinese Dario Allamano, purtroppo scomparso nel 2021, e Aldo Potenza, molto attivo in Umbria: perché non far sottoscrivere a tutti i membri delle varie associazioni e organizzazioni che si proclamavano socialiste un documento a favore del 'No' alla riforma e anche delle battaglie che Besostri e altri giuristi stavano conducendo contro l'Italicum, cioè la legge elettorale approvata nel 2015?"
Posto che in quel periodo, tra coloro che erano contrari alla riforma, si era creato un Comitato socialista per il No (presieduto da Bobo Craxi), l'idea di ottenere consenso su quel documento in area socialista era tutt'altro che scontata, considerando che il Psi figurava tra le forze politiche che avevano sostenuto tanto la riforma costituzionale quanto quella elettorale (pur con vari distinguo); in quel periodo, tra l'altro, il Partito socialista italiano attraversava una fase delicata, a causa di un congresso - celebrato a Salerno nel mese di aprile del 2016, con Riccardo Nencini confermato segretario - i cui effetti erano però stati sospesi dal Tribunale di Roma a settembre (e il reclamo di Nencini sarebbe stato respinto alla fine di dicembre) e Potenza era tra i dirigenti che avevano agito per invalidare gli atti di quel congresso (che poi sarebbe stato ripetuto in forma straordinaria a marzo del 2017). Non tutti coloro che si dichiaravano socialisti, in ogni caso, erano rimasti nel Psi: "La mia famiglia, della provincia di Taranto, è storicamente socialista - ricorda Lorè -. Ricordo quando, all'età di quattro anni, andavo a trovare mio padre in sezione e, sul televisore in bianco e nero posto molto in alto perché tutti potessero vederlo, attraverso un'aria satura di fumo vedevo Pietro Nenni con il basco. Io stesso sono stato iscritto alle varie formazioni socialiste di centrosinistra, poi non ho rinnovato l'iscrizione durante la segreteria di Riccardo Nencini. Ho così continuato a operare all'esterno del partito, insieme a persone che non condividevano per nulla il cammino impostato dallo stesso segretario".  
Una delle prime grafiche
Quanto accaduto nel 2016, inclusa la vittoria dei "No" al referendum costituzionale, indusse vari esponenti socialisti a immaginare di costruire qualcosa, innanzitutto conoscendosi e rimanendo in contatto (anche grazie al sito www.socialismoitaliano1892.it, diventato poi spazio web di riferimento di Socialismo XXI): "Tutto il 2017 - spiega Lorè - può considerarsi la fase embrionale di Socialismo XXI: in quell'anno di fatto ponemmo le basi per organizzare, attraverso la stessa rete creata nel 2016, l'assemblea generale che tenemmo il 24 marzo 2018 a Livorno, una città simbolica perché è vero che la storia non si ripete, ma il valore dei luoghi resta. Non eravamo certo dei big della politica e di fatto non ci conosceva nessuno, ma attraverso il nostro appello riuscimmo a portare in quella città simbolo quasi 300 persone da tutta l'Italia: cercammo di conoscerci meglio, per capire se potessero esserci le condizioni per avviare un percorso fondativo". Da quella giornata - intitolata significativamente Livorno 1921, aveva ragione Turati, - uscì un Comitato di garanti (composto da Potenza - indicato come coordinatore - Allamano, Lorè, Massimo Bianchi, Nicola Cariglia, Marzia Casiraghi, Segio Labonia, Bruno LoDuca, Turi Lombardo e Giampaolo Mercanzin) che iniziò a lavorare avendo come motto "Sempre Avanti verso il Socialismo del XXI secolo", per cercare di costruire e organizzare un Movimento per un Partito Socialista del e nel XXI secolo.
Protosimbolo provvisorio (feb 2019)
Il confronto sulle forme del percorso proseguì l'anno successivo, in una conferenza programmatica che si tenne, dopo alcuni incontri in varie città, dall'8 al 10 febbraio 2019 a Rimini, altro luogo simbolo e ricorrente nella storia del Psi. "In quell'appuntamento - ricorda Lorè - cercammo di gettare le basi di un socialismo adeguato ai tempi del XXI secolo. Proprio a margine di quella conferenza venne costituita Socialismo XXI come associazione: il nome completo era 'Rete di Circoli ed Associazioni per il Socialismo nel XXI secolo in Italia' e Potenza fu scelto come presidente. L'idea era di trasformarci, attraverso il contatto con altre associazioni, movimenti, gruppi, club e spezzoni di partito, in un soggetto politico nuovo, secondo quella che chiamammo, anche su mia proposta, l'Epinay italiana, avendo in mente il modello seguito appunto dai socialisti francesi alcuni decenni prima e che richiese vari anni per dare risultati tangibili, ma con la piena consapevolezza che il contesto del 1971 era profondamente diverso da quello che ci trovavamo ad affrontare".
La rete di contatti era giunta a contare oltre quaranta associazioni, anche se molte con il tempo si sono rivelate poco consistenti o espressione sostanzialmente di singoli soggetti. L'avvento della pandemia da SARS-CoV-2 di fatto ha bloccato tutto per molto tempo (soprattutto l'auspicato evento dell'Epinay italiana, immaginato a Genova nel 2020); solo nel 2023 i rappresentanti di una quindicina di gruppi sono finalmente riusciti a incontrarsi di nuovo in presenza a Roma. Ne è sorto un tavolo di concertazione, al quale hanno partecipato tra l'altro Socialdemocrazia-Sd, il Domani Socialista, Associazione Rinnovamento della sinistra, Area verso il Partito del lavoro e la stessa Socialismo XXI: l'idea - dopo l'esperienza del Comitato per l'unità socialista avviato nel 2020 - era di "costruire un nuovo soggetto politico di ispirazione socialista", attraverso "incontri, dibattiti, iniziative pubbliche, finalizzati alla nascita di un grande partito della sinistra in Italia", visto come realtà "aperta e inclusiva, che racchiuda in un'unica prospettiva lavoro, giustizia sociale, ecologia". "Abbiamo registrato vari segni di interesse, ma abbiamo anche preso atto della diversa intenzione da parte del Psi, che pure aveva partecipato al tavolo attraverso suoi rappresentanti; nonostante questo, confrontandoci con i nostri coordinatori regionali, abbiamo ritenuto opportuno compiere il passo successivo, cioè avviare la trasformazione dell'associazione in un vero e proprio partito, non piu precario ma stabile".
Il simbolo fino a ottobre 2024
Le ragioni di quella trasformazione si trovano, tra l'altro, in una lettera inviata dal presidente Ferro - eletto nel 2022 - agli aderenti a Socialismo XXI lo scorso 4 ottobre 2024: "Nelle diverse fasi politiche, sovente abbiamo registrato verso la nostra azione politica diffidenza, insofferenza, o meglio, una superficialità derivante anche dalla nostra attuale personalità giuridica. Superficialità manifestata da coloro che si definiscono socialisti. Da quando si è stabilito di partecipare alle campagne elettorali, non è stato semplice trovare un nostro spazio politico perchè i nostri alleati spesso ci rimproveravamo di essere una associazione ed in quanto tale priva di quei titoli necessari per partecipare agli incontri politici di carattere decisionale". Nel frattempo, peraltro, si sarebbero registrate difficoltà anche con riguardo alla partecipazione elettorale: in vista delle elezioni comunali del 2024, infatti, alcune articolazioni locali del Psi avrebbero minacciato contestazioni o azioni legali qualora Socialismo XXI avesse avuto intenzione di utilizzare il proprio simbolo sulle schede elettorali. Anche per questo, l'associazione ha concorso ad altre liste solo con il proprio nome (a Prato e Montemurlo) o comunque rinunciando al proprio fregio del garofano di Ettore Vitale stretto nel pugno (mutuato dal vecchio Psoe spagnolo e dall'Internazionale socialista), come sembra essere accaduto a Perugia nella lista Pensa Perugia (con riguardo al gruppo Socialisti per Perugia, che ha sostituito il garofano nel pugno con la Marianna).   
Il Partido Socialista argentino
Quei fatti, in ogni caso, hanno suggerito di intervenire sul simbolo, che nel mese di ottobre è stato modificato in modo che la nuova grafica non potesse finire oggetto di contestazioni o azioni legali: tanto il simbolo precedente quanto quello attuale, in ogni caso, sono stati depositati presso altrettanti notai. Il nuovo simbolo ha una struttura simile a quello precedente, in particolare la doppia corona rossa che ricorda inevitabilmente l'emblema disegnato da Filippo Panseca alla fine del 1983 e che era stata adottata nel mese di maggio del 2019. "Quella corona racchiude una rosa rossa con la foglia, che ricorda molto il fregio del Partido Socialista argentino, nonché un fascio di onde: in quest'ultimo elemento qualcuno potrebbe leggere un riferimento indiretto all'onda lunga di craxiana memoria, in realtà mi fa pensare soprattutto al concetto di rete o un mare mosso da cui la rosa sorge come se fosse un sole, un'idea di rinascita che introduce anche qualcosa di socialdemocratico in questa immagine".
Dopo il nuovo simbolo, è arrivato dunque il tempo di trasformare l'associazione in partito: "Non abbiamo sicuramente la velleità di rappresentare l'unico partito dell'area socialista in Italia - precisa Lorè - anche se naturalmente auspichiamo che si possa arrivare, con il tempo e i passaggi necessari, a intraprendere un cammino che porti una soluzione unitaria: noi non ci siamo mai tirati indietro e non abbiamo mai cambiato idea, sono altri casomai che hanno fatto sì che non si sia ancora arrivati a questo". Lo scenario politico italiano ormai non può più dirsi bipolare da tempo, ma la semplificazione "o di qua o di là" ha ancora qualche significato: in un tempo in cui i socialisti che si collocano dichiaratamente nel centrodestra - o, per lo meno, collaborano stabilmente con i maggiori partiti di quello schieramento - sono meno rispetto a qualche anno fa, come si pone Socialismo XXI? "Mi sento di dire, e credo che il mio pensiero sia condiviso tra chi ha scelto di intraprendere questo percorso, che Socialismo XXI è nato anche per fare definitivamente chiarezza sul fatto che la parte politica dei socialisti è una sola; anzi, forse qualcuno si è dimenticato che i socialisti sono la sinistra, e non certo in senso geometrico". Si vedrà, dunque, a cosa porterà questo nuovo inizio, sotto il segno della rosa e delle onde.

venerdì 30 maggio 2025

Simboli sotto i mille (2025): viaggio tra tantissime liste e pochissimi voti (di Massimo Bosso e Gabriele Maestri)

Terminato lo spoglio delle elezioni amministrative del 2025, mentre l'attenzione dei media si concentra su alcuni dei comuni sopra i 15.000 abitanti (che hanno già eletto il sindaco o che dovranno andare al ballottaggio), su queste pagine si preferisce dare spazio ai comuni più piccoli, precisamente quelli con meno di mille abitanti
Se nei giorni immediatamente successivi all'ammissione delle liste era possibile e opportuno ragionare essenzialmente sui numeri (del tutto fuori dalla norma), dopo la pubblicazione dei manifesti delle candidature - da cercare nei siti di ogni comune o, più di frequente, all'interno dell'albo pretorio, avendo la pazienza di spulciare tutte le voci possibili ("manifesti", "avvisi elettorali", "avvisi pubblici", "avvisi") - sono arrivati ulteriori elementi di riflessione osservando i simboli utilizzati e la composizione delle liste. Ora che le operazioni di voto e scrutinio del 25 e del 26 maggio sono terminate, si può avere un quadro decisamente più completo, anche se non definitivo. Questo soprattutto perché, incredibilmente (ma nemmeno troppo, in effetti), in uno dei comuni "sotto i mille" si è verificato un pareggio tra i due candidati più votati e si dovrà andare al ballottaggio; ironia della sorte, ciò è capitato proprio a Bisegna, vale a dire il microcomune dei record, con 25 liste per 352 elettori. Vale dunque la pena partire per questo breve viaggio in 12 microtappe, 9 delle quali notevoli, sapendo già che nella località più ambita e citata - Bisegna, appunto - si dovrà tornare tra meno di due settimane.
 
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Il viaggio, ancora una volta, non può che partire dal Piemonte. Nella regione che ha più comuni "sotto i mille" (essendo molte le valli), erano solo 2 quelli chiamati al voto; del resto le elezioni si sono celebrate solo in 9 comuni.
Il caso più interessante era costituito da San Giacomo Vercellese, 277 abitanti, 248 elettori: lì si era votato nel 2024 ed era stato rieletto per la quarta volta consecutiva - anche grazie alle recenti norme che hanno eliminato ogni limite ai mandati "di fila" nei comuni più piccoli - Massimo Camandona, sostenuto da una sola lista, com'era accaduto pure nel 2019 (e nelle due elezioni precedenti). La prematura e improvvisa scomparsa del sindaco ha portato a elezioni anticipate quest'anno: il numero di liste presentate e ammesse al turno elettorale, però, è improvvisamente balzato a 9.
La Lista civica San Giacomo Vercellese - stesso simbolo delle elezioni precedenti, con al centro l'immagine di un airone, molto diffuso da quelle parti - proponeva come candidato sindaco Roberto Panattaro, consigliere uscente, al pari di altri sei candidati; in lista c'era anche la figlia del sindaco deceduto, quindi era naturale vedere una piena continuità politica e umana con le passate amministrazioni.
Già nelle settimane precedenti la presentazione delle candidature, peraltro, si era immaginata la presenza di una o più liste esterne (evento puntualmente verificatasi, anche se forse in proporzioni maggiori rispetto alle aspettative). Per questo motivo, si era ritenuto opportuno approntare una seconda lista con alcuni esponenti dell’amministrazione uscente: per questo era nata Alleanza civica, il cui candidato sindaco era Massimo Bosso (no, nessuna omonimia: si tratta proprio di uno dei due autori di questi articoli), consigliere uscente, come pure altri due candidati, residenti in paese. 
L’operazione, intuibilmente volta ad assicurare il più possibile l'ingresso in consiglio comunale a persone davvero legate al territorio, può dirsi riuscita. Panattaro infatti ha vinto con 113 voti (77,93%), mentre ad Alleanza civica sono andati tutti e tre i seggi della minoranza grazie a 29 voti (20% spaccato).
Restano liberi tre soli voti. Due li ha ottenuti - totalizzando l'1,38% - Forza del Popolo, movimento politico attivo a livello nazionale (noto a partire dalle elezioni politiche del 2022), già visto in Piemonte a livello locale, in particolare nel 2024 a Belforte Monferrato, comune in cui ha eletto due consiglieri di minoranza. Fdp è l'unico partito di respiro nazionale presente in questo turno elettorale. 
L'ultimo voto "libero" (pari allo 0,69%) è andato a Progetto Paese, altro movimento civico piemontese già visto in passato in diversi piccoli comuni piemontesi, in particolare della provincia - anzi, area metropolitana, come si chiama adesso - di Torino; va detto che il simbolo, nel quale spesso viene inserito il nome del comune, è uno dei più elaborati sul piano grafico.
Le altre cinque liste sono rimaste a quota zero. Apre l'elenco la formazione Piemonte Civico - MPP - Liberi  Elettori Piemonte: questa sembra proporsi come emanazione piemontese di Lombardia Civica, movimento nato dall'esperienza di Grande Nord (da cui si è scisso) e già presente in molti comuni lombardi nel 2024. Il simbolo stesso indicava l'alleanza con il Movimento Progetto Piemonte (non a caso il suo fondatore e leader Massimo Iaretti era il candidato sindaco) e i Liberi Elettori (capolista era Emiliano Racca); questa prima sortita ha avuto poca fortuna, ma l'esperimento mostra profili di interesse.
Si ritrova poi Progetto Popolare, partito che ha base a Colleferro, incontrato molte volte negli anni scorsi specialmente nelle elezioni nei piccoli comuni del Centro-Sud, ma da qualche tempo apparso anche alcune volte al Nord. Nel 2024, per esempio, ha presentato ben 26 liste in comuni sotto i mille abitanti: anche in questa tornata il simbolo a fondo blu con la striscia tricolore lo troveremo spesso.
Compare poi Impegno Cittadino Bene Comune, una civica che candida come sindaco Luca Tordella, all'ottava candidatura in altrettanti comuni: le prime quattro erano avvenute sotto le insegne del Movimento sociale italico, le tre successive con il simbolo di Progetto Popolare e ora con il nuovo fregio, decisamente più scarno.
Quanto a Uniti per San Giacomo Vercellese, il nome suggerirebbe una formazione basata sul territorio; scorrendo le candidature, tuttavia, la lista sembrava formata interamente da persone esterne al paese (il che concorre a spiegare il risultato finale).
Chiude l'elenco delle formazioni rimaste a bocca asciutta la Lista civica Insieme: il nome è piuttosto minimal, il simbolo anche (sebbene la striscia tricolore ribaltata, a fasce sgranate, su fondo blu rappresenti già un passo avanti grafico rispetto a molti simboli visti in passato e anche quest'anno) e lo ritroveremo anche in vari altri comuni interessati da questa tornata elettorale.
Spostandoci in provincia di Alessandria, si fa tappa a Malvicino: 79 abitanti, 83 elettori, dei quali 63 hanno votato. Si è tornati al voto dopo la morte dello storico sindaco Francesco Nicolotti, rieletto nel 2023 con la lista civica Spiga di Grano, all’epoca l’unica presente: stavolta le liste in competizione erano ben sei, tra le quali ovviamente la stessa Spiga di Grano che candidava alla guida del comune Cristina Manfrinetti, assessora uscente. Sulle schede elettorali sono finite Forza del Popolo (Mario Carpeneto), Insieme (Luigi Tramaglia), Progetto Paese (Bruno Isaia Merlino), Progetto Popolare (Andrea Gaudio) - e fin qui sembra la fotocopia di San Giacomo - e Vicini a Malvicino (lista che, incidentalmente, nel nome ricorda uno dei potenziali titoli alternativi al nostro libro M'imbuco a Sambuco!, vale a dire M'avvicino a Malvicino...); il candidato sindaco di quest'ultima lista, Fabio Cuppone, è in lista anche per Uniti per San Giacomo Vercellese. Ciò fa presupporre un collegamento con questa formazione, benché i simboli siano molto diversi tra loro: in effetti i programmi sono esattamente identici, inoltre anche gli altri sette candidati - il minimo indispensabile, sono in lista anche a San Giacomo Vercellese.
Il piccolo paese ha dimostrato una coesione eccezionale: su 63 votanti, ben 62 hanno votato Spiga di Grano. Una scheda, inoltre, è risultata nulla: sarebbe interessante sapere se si è trattato di un errore, oppure di un voto per una delle liste dimostratesi esterne, annullato per qualche valido motivo. Come che sia, tutti i 10 seggi del consiglio sono andati alla lista vincente, opzione che si realizza solo quando le altre formazioni restano a zero voti.

Esauriti i microcomuni piemontesi, in Lombardia la tappa è una sola: di 18 comuni che hanno votato, ha meno di mille abitanti soltanto Calvignano, in provincia di Pavia (106 abitanti, 110 elettori). Lì si è votato a causa di un evento drammatico: il sindaco Marco Casarini, eletto nel 2022 con la lista Calvignano futura, si è tolto la vita il 28 febbraio scorso. 
Alle elezioni calvignanesi successive al 1993 non avevano mai partecipato più di 3 liste (nel 2012, l'anno indimenticabile del Pirateparty.it di Marco Marsili e del partito Nsab-Mlns), nel 2022 oltre alla lista vincitrice c'era solo Grande Nord, che con 6 voti (9,09%) aveva eletto tre consiglieri. Lo scorso fine settimana, invece, elettrici ed elettori hanno trovato sulla scheda ben 9 simboli (tanti quanti a San Giacomo Vercellese, ma non è stato certo questo il record...) e solo uno era riconducibile a una lista di paese, cioè proprio Calvignano futura.
E le altre formazioni? Una somiglia a un'altra già vista: Calvignano civica, infatti, è emanazione di Lombardia civica, movimento che - lo si era già visto lo scorso anno - utilizza per le amministrative il nome del comune in cui si presenta. Pur essendo al debutto lì, non può parlarsi di una novità assoluta, visto che il movimento nasce da esperienze politiche precedenti.
Altre due liste sono Progetto popolare e Insieme: ne abbiamo già parlato. Poi c'è il Movimento Democrazia sociale: in Rete - salvo errore - non si riescono a trovare informazioni sul quel gruppo politico, per cui ci si limita a rilevare che il simbolo - che ritornerà in questo viaggio - è più elaborato di molti altri, con le tre iniziali gialle con leggero riflesso (con la "M" più grande al centro), collocate in un cerchio blu, bordato da una corona circolare tricolore e gialla.
Si prosegue con Lombardia ideale, lista che nel nome e nella grafica richiama dichiaratamente la lista "personale" dei candidati alla presidenza della regione Lombardia per il centrodestra. Vale la pena segnalare che tanto il candidato sindaco Luca Omodeo Zorini, quanto sei degli otto candidati, risultano nati in provincia di Pavia o almeno sul territorio regionale.
Completavano il quadro Uniti per cambiare Calvignano, Movimento Italia più bella e Voto libero. Due di questi tre simboli rientrano nello schema ultraminimal - scritta nera su sfondo bianco - già abbondantemente visto in passato.
Il risultato elettorale è simile a quello di Malvicino, anzi, è persino più netto: dei 110 aventi diritto hanno votato in 78 e tutti - diconsi tutti - hanno scelto Calvignano futura. Nemmeno un voto per le altre liste, nessuna scheda bianca, nessuna nulla: un caso di compattezza comunitaria veramente incredibile. Ovviamente anche qui tutti i seggi sono andati alle lista vincente.

Passando al Veneto, solo uno dei nove comuni interessati dal voto aveva meno di mille abitanti: San Nicolò di Comelico (Belluno),  377 abitanti e 306 elettori. Il sindaco Giancarlo Ianese è mancato nell’agosto del 2024, pochi mesi dopo l’ennesima rielezione (era stato sindaco ben 8 volte dal 1965 in poi); nel 2024 era presente solo la sua lista, Alleanza progressista. 
Anche quest'anno c'era solo la lista Obiettivo in Comune, quindi poteva porsi un problema di quorum; ciò però non è accaduto, avendo votato oltre il 70% degli aventi diritto (non c'è dunque stato bisogno della norma che abbassava una tantum al 40% la quota di votanti necessaria, da calcolare sottraendo gli iscritti Aire non votanti). 
In sostanza, la normalità di avere una sola lista formata da persone del luogo in comuni piccolissimi quest'anno appare quasi un'anomalia: viene piuttosto la tentazione di chiedersi perché San Nicolò di Comelico sia stata risparmiata dall'approdo di liste extra muros. C'entra forse il fatto che il comune in questione sta a oltre 1000 metri di altitudine, ai confini con l'Austria, quindi non facilissimo da raggiungere, nemmeno da chi è interessato più a presentare una lista che al suo risultato finale (che possibilmente non contempli la propria elezione)?

In Liguria, dei soli cinque comuni in cui si è votato, l'attenzione è stata inevitabilmente attirata da Genova, ma i quella stessa provincia qui interessa altrettanto il solo piccolo centro della regione con meno di mille abitanti che ha rinnovato la sua amministrazione: si tratta di Orero, 503 abitanti, 527 elettori. Può sembrare strano che spesso gli elettori siano più numerosi degli abitanti, visto che - a logica - al netto dei minorenni, dovrebbe essere il contrario; il fatto è che i residenti all'estero non figurano tra gli abitanti, ma mantengono il diritto di voto e sono conteggiati nella platea elettorale, anche se da qualche anno - in virtù di norme una tantum inserite volta per volta - gli iscritti Aire che non si presentano ai seggi non sono conteggiati al fine del superamento del quorum del 40%. 
Anche a Orero si è votato in seguito alla scomparsa del sindaco Giacomo "Mino" Gnecco, 84 anni, deceduto nell'ottobre scorso, dopo essere stato riconfermato nel 2021 per il terzo mandato con il 92,95% contro il 7,05% della lista Insieme per Orero. L’amministrazione uscente aveva scelto di formare una lista nella continuità e ha mantenuto il nome precedente (Vivere Orero) e pure il simbolo, con il profilo delle montagne in toni di verde; come aspirante sindaca era stata individuata Rosa Cavagnaro, ex ragioniera del Comune; in piena continuità con l'appuntamento elettorale precedente era stata presentata di nuovo anche la lista Insieme per Orero
La competizione tra le due liste locali è risultata molto tirata: si è confermata Vivere Orero, ma questa volta l'ha solo spuntata con 166 voti (52,20%) contro Carlo Guainazzo di Insieme per Orero, formazione che con 150 voti (47,17%) ha fatto registrare un notevole miglioramento rispetto alle elezioni precedenti.
Alla competizione però hanno partecipato altre tre liste. La prima di queste era del Movimento sociale Fiamma tricolore ed era formata da esponenti del movimento politico: si tratta dell'unica presente nel Nord Italia e comunque va considerata come espressa da un movimento nazionale, esistente da decenni e certo non nuovo alla partecipazione a queste competizioni. Per il partito distinto da un "acronimo di goccia tricolore", però, è arrivato un solo voto (0,31%); la stessa prestazione l'ha ottenuta il Movimento Democrazia sociale (già incontrato e che riemergerà altrove), mentre nessuno ha scelto Progetto popolare.
Per concludere è opportuno sottolineare che il numero di cinque liste a Orero non è una completa novità, visto che nel 2011 si erano presentate proprio cinque formazioni: una di queste era proprio Vivere Orero (con Gnecco candidato sindaco eletto), ma le tre ultime classificate si erano divise solo 36 voti (e l'ultima, Destra in valle, era rimasta a quota zero). Le cinque liste, dunque, sono al limite rispetto alla storia elettorale di Orero, ma occorre riconoscere che quel numero - pur non irrilevante per i nostri studi - è comunque sotto la media rispetto a vari altri comuni con meno di mille abitanti (ed è di molto inferiore rispetto a microcomuni di cui si parlerà tra poco.  

Saltando alcune regioni che non avevano comuni "sotto i mille" al voto, e ci troviamo in Abruzzo, una regione di cui abbiamo parlato spesso in questo sito: da vari anni, infatti, si registra la presenza nei piccoli comuni di molte liste esterne, spesso con nomi improbabili e più o meno simili. 
Quest'anno un solo comune abruzzese "sotto i mille" è andato al voto: si tratta di Bisegna, in provincia dell'Aquila, con 207 abitanti e 352 elettori. Già nelle scorse settimane Bisegna ha conquistato - suo malgrado, probabilmente - la notorietà nazionale e l'attenzione delle cronache per il numero di liste presentate e (tutte) ammesse, cioè 25 diconsi 25, riferite ad altrettanti candidati sindaci! Un affollamento che si riscontra solo nelle grandi città (nelle quali, peraltro, di solito, gli aspiranti primi cittadini sono assai di meno, anche grazie alle coalizioni). A Bisegna si è tornati al voto per un evento politico: le dimissioni di oltre metà dei consiglieri hanno provocato la caduta del sindaco Antonio Mercuri, rieletto nel 2021 con il 63,3% (con la lista Insieme per rinascere) contro il 36,77% dell’unico sfidante, Donato Buccini (Noi e voi insieme per Bisegna).
L'affollamento di liste ha avuto effetti immediati sulle dimensioni di manifesti e schede elettorali: i primi erano larghi 2,1 metri e alti un metro; le seconde hanno raggiunto le dimensioni lenzuolo di 82 cm x 22 cm (perfino l'aggiunta di una quarta riga non ha evitato di arrivare alla settima colonna). 
Delle 25 liste presentate quest'anno, le locali erano sempre due: La Rondine (a sostegno di Maurizio Antonio Mario Conte) e Cambiamenti per il comune di Bisegna (a sostegno di Donato Buccini, che dunque aveva cambiato simbolo). La natura locale avrebbe fatto comunque pensare a una competizione serrata tra le due formazioni e i rispettivi candidati sindaci; era difficile pensare, però, che potessero ottenere esattamente lo stesso consenso. A Bisegna, invece, si è registrato un clamoroso pareggio tra Conte e Buccini, che hanno ottenuto entrambi 83 voti, il 49,7% ciascuno: per questo, in quel piccolo comune si dovrà celebrare il ballottaggio l'8 e il 9 giugno (contemporaneamente ai referendum). In effetti l'eventualità non è così assurda, se si considera che un pareggio tra candidati si può verificare più facilmente quando i voti da dividere sono pochi (e spostare anche solo alcuni di questi può portare a mutamenti significativi del risultato). 
Dei 167 voti validi di quest'elezione, 166 sono stati divisi tra i due candidati più votati (ed equivotati) e le rispettive liste. E gli altri 23 simboli? Quali erano e, soprattutto, chi si è aggiudicato l'unico voto lasciato libero? Partendo dalla seconda domanda, il 167° voto se l'è aggiudicato la lista civica Per cambiare Bisegna: il simbolo, bisogna ammetterlo, era graficamente anche piuttosto elaborato (con la merlatura di una torre sopra al tricolore e il concetto del cambiamento espresso con una freccia verde che entra nel blu), ma a dispetto del nome non doveva avere radici sul territorio. E proprio questa circostanza fa sorgere una domanda in ciascun drogatodipolitica che si rispetti: chi sarà stato il solitario elettore "dissidente" e, soprattutto, perché l'avrà fatto?
Tolte le tre liste citate fin qui, le altre 22 sono rimaste completamente a zero. Tra queste, 5 erano espressione di piccoli partiti e non di rado le abbiamo incontrate negli anni precedenti, presentate di solito nel tentativo di avere un minimo di visibilità sui territori: lo si può dire soprattutto per la Fiamma tricolore, tra le formazioni di destra che nel corso degli anni hanno cercato di radicarsi anche nei piccoli comuni pure grazie alle regole valide "sotto i mille". Nei comuni del Centro-Sud si sono viste più volte liste di Italia dei diritti, formazione politica fondata da Antonello De Pierro che puntualmente appare nelle bacheche del Viminale prima delle elezioni politiche ed europee. Negli ultimi anni si è rilevata anche una certa partecipazione di ItalExit per l'Italia, formazione sorta nel 2020 e la cui attività è proseguita anche dopo la fine della segreteria di Gianluigi Paragone. Quanto alla Democrazia cristiana, il simbolo impiegato fa pensare che si tratti del partito che si riconosce nella segreteria di Antonio Cirillo. Ultimo soggetto nato - anche se con una storia più lunga alle spalle - è Destra sociale, associazione che si rifà al partito fondato a suo tempo da Luca Romagnoli (ed è stata ricostituita dopo la sua adesione a Fdi) e fa riferimento a Sergio Arduini come presidente: il simbolo ha recuperato il concetto di fiamma tricolore, interpretandolo però con tre fiamme una dentro l'altra. Può colpire il fatto che simboli noti non abbiano ricevuto nemmeno un voto, ma in presenza di due liste chiaramente locali (e, per giunta, in una competizione così tirata) l'esito è quasi inevitabile.
Che dire delle restanti 17 liste? Qualcuna l'abbiamo già incontrata quest'anno (Impegno cittadino Bene comune, Insieme, Movimento Democrazia sociale, Progetto popolare e Uniti per cambiare), altri li abbiamo visti negli anni scorsi in giro per l'Italia, specie nel Centro-Sud: è il caso di Insieme per... il futuro, Insieme si può (meno bianco del solito), +Verde Cuore ambientalista, La scelta giusta (col mondo nelle mani, come se fosse facile...) , La svolta (continua..., con pino marittimo), Sanniti, Progresso, Impegno civico (senza alcuna attinenza con il progetto che fu di Luigi Di Maio, anche perché queste liste esistevano già...) e, soprattutto, l'imperdibile Lista Alfa (nota fin dal caso delle liste Alfa, Beta e Gamma a Roccavivara nel 2015). Sembrano invece nuove sigle come Progetto Italia, Uniti in concordia e Bisegna 2025. Erano relativamente pochi - almeno qui - i simboli con testo nero su fondo bianco (e comunque è stato bandito il carattere Times New Roman a Bisegna)
Posto che le liste rimaste a quota zero sono 22, bisognerebbe dare qualche altro numero. Il candidato sindaco di Insieme si era già proposto come primo cittadino altre 5 volte in 4 comuni: nel 2018 a Filettino (Fr) con Progetto popolare, nel 2021 a Rocca di Cave (Rm, sempre con Pp), nel 2022 a Castelnuovo Parano (Fr) con il Movimento politico Libertas, nel 2023 ancora a Filettino (e di nuovo con Pp) e nel 2024 a Rocca Canterano (Rm, sempre con Pp). Il candidato per Progetto Italia era già stato aspirante sindaco nel 2023 a Barete (nell'aquilano) per Progetto per Barete e l'anno scorso a San Pio delle Camere (nella stessa provincia) con Insieme per San Pio delle Camere. Aveva già accumulato tre candidature in altrettanti comuni (San Biase, Chiauci e Ripabottoni) tra il 2021 e il 2023 Angelo Nardella, ma sempre con la Fiamma tricolore, come quest'anno (e questa situazione è la meno anomala, se si vuole). L'aspirante sindaco per la Lista Alfa aveva corso solo una volta come sindaco, nel 2018 a Salcito (città piuttosto affollata elettoralmente), ma con Finalmente Noi. Non si può poi evitare di aggiornare il conteggio per la persona che si è candidata con Destra sociale: a quanto pare è suo il primato assoluto di candidature consecutive a sindaco, visto che quella di quest'anno è la dodicesima di fila (anche se Eligendo, il sito del Viminale, non riporta in archivio quella dello scorso anno a Ciorlano) in altrettanti comuni, con 8 simboli diversi e con un raccolto totale rimasto fermo a 10 voti (non che per altre persone candidate il carniere elettorale complessivo risulti molto più pieno, anzi...). 
Ci si prepara dunque al ballottaggio, chiedendosi - in ordine sparso - cosa farà l'unica persona che ha votato Per cambiare Bisegna, che intenzioni avranno coloro che hanno lasciato bianca la scheda (due elettori) o l'hanno resa nulla (altrettanti) e, da ultimo, se qualcuno degli aventi diritto che non si sono recati ai seggi cambierà idea al secondo turno (e, nel caso, quale lista sceglierà).

Quest'anno il viaggio non fa tappa in Molise, perché nessun microcomune di quella regione era interessato dalle elezioni amministrative. Il dispiacere di non poter parlare in alcun modo di quella che tradizionalmente è stata la "terra di meraviglie" delle elezioni "sotto i mille" viene lievemente lenito dall'incontrare, dopo la scorpacciata di liste a Bisegna, ben quattro microcomuni in Campania (sui 15 andati al voto) e, in tutti i casi, con una presenza di liste abnorme rispetto al solito: una valanga di nomi e simboli che merita di essere affrontata subito. 
In provincia di Avellino ci interessa solo il comune di Senerchia: 751 abitanti, 1156 elettori. Anche qui il sindaco, Adriano Mazzone, era stato sfiduciato, dopo essere stato eletto nel 2021 con il 55,01% (sostenuto dalla lista Salviamo Senerchia) contro il 44,69% dello sfidante, appoggiato da Senerchia al Centro; c'era anche una terza lista, Solidarietà Popolare, che ha ottenuto solo 2 voti (pari allo 0,30%), facendo intendere che si trattasse di una lista esterna, probabilmente presentata con altri fini. Lo scenario delle formazioni extra muros, dunque, era già noto a Senerchia, ma questa volta su manifesti e schede sono finiti ben 20 simboli. Le liste presentate, peraltro, erano 21, ma è stata ricusata la lista Patria e lavoro (con candidato sindaco Stefano Picciocchi), a causa del simbolo presentato, così indicato in descrizione "Cerchio a sfondo bianco racchiudente Fastello della Repubblica Romana di Giuseppe Mazzini (1849) di colore rosso con le parole Patria e Lavoro a carattere maiuscolo a semicerchio nella parte superiore, a semicerchio nella parte inferiore le parole lista civica a carattere minuscolo": l'elemento grafico dominante era dunque il fascio - che, pur non disponendosi dell'immagine del simbolo, doveva essere molto simile a quello schierato dal Movimento Fascismo e libertà - e, non essendo stato accolto l'invito a sostituire il contrassegno, è scattata l'esclusione. Risulta poi che sia stata chiesta la modifica del simbolo della lista Senerchia nel cuore, ritenuto confondibile con quello della lista Noi Senerchia bene comune: a quanto si apprende, i due contrassegni avevano la stessa struttura, con scritta nera in carattere Coolsville su fondo bianco, dunque la lista presentata per seconda si è limitata a scrivere il testo in rosso e a fare diventare giallo lo sfondo (e per la sottocommissione elettorale circondariale di Montella, a quanto pare, ciò è stato sufficiente).
Anche qui l'affollamento di liste ha avuto conseguenze pratiche immediate: il manifesto era perfino più largo di quello di Bisegna (2,25 m x 1 m, chissà come mai), mentre le schede sono risultate di 49,7 cm x 29,2 cm (appena più grandi del solito, visto che di norma le dimensioni sono 41 cm x 22 cm). Com'era prevedibile, la competizione si è concentrata sulle due formazioni locali, vale a dire La Ginestra, che candidava Concetta Varalla, e Senerchia viva - Un paese c'è, che proponeva Michele Di Muro: in un cimento piuttosto serrato, ha vinto Di Muro con 296 voti (51,48%) contro Varalla, fermatasi a 277 voti (48,17%).
Le 18 liste esterne - qualcuna é riconducibile a movimenti politici, qualcuna già incontrata quest'anno e altre alla prima apparizione nel 2025, ma dai nomi e simboli non particolarmente originali, anche perché magari sono apparsi negli anni precedenti - si sono mostrate nei fatti ininfluenti: solo Senerchia nel cuore e Movimento Democrazia sociale hanno ottenuto un voto a testa. Sono invece rimaste a secco Destra sociale, +Verde Cuore ambientalista, La scelta giusta, Per il cambiamento, Progetto popolare, Impegno Cittadino Bene Comune, Noi Senerchia Bene Comune, ItalExit, Italia dei diritti, Fiamma tricolore, Una nuova vita, Insieme, Noi oltre e Sanniti.
Risultati come questi potrebbero già permettere di trarre qualche conclusione; va peraltro segnalato che, contrariamente a quanto si poteva credere e nonostante schede elettorali formato "lenzuolo" (Bisegna) o "lenzuolino" (Senerchia), gli elettori non si sono fatti confondere e hanno riversato i loro consensi sui candidati locali, snobbando - salvo rarissimi casi - le liste esterne, anche quando erano espressione di movimenti politici nazionali o territoriali.

Gli altri tre microcomuni interessanti erano in provincia di Salerno. A Castelnuovo di Conza si è tornati in anticipo al voto dopo la scomparsa del sindaco (già dirigente del Pci e tra i fondatori del Pd) Francesco Di Geronimo, deceduto all’età di 79 anni per complicazioni post operatorie da intervento chirurgico il 30 gennaio 2025: era stato eletto solo nel 2024 con il 73,32%, contro il 14,56% di Giulio d'Elia, ma era presente anche la lista Progetto Comune, che raccolse il 12,13% e un seggio.
Gli elettori - residenti all'estero inclusi - erano ben 3297, contro circa 560 abitanti indicati dal conteggio della popolazione legale: hanno votato solo in 358, pari al 10,86% degli aventi diritto, probabilmente non si sarebbe verificata una situazione a rischio di commissariamento (il 40% del corpo elettorale, richiesto per la validità del voto, doveva comunque essere calcolato al netto degli iscritti Aire non votanti), ma, come è noto, il problema si sarebbe posto solo in presenza di un'unica lista. Le formazioni locali erano esattamente le stesse della volta scorsa: Uniti per Castelnuovo, con candidato sindaco Onorato Francione (in continuità con l'amministrazione precedente) ha ottenuto ben 284 voti (84,27%), prevalendo su  Prosperità per Castelnuovo che ricandidava Giulio D’Elia; questa lista si è aggiudicata tutti i seggi di minoranza grazie a 47 voti (13,95%). 
Anche qui alle liste esterne - 8 in tutto -sono andate solo le briciole: 2 voti al Movimento Democrazia sociale, un voto a testa a Uniti per cambiare, Per il cambiamento, +Verde Cuore ambientalista e Destra sociale; sono rimaste a secco Italexit, Insieme e Progetto popolare. Nell'insieme si è avuto un risultato leggermente diverso da quelli precedenti, quanto a "dispersione" di voti; in compenso sulla scheda sarebbero potute finire 13 liste (e non 10) se la sottocommissione elettorale circondariale competente non avesse escluso tre liste per carenze nei documenti presentati (in particolare con riguardo alla dichiarazione di insussistenza delle cause di incandidabilità), vale a dire le formazioni L’alternativa civica, Diamo l'esempio e Siamo Castelnuovo (nessuna, a quanto si apprende, era espressione del territorio). La stessa sottocommissione aveva chiesto a Destra sociale di sostituire il contrassegno, probabilmente per ritenuta confondibilità con Fratelli d'Italia come partito presente in Parlamento: come si vede, il metro è stato diverso rispetto ai comuni di Bisegna e Senerchia (dove la triplice fiamma, tra l'altro, ha convissuto col simbolo della Fiamma tricolore, non presentato a Castelnuovo), ma per non mettere a rischio la partecipazione il partito ha scelto di togliere le fiamme e lasciare solo il nome nero al centro del simbolo bianco.

A Ispani, comune di 962 abitanti (quindi di pochissimo sotto la soglia dei mille) ma con 1409 elettori, hanno votato in 709: Francesco Giudice (Siamo Ispani), eletto sindaco nel 2020 con il 59,10% (contro il 40,90% di Uniti per crescere), era decaduto dopo le dimissioni di oltre la metà dei consiglieri comunali. 
Anche questa volta sono state presentate due liste locali (con nomi e simboli diversi rispetto al passato), ma sulle schede sono finite 7 liste. Franco Fragomeno, candidato sindaco di Costruiamo il futuro, ha vinto ottenendo 362 voti (52,26%), prevalendo su Gianfranco Ionnito di RinascIspani, fermo a 329 voti (47,41%). Pure in questo caso sono rimaste pochissime schede per le liste esterne: 2 voti (0,29%) se li è aggiudicati la Lista civica Ispani, uno (0,14%) è andato a Impegno cittadino Bene comune 1 voto (0,14%), mentre nessuno ha scelto Insieme, Progetto popolare e Uniti per cambiare.
Va segnalato che erano state presentate altre tre liste, che però - probabilmente per carenze documentali, anche se non è stato precisato - sono state ricusate. I simboli di Impegno civico, Una nuova prospettiva e La mia città si possono conoscere grazie al sito del comune di Ispani, che merita un plauso per la quantità di documenti ospitati nella sezione elettorale.
Ultimo comune campano "sotto i mille" interessato dal voto era Sant'Angelo a Fasanella: lì era stato sfiduciato il sindaco Gaspare Salamone, eletto nel 2020 con la lista Insieme per Sant'Angelo con il 56,40%, contro il 43,60% di Impegno comune. A questo turno elettorale hanno partecipato 11 liste, ma solo una era locale, Sviluppo e Resilienza, in appoggio al 24enne Bruno Tierno. In questo comune, con 500 abitanti e 604 elettori, diversamente dai minuscoli Malvicino e Calvignano visti all’inizio, è risultato molto più difficile concentrare i voti solo sulla lista locale, infatti qualcosa è sfuggito. 
Il giovane neosindaco, Tierno, ha raccolto 334 voti (95,16%), un ottimo risultato, ma a Italia dei diritti, che candidava Monica Persiani, ne sono arrivati 11 (3,13%): non molti, oggettivamente, ma comunque sufficienti a eleggere tutti e tre i consiglieri di minoranza; non hanno prodotto alcun effetto, invece, i 2 voti di Progetto popolare (gli unici ottenuti su ben 9 liste presentate nei vari microcomuni) e i due di Destra sociale (anche qui con simbolo cambiato) mentre Insieme e Rinascimento Cilento (simbolo già visto in Campania ma a livello territoriale superiore) hanno ricevuto un voto a testa; sono invece rimaste a zero Uniti per cambiare, Impegno cittadino Bene comune, Insieme, ItalExit, +Verde Cuore ambientalista, Movimento Democrazia sociale. Le liste potevano essere di più, considerando che la sottocommissione elettorale competente ne ha ricusate tre per carenze documentali (ancora sulla dichiarazione in materia di non incandidabilità): Insieme ancora, Progresso e Uniti si vince.

Il quadro elettorale "sotto i mille" si completa con gli ultimi due microcomuni interessati dal voto, entrambi situati in Calabria ed entrambi, quasi incredibilmente, caratterizzati dalla presenza di due sole liste. Il primo comune è Jacurso, in provincia di Catanzaro: si sono celebrate nuove elezioni per la morte, ad ottobre, del sindaco Ferdinando Serratore, eletto nel 2021 sostenuto da Amare Jacurso (61,31%), contro il 38,69% ottenuto da SiAmo Jacurso. In qualche modo queste elezioni risultano in continuità con le precedenti, visto che Amare Jacurso ha candidato Pietro Serratore, figlio di Ferdinando: la lista ha stravinto - 323 voti, 95% - contro Insieme per Jacurso - 17 voti, 5% - votano in 353 su 778 elettori (occorre considerare anche 4 schede nulle e 9 schede bianche, un numero nemmeno così trascurabile su 353 voti); gli abitanti reali sono poco più di 500, quindi il quorum non rappresentava un problema ma, forse, si è voluto evitare di correre rischi… Una curiosità: qui non si è mostrato il manifesto perché - salvo errore - non è stato possibile ritrovarlo sul sito del comune o sull'albo (e nemmeno si è trovata la scheda sul sito della prefettura catanzarese).
L'altro comune è Spadola (in provincia di Vibo Valentia), in cui si è invece votato dopo lo scioglimento del consiglio comunale per le dimissioni rassegnate dalla maggioranza dei consiglieri e il conseguente commissariamento: nel 2022 era stato rieletto Cosimo Damiano Piromalli (Insieme per Spadola, 81,83%) contro la lista Uniti per Spadola. La lista Insieme per Spadola si è ripresentata (per giunta proprio ricandidando l'ex sindaco) e ha affrontato Prima Spadola, in quella che può dirsi l'unica elezione "interamente e autenticamente territoriale" di questa rassegna. 
Le due uniche liste locali si sono sfidate quasi alla pari e - in un confronto davvero entusiasmante, probabilmente anche in sede di scrutinio - ha vinto Antonio Maria Rosso (Prima Spadola) con 320 voti, 51,70% ottenuto contro l'ex sindaco Piromalli (Insieme per Spadola), fermo a 299 voti. Come a Jacurso, dunque, non ci sono stati dubbi su chi dovesse ottenere i seggi di maggioranza e chi quelli di minoranza.


CONCLUSIONI

Nelle scorse settimane ha destato scalpore il gran numero di liste presentate in questi comuni sotto i mille abitanti: esaminando più attentamente il fenomeno possono emergere alcune particolarità rilevanti.
Partiamo da Progetto popolare, che - dopo la presenza in massa dello scorso anno - in questo turno ha concorso in 9 microcomuni su 12 (tutti tranne i tre nei quali sono state presentate e ammesse una o due liste, tutte locali). Trattandosi di un movimento politico, il proposito di voler operare su base nazionale può comprendersi: resta il fatto che un simile sforzo di presentazione in cinque Regioni diverse ha portato, in tutto, due soli voti (tutti a Sant'Angelo a Fasanella) e, ovviamente, nessun eletto.
In proporzione, invece, colpisce molto di più che liste che si definiscono "civiche" si presentino da Nord a Sud con lo stesso identico simbolo. Vale per Impegno cittadino Bene comune - nome piuttosto generico e simbolo molto semplice e scarno - presente in cinque comuni (San Giacomo Vercellese, Bisegna, Senerchia, Ispani e Sant'Angelo a Fasanella), ma può dirsi lo stesso per Insieme (il cui carattere non pare molto diverso da uno di quelli impiegati nel contrassegno precedente), lista che ha concorso in 8 comuni, cioè tutti tranne i tre in cui non era presente Progetto popolare (al cui simbolo, peraltro, Insieme sembra essersi in qualche modo ispirato) e tranne Orero.
Le tre liste fin qui citate si sono presentate quindi contemporaneamente in 5 comuni su 9 (non considerando i tre provi di candidature extra muros) e addirittura la compresenza di Progetto popolare e Insieme riguarda 8 comuni. Una quarta lista apparsa a varie latitudini - e per giunta con un'altra grafica con tricolore e blu/azzurro - è Uniti per cambiare, presente a Calvignano (dove con grande sforzo grafico è stato inserito il nome del comune nella parte inferiore), Bisegna (ovviamente), Senerchia, Castelnuovo di Conza, Ispani e Sant'Angelo a Fasanella: cinque comuni - dalla Lombardia alla Campania passando per l’Abruzzo - nei quali, come si è visto, erano presenti anche Progetto popolare, Insieme e (in alcuni casi) Impegno cittadino Bene comune.
Ferme restando (ove sorgesse qualche dubbio) la legittimità e la configurabilità di queste candidature, si pensa che la logica di una lista civica sia quella di essere… una lista civica, quindi essere presente con il proprio simbolo in un determinato comune. Vero è che a volte i nomi si ripetono anche per le vere civiche, in fondo le espressioni "uniti per", "insieme" o "insieme per…", "impegno per", "cambiare" o "bene comune" sono gettonatissime; sono però usate in contesti diversi e, soprattutto, con grafiche e simboli diversi, generalmente molto più elaborati e spesso raffiguranti immagini o stilizzazioni che si riferiscono al singolo comune (segni territoriali, monumenti, elementi similaraldici...). In questo caso si è di fronte, invece, a nomi e simboli molto anomali e perfettamente simili (fatta eccezione per l'inserimento del nome di Calvignano nel simbolo di Uniti per cambiare). Se queste esperienze non sono legate a partiti o movimenti di carattere nazionale (che siano di livello regionale è da escludere, vista la presenza degli stessi simboli tanto al Nord quanto al Sud), si deve dedurre di essere di fronte a qualcos'altro: dopo le considerazioni fatte prima del voto e dopo questo viaggio tra gli esiti delle elezioni, ogni lettrice e ogni lettore potrà farsi la propria idea (che molto probabilmente avrà licenza di convergere sulla stessa ipotesi...).